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Autore: pikychan    03/01/2015    3 recensioni
Duefoglie. Una nuova avventura. Pericolosa. Un cattivo. Vecchie conoscenze. Una foto. Il caldo. Il tornado.
Lucinda dovrà sostenere tutto questo. Ma stavolta è diverso. Stavolta manca qualcosa. Ash e Brock non saranno con lei. Deve cavarsela da sola. Non ha tempo per lasciare spazio hai sentimenti. Ce la farà? O succederà qualcosa di imprevisto?
(Questa fanfiction è nata come tributo alla pearlshipping, anche se non contiene scene sdolcinate o zuccherose. E' dedicata all'inventore dei pokèmon, perchè noi pearlshipper sappiamo quanto adorasse questa coppia.)
Genere: Generale, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ash, Brock, Lucinda
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
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- Questa storia fa parte della serie 'Pokémon: Le mie fanficition sulla pearlshipping'
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E' passato. Un mese. E noi siamo ancora qua. Ci troviamo in una camera d'ospedale. Una camera che riceve spesso visite. Dalle due alle sette e mezza. Nonostante ci sia la perenne presenza di una madre. Poco più distante. In sala d'attesa. A volte piange, a volte chiede ai dottori della figlia, ma più che altro prega. A testa bassa. Mani congiunte. Occhi chiusi.

La paziente si chiama Lucinda. Ha la testa bendata e guarda fuori dalla finestra. I ciliegi sono in fiore. Ormai è primavera inoltrata. Lei si sente bene. Ormai è da due settimane che è ricoverata. Non vede l'ora di uscire. Mettere piede fuori da lì. Non ne può più, si sente una reclusa. Una principessa intrappolata nella torre. Desidera con tutta se stessa uscire. Ormai è come se non fosse mai stata fuori. Come se avesse sempre vissuto al chiuso. Vuole rivedere i suoi amici. La sua casa... molte persone la vengono a trovare, ma lei non batte ciglio. Non sente nessun legame vissuto. Dicono di essere amici o conoscenti, ma lei zero. Avverte in se invece alcune presenze importanti. Qualcosa che non capisce, ma che sembra che il suo cuore comprenda bene e prova un certo senso di malinconia. Sua madre se la ricorda bene. Come potrebbe. Tuttavia altre presenze molto importanti sono incise nel suo cuore. Ma non trovano nè nome nè volto.

Sui giornali, che a volte Olga le porta come passatempo, legge di un certo Creeud Looker che solo poco tempo prima aveva tentato di originare un'inondazione al Lago Verità a scopi in legali. Lucinda quando l'ha letto per la prima volta si meravigliava. Al mondo ci sono certi genii del male, per non dire pazzi, che sono incredibili. Deve essere proprio divertente, nella loro piccola e malvagia mente contorta, creare guai e scompiglio agli innocenti! ... anche se la senzazione che le suscitò già dalla prima volta le era stranamente famigliare.

-Buongiorno tesoro, come stai oggi?- la saluta la madre entrando.

Stranamente oggi è felice. Forse la prima volta da quando varca quella porta. Così felice perchè questa sarebbe stata l'ultima. Oggi avrebbe riportato a casa la sua piccola Lucinda. Gli esami erano finiti. La ragazza stava bene.

-Ciao mamma, tutto bene, quando torniamo a casa?- volta lo sguardo dalla finestra a lei.

Anche lei è piuttosto felice. Ormai è da un secolo che è sbraiata su quel letto che tra l'altro è anche poco comodo.

La madre le sorride. È felice di poterle dire che finalmente è finita. Che si può ricominciare a vivere. Il peggio è passato (ma non si mangia XD n. d. autrice ScusatemiE'StatoPiùForteDiMe).

 

Finalmente sono fuori. Madre e figlia. Lucinda non ci può credere. Le sembra... non un sogno, di quelli ne ha abbastanza, la realtà. Meravigliosa realtà. Finalmente realtà. Il sole che la colpisce senza premura, il vento che le scompiglia appena i capelli. Guarda sù. L'albero di ciliege. Quel maestoso e immenso albero che a visto sbocciare giorno dopo giorno. Sembra ancora più immenso. La ragazza ha gli occhi che brillano.

La mamma la chiama. Braccio in alto. Già dentro la macchina. È tempo di tornare. Duefoglie. Così si chiama il suo paese. Non se lo ricorda per niente, ma è sicura che appena lo vedrà si ricorderà tutto. Dopo tutto la sua vita è là, no? Tutta là, non ha bisogno di sforzarsi. Ricorderà presto ogni cosa.

-Arrivo!- grida correndo.

 

A casa di Lucinda sua madre è andata in cucina. Ormai è tutto apposto. Finalmente dopo settimane potrà di nuovo offrire a se stessa e alla figlia un pasto decente. E non solo. Per festeggiare oggi preparerà qualcosa di molto speciale. Qualcosa che lascerà senza fiato. E finalmente non letteralmente. Ne ha veramente abbastanza di ospedali e malatie. Spera di non rimetterci piede mai più.

Lucinda è piegata sulle ginocchia. L'aria perplessa. Emette un rumore simile e un ronzio. Cerca di ricordare. Testa rotonda. Molto più grande del resto del corpo. Occhi neri. Becco arancione... improvvisamente a un lampo di genio. Piplup! È lui! Il suo caro amico Piplup. Come è potuto dimenticarsene?!

Si alza in piedi. Esulta. Lo prende in braccio e piroetta. Ride, ride e ride. Ride tantissimo. Perchè ora può. Ora può. Può anche gridarlo al mondo. Rompere ogni convenzione. Ora è viva. Sta bene. Ora può fare tutto.

Mentre pironetta la sua attenzione viene attirata da qualcosa. Si ferma e mette giù il pokèmon, che ne è molto felice dal momento che ha in capogiro a forza di girare. Con lo sguardo fisso si avvicina all'oggetto. È un pezzo di carta bruciacchiato. Si chiede come mai abbia attirato la sua attenzione. È solo un pezzo di carta. Anche rovinato. Non è importante. Perchè la mamma non l'ha buttato via?

Lo prende tra le mani. Strano, la consistenza è simile a quelle delle foto... possibile che sia una fotografia?

La volta. Anche dietro il colore non è diverso. Marrone e neanche chiarissimo. Sembra ci sia scritto qualcosa, ma i segni sono leggeri in confronto alla bruciatura. Risultato: non si legge niente, se non per un cui. Ma potrebbe prendere qualsiasi significato. Non basta. È un dato superfluo.

-Lucinda, vieni a tavola, è pronto- si affaccia Olga dalla cucina.

-Ah, arrivo mamma- risponde lei inizialmente colta alla sprovvista. D'istinto nasconde il residuo di foto dietro la schiena. Sente che la riguarda. Lo sente forte e chiaro. Però c'è qualcosa che le sfugge. Deve capire. E va bene. Questo sarà il suo piccolo segreto finché non lo capirà.

 

Il pomeriggio Olga accompagna Lucinda al laboratorio del Professor Rowan. Il professore ha una gran simpatia per Lucinda. E forte, tenace, imprevedibile, tastarda. Una delle migliori allenatrici che fossero mai passate a prendere il primo pokèmon al suo laboratorio. Per questo una volta saputo che la ragazza era tornata a casa aveva chiesto personalmente alla madre di venirgli a far visita.

La madre ha accompagnato la figlia fino all'entrata del laboratorio. Deve andare al supermercato altrimenti non sa che cucinare per cena. Dopo tornerà a prendere la figlia.

Lucinda guarda incantata l'edificio. È davvero grande. Ha qualcosa di famigliare. Sua madre dice che e lì che ha avuto il suo primo pokèmon. Piplup. Ma a lei viene difficile ricordare.

-Piplup, questo è il posto dove sei nato giusto?- chiede al pokèmon pinguino accanto a lei.

-Pipla pipla- risponde lui fiero.

La coordinatrice lo guarda e poi guarda l'edificio. Ha l'aria malinconica. Triste. Davvero quell'enorme edificio non le dice niente. Come è possibile? Questo significa che la vera Lucinda lì sta abbandonando?

Piplup la guarda. Non ha più l'aria fiera. Ora è perplesso e preoccupato.

La padroncina se ne accorge. Non sa più che fare. Dovrebbe sorridere anche se è triste. Per rincuorare Piplup. Però non ci riesce. Non riesce proprio a farlo. Non che non voglia, ma la cosa risulterebbe così forzata che non si sembrerebbe più lei. Non che lei si ricordi come fosse, anzi, ma per come si sente ora proprio non ci riesce.

Lo prende velocemente in braccio. Ha un'aria quasi spaventata. Balbetta un andiamo e poi finalmente entra. Forse più che altro è spaventata all'idea di entrare. Ma si butta talmente velocemente che non ha il tempo di capirlo.

 

Finalmente grazie alle informazioni degli altri scienziati riesce ad arrivare al Professor Rowan. È proprio come se lo immaginava. Un uomo anziano. Capelli bianchi e barba. Quello che ci si aspetta da un professore.

-Piacere di conoscerla, io mi chiamo Lucinda- si presenta.

-Ti conosco già, ma io sono il Professor Rowan, come stai?-

-Ah... mi sento bene, grazie- dice lei subito sentendosi un po' spiazzata.

Nota alcuni pokèmon sul tavolo. Sembrano una scimmietta, una tartaruga e un pinguino. Si sofferma a guardarli e sorridendo commente con il suo Piplup che quello è in suo fratellino.

Intanto che Lucinda è impressa arriva uno degli scienziati che gli dice all'orecchio qualcosa. C'è una video-chiamata per lui. Il professore ringrazia e si dirige in fondo alla camera.

La ragazza si domanda da dove avesse preso quei pokèmon. Questo se lo ricorda. Ricorda che non si trovavano in libertà. Questa banale domanda... possibile che si ricordasse questo e non moltissime altre cose?! Roba da matti, strani percorsi del cervello.

Comunque per soddisfare la sua curiosità decide di chiederlo al Professor Rowan. Tanto chiedere non costa nulla, no?

-Professor...!- si volta di scatto, ma nota con sua grande sorpresa che il professore non c'è più.

Dove potrebbe essere andato? Perchè l'ha lasciata sola? Non è carino, dopo tutto l'aveva invitata lui.

-Lucinda, vieni un attimo per favore!- il professore la chiama dal fondo della camera.

Ecco dov'era finito... ma come mai? Perchè così lontano? A Lucinda sfugge il senso, quindi senza farsi troppe paranoie decide di andare a scoprirlo da se. Dice un arrivo così per avvisare. Comincia a camminare. Lentamente. Senza fretta. Ignara di tutto.

Arrivata capisce tutto. Il professore si era allontanato per una video-chiamata. Ah, ora ha senso... ma con chi sta parlando poi? Sembra un ragazzino. No. Forse ha la sua età... perfino un paio d'anni in più? Va beh, l'età ho è importante. La carnagione è scura. Beh, almeno più scura della sua. Occhi neri. Molto sorridente... oh per bacco...! ... non sa dirlo a parole, ma è travolta in un istante. Una strana sensazione. Quel ragazzo. Che le dice tutto, ma niente. Non sa il suo nome. Non sa quanti anni ha. Non sa dove abita... non sa niente di lui. Non le fa venire davvero in mente niente. Più lo guarda più la confonde. Eppure allo stesso tempo è sicura di conoscerlo da una vita. Ne è così certa che ci metterebbe la mano sul fuoco. Forse se gli ricordassero il nome si ricorderebbe anche tutto il resto. Anche con Piplup e la mamma c'è voluto un po', ma adesso è tutto come prima. Ed è bastato pochissimo.

-Ehi Lucinda!- saluta lui alzando un braccio al cielo.

Lei non vuole risultare antipatica. Ma le sembra strano ricambiare un saluto di una persona di cui non sa neanche il nome. Guarda basso facendo finta di non esistere. Come se lei stessa fosse solo una proiezione tridimensionale.

Il ragazzo rimane tupito. Confuso. Anzi, la parola giusta è pietrificato. Come mai l'amica si comportava così? Aveva fatto qualcosa di male involontariamente?

-Ash...- comincia a dire il professore col tono di uno che rassegnato non sa che fare.

Quindi Ash... quel ragazzo si chiama Ash e... ... e niente, alcora niente! Ma com'è possibile? Eppure per lei è importante. Se lo sente. Beh, almeno ha scoperto che si conoscono. Quindi la sensazione di oh per bacco! è guistificata. Almeno. Ma non è abbastanza. Ne deve sapere di più.

-Mi scusi professore, pensavo che essere diretto servisse- si gratta il retro della testa mortificato.

Anche Lucinda è mortificata. Non lo da a vedere, ma lo è. Sa che così mette in difficoltà tutti, ma davvero non riesce a farci niente. Guarda ancora quel ragazzo. Ash. Spera davvero di ricordarsi qualcosa. Ma l'unica cosa che le viene in mente è la frase: non c'è nulla di cui preoccuparsi. Ma perchè poi? Cosa c'entra lui con quella frase? Non era quello che gli diceva sempre sua madre? ... ah! Che confusione nella testa di Lucinda. Le scoppia la testa.

-Davvero non ti ricordi di me?- le chiede avvicinandosi un po' di più. Curioso più che triste.

Lei non sa cosa dire. Non lo sa davvero. Prova imbarazzo. Come nel parlare a uno sconosciuto. Non sa cosa dire. Come comportarsi. Poi che domanda è? Cosa può rispondere? È troppo confusa e spaventata. Il cuore le ha accellerato un sacco. E se pensa che non c'è da preoccuparsi si preoccupa di più. Ora capisce sua madre. Quando glielo diceva e lei diceva che così si preoccupava di più, lei non ci dava peso. Ma ora capisce perfettamente come ci si sente.

Crolla a terra. Le ultime cose che sente sono il Professor Rowan e Ash che urlano il suo nome e poi niente. Nero totale.

 

Lucinda ha gli occhi chiusi. Sente qualcosa di freddo sulla fronte. Le coperte le accarezzano le dita dei piedi e la testa è poggiata su una soffice nuvola bianca. Non li apre. Non ne ha bisogno. Sa che è a letto. Nel suo letto. Sbraiata. Quello che non sa è chi l'ha portata lì. La mamma o il professore. Di nuovo sdraiata. Non si riesce a liberare dei letti. Comicia a pensare che il suo destino sia questo. Passare da un letto a un altro. Da uno svenimento a una cadeta di due metri circa.

Sente che tiene stretto qualcosa. Non si ricordava di aver preso niente, ma forse l'ha fatto istintivamente. Si avvicina la mano serrata agli occhi. Lì apre lentamente. Poi apre anche la mano. È il pezzo di carta. Anzì, no, meglio pezzo di foto bruciacchiato. Ancora non riesce a leggere la frase. Nè tanto meno a vedere l'immagine. L'unica cosa che legge è quel cui che potrebbe anche aver letto male.

Ne approfitta per osservare la camera. È carina. Sa di infanzia profumata. Libri, fumetti... ma perchè sulla mensola c'è un quadretto senza foto? Forse non ha fatto in tempo a matterla o forse... Lucinda guarda il pezzo di foto bruciacchiato. Accidenti, così si fa venire solo mal di testa. Se solo avesse un indizio in più.

Bussano alla porta della camera. La ragazza dice solo avanti. Non si scompone. Tanto lo sa che è la mamma. Sarà venuta a chiederle come sta o a misurarle la febbre. O forse tutte e due le cose.

La porta si apre e si vede entrare qualcuno. Ma non è Olga. Infatti Lucinda sgrana subito gli occhi.

-Ash!...!- esclama sorpresa.

Rialza il busto in una mossa secca. La borsa del ghiaccio le ricade sulle gambe. Che cosa ci fa lui qui? Se video-chiamava non deve abitare molto vicino, no? Quando c'è di mezzo lui è ancora più confusa del solito, che cosa ci fa lì?

Si rende conto però di aver dato false speranze. Le è venuto istintivo comportarsi così. Però non è come crede.

-Ah no, scusami, prima ho sentito il tuo nome allora mi è venuto istintivo chiamarti- spiega un po' imbarazzata.

-Non preoccuparti, l'ho intuito...-

Quello che la ragazza trova strano è che per la prima volta quel ragazzo dimostra un briciolo di tristezza. Anche prima. Nel laboratorio. Sembrava l'avesse presa tutto sommato bene. Eppure ora... forse perchè non c'è il Professor Rowan. Sarà per questo. O forse ha detto qualcosa di eccessivo? Lei non se nè proprio resa conto.

-Come ti senti? Sai, mi hai fatto prendere un bel colpo a svenire così- continua tornando allegro.

-Scusa, non era mia intenzione...- si scusa lei mogia guardando basso.

-Lucinda...- sussurra lui disorientato.

La sua amica non si sarebbe mai comportata così. La sua Lucinda era una ragazza sempre allegra e pimpante. Perchè faceva così? È quindi questa la fine di Lucinda di Duefoglie? Abile coordinatrice, stilista pokè d'occasione... è finita così. No. No. Non vuole crederci. Si rifiuta. Ci deve essere un modo. Se solo avesse ricevuto prima il messaggio di Alice. Se solo fosse corso ad aiutarli... magari le cose sarebbero andate diversamente. Magari Lucinda ora sarebbe ancora la stessa. È solo colpa sua. Sua e di nessun altro. Anzi, sua e di quel vigliacco di Creeud Looker. Ma almeno lui l'aveva fatta franca. È proprio vero, se fai tanto male sei premiato, se fai poco male sei calpestato. Sì. Si considerava colpevole. Sa che per Lucinda sarebbe stata importante la sua presenza. Lei ci contava. E lui non c'era. Probabilmente la causa principale non è tanto Looker quanto lui stesso. Lui era un'amico per Lucinda. Lui è e sarà sempre un amico speciale.

Sente che gli occhi gli si innumidiscono. Sente che i rubinetti sono aperti e non c'è modo di chiuderli. E non può nasconderlo. Può solo voltarsi e cercare di confondere le acque. Ma tanto ne è certo. La ragazza ha capito tutto. E anche se proprio proprio si trattenesse in extremis lei se ne accorgerebbe lo stesso. Se ne accorgerebbe perchè piange dentro. Con il cuore. Non con gli occhi.

-Accidenti, mi sa proprio che mi è entrata della polvere negli occhi- commenta di spalle sfregandosi gli occhi.

Si sente che la sua è una voce rotta dal pianto. Lievemente. Ma si sente. Da come parla sembra si sia esercitato a sorridere anche mentre piange. Lucinda si sente in colpa. Triste. Oh Ash. Chi sa quanto hai già sofferto. Le dispiaceva dargli un'ulteriore sofferenza, ma lei cosa poteva farci? Si sforzava già... aspetta, forse c'è un indizio nelle sue ultime parole.

... mi sa proprio che mi è entrata della polvere negli occhi...

Ehi, un momento, ma questo...

«Lucinda, ma stai piangendo?»

«...»

«Ti è forse entrata della polvere negli occhi?»

«... già... proprio così»

 

Cosa? Ma... la sua mente esplode di ricordi. Quel ragazzo, o meglio Ash... un'altro ragazzo di cui ora ricorda il nome... lei... loro tre che viaggiano, il Team Rocket, Pikachu... una serie di ricordi affollano la sua mente. Tutti insieme. Mancava solo il tassello finale. E Ash gliel'ha dato. Quella che ha in mano è una foto. La foto. Quella che cercava disperatamente. Una delle cause della sua perdita di memoria. La causa che ha innescato tutta una serie di situazioni pericolose. Ora si ricorda anche che quella foto l'aveva presa dal quadretto in un momento di malinconia.

Non c'è nulla di cui preoccuparsi, noi saremo amici per sempre.

-Ash

 

La ragazza è euforica. Perchè finalmente è come prima. Le viene da sorridere. Sorridere non basta. Non rende la sua contentezza. E allora ride. Ride di gusto. A costo di sembrare una scema. Ride perchè ora può. Finalmente dopo tanto tempo.

Il ragazzo si volta. Non capisce. Perchè Lucinda fa così? Ad essere del tutto onesti gli sta sù che in un momento come questo lei se ne esca con una risata... che senso ah?

Non ha quasi tempo di chiedersevo che Lucinda lo assale. Gli salta addosso, ma senza alcun tipo di agressività. Sorride beata. È contenta. Felice. Entusiasta. Si ricorda e Ash è lì con lei. Meglio di così non potrebbe andare. Tuttavia lo slancio e la sorpresa di Ash fanno si che i due cadano a terra. Prima Ash, poi Lucinda. Un po' imbarazzante, che dite? Tuttavia per Lucinda è un momento troppo felice per accorgersene.

-Scusami Ash- dice lei un po' rossa.

-Ma Lucinda che fai, perchè ti sei alzata-

-Ora mi ricordo tutto, veramente! Ash Ketchum, vieni da Pallet nella regione di Kanto e qualche anno fa abbiamo viaggiato insieme!-

La ragazza è entusiasta. Tuttavia il ragazzo non tanto. Sembra triste. Forse è scettico.

-Davvero... sono contento, quindi adesso...- dice incerto.

Eh no. Così non va bene Ash Ketchum. Non le ha creduto. E lei cosa può fare? Più di dirglielo... vediamo... potrebbe dimostrarglielo... ... ma... certo!

Lucinda lo interrompe. Gli stampa un veloce bacio sulla guancia. Si ammutolisce. A occhi sgranati. La ragazza blu ne è sicura. Così facendo Ash ha avvertito se sue emozioni. I suoi pensieri. La sua gioia. In passato si davano il cinque per comunicarsi queste cose. A costo di sembrare sdolcinata lei non se ne pente. Ha sempre desiderato andare oltre i cinque. Un po' se ne vergogna, ma è così. Aveva sempre avuto timore. Ma ora no. Non più.

-Lucinda!- emette lui felice.

Guarda per un'attimo la sua espressione sorridente. Anche a lui viene da sorridere. Allora è tutto vero? Ne è felicissimo. Troppo felice. Ha paura di risvegliarsi. Ha paura che sia un sogno. L'abbraccia. La stringe stretta, stretta. Come se stesse stringendo il suo sogno. Impedendogli di scappare. Tanto Lucinda non va da nessuna parte. È felice di star lì. Ad abbracciare Ash. Il suo Ash. Il suo amico speciale.

-Non c'è nulla di cui preoccuparsi, noi saremo amici per sempre- sussurra la ragazza.

 

 

THE END

  
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