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Autore: _eco    04/01/2015    3 recensioni
[What if? post 4x12] [Stydia] [Stalia] [Kidnapped-Lydia]
Irrisolto.
Stiles aveva quasi sorriso, quel giorno, quando le aveva spiegato nei minimi dettagli i “segreti” del mestiere. Aveva sorriso, perché si era sentito importante. Interessante, forse, per quella ragazza che mai, sino a poco tempo prima, lo aveva degnato di uno sguardo. Un tantino speciale, quasi, agli occhi di quella creatura che gli era sempre sembrata intangibile, velata dalla sua cupola di trasparente perfezione.
Ma ora non ci trova nulla da sorridere, nemmeno per sogno.
Il filo rosso significa “irrisolto” e adesso lo sta usando per collegare fra loro fotografie di Lydia, post-it e un ritaglio di giornale.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Dunbar, Lydia Martin, Malia Hale, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sì, lo so che ho postato ieri il primo capitolo, ma ho intenzione di postarli tutti e tre prima di ritornare all'Inferno, cioè a scuola, perché poi non potrò più respirare, quindi meglio che finisca tutto ora. Sigh.
Anyway, questo secondo capitolo è letteralmente un casino. Okay, molto incoraggiante. Però sì, è confusionario, ma non voglio anticiparvi nulla. 
Buona lettura e grazie alla due ragazze  che hanno recensito, a chi ha inserito la storia fra preferite, seguite e ricordate.
Baci. ♥
S.
Torniamo in superficie
Capitolo 2.

 
Stiles si rigira nel letto, rivoltando le lenzuola e il piumone, che alla fine rovina per terra. Malia sbuffa, rotea gli occhi e allunga un braccio per recuperare la coperta e ripararsi dal freddo.
L’inverno è arrivato in anticipo e le temperature si sono vertiginosamente abbassate nel giro di pochi giorni.
Stiles mugugna parole confuse. Lo fa sempre, ultimamente, perciò Malia non se ne stupisce. Da quando Lydia è scomparsa, ogni notte Stiles non riesce a prendere sonno e lei deve rimanere sveglia con lui, nel vano tentativo di consolarlo e calmarlo. Quando, invece, riesce ad addormentarsi, Malia non trova ugualmente pace.
La voce mugolante di Stiles le tiene compagnia perennemente.
La ragazza percorre con lo sguardo la stanza, che giace nella penombra. Dalle fessure della persiana trapelano minuscoli fasci di luce. Si concentrano sulla lavagna trasparente di Stiles – non poi tanto trasparente, visto che è affollata di foglietti, fili rossi e fotografie.
Lydia è scomparsa da una settimana e le uniche piste che la polizia è riuscita a costruire non hanno portato a nulla.
Stiles scalcia inavvertitamente, colpendola alla gamba.
- Ti uccido. – articola a denti stretti Malia.
Tuttavia, un attimo dopo se ne pente, anche se sa che Stiles non l’ha sentita. Si volta su un fianco e lo stringe a sé.
- Giuro che ti uccido. –
 
***
 
Le hanno iniettato una sostanza trasparente e densa. Sembrava gelatina, e forse è meglio pensare che sia così.
E’ forse la seconda o terza poltiglia che le mettono in circolo.
Cambiano combinazione ogni volta che le attaccano gli elettrodi in testa, come in una ricetta in cui ci si diverta a variare gli ingredienti. Solo che la torta poi te la mangi, e qui, in realtà, sembra che sia Lydia a mangiare se stessa, lentamente.
Ogni ricordo si ritorce contro di lei in prima persona, torturandola senza pietà.
Lydia ha ormai fatto l’abitudine a quella sensazione di leggerezza e intorpidimento, quindi si lascia cullare dal sonnifero, chiudendo gli occhi ancor prima del necessario.
Non sente più i piedi, e non per via dell’anestesia, ma perché si gela lì sotto e chissà dove hanno buttato le sue scarpe.
La pelle nuda congela a contatto con il tavolo di metallo su cui la stendono ogni pomeriggio sino a tarda notte.
- Vai. – ordina meccanicamente Araya, che questa sera, per la prima volta, non si è nemmeno preoccupata di tener ferma la testa di Lydia.
Inizia ad arrendersi, e non c’è nulla di più soddisfacente di vedere la propria preda rammollirsi e perdere la speranza.
 
***


Sfugge. Sfugge come un fantasma. E’ un’anima in pena, Lydia. E’ venuta a trovarlo nel sonno, la sua Lydia. E Stiles teme che sia morta, perché la prima volta che ha percepito una presenza gelida e ultraterrena su di sé è stato quando ha perso sua madre.
Scivola con leggiadria da una parete all’altra, rapida, muovendo i piedi scalzi con frenesia. Stiles la rincorre, affrettando il passo quanto più possibile.
- Ehi! Lydia, frena un attimo! – urla.
La sua voce rimbalza da una parete all’altra del labirintico corridoio in cui Lydia lo sta conducendo. Il puzzo di muffa gli solletica le narici.
Conosce questo posto.
- Lydia! – continua a gridare.
Adesso corre, Stiles, e riesce soltanto a scorgere l’ombra della ragazza allungarsi e restringersi a ogni curva.
Confuso dalla penombra, inciampa in un chiodo e si ferisce la pianta del piede, ma non ha tempo per fermarsi e fare il bambino.
Quando svolta a destra, riesce finalmente a vederla.
Se ne sta in piedi, di spalle. E’ ancora più piccola di quanto ricordasse. La sua sagoma minuta è accentuata dalla camicia da notte bianca che la avvolge e cade in una cascata su di lei. Nonostante la poca illuminazione, Stiles è quasi certo di scorgere aloni violacei intorno alle sue caviglie nude e nivee.
- Lydia. – la chiama in un sussurro, avanzando con cautela.
Non si sa mai che possa scappare.
 
***
Lydia teme il sopraggiungere di questo momento da quando tutta questa tortura è iniziata. Ed eccolo qua, ecco che le immagini e le voci di quella notte le intasano la testa senza che lei possa fare niente per evitarlo.
Immobile, a piedi nudi, assiste impotente – perché, alla fin fine, Lydia non è altro che un registratore umano di morte – a ciò che ha vissuto in prima persona. E’ come se tutto il dolore di quella notte, ogni granello di sofferenza, ogni sospiro emesso a fatica, le si riversasse addosso in un tornado.
Eppure lei se ne sta lì, imperturbata e immobile, come un fantasma. E guarda la Lydia di circa un anno fa mettersi in ginocchio per sorreggere uno Stiles quasi privo di sensi.
E ricorda ciò che ha pensato in quell’esatto istante.
Non ti lascio qua. Non ti lascio qua. Ma tu non osare lasciare me.
Parlava con Stiles. Parlava con Allison. Parlava con se stessa.
 
***
Lydia sta fissando qualcosa davanti a sè, ma all’inizio Stiles non capisce. Segue la traiettoria del suo sguardo, finché non vede se stesso accasciato al muro, privo di sensi.
Lydia – la Lydia di un anno fa – lo scuote prima delicatamente, poi con una forza sempre maggiore.
- Stiles! Stiles, devi svegliarti! – lo esorta, ma il ragazzo resta immobile, il capo leggermente inclinato a destra.
Lydia tenta di raddrizzarlo, ma ogni volta lui si accascia nuovamente.
- Non puoi lasciarmi, d’accordo? Resta sveglio. - 
Ogni secondo che trascorre rende la voce di Lydia più debole e rassegnata.
- Lydia? – la chiama Stiles.
Tuttavia, lei non si volta. Stringe appena i pugni, e Stiles non è matto, no, perché può metterci la mano sul fuoco: Lydia è scossa da tremiti.
Si gela, qui sotto.
- Lydia, devi dirmi dove ti hanno portata. – tenta di nuovo Stiles, colpendosi il palmo aperto con il pugno destro.
Silenzio.
 
***
Silenzio.
E poi un urlo lacerante.
Lydia piange, e non c’è bisogno di precisare quale delle due, se quella del passato o quella del presente.
Piangono entrambe, scosse da singhiozzi irrefrenabili.
Lydia ha sentito tante, tantissime volte l’espressione “cuore spezzato”, e l’aveva sempre associata a storie d’amore finite male. Quella notte, però, aveva davvero avvertito qualcosa incrinarsi nel suo petto.
Il cuore, forse. O una costola. O i polmoni che, forse, avevano deciso di non respirare più.
Qualcosa si era spezzato, non importa esattamente cosa.
Qualcosa, dentro di lei, aveva smesso di funzionare, aveva scricchiolato e si era poi sganciato dal suo corpo.
Allison era volata via, e, con lei, un frammento della sua anima si era perso per sempre.
 
***
Stiles si avvicina a Lydia. Mancano pochi passi, ormai, quando la vede accasciarsi per terra, le ginocchia che stridono contro il suolo smussato e ruvido, la testa che si china in avanti. Al contempo, la Lydia del passato si abbandona su Stiles, che è assente, che è troppo debole – Stiles lo è sempre, accidenti – per offrirle conforto.
E si maledice, Stiles, per essere stato così vulnerabile, per non esserci stato quando Lydia si è accartocciata su se stessa e ha cercato invano un rifugio in lui.
Non vuole che succeda di nuovo, e a questo punto se ne infischia che sia solo un sogno.
Muove un ultimo passo verso di lei. Si china sulle ginocchia e le sfiora la spalla, ma nel momento in cui la sua mano entra in contatto con la pelle di Lydia, un vento impetuoso scuote il corridoio, abbattendone le pareti.
Una luce accecante costringe Stiles a serrare le palpebre.
Quando riapre gli occhi, Lydia non è più davanti a lui e lui non è più chino sulle ginocchia, ma in piedi. Si guarda intorno, spaesato.
Si trova in una stanza dalle pareti scure. Ci sono molteplici oggetti degni di essere osservati con attenzione e altrettanti suoni curiosi, ma il primo soggetto su cui Stiles si concentra è Lydia.
E’ distesa su un tavolo di metallo, caviglie e polsi legati da cinghie di cuoio. Indossa una camicia da notte bianca e leggera. I piedi sono violacei, resi insensibili dal freddo. Stiles fa per raggiungerla: deve riscaldarla in qualche modo; solo allora, potrà concentrarsi su tutto il resto.
Non appena cerca di avanzare, urta contro una superficie trasparente. Tenta di nuovo, ma colpisce con la punta del piede quella che sembra una vetrata indistruttibile. Prova a infrangerla con le mani, i palmi che diventano rossi per la furia con cui picchiano contro la superficie invisibile.
- Lydia! – grida Stiles, con tutto il fiato che ha in corpo.
La donna che sino a poco fa gli ha dato le spalle si volta. Tiene in mano una siringa con un liquido biancastro. Ha un sorriso intriso di veleno sul volto, lo sguardo di una pazza.
Stiles riuscirebbe a riconoscere quegli occhi brillanti di follia ovunque.
- Lydia! Ehi! Lasciala andare! – urla affannosamente, sbattendo le mani contro il vetro.
Solo ora nota gli elettrodi sulle tempie di Lydia. E’ quello – o forse anche il suo viso, più magro di quanto lo ricordasse, e la sua pelle, che è pallida, non diafana – a fargli perdere il senno.
Si getta di peso contro la vetrata. Vi sbatte ripetutamente le ginocchia, le mani, il braccio, i piedi.
- Lydia! –
Continua a chiamarla anche mentre Araya Calavera inietta quella sostanza ignota nel suo braccio esangue.
Senza neppure accorgersene, inizia a piangere in silenzio, il labbro inferiore che trema febbrilmente.
- Resta con me. – sussurra a fior di labbra, la fronte abbandonata contro il vetro.
 
***
Stiles si sveglia di soprassalto, la fronte imperlata di sudore, il viso accaldato. Si alza con un tale impeto che Malia rischia di essere catapultata giù dal letto. La ragazza bofonchia confusamente, allungando le braccia per tentare di raggiungere Stiles e riportarlo a letto.
- Stiles? – lo chiama, preoccupata e al contempo un po’ infastidita.
Aveva quasi preso sonno. Quasi.
Lui non le risponde, ma accende la luce della scrivania, che rischia di accecare Malia, e rovista tra i fogli e ritagli di giornale che affollano la scrivania.
- Stiles, che diavolo succede? – insiste la ragazza, schermandosi gli occhi con la mano e contando mentalmente fino a dieci per evitare di perdere la calma.
E’ un trucchetto che le ha insegnato Stiles.
Il ragazzo impugna il cellulare e digita freneticamente una serie di numeri. Ogni squillo senza risposta è un tuffo al cuore, un respiro mozzato.
- Stiles? Che succede? – esordisce Scott, con voce impastata dal sonno.
Stiles scommette che l’amico si sta passando il dorso della mano sulla fronte e sta trattenendo uno sbadiglio.
- So dov’è Lydia. – replica Stiles, come se non aspettasse altro che quella domanda.
Dall’altro lato, silenzio, seguito immediatamente dal fruscio di lenzuola gettate in aria e da un tonfo sordo. Forse Scott è inciampato su qualcosa.
- Che vuol dire che sai dov’è Lydia? – replica Scott, rovistando fra la montagna di vestiti alla ricerca dei jeans.
- L’ho sognata. – risponde Stiles, accendendo la luce della stanza e raggiungendo la lavagna di plastica.
- Stiles… - bofonchia Malia, annoiata, alzandosi e andandogli incontro.
D’accordo: ha capito che per stanotte non si dorme più.
- L’hai sognata? – gli fa eco Scott.
- Non è la prima volta che succede. – gli fa sapere Stiles.
- Posso immaginare. – borbotta Scott in risposta.
- No… no, cosa hai capito? Non in quel senso! – ribatte il ragazzo.
- Che vuol dire? – chiede intanto Malia, che non crede di capire niente.
- Nulla! – rispondono in coro Scott e Stiles.
Malia scuote la testa e mette su il broncio.
- Sul serio, Scott. Si è messa in contatto con me. Non so come funzioni questa cosa della connessione. Non è la prima volta che sentiamo cosa prova l’altro. – spiega Stiles, tenendo il cellulare in bilico fra la spalla e l’orecchio e sfiorando con le dita i post-it e le foto attaccate al pannello di plastica.
- Chiamo gli altri. – dice Scott.
- D’accordo. – mormora Stiles, respirando profondamente.
Scott sta per chiudere la chiamata, quando sente Stiles esclamare il suo nome.
- Dimmi. – replica, chiudendosi la porta della camera da letto alle spalle.
- Credo che dovremmo chiamare Chris. Saprà sicuramente qualcosa in più di noi. –
- D’accordo… credo. – risponde Scott, dubitante. – Ci vediamo da Deaton. Vado a prendere Kira. –
***
- Ha cercato di mettersi in contatto con te. – constata Deaton, le mani sul tavolo di metallo, l’espressione crucciata.
Stiles vorrebbe rifilargli una risposta sarcastica. Qualcosa tipo “Grazie, genio del male.”, ma si trattiene. Non servirebbe a nulla essere ironici e pungenti. Non ora.
- E ne è consapevole? – chiede Parrish, che sembra alquanto preoccupato.
Deaton si morde la parte interna della guancia, come per concentrarsi meglio.
- Può darsi. Ma può anche darsi che sia stato un riflesso incontrollato del subconscio. Succede – prende un respiro profondo – succede, quando due persone sono fortemente connesse. – spiega, spedendo uno sguardo eloquente a Stiles, che annuisce in silenzio.
- Ma almeno sappiamo dove si trovi questo posto? – chiede Kira, guardando Scott.
E’ strano, pensa Stiles. Strano e al contempo commovente, se si vuole, il fatto che Kira, anche quando sta aspettando la risposta da qualcun altro, si rivolga istintivamente a Scott, come se fosse la sua roccia.
- Potremmo controllare meglio la lista delle celle telefoniche a cui il cellulare di Lydia si è agganciato, fino a quando non si è spento, alle… - interviene Parrish.
-… alle 20, 45 minuti e 10 secondi. – completa Stiles, lasciandosi scivolare dalla bocca le parole così rapidamente da non respirare più.
- Esattamente. – conferma Parrish, scuotendo impercettibilmente la testa, quasi sorpreso dalla memoria maniacale di Stiles.
- E in ogni caso, è qualcosa che abbiamo già fatto tre volte. Non ha portato a niente, perché il cellulare si è spento troppo presto e, per quel che ne sappiamo, a quell’ora Lydia era a qualche kilometro da Beacon Hills. – dice poco dopo il ragazzo, lo sguardo basso, contrito.
A che gli serve, poi, quel distintivo? E’ tutta una maschera, tutta una copertura, visto che non riesce nemmeno a capire dove diavolo abbiano portato Lydia Martin.
- C’è un modo più rapido, non è così? – chiede Scott.
Deaton capisce immediatamente che la domanda è indirizzata a lui, perché alza il capo, che fino a poco fa era rivolto verso il basso, gli occhi puntati sulle mani che continuano ad artigliare il bancone di metallo.
- In effetti, sì, c’è. Più rapido di sicuro, ma non lo definirei esattamente più sicuro. –
 
 
- Non esiste che ti fai praticamente affogare fino ad ammazzarti! – lo rimbrotta Malia, le mani sui fianchi e l’espressione corrucciata.
Vuole essere autoritaria. Le piacerebbe mostrarsi per come appare sempre: sicura, forte, con la situazione in pugno. Ma adesso le riesce parecchio difficile.
- Non mi faccio ammazzare. – le risponde Stiles, la voce che trema, lo sguardo che cerca di divincolarsi da quello deciso di Malia.
Il ragazzo slaccia le scarpe e le scalcia via, una dopo l’altra, nel giro di cinque secondi netti. Tipico di Stiles, pensa Scott, che molte volte l’ha visto fare la stessa cosa in camera sua.
Il ghiaccio tintinna nel fondo della vasca di metallo, gelida anch’essa anche solo a guardarla. I cubetti trasparenti cozzano contro i bordi, per poi colpire con un tonfo sordo lo specchio d’acqua.
- Non è sicuro. – mormora Malia.
- Non lo è. – ripete Scott, scuotendo la testa. – Non lo è affatto. Non c’è nemmeno Lydia. Voglio dire, tutta la storia della connessione e del “riportare indietro”. – si corregge immediatamente, dopo aver ricevuto una stilettata curiosa e confusa da parte di Malia.
- Non c’è bisogno che sia totalmente morto. – spiega Deaton.
- Oh certo, solo in parte. – replica Malia, sarcastica.
Ma ha la voce vibrante, come se fosse sull’orlo di una crisi isterica.
- Deve perdere i sensi. Com’è successo con Isaac. – continua Deaton, stavolta parlando con Scott, che annuisce, seppur non esattamente convinto.
- Non abbiamo raccolto grandi risultati, quella volta. – gli ricorda Scott, stringendo le labbra.
Stiles sfiora il bordo della vasca, pronto per immergervisi.
- Io non sono Isaac. – interviene, determinato.
Affonda prima la gamba destra, poi la sinistra. Febbrili brividi di freddo gli attraversano la schiena, ripercuotendosi in tutto il corpo. Le labbra assumono un colorito violaceo. Stiles deve affondarvi i denti con forza per non farle tremare.
Deaton e Scott si avvicinano alla vasca, pronti per spingere giù Stiles.
- No! No, fermatevi. Non esiste. – li blocca Malia, afferrando Scott per un braccio. – Lo faccio io. Può farlo Scott. Può farlo Kira. Noi possiamo tornare indietro, noi siamo fisicamente più forti. –
Scott allenta la presa sulla spalla di Stiles.
- Non ha tutti i torti. – confessa,  rivolgendosi a Deaton.
- Siete fisicamente più forti, ma non avete una forte connessione con Lydia. – ammette Deaton.
- Una connessione? E di cosa si tratterebbe? Di una sorta di filo invisibile? Non mi sembra molto affidabile. – sbotta Malia.
- Un filo invisibile, sì, qualcosa di simile. – le dà man forte Deaton.
- No, mi prende in giro? – si inalbera Malia.
- D’accordo. – esordisce Stiles, il tono incerto a causa del freddo. – Non ho intenzione di perdere altro tempo, quindi, se non vi dispiace, potremmo procedere? –
Malia fa per ribattere, ma Stiles le sfiora la mano e le rivolge un sorriso mesto.
- Tornerò. Torno sempre, ricordi? – le dice.
Malia annuisce, lacrime salate che le appannano gli occhi scuri. Stringe forte la mano di Stiles. Continua a stringerla fin quando Scott e Deaton lo affondano completamente. Poi, piano piano, allenta la presa.
Stiles chiude gli occhi, le labbra dischiuse e percorse da venature violacee.
Avanti, Lydia. Sono qui. 

 
  
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