One Shot
Il lettino
rialzato lo ospitava, avvolgeva, rilassava. Gli incantesimi rallegranti
gli
infondevano sicurezza, mettevano a tacere le sue remore, facevano
spazio alla
verità. La volontà di guarire, andare avanti,
mettendosi finalmente il passato alle
spalle colmava il resto.
Era stanco di
sognare la guerra, la guerra che l’ha visto affrontare
Voldemort, prima di lui
Silente ed in principio Harry. Tutto era iniziato lì, quel
primo giorno di
scuola, su un treno luccicante e pieno di promesse che lo avrebbe
condotto ad
un futuro di paura ed incertezze.
I pensieri
funesti tornarono ad assalirlo, ancora una volta lo avvinghiarono come
viticci
provenienti dal tranello del diavolo, ma una voce che andava oltre le
sue paure
lo mantenne ancorato alla realtà.
“Continua
Draco,
mi raccontavi del tuo primo viaggio sul treno per Hogwarts. Sono
passati quasi
vent’anni da allora, eppure tu lo ricordi così
bene da poterlo quasi rivivere.
Sai perché lo ricordi così? Qual è la
prima cosa che ti viene in mente se ti chiedo
di raccontarmi quel giorno?”
Draco si fece
cullare da quelle parole, rilassò le spalle irrigiditesi per
un momento,
tornando con la memoria a ciò che era stato da bambino. La
sicurezza,
l’arroganza, la certezza di essere il migliore. Sorrise un
po’ come se il
vecchio Draco indossasse ancora le stesse maschere che il se bambino
usava
portare, iniziando poi a parlare.
“Faceva
freddo.
Era freddo quel giorno, come ogni giorno prima di quello ed ogni giorno
successivo. Ed io ero solo. Tiger e Goyle mi accompagnavano, io ero
felice, ma
io ero solo. Il viaggio in treno è stato diverso
perché mio padre mi aveva
guidato fino a quel momento. Io sapevo di doverlo fare, di dover far
diventare
Harry mio amico per offrirlo al Signore Oscuro, ma lo
odiavo… lo odiavo fin da
quando l’ho visto da Madam McLean, lo odiavo da quando mio
padre ha iniziato a
parlarmi di lui al punto da non pensare a me. Quel giorno io dovevo
stringere
amicizia, ma lo allontanai odiandolo…”
La sua voce era
lenta, rilassata, le palpebre pesanti e socchiuse. Uno strano odore gli
inebriava la mente, un mix di erbe per pozioni e qualcosa che era
appena oltre
la foschia dei suoi ricordi. Inalò quell’aroma, lo
agognò, lo fece suo e poi
sorrise.
“E poi,
cos’è
successo? Raccontami della scuola, cosa ricordi della scuola?”
Il volto di
Draco si contrasse appena.
“Lui era
sempre
davanti a me. Uno scalino più in alto, un poco
più veloce, leggermente più
famoso. Ero solo un’ombra, un’ombra paragonato al
sole che ardeva ogni volta
che lo vedevo. Io lo odiavo così tanto, avrei voluto fargli
del male ed essere
lui. Avrei voluto che le attenzioni che riceveva dagli altri fossero le
mie,
che dovesse sopportare lui il peso del mio cognome mentre io sfoggiavo
il suo.
Io lo odiavo…”
Il suono di una
piuma che prendeva qualche appunto, di nuovo quell’odore
così intenso,
inebriante, che ora finalmente riuscivi ad associare
all’agrifoglio. Da che
parte della sua coscienza venisse questa sensazione così
intensa non lo sapeva,
ma sapeva di non averne mai abbastanza.
“Continua.
Parlami dei tuoi amici.”
Le parole lo
colsero di sorpresa, forse il sonno lo stava avvincendo, guidandolo nel
tiepido
abbraccio di Morfeo. Ma anche così non poté
evitare di rispondere, nella sua
mente nacquero spontanee delle immagini di Weasley e della Granger, Dio
quanto
odiava anche loro, forse più di Potter stesso
perché loro potevano vivere della
sua luce riflessa.
“Li
odiavo, li
volevo morti, sbranati dai cani, marchiati, uccisi. Non meritavano la
loro
gloria, la loro luce, il loro amore. Io li volevo, ma non mi erano
concessi.
Nessuno doveva vedere me, nessuno doveva conoscere me, io ero il figlio
di mio
padre, mentre lui era sempre stato lui. Io lo odiavo, lo odiavo
così tanto…”
Ci fu un attimo
di silenzio, perfino quell’aroma di erbe per pozioni e
agrifoglio si era
fermato, ma fu solo un istante prima che tornasse ad investirlo con
più forza
di prima.
“Draco…
parlami
di Harry.”
Umido. Il suo
viso era umido, sentiva distintamente il sapore del sale sulle labbra
mentre
ancora si affannava, lottando, diviso e spaccato come sempre era stata
la sua
vita. Da una parte il Purosangue, degno figlio di suo padre, che non
poteva far
altro che seguire la strada che per lui era stata segnata,
dall’altra la
rabbia, il dolore, il peccato, che erano cresciute e soffocate
più volte di
quante osasse ricordare. Sul suo volto una maschera, nella sua mente
una rigida
imposizione. Anche volendo non avrebbe potuto essere
nient’altro, eppure
nonostante tutto lui era li. Il vero lui, cresciuto nel buio, come se
la sua stessa
mente fosse uno sgabuzzino, costretto a vivere dei resti dei suoi
ricordi,
arraffando quanto poteva da quelle immagini che si imponeva di odiare.
E la lotta fu
dura, le labbra si schiusero più volte, i denti si
contrassero in
un’espressione dolorosa. Lui era lì, ma non
c’era, lui era così, ma non lo era
mai stato. Rischiò quasi di impazzire mentre le mani si
aggrapparono alle
tempie, conficcando le unghie nelle carni del viso.
“Io…
odiavo…
Harry Potter… lo odiavo… lo odiavo… io
Odiavo Harry Potter… io Odiavo Harry Potter! IO
ODIAVO…”
La voce si
ridusse ad un sussurro, gli occhi nascosti dietro le palpebre socchiuse
si
rivoltarono all’interno del cranio, mentre uno spasmo gli
percorreva la schiena
ora rigida come uno stoccafisso.
“Odiavo…
amare…
Harry Potter…”
Quelle poche
parole sfuggirono al suo controllo insieme alle lacrime di sangue che
gli
insozzarono il viso. E poi tutto finì. L’odore, il
rancore, la violenza, la
sofferenza. Tornò alla realtà aprendo gli occhi
di scatto. Il capo che ruotava
fissando il guaritore di fianco a lui, con una mano sul suo petto per
trattenerlo.
“Per oggi
abbiamo finito Signor Malfoy. Continueremo settimana prossima alla
stessa ora.”
Il guaritore
sorrise, si alzò e prese un ultimo appunto sul suo taccuino
conciato in morbida
pelle nera, mentre Draco faceva i conti con la realtà.
Avvertiva il sangue e le
lacrime, arrossì addirittura per quella debolezza, ma oltre
a questo non si
scompose. Con un gesto regale della bacchetta sistemò il suo
viso, alzandosi in
piedi.
“Lei…
mi dirà
mai cosa le racconto durante le sedute?”
Il bastone con
la testa di serpente era stretto nella sua presa, così forte
da far sbiancare
le nocche.
“Signor
Malfoy,
mio compito è tenerla in piedi in modo che possa sopportare
le mondanità, non
c’è motivo che lei sappia cosa la turba al punto
da non farla dormire, sappia
solo che da oggi in poi andrà meglio. Penso che dopo un anno
di terapia,
finalmente abbiamo centrato il nocciolo del suo problema.”
Draco
spalancò
gli occhi, ma ancora sul suo viso non c’erano altre
avvisaglie di sorpresa.
“Lei…
ha
capito?”
Il guaritore
sorrise, concluse di scrivere il suo resoconto, sorridendo cordiale al
suo
paziente.
“Si fidi
di me
signor Malfoy, organizzerò tutto io in modo che lei abbia la
miglior terapia
possibile, in fondo mi paga per questo no?”
Draco annui,
fece per andarsene, ma si fermò poco prima di arrivare alla
porta.
“Un’ultima
cosa…
non essere così formale con me, anche se sono stato io a
trovarti questo
lavoro, offrendoti una possibilità dove altri non
l’avrebbero fatto, non devi
mostrarti così deferente. Siamo stati compagni di scuola ed
amici Blaise
Zabini, e lo saremo sempre.”
Blaise sorrise
con i suoi denti bianchissimi, chinando leggermente il capo. Draco
ricambiò,
lasciando lo studio poco dopo.
Appena la porta
si chiuse alle sue spalle, il sorriso sul volto del Serpeverde si
spense.
“Forse
siamo
stati compagni, ma a quanto pare… non siamo mai stati
amici…”
Riordinando le
sue carte l’uomo si preparò per il paziente
successivo.
Una nota di
irritazione a turbare il viso generalmente deferente.
Note. One shot senza pretese, chiunque voglia può abusare di lui per buttare giu una long.