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Autore: wallflower    04/01/2015    4 recensioni
{Traduzione di Strings, una ff americana.}
“A quanto pare hai un appuntamento,” l'uomo indicò il biglietto che Thomas aveva messo sul tavolo e il moro annuì in silenzio. “Beh, non essere così felice, potrei diventare cieco per tutto questo entusiasmo.”
Thomas lo guardò piuttosto male, ma il barista fece spallucce e scelse un altro bicchiere.
“Ci sono delle regole?” chiese dopo una lunga pausa e l’uomo sbuffò da dietro il bancone.
“Tipo portare un mazzo di fiori?”
“Molto divertente.”
“Beh, hai chiesto se ci fossero delle regole per un fottuto anonimo, domanda stupida, risposta stupida,” rispose l’omaccione e Thomas brontolò qualcosa di incoerente. “Ti dicono il posto e ti danno l’ora. Vai lì, ti diverti e te ne vai. Questo è tutto. Cosa altro ti serve? Un manuale su come toglierti i pantaloni?”
“Beh, forse sapere se la tipa sarà una maniaca o-,”
“Una tipa? Come fai ad esserne così sicuro?” il barista lo interruppe con un tono divertito.
“Aspetta, può capitarmi anche un ragazzo?”
“Può capitarti un cavallo per quanto me ne importa,” il barista sogghignò. “Ma sì, è logico. Ti capita quello che ti capita.”
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Minho, Newt, Teresa, Thomas
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                                                                                           Capitolo 2: A stranger
Thomas aveva dei momenti in cui si sentiva un completo idiota. Non succedeva spesso, grazie a Dio, ma quando succedeva non c’era via d’uscita. Ricordava quella volta in cui pensava di essere intelligente e accusò il professore di aver sbagliato a spiegare la lezione, mettendosi in imbarazzo difronte a tutta la classe.

Oppure quella volta in cui la sua super carina fidanzata voleva sorprenderlo con una festa per il suo compleanno ma lui mandò tutto all’aria a causa della gelosia, accusandola di passare tempo, quello che lei dedicava per preparare la festa, con altri ragazzi. Alla fine lei gli aveva buttato la torta in faccia e se ne era andata e beh, inutile dire che non si parlarono mai più.

E ovviamente si ricordava anche della volta in cui, durante un’intervista di lavoro, gli venne chiesta la sua opinione al riguardo e lui, pensando fosse una domanda a trabbocchetto, fece finta di infischiarsene altamente. E ovviamente non aveva ottenuto il lavoro, perché le persone disoneste non sono le benvenute qui.

Quello, in quel momento, era un altro dei tanti esempi e Thomas non sapeva come fermare  la situazione imbarazzante che si era creata all’improvviso. Solo un momento prima aveva lasciato che l’ansia prendesse il sopravvento e aveva chiesto delle manette ad un perfetto sconosciuto, e quello dopo la mascella del biondo aveva quasi rischiato di cadere a terra e lui era scoppiato in una risata isterica, trascinando Thomas dentro la stanza dove eventualmente aveva continuato a ridere fino a farsi venire le lacrime agli occhi. Thomas era mortificato, tanto che riuscì solo a sedersi e guardare il compagno che non ce la faceva a nascondere il proprio divertimento, e non fece nemmeno caso a quanto fosse ordinata e ben arredata la camera dell’hotel.

“Manette!” il biondo ridacchiò di nuovo, asciugandosi le lacrime dal viso mentre cercava di riacquistare un briciolo di serietà (fallendo miseramente). “Non ce la faccio, oddio.”

Thomas pensò che il suolo potesse inghiottirlo, oppure che le lenzuola bianche sul letto rotondo su cui era seduto improvvisamente prendessero vita e lo soffocassero ma, dato che nessuna delle opzioni gli sembrava possibile, fece solamente finta di non esistere.

Il biondo si stava finalmente calmando, togliendosi il cappotto con eventuali piccole risatine e rivelando il sorprendente vestiario casual. Per qualche ragione Thomas si era aspettato uno smoking, probabilmente perché gli aveva dato quell’impressione quando l’aveva visto per la prima volta, con il lungo cappotto e quant’altro. Ma no, indossava un paio di jeans e una semplice maglietta nera e Thomas si sentiva sollevato visto che anche lui si era presentato con i jeans e una felpa. Non che i vestiti importassero granché, ricordò a se stesso.

“Temo di doverti deludere,” il biondo riportò la sua attenzione su di lui, ma un piccolo sorriso divertito rimase impresso sulle sue labbra. “Non sono un grande fan delle cose eccentriche. Niente manette.”

“Oh, grazie a Dio,” Thomas si nascose il volto fra i palmi delle mani e sentì un enorme masso cadergli giù dal petto o, meglio, tutta una serie di grandi pietre che rotolavano chissà dove.

“Ah, principiante?” quel commento lo fece diventare rosso in un battibaleno, e improvvisamente non c’era più nessun posto sull’intero pianeta dove nascondere tutta la sua vergogna. Riuscì solo ad annuire, evitando di  chiedersi quante volte quella persona avesse avuto un appuntamento del genere, concentrandosi invece sulle sue scarpe. Il silenzio era quasi insopportabile e Thomas divenne irrequieto.

Era un problema? Beh, certo che era un problema se il biondo fosse stato..esperto? Era la parola giusta? Se lo faceva spesso, ritrovarsi un partner completamente sprovveduto (a cui tra l’altro non piacevano nemmeno i ragazzi, Thomas se ne era quasi dimenticato, cosa ci faceva ancora lì?) doveva deluderlo. 

Gli ci volle tutto il coraggio del mondo per alzare la testa e quando lo fece rimase per metà congelato sul posto. Il biondo era seduto su una poltrona proprio difronte al letto con un sorrisetto dipinto sulle labbra mentre guardava Thomas dritto negli occhi, una mano sotto al mento e le gambe incrociate. Sembrava a suo agio.

“Mi stavo proprio chiedendo quanto tempo ci avresti messo per guardami se fossi rimasto in silenzio,” gli disse semplicemente. Non sembrava né arrabbiato né deluso. E per quanto poteva valere a Thomas sembrava che si stesse addirittura divertendo, ma poteva anche essere solo la sua immaginazione. “Nervoso, suppongo?”

“Terrorizzato,” mormorò Thomas. Non c’era motivo di fare il coraggioso dato che si sentiva ancora tremare come una foglia.

“Non mi sembri il tipo adatto per fare una cosa del genere,” notò il biondino.

“Nemmeno tu,” replicò Thomas velocemente, e il suo compagno rise di nuovo.

“L’apparenza,” scosse semplicemente le spalle e Thomas annuì.

“Inganna,” aggiunse e anche il biondo sembrò d’accordo con lui.

“Puoi chiamarmi Newt, novellino,” disse dopo un po’, presentandosi e assumendo un atteggiamento del tutto rilassato, e Thomas immediatamente sbuffò per il modo in cui l’aveva chiamato.

“Thomas,” ricambiò il favore e il biondo sorrise.

“Mi hai appena detto il tuo vero nome, non è vero?”

In quel momento Thomas realizzò che probabilmente era anche più stupido di quanto pensava di essere. Era ovvio che il suo vero nome non fosse Newt, come aveva fatto a non accorgersene prima? Newt. Poteva essere un soprannome per cosa? Newton? Forse, ma comunque non abbastanza convincente da essere un vero nome.  

Logica, caspita. Certe volte può tornare utile.

“Così sembra,” la sua voce era appena percettibile. “Dato che sono un idiota.”

“Nah, non preoccuparti,” Newt agitò la mano visibilmente divertito, forse anche più di prima se fosse stato  possibile. “Thomas è un bel nome. Tommy, suona bene.”

Thomas ridacchiò. L’ultima volta che qualcuno l’aveva chiamato Tommy era forse all’asilo. Suo padre preferiva Thomas perché era più “da duri” e sua madre si era abituata con ‘Tom’ perché era più corto e poteva urlarlo insieme a una serie di rimproveri e parolacce quando sbagliava qualcosa (di nuovo).

“Allora, Tommy,” Newt inclinò la testa di lato, guardandolo in attesa. “Per quanto io possa trovare adorabile la tua goffaggine, il nostro tempo è limitato. E non so te, ma io non sono venuto qui per chiacchierare. Non solo, almeno.”

Thomas tornò alla realtà ancora una volta, e l’imbarazzo gli piombò addosso con violenza. Certo che non era venuto lì per un’amichevole chiacchierata. Nemmeno Thomas. Probabilmente.

Ma Newt era un ragazzo.

Thomas non aveva idea di come affrontare la questione.  In quel momento si sentì come se avesse effettivamente bisogno del manuale per la rimozione dei pantaloni di cui aveva accennato il barista, perché il suo cervello si bloccò come un disco rotto.

Un altro scoppio di risata riempì le mura della stanza e Thomas sbattè un paio di volte le palpebre, confuso.

“La tua espressione! Sembra che tu abbia paura che ti possa mangiare!” Newt singhiozzò nel tentativo di controllare la propria risata. “Dubito che i tuoi occhioni da Bambi possano diventare più grandi di così, ti giuro.”

“Scusami, io-“

“Ahh, sta zitto,” Newt sorrise e si alzò, e Thomas rimase di stucco. Era un po’ più alto del moro ed era magrolino, quasi uno stecchino, ma riusciva comunque a trasmettere un’aura di autorità e sicurezza.

Definitvamente non era un novellino.

“Non è che la parole possano cambiare granché,” la sua voce aveva un qualcosa di insolito, uno strano accento che Thomas non riuscì subito ad afferrare poiché il biondo riuscì a nasconderlo bene. Inglese, forse? Non che il suo suo accento fosse nella lista delle cose che voleva assolutamente sapere, visto che ora come ora il biondino era seduto sulle sue ginocchia e Thomas sussultò sorpreso.

“Facciamo un gioco, che ne dici?” suggerì Newt con un piccolo sorriso. “Dimmi quando azzecco il punto giusto, e io farò in modo di far stare bene entrambi.”

Thomas non ebbe nemmeno il tempo di rispondere perché tutto si svolse troppo velocemente. Rimase semplicemente seduto, completamente rigido, con il ragazzo biondo seduto sopra di lui senza vergogna che improvvisamente cominciò a  lasciare piccoli tocchi qua e là sulla sua pelle e Thomas non potè più nemmeno formulare qualcosa di sensato nel suo cervello, era tutto un ‘merda, merda, merda, che cosa ho fatto, cazzo, merda, merda’.

Un leggero tocco sul braccio lo fece irrigidire ancora di più, ma Newt non si fermò, le sue mani si mossero verso la zip della felpa di Thomas, trascinandola giù per rivelare la t-shirt grigia che il moro indossava di sotto.  Tracciò delle linee immaginarie sul tessuto e poi prese fra le dita l’orlo della felpa, togliendola lentamente dalle spalle di Thomas.
Thomas non sapeva nemmeno perché stesse cooperando; i suoi primi istinti erano stati corri, sbagliato, non come dovrebbe essere, non come è sempre stato, ma poi si era calmato e aveva soffocato quei pensieri.
Era quello che voleva, no? Quello per cui era venuto. La spiegazione al perché aveva accettato il biglietto e ci aveva provato. Per provare qualcosa di nuovo. In qualche modo. Smetterla di essere così prevedibile.

“Amico, sembri una statua, rilassati un po’,” Newt ridacchiò, la sua voce era leggermente più bassa di prima. Era..piacevole, si disse Thomas. Le dita di Newt presero ad esplorare la pelle nuda del suo braccio, facendogli venire i brividi sul momento. Il suo tocco era come quello di una piuma, né  insistente e né esigente, ma comunque era lì, Thomas lo sentiva. L’altra mano scivolò lentamente dal petto di Thomas al suo collo, arricciandosi a mo’ di coppa sulla sua nuca, carezzandola.

“Va bene?” chiese e Thomas deglutì rumorosamente per poi annuire. Non era male. Era una bella sensazione. Forse. Sarebbe stata bella, se solo non si fosse sentito così nervoso e..sbagliato.

Le dita continuarono il loro percorso, accarezzando le sue clavicole.

“E ora?” chiese di nuovo, e Thomas fece di sì con la testa.

“Va bene,” riuscì a dire, quasi in un soffio, e Newt si sporse un po’ in avanti e improvvisamente appoggiò i denti sul collo di Thomas. Il gesto fu così inaspettato  che il cervello di Thomas non fece in tempo a fermare il gemito che fuoriuscì dalle sue labbra.

“Deduco che anche questo ti sia piaciuto,” Newt ridacchiò e si sistemò meglio sulle sue ginocchia. “Dato che beh…la tua tenda si è già alzata.”*

“La—cosa?”

Una sola occhiata a /sud/ e Thomas si sentì avvampare. Seriamente? Si era eccitato solo per quella piccola cosa? Con un perfetto sconosciuto che sedeva fra le sue gambe e gli sorrideva compaciuto? Cosa c’era che non andava in lui?

“Qualcosa con cui posso lavorare,”  Newt gli fecce l’occhiolino, quel bastardo e la sua espressione soddisfatta, e poi rivolse nuovamente la sua attenzione al collo di Thomas, mordicchiandolo piano in vari punti.

Era strano. Diverso. Un po’ sbagliato, forse. Thomas non ne era sicuro. Il suo corpo reagiva, riscaldandosi notevolmente, ma la sua mente faticava a tenere il passo, serrava le labbra per evitare altri eventuali rumori e Thomas si sentiva vacillante e in conflitto.

I tocchi del ragazzo si sentivano appena, ma erano sempre nel punto e nell’angolo giusto. L’incessante quantità di piacere e malizia fuse insieme era qualcosa a cui Thomas non era affatto abituato. Era lui quello che guidava ogni volta il rapporto, dopo tutto. Era lui quello che inziava i baci. Era lui quello che puntava a dare piacere, e non a riceverlo – per qualche ragione quella era diventata una specie di regola per lui. Ma Newt non era una donna; non era una ragazza che aveva bisogno di essere coccolata. Voleva andare dritto al punto, senza sapere chi fosse veramente Thomas, senza preoccuparsi delle piccole inutili cose.

Era solo sesso, si disse.
Il sesso era facile. Il sesso doveva essere facile. Era naturale.

“Nemmeno tu sei mai stato con un ragazzo, vero?” la voce del biondo trafisse i pensieri del ragazzo senza pietà e poi tutto ad un tratto i loro corpi erano quasi attaccati, petto contro petto, inguine contro inguine, e Thomas trattenne il respiro quando si accorse che l’altro era nelle sue stesse condizioni.

“Cazzo,” disse sottovoce, alzando e rialzando il petto rapidamente,  e Newt sorrise facendo scorrere le dita fra i capelli di Thomas. Era davvero piacevole.

“Solo se sei d’accordo,” offrì il biondo, ammorbidendo l’espressione. “Non mi entusiasma avere un partecipante riluttante. Rovina l’atmosfera.”

Thomas era d’accordo? Andare a letto con un ragazzo? Uno straniero a caso?

“E’ solo sesso,” gli sussurrò Newt nell’orecchio con la voce sempre più bassa, mordendogli delicatamente il lobo di esso.  “Non serve nessuna scienza. Rilassati.”

Era quello il punto, no? Rilassarsi. Era per quello che Minho e Teresa gli avevano regalato quel biglietto. Per incontrare quell’uomo. Per dimenticare chi era per per un po’. Forse anche per mettere da parte i suoi sentimenti per una notte. Era davvero così difficile? No, non lo era, vero? Newt era lì, emanava un calore rassicurante ed era pronto, e forse era proprio quel misterioso qualcosa di cui Thomas aveva disperatamente bisogno.

“Posso farcela,” disse, nonostante la voce leggermente tremolante.  

“Bravo ragazzo,” Newt sorrise e le sue mani scivolarono ancora più giù, verso la cintura di Thomas.

Thomas aveva completamente perso la testa.

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NOTE DELL’AUTRICE:
{Betata da Lucrezia, che ringrazio di cuore.♡}
*: Un modo di dire inglese davvero..interessante HAHAHA penso che dal contesto si capisca, scusatemi se è molto italianizzato. :')
Beh, che dire, Thomas non sa più da che parte andare a parare! Alla fine darà il via libera a Newt o si tirerà indietro all’ultimo momento? *Rullo di tamburi* Lo scoprireeete nel prossimo capitolo! Also, tranquilli, non ci saranno troppi dettagli smut, per chi non legge quel tipo di ff.
Spero di non avervi deluso, e spero anche di aggiornare quanto più prima possibile.
Vorrei anche ringraziare voi piccoli muffin che recensite e seguite la mia traduzione♡♡
Alla prossima!,
wallflower
  
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