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Autore: benzodiazepunk    04/01/2015    5 recensioni
13 racconti per 13 anni, 13 piccole immagini di momenti di vita quotidiana.
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«Dobbiamo decidere cosa fare del nostro futuro» affermo.
«Come possiamo saperlo? Siamo solo dei bambini» sbotta lui alzando gli occhi al cielo.
«Io voglio diventare famoso» decreto, senza nemmeno ascoltarlo. «E tu diventerai famoso insieme a me»
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«Questo è il nostro sogno. Non è sbagliato inseguire i propri sogni» affermo con un tono sicuro che mi fa quasi sobbalzare perché è quello che usa Bill quando la questione “è così punto e basta”.
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Mi devo operare, e questo già di per sé è una cosa orribile.
Mi devo operare alle corde vocali, e nessuno che non sia un cantante può davvero capire cosa significhi.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bill Kaulitz, Tom Kaulitz, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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1 Settembre 2007 – Tom
 
Diciotto anni.
Diciotto anni.
Ben diciotto anni.
Continuo a ripetermelo da tutto il giorno nella speranza di iniziare a crederci ma nonostante tutti i miei sforzi questi benedetti diciotto anni io non me li sento affatto. Non mi sembro un diciottenne, mi sento un ragazzino, nulla di più.
Maggiorenne? Io? Ma và!
Eppure…
Mi guardo allo specchio sistemandomi i vestiti scelti accuratamente per la festa di questa sera e penso che il tempo passa troppo in fretta, dovrebbe davvero rallentare dannazione, o tra poco più di un battito di ciglia mi ritroverò trentenne.
Mi trovo impeccabile, un Tom Kaulitz perfetto e nella sua forma più smagliante. “I diciotto anni mi donano” penso ridacchiando fra me e me e pensando alla risposta che mi darebbe immediatamente Bill riguardo la mia immodestia se fosse qui.
Bill.
Stringo delicatamente nella mano la busta che contiene la lettera che ho scritto per lui, tremando al solo pensiero di doverla leggere davanti a tutti. Eviterei volentieri, molto, molto volentieri ma lui lo fa sempre. Voglio dire, dimostra sempre l’affetto che prova per me, sempre e pubblicamente, e oggi voglio farlo anch’io, per una volta devo.
Apro la finestra della mia camera assaporando la frizzante aria settembrina; il mondo non è cambiato da ieri, la città è sempre grigia e rumorosa, il lampione qui fuori, sul ciglio del marciapiede, continua a lampeggiare come sempre, mezzo bruciato, il nostro vicino di fronte canta sotto la doccia, l’incubo delle nostre domeniche mattina, la giornalaia chiude bottega e inforca la bici in perfetto orario come sempre. Nemmeno io sono cambiato da ieri, eppure…
Eppure sento che sto crescendo, sento che sto cambiando, che non è più la vita a trascinarmi ma sono io a manovrarla. Sento che qualcosa è cambiato da un anno, forse meno, a questa parte, e che le cose continueranno a cambiare perché è così che va la vita. Si cambia, si cresce, si matura, la mentalità muta e in un attimo, non si sa come, ti accorgi di essere adulto.
Qualcuno batte alla porta, è Bill di sicuro, riconosco il suo modo di bussare. E infatti l’attimo dopo la sua testa leonina sbuca dal corridoio.
«Sei pronto?» mi domanda.
I diciotto anni gli donano davvero.
«I diciotto anni ti donano fratellino, te l’avevo già detto?» esclama chiudendosi la porta alle spalle.
Scoppio a ridere senza potermi trattenere. 
«Stavo pensando esattamente la stessa cosa di te, che tu ci creda o no!»
«Grazie, ma io mi sento esattamente uguale a prima»
«Anche io, ma non si cresce tutto in un giorno»
«Da quand’è che ho un fratello saggio? Ho qualcosa per te» afferma poi cambiando argomento all’improvviso.
«I regali non ce li diamo dopo?»
«Non è un regalo. È la mia lettera. Quest’anno voglio che la leggi qui in privato»
Bill le sue lettere per me le ha sempre recitate come un discorso, rigorosamente a memoria, infarcendole di volta in volta con aggiunte del momento. Il bello è che non sono veri e propri discorsi né vere e proprie lettere né biglietti di auguri, sono un po’ uno scherzo fra noi. Mentre siamo con tutti gli altri, siano parenti o amici, nel bel mezzo di una qualsiasi conversazione lui improvvisamente si collega a una frase di qualcuno, a un argomento, a qualsiasi cosa, e inizia a parlare di me. All’inizio nessuno capisce che non stiamo più parlando di ciò di cui parlavamo fino a un attimo prima, tutti dopo un po’ si ritrovano lì a pendere dalle sue labbra e io sono l’unico che sa che quello è il suo regalo speciale per me. È un po’ un segreto fra noi e anche se lo sentono sempre tutti è questo il bello: noi due siamo gli unici a capire davvero. Quando Bill finisce non ci sono applausi come in un discorso, semplicemente lui mi fa l’occhiolino, si continua a chiacchierare e il discorso riprende.
«La devo leggere da solo?»
«Sì, aspetta, ecco» dice porgendomi la busta, bianca e semplice con su scritto il mio nome in bella grafia. «Ora me ne vado e tu la leggi, e poi ci vediamo di sotto. Non fare tardi» mi raccomanda.
L’idea di leggermi la lettera per conto mio non mi va a genio, mi piace sentire la voce di mio fratello anche se parla così tanto che non lo ammetterei mai, e vorrei sentire questa lettera dei diciotto anni letta da lui, come sempre.
«Non vuoi leggerla tu?»
«Pensavo che avessi imparato a leggere dopo dodic’anni di scuola!» mi prende in giro.
«Sì, sì, molto simpatico»
«No, leggila tu. Stavolta è così»
E mi molla qui con un sorrisetto enigmatico, con questa busta fra le dita. Scocciato dal fatto che ce l’ha sempre vinta lui alla fin fine, sfilo un foglio e lo spiego; è scritto a mano, non è lunghissimo, una paginetta piuttosto rada, le frasi sono spezzate, va a capo spesso senza usare tutto lo spazio. Mi siedo per leggere, la voce che sento in testa scorrendo le righe è quella del mio gemello.

Nella notte in me tutto diventa pian piano freddo
Ci pensi, per quanto tempo ancora potremo stare Qui insieme?
Voglio che tu rimanga con me,
perché le ombre, altrimenti, mi afferreranno.
Quando andremo via, andremo via insieme.
Tu sei tutto ciò che io sono,
tutto ciò che scorre nelle mie vene
Ci sosterremo sempre,
non importa dove o come cadremo, non importa a quale profondità,
solamente io non voglio essere lì da solo.
Facciamo in modo di essere insieme
Nella notte.
Sento quando urli, anche se silenziosamente,
sento ogni tuo respiro,
e anche se il destino ci farà a pezzi non importa cosa verrà dopo,
tutto questo è ciò che divideremo sempre.
Non voglio essere solo,
ma noi saremo insieme, nella notte.
Solo insieme a te.
Ma tu tienimi, tienimi, o verrò trascinato via, solo, nella notte,
e io non voglio, non voglio essere solo.
Facciamo in modo di essere insieme in questa notte.
Perché tu sei tutto ciò che io sono, tutto ciò che scorre nelle mie vene,
e anche se prima o poi sarà tempo,
noi saremo insieme, nella notte.

Questo non è uno scherzo, non è un discorso da ridere detto per farci l’occhiolino fra noi.
Questa è la bozza di una canzone e io lo so.
Questa è una canzone per me e so anche questo.
Non è ancora pronta, lui la modificherà ma ha voluto che io la vedessi e la leggessi così come l’ha pensata, così come è nata, allo stato grezzo, sincera come non potrebbe mai essere una volta pubblicata. Ora capisco perché non ha voluto leggerla lui, Bill si vergogna sempre di leggere ad alta voce i suoi testi, quello scemo; sono così belli invece.
Leggermente imbambolato mi alzo dal letto e mi costringo ad uscire dalla stanza; Bill impazzirà se farò tardi.
La festa è uno sballo e tutto è perfetto. Ci sono tutti i nostri amici, anche gente che non vediamo da tanto, troppo tempo, parenti da ogni dove e paparazzi che cercano di fotografarci schiacciando nasi e obbiettivi alle finestre. Non siamo tantissimi, solo le persone a noi più care che comunque formano un bel gruppo. Non potrei chiedere di più.
Nostra madre volteggia come una farfalla tra i tavoli da perfetta padrona di casa (anche se siamo nel salone di un albergo si è calata perfettamente nella parte) e credo che io e Bill non siamo mai stati più sorridenti di oggi.
Mi è bastato uno sguardo per comunicargli tutte le emozioni che la sua lettera mi ha trasmesso, gli è bastato quello sguardo per capire tutto quanto; mi ha sorriso arrossendo leggermente e abbassando gli occhi, e nessun’altro si è accorto di nulla.
Ora è quasi il momento. So che la mia lettera non è un gran che, che non sono bravo come Bill con le parole e non a caso è lui il cantante, so che sembrerò un cretino ma so anche che mio fratello adora questo genere di cose, e come regalo, beh, è perfetto anche se mi fa sentire scemo.
La torta è quasi intatta nel mio piatto quando richiamo l’attenzione dei presenti su di me; mi vergogno da morire.
Aiutoaiutoaiuto.
Ora capisco perché non ho mai voluto fare una cosa del genere.
«Volevo dire solo due parole» esordisco. Mi schiarisco la voce. «Per una volta potete essere certi che saranno due sul serio perché sarò io a dirle e non mio fratello» sorrido, e la gente intorno a me scoppia in una risata generale. «È da questa mattina che cerco di capacitarmi di avere diciotto anni, senza risultato peraltro. Credo che compiere diciotto anni sia un traguardo importante» La lettera è stretta nella mia mano, chiusa. Avevo scritto tutto per bene ma ora quelle stesse parole mi escono dalla bocca come un fiume senza sforzo. «È l’ingresso ufficiale nel mondo degli adulti, delle persone mature e responsabili, o così si pensa anche se riguardo noi due avrei qualche dubbio» Altre risate. «No, in ogni caso credo di essere entrato in questo mondo degli adulti già da un pezzo in verità, anche se ero troppo giovane, troppo immaturo e forse non ero pronto; ma per tutto questo tempo l’unica cosa che è riuscita a non farmi mollare, a non permettermi di tornare a casa urlando, a darmi fiducia nel futuro sempre e comunque, è stata la presenza di mio fratello»
Bill arrossisce alzando all’improvviso uno sguardo scioccato su di me. Non si aspettava un discorso in suo onore eh?
«Io sono nato dieci minuti prima di lui» continuo cercando di soffocare un sorrisetto. 
«Sono il fratello maggiore a tutti gli effetti, eppure spesso e volentieri è Bill che da la forza a me piuttosto che viceversa»
Ora lo vedo scuotere il capo sorridendo sotto i baffi, per niente d’accordo con quello che sto dicendo, lo so.

«Fin da quando eravamo piccoli Bill ha sempre avuto le idee chiare riguardo la nostra vita; voleva diventare un cantante, a tutti i costi, aveva talento e lo sapeva, voleva diventare famoso e voleva che io lo diventassi con lui. Nessuno dei due ha mai preso in considerazione l’eventualità di separarci, di intraprendere una carriera senza l’altro, ma la verità è che se ora siamo quello che siamo per larga parte io lo devo a lui, che col suo entusiasmo ci ha sempre trascinati permettendoci di superare anche i momenti peggiori, quei momenti in cui ti viene voglia di mollare e di mandare tutto al diavolo, in cui inizi a dubitare di ciò che stai facendo. La verità è che Bill è la cosa migliore che mi sia mai capitata, mi spiace deludere le vostre aspettative ma il miglior regalo che potessi ricevere l’ho già ricevuto, esattamente dieci minuti dopo la mia nascita; era piccolo così» dico misurando con le mani. «Ed era bellissimo»
Sorrido, e non mi sfugge che mio fratello si sta commuovendo. Ma non ho ancora finito.
«Bill, con la sua immagine da genio folle, è sempre stato il sognatore fra noi due ma un tipo di sognatore che non si trova in giro e che io non ho mai incontrato se non contiamo lui, perché non si limita a sognare, lui i sogni li fa avverare; e non stiamo parlando di fortuna, di casi della vita o chissà che altro. Io da solo un musicista non lo sarei mai diventato. Bill sapeva come fare, fin da quando aveva otto anni e mi ha costretto a leggere la sua prima canzone e io so, io sono sicuro, che tutto ciò che vorrà lui lo realizzerà. Ecco, spero solo che nei suoi sogni io sia sempre presente perché sono perso senza di lui. Siamo fratelli, siamo gemelli, e insieme siamo meglio che per conto nostro, lo siamo sempre stati. Ti voglio bene Bill, come non ne voglio a nessun altro e anche se mi sento un perfetto cretino a dire queste cose davanti a tutti voglio che tu sappia che questo non cambierà mai, qualsiasi cosa succeda, qualsiasi cosa tu faccia. Io sarò sempre qui per te, come hai detto nella tua canzone no? Ich bin da, und halt dich das auch nicht zuruck, dann spring ich fur dich»

Taccio e la sala è invasa dal silenzio. Guardo negli occhi mio fratello, lui mi guarda di rimando, e non ci serve altro perché c’è un legame speciale fra noi, a unirci per sempre. Lascio che questa consapevolezza mi riempia il cuore mentre gli applausi sovrastano qualsiasi altro rumore, e mi accorgo che io l’ho sempre saputo, inconsciamente. Questo nostro legame speciale esiste, e non si può rompere, nemmeno volendo.

  
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