A Francesca che è entrata nella mia vita velocemente,
spero che non se ne vada mai
La neve
cadeva fitta sopra Londra, Elisabeth si versò una tazza di tè caldo e si
sedette sulla poltrona incrociando le gambe e guardando fuori dalla finestra.
Le strade erano ricoperte di bianco, il Tamigi era mezzo ghiacciato, i
Londinesi se ne stavano chiusi in casa o, se proprio era necessario uscire, si
rintanavano il più possibile in negozi ed uffici.
Beth prese un sorso di tè prima di poggiare la tazza
sul tavolino e tirare le maniche del maglione fino a coprirsi le dita. Quel
maglione era enorme per lei, le arrivava quasi alle ginocchia e le copriva
interamente il braccio. Nonostante questo, lei amava quel maglione, lo amava e,
nel suo metro e cinquantotto di altezza, si sentiva protetta da quella stoffa
scura e pesante.
Sussultò quando il cellulare prese a squillare nel silenzio dell’appartamento
«Pronto?» rispose subito, non guardò nemmeno il numero, ma sperava che fosse
lui e che le desse buone notizie.
«Beth, mi dispiace le nevicate hanno reso impossibile
il volo e non ce la faccio a venire» un nodo si strinse alla bocca dello
stomaco della ragazza al sentire quelle parole.
Non vedeva l’ora di riabbracciarlo, di sentire le sue labbra sulle sue e di
perdersi nelle sue carezze e nei suoi respiri; aveva sperato che potesse
arrivare, stare con lei almeno il giorno del suo compleanno dato che per quello
del ragazzo erano stati lontani, ma ormai non c’era più nulla da fare: lui non
sarebbe arrivato.
Tirò leggermente su con il naso sperando che dall’altro capo lui non sentisse
nulla, non voleva farlo sentire in colpa perché comunque non era colpa sua, ma
era ferita e delusa «Non importa Harry, va bene» sentì un sospiro dall’altra
parte della cornetta «Non avevi già preparato per la cena, vero?».
Elisabeth si girò verso la cucina dove aveva già preparato gran parte della
cena «No, tranquillo, ci vediamo appena finisci il tour» disse prima di
attaccare; non aspettò una risposta, schiacciò il tasto rosso sullo schermo e
lanciò il cellulare su un punto impreciso del divano.
Si alzò e andò a mettere via tutto ciò che aveva preparato per quella sera,
aveva gli occhi lucidi, ma cercava in tutti i modi di non piangere. La
delusione era tanta, ma dopotutto non poteva dare la colpa ad Harry, lui aveva
un lavoro e lei non poteva permettersi di seguirlo in giro per il mondo.
Una vocina, nel cervello, le diceva che se avesse voluto l’avrebbe raggiunta, o
che avrebbe potuto prendere l’aereo il giorno prima, dato che non aveva
impegni. Cercò di cacciare via quel diavoletto che le ripeteva che se solo
Harry avesse davvero desiderato passare il compleanno con lei, allora sarebbe
già a Londra.
Aveva la tv
accesa su MTV e la cosa non aiutava, dato che ogni due per tre mandavano in
onda una delle canzoni degli One Direction e, ogni
santa volta, avrebbe voluto tirare il telecomando sul punto dello schermo in
cui c’era Harry.
Continuava a ripetere che non era colpa sua, che al 5 febbraio la neve era
normale, che se avesse potuto sarebbe stato da lei. Se lo ripeteva come un
mantra, la aiutava in un certo senso a tenere lontana dalla sua coscienza
quella voce che come un eco nel suo cranio ripeteva che Harry non voleva stare
con lei e che aveva di sicuro altro da fare; una festa o un after
party dopo qualche evento del quale lei non era a conoscenza.
Aveva ignorato per tutta la sera la suoneria insistente del cellulare perché,
nonostante non volesse far sentire in colpa Harry, in cuor suo era ferita ed
era arrabbiata con lui. Per forza doveva essere arrabbiata con lui, con chi
altro? Con il tempo? Con il cielo? Con Dio?
No, non poteva arrabbiarsi con loro perché non erano concreti, invece Harry era
concreto e avrebbe potuto urlargli addosso tutta la sua rabbia, la sua
delusione e la sua frustrazione.
Ma sapeva che non l’avrebbe mai fatto perché, una volta visto Harry, con i suoi
occhi verde ulivo e i suoi capelli spettinati, le sue braccia toniche e tatuate
e i suoi vestiti strappati, tutto sarebbe svanito. Tutto sarebbe svanito nel
momento in cui i suoi occhi castani avrebbero incontrato quelli verdi di Harry
e allora non ci sarebbe stato altro se non lui con le sue labbra rosse ed
invitanti e quelle braccia pronte a stringerla.
Asciugò una lacrima e si alzò dal divano pronta ad andare a dormire. Quello che
la faceva stare davvero così male, non era il fatto che Harry non fosse lì in
quel momento, no. Quello che faceva male era il fatto che lei dipendesse tanto
da lui, così tanto da sentirsi vuota ed inutile senza lui accanto, dipendeva
talmente tanto da Harry che, in quel momento, si sentiva come se le avessero
strappato il cuore dal petto.
In fondo a lei non importava poi tanto del suo stupido compleanno, tanto quello
serviva solo a ricordarle che stava diventando più vecchia, ma festeggiarlo con
lui era importante.
Quando si
svegliò, per poco non le venne un infarto. Harry era lì, seduto sulla
poltroncina posta accanto al letto che la osservava dormire «Per la miseria,
Harry! Mi hai spaventata» si mise a sedere e si stropicciò gli occhi. «Buongiorno
anche a te» disse lui, la voce roca e stanca e l’espressione grave.
«Perché mi guardi così?» chiese Beth con un leggero
cipiglio di fastidio nella voce. Cosa ci faceva lì? Aveva detto che sarebbe
rimasto bloccato a causa della neve e ora era lì che la guardava dormire come
uno psicopatico e, per di più, con una espressione arrabbiata.
«Perché ho preso un aereo all’una del mattino per venire qui, preoccupato a
morte perché tu ignoravi le mie chiamate. Arrivo a casa e vedo la cena pronta
nel frigo, Elisabeth perché non me l’hai detto?».
La ragazza si alzò dal letto, aveva ancora indosso il maglione pesante di Harry
che l’aveva aiutata ad addormentarsi grazie al suo profumo impresso nella
stoffa «Non chiamarmi Elisabeth come se fossi arrabbiato con me! Vedo che,
nonostante la neve, non hai avuto problemi ad arrivare» disse con una nota di
accusa nella voce, evitò volutamente di incontrare gli occhi verdi del ragazzo
che si era appena alzato dalla poltroncina sul quale era stato seduto quasi
tutta la notte ad osservare la sua splendida Elisabeth dormire.
Harry si sentì colpito in pieno da quell’accusa «Sono stato in aeroporto dalle
4 del pomeriggio Beth! Ho cercato un aereo qualsiasi
che mi portasse qui a Londra, ma le nevicate non facevano altro che aumentare.
Lo sai che se fosse dipeso da me sarei stato qui anche l’altro ieri» la ragazza
scosse la testa e si avviò verso il bagno. Harry la seguì come se fosse la sua
ombra, era frustrante il fatto che lei non lo guardasse in faccia; era
frustrante e deludente il fatto che lei davvero lo stesse accusando per non
essere stato a casa la sera prima.
«Sei Harry Styles, sei quasi più importante della
Regina! Vuoi farmi credere che non ci fosse un fottutissimo aereo disposto a
portarti a Londra? Eri in Austria, non eri di certo dall’altra parte del mondo»
improvvisamente la voce di Beth si era fatta più
alta, le guance si stavano arrossando per la rabbia, ma nonostante questo il
suo volto non si azzardava a girarsi verso quello del ragazzo. Se l’avesse
fatto avrebbe mandato tutto all’aria e gli sarebbe saltata addosso come se
nulla fosse successo.
Harry si sentiva accusato di qualcosa che non aveva fatto, come quando ad 8
anni la sua amica Alice aveva rotto il vaso di suo nonno, ma tutti avevano dato
la colpa a lui. Ora si sentiva così, come si era sentito ad 8 anni, quando sua
madre gli diceva che sarebbe stato in punizione per una settimana ed Alice lo
guardava con quegli occhi azzurri enormi che sembravano pregarlo di perdonarla.
Solo che adesso non era sua madre ad urlargli contro e non era un vaso ad
essere andato in frantumi; adesso ad urlargli contro era la ragazza di cui era
follemente innamorato da tre anni ormai e ad essere andato in frantumi era il
suo cuore e lui si sentiva tremendamente in colpa per questo perché ferire
Elisabeth era l’ultima cosa che avrebbe mai voluto fare in vita sua.
«Esattamente di cosa mi stai accusando? Se mi avessi detto che avevi già
preparato tutto mi sarei impegnato di più e poi tu non ami nemmeno così tanto
il tuo compleanno!» alzò anche lui la voce alterato dal comportamento della sua
ragazza.
«Harry, non ti ho detto nulla perché sapevo che ti saresti sentito in colpa,
inoltre ci terrei a sottolineare che cinque giorni fa era il tuo di compleanno
e non siamo riusciti a passarlo insieme, ma ti sei comunque divertito in un
locale scadente in Spagna con i tuoi amici e un mucchio di ragazze pronte a
tutto pur di mettere le loro sudici mani addosso a te. Io come l’ho passato il
mio? Seduta sul divano a guardare MTV dove ogni cinque cazzo di minuti
passavano i vostri video, con le lacrime agli occhi e il pensiero che forse non
eri con me perché non volevi esserci» rispose lei girandosi. Subito i suoi
occhi castani cercarono quelli verdi del riccio e lì fu la fine; tutte le sue
difese cascarono, non vedeva Harry da 37 giorni esatti e lui era lì davanti a
lei mentre lei non faceva altro che accusarlo di una cosa che non aveva fatto.
«Io non ti capisco Elisabeth! Prima dici che non volevi che mi sentissi in
colpa e poi mi urli così addosso che se non ero qui era perché non volevo
esserci. Come ti viene in mente una cosa del genere?».
Harry si sentiva deluso e ferito dal pensiero di Beth.
Aveva aspettato per ore su quelle sedie scomode dell’aeroporto di Vienna, si
era maledetto per non aver preso un aereo il giorno prima solo per pigrizia e
stanchezza, aveva speso più di tremila sterline per il suo regalo e si era
preso tutti gli insulti del mondo da Niall che era
stato trascinato da lui in gioielleria per aiutarlo.
«Cosa dovrei pensare?» chiese lei con la voce tremante, stava cedendo
lentamente ed Harry lo sapeva.
Si avvicino a lei cauto, come se avesse davanti una bomba a mano «Beth, ti prego» disse quando vide che lei stava
indietreggiando per allontanarsi da lui. Continuò ad avvicinarsi fino a che non
fu abbastanza vicino per abbracciarla e stringerla al suo petto mentre lei
iniziava a piangere sommessamente sulla sua camicia.
«Non pensare mai più che io non voglia stare con te, ti amo, ricordalo sempre»
sussurrò mentre le accarezzava delicatamente i capelli.
«Smettila
di guardarmi» stavano facendo colazione ed Harry non faceva altro che osservare
Elisabeth per controllare che stesse bene «Voglio sapere se è tutto a posto»
lei annuii mettendosi in bocca un pezzo di pane tostato con la Nutella spalmata
sopra.
Harry amava davvero la sua Beth e si chiedeva come
fosse possibile che lei non vedesse quanto amore provava nei suoi confronti.
Avrebbe dato di tutto pur di poterle stare sempre accanto, ma questo era il suo
lavoro e, senza di esso, non l’avrebbe mai conosciuta.
Si ricordava ancora ogni dettaglio di quella sera, il vestito blu e i tacchi
del medesimo colore che a metà serata erano spariti lasciandola a piedi nudi; i
capelli a caschetto che ora erano cresciuti notevolmente e quel sorriso che,
nel corso degli anni, non era cambiato di una virgola. Si ricordava la
terribile frase che aveva tirato fuori per rimorchiarla e si ricordava anche di
come gli aveva riso in faccia lei prima di accettare l’invito a bere qualcosa.
Erano ad una festa nel centro di Londra, durante la settimana della moda e lui
si sentiva così fuori luogo in un posto del genere per quella occasione, ma poi
l’aveva vista e aveva ringraziato il giorno in cui aveva deciso di partecipare
ad X Factor.
«Ti ho comprato un regalo» disse poi di punto in bianco, lei lo guardò per
qualche secondo «Harry, lo sai che odio quando spendi soldi per me» lui scosse
la testa e le prese la mano che era poggiata sul tavolo «Beth,
smettila. Amo comprarti regali, ed ora chiudi gli occhi» aveva gli occhi
luminosi come quelli di un bambino la notte di Natale, le fossette cominciavano
ad essere visibili sulle guance a causa del sorriso appena accennato «Harry,
cosa hai in mente?» chiese lei, un po’ preoccupata e un po’ divertita «Tu
chiudi gli occhi e aspetta!».
Beth fece come le era stato ordinato e chiuse gli
occhi. Sentii Harry muoversi mentre teneva salda la sua mano sinistra,
ridacchiò quando lo sentii imprecare per aver sbattuto contro qualcosa. Sentì
le mani di Harry armeggiare sul suo polso fino a quando non sentì più alcun
contatto «Ora puoi aprire gli occhi» quando li aprì subito il suo sguardo si
posò sul bellissimo e finissimo braccialetto che adesso era chiuso intorno al
suo posto. Un piccolo simbolo dell’infinito era posto al centro e dei piccoli
diamantini adornavano tutto il bracciale «Harry è … splendido» Beth non riusciva nemmeno a trovare le parole, non era una
grande amante di gioielli, ma quello era così bello e semplice e stava così
bene sul suo polso che non poteva fare a meno di amarlo.
«L’idea iniziale era quella di comprare un anello, ma Niall
ha detto che era troppo esagerato, così mi sono limitato a questo. Quando ho
visto al simbolo dell’infinito, beh non ho potuto non pensarti.
«Io voglio stare con te, Beth, voglio stare con te
fino alla fine dei miei giorni. Sentirti dire quelle cose prima, sentirmi
accusato e sapere che tu pensavi che io non volessi stare con te, mi ha fatto
davvero male. Voglio che tu sappia che sei nella mia testa continuamente, non c’è
un momento della giornata in cui io non stia pensando a te. Sei tutto,
Elisabeth, e per quanto banale possa essere questo braccialetto, spero che
resti sempre al tuo polso.» Harry si grattò il collo imbarazzato. Esprimere i
suoi sentimenti non era mai stato il suo forte, ma sapeva che Elisabeth aveva
bisogno di sapere quanto lui la amasse, sapeva che nascondeva fin troppe
insicurezze e che lui aveva il dovere di farle sparire una ad una.
Elisabeth sorrise e si alzò dalla sedia per allacciargli le braccia al collo e
baciarlo; dopo 37 giorni le sue labbra furono di nuovo a contatto con quelle
del suo ragazzo e niente nella sua vita le era mai sembrato più giusto di così.
Le mani di lui subito si posarono sui suoi fianchi e la strinse come se avesse
paura che da un momento all’altro potesse scappare, sperò che lei potesse
percepire quanto amore c’era in ogni gesto che le dedicava, sperò che quel
momento potesse durare per sempre e che arrivasse mai il momento di salutarla
per tornare al suo tour.
Quando interruppero il bacio stettero per qualche minuto ad osservarsi, occhi
negli occhi, le mani si cercarono e le dita si intrecciarono. Beth lo trascinò in camera da letto e lo fece sdraiare
sdraiandosi poi sopra di lui.
Presto i sospiri e i sussurri riempirono l’aria, le mani cercavano contatto con
la pelle dell’altro, gli anelli freddi alle dita di Harry le fecero venire i
brividi quando all’improvviso le dita lunghe del ragazzo si chiusero intorno
alla sua coscia. Vennero lasciati dei marchi sul collo e dei graffi sulla
schiena, le labbra si cercavano e si trovavano in una danza muta e piacevole.
L’indice di
Harry faceva su e giù tra la pancia e il seno di Elisabeth mentre lei lo
guardava ammaliata, come se davanti avesse una statua greca che aveva preso
vita e si era infilata nel suo letto.
«Sei così bella» disse lui continuando ad accarezzarla delicatamente, lei
sorrise. Aveva il cuore pieno di amore e di sensi di colpa per quello che gli
aveva detto e urlato addosso prima, quella mattina «Mi dispiace, Harry. Mi
dispiace per quello che ti ho detto e pensato» lui scosse la testa e le lasciò
un bacio sulla pelle candida della pancia dove prima il suo dito l’aveva
carezzata «Va tutto bene, lo capisco» lei gli prese il viso tra le mani e li
lasciò un tenero e castissimo bacio «Ti amo e sappi che tutto quello che hai
detto prima, beh, lo penso anche io. Voglio passare tutta la mia vita con te
Harry Styles» Harry sorrise, uno di quei sorrisi che Beth amava tanto perché gli comparivano le fossette e
improvvisamente sembrava di nuovo un bambino, e la baciò; la baciò e fece l’amore
con lei di nuovo perché di lei non era mai stanco e sarebbe rimasto per tutta
la vita in quella camera se avesse potuto.
Ok,
allora, mi rendo conto che questa storia è tremendamente mielosa, ma la adoro perché
è dedicata alla mia Francesca.
È da giorni che cerco di ricavare informazioni da Francesca cercando di
sembrare vaga (a partire dal nome della protagonista) e ora è spiegato il
motivo per il quale continuavo a confonderla con le mie domande!
Non c’è molto da dire sulla storia, semplicemente è un estratto di vita di Elisabeth
ed Harry e, ovviamente, Elisabeth è ispirata a Francesca!
Spero che questa shot vi sia piaciuta (spero soprattutto
che sia piaciuta a Francesca) e se avete voglia di dirmi che ne pensate siete i
benvenuti!
Come
al solito vi lascio i miei contatti scrivetemi per qualsiasi cosa!
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Un
bacio e alla prossima
Sil