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Autore: Svazzi    04/01/2015    2 recensioni
[...]Asciugò una lacrima e si alzò dal divano pronta ad andare a dormire. Quello che la faceva stare davvero così male, non era il fatto che Harry non fosse lì in quel momento, no. Quello che faceva male era il fatto che lei dipendesse tanto da lui, così tanto da sentirsi vuota ed inutile senza lui accanto, dipendeva talmente tanto da Harry che, in quel momento, si sentiva come se le avessero strappato il cuore dal petto.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Francesca che è entrata nella mia vita velocemente,
spero che non se ne vada mai

 

La neve cadeva fitta sopra Londra, Elisabeth si versò una tazza di tè caldo e si sedette sulla poltrona incrociando le gambe e guardando fuori dalla finestra.
Le strade erano ricoperte di bianco, il Tamigi era mezzo ghiacciato, i Londinesi se ne stavano chiusi in casa o, se proprio era necessario uscire, si rintanavano il più possibile in negozi ed uffici.
Beth prese un sorso di tè prima di poggiare la tazza sul tavolino e tirare le maniche del maglione fino a coprirsi le dita. Quel maglione era enorme per lei, le arrivava quasi alle ginocchia e le copriva interamente il braccio. Nonostante questo, lei amava quel maglione, lo amava e, nel suo metro e cinquantotto di altezza, si sentiva protetta da quella stoffa scura e pesante.
Sussultò quando il cellulare prese a squillare nel silenzio dell’appartamento «Pronto?» rispose subito, non guardò nemmeno il numero, ma sperava che fosse lui e che le desse buone notizie.
«Beth, mi dispiace le nevicate hanno reso impossibile il volo e non ce la faccio a venire» un nodo si strinse alla bocca dello stomaco della ragazza al sentire quelle parole.
Non vedeva l’ora di riabbracciarlo, di sentire le sue labbra sulle sue e di perdersi nelle sue carezze e nei suoi respiri; aveva sperato che potesse arrivare, stare con lei almeno il giorno del suo compleanno dato che per quello del ragazzo erano stati lontani, ma ormai non c’era più nulla da fare: lui non sarebbe arrivato.
Tirò leggermente su con il naso sperando che dall’altro capo lui non sentisse nulla, non voleva farlo sentire in colpa perché comunque non era colpa sua, ma era ferita e delusa «Non importa Harry, va bene» sentì un sospiro dall’altra parte della cornetta «Non avevi già preparato per la cena, vero?».
Elisabeth si girò verso la cucina dove aveva già preparato gran parte della cena «No, tranquillo, ci vediamo appena finisci il tour» disse prima di attaccare; non aspettò una risposta, schiacciò il tasto rosso sullo schermo e lanciò il cellulare su un punto impreciso del divano.
Si alzò e andò a mettere via tutto ciò che aveva preparato per quella sera, aveva gli occhi lucidi, ma cercava in tutti i modi di non piangere. La delusione era tanta, ma dopotutto non poteva dare la colpa ad Harry, lui aveva un lavoro e lei non poteva permettersi di seguirlo in giro per il mondo.
Una vocina, nel cervello, le diceva che se avesse voluto l’avrebbe raggiunta, o che avrebbe potuto prendere l’aereo il giorno prima, dato che non aveva impegni. Cercò di cacciare via quel diavoletto che le ripeteva che se solo Harry avesse davvero desiderato passare il compleanno con lei, allora sarebbe già a Londra.

Aveva la tv accesa su MTV e la cosa non aiutava, dato che ogni due per tre mandavano in onda una delle canzoni degli One Direction e, ogni santa volta, avrebbe voluto tirare il telecomando sul punto dello schermo in cui c’era Harry.
Continuava a ripetere che non era colpa sua, che al 5 febbraio la neve era normale, che se avesse potuto sarebbe stato da lei. Se lo ripeteva come un mantra, la aiutava in un certo senso a tenere lontana dalla sua coscienza quella voce che come un eco nel suo cranio ripeteva che Harry non voleva stare con lei e che aveva di sicuro altro da fare; una festa o un after party dopo qualche evento del quale lei non era a conoscenza.
Aveva ignorato per tutta la sera la suoneria insistente del cellulare perché, nonostante non volesse far sentire in colpa Harry, in cuor suo era ferita ed era arrabbiata con lui. Per forza doveva essere arrabbiata con lui, con chi altro? Con il tempo? Con il cielo? Con Dio?
No, non poteva arrabbiarsi con loro perché non erano concreti, invece Harry era concreto e avrebbe potuto urlargli addosso tutta la sua rabbia, la sua delusione e la sua frustrazione.
Ma sapeva che non l’avrebbe mai fatto perché, una volta visto Harry, con i suoi occhi verde ulivo e i suoi capelli spettinati, le sue braccia toniche e tatuate e i suoi vestiti strappati, tutto sarebbe svanito. Tutto sarebbe svanito nel momento in cui i suoi occhi castani avrebbero incontrato quelli verdi di Harry e allora non ci sarebbe stato altro se non lui con le sue labbra rosse ed invitanti e quelle braccia pronte a stringerla.
Asciugò una lacrima e si alzò dal divano pronta ad andare a dormire. Quello che la faceva stare davvero così male, non era il fatto che Harry non fosse lì in quel momento, no. Quello che faceva male era il fatto che lei dipendesse tanto da lui, così tanto da sentirsi vuota ed inutile senza lui accanto, dipendeva talmente tanto da Harry che, in quel momento, si sentiva come se le avessero strappato il cuore dal petto.
In fondo a lei non importava poi tanto del suo stupido compleanno, tanto quello serviva solo a ricordarle che stava diventando più vecchia, ma festeggiarlo con lui era importante.

Quando si svegliò, per poco non le venne un infarto. Harry era lì, seduto sulla poltroncina posta accanto al letto che la osservava dormire «Per la miseria, Harry! Mi hai spaventata» si mise a sedere e si stropicciò gli occhi. «Buongiorno anche a te» disse lui, la voce roca e stanca e l’espressione grave.
«Perché mi guardi così?» chiese Beth con un leggero cipiglio di fastidio nella voce. Cosa ci faceva lì? Aveva detto che sarebbe rimasto bloccato a causa della neve e ora era lì che la guardava dormire come uno psicopatico e, per di più, con una espressione arrabbiata.
«Perché ho preso un aereo all’una del mattino per venire qui, preoccupato a morte perché tu ignoravi le mie chiamate. Arrivo a casa e vedo la cena pronta nel frigo, Elisabeth perché non me l’hai detto?».
La ragazza si alzò dal letto, aveva ancora indosso il maglione pesante di Harry che l’aveva aiutata ad addormentarsi grazie al suo profumo impresso nella stoffa «Non chiamarmi Elisabeth come se fossi arrabbiato con me! Vedo che, nonostante la neve, non hai avuto problemi ad arrivare» disse con una nota di accusa nella voce, evitò volutamente di incontrare gli occhi verdi del ragazzo che si era appena alzato dalla poltroncina sul quale era stato seduto quasi tutta la notte ad osservare la sua splendida Elisabeth dormire.
Harry si sentì colpito in pieno da quell’accusa «Sono stato in aeroporto dalle 4 del pomeriggio Beth! Ho cercato un aereo qualsiasi che mi portasse qui a Londra, ma le nevicate non facevano altro che aumentare. Lo sai che se fosse dipeso da me sarei stato qui anche l’altro ieri» la ragazza scosse la testa e si avviò verso il bagno. Harry la seguì come se fosse la sua ombra, era frustrante il fatto che lei non lo guardasse in faccia; era frustrante e deludente il fatto che lei davvero lo stesse accusando per non essere stato a casa la sera prima.
«Sei Harry Styles, sei quasi più importante della Regina! Vuoi farmi credere che non ci fosse un fottutissimo aereo disposto a portarti a Londra? Eri in Austria, non eri di certo dall’altra parte del mondo» improvvisamente la voce di Beth si era fatta più alta, le guance si stavano arrossando per la rabbia, ma nonostante questo il suo volto non si azzardava a girarsi verso quello del ragazzo. Se l’avesse fatto avrebbe mandato tutto all’aria e gli sarebbe saltata addosso come se nulla fosse successo.
Harry si sentiva accusato di qualcosa che non aveva fatto, come quando ad 8 anni la sua amica Alice aveva rotto il vaso di suo nonno, ma tutti avevano dato la colpa a lui. Ora si sentiva così, come si era sentito ad 8 anni, quando sua madre gli diceva che sarebbe stato in punizione per una settimana ed Alice lo guardava con quegli occhi azzurri enormi che sembravano pregarlo di perdonarla. Solo che adesso non era sua madre ad urlargli contro e non era un vaso ad essere andato in frantumi; adesso ad urlargli contro era la ragazza di cui era follemente innamorato da tre anni ormai e ad essere andato in frantumi era il suo cuore e lui si sentiva tremendamente in colpa per questo perché ferire Elisabeth era l’ultima cosa che avrebbe mai voluto fare in vita sua.
«Esattamente di cosa mi stai accusando? Se mi avessi detto che avevi già preparato tutto mi sarei impegnato di più e poi tu non ami nemmeno così tanto il tuo compleanno!» alzò anche lui la voce alterato dal comportamento della sua ragazza.
«Harry, non ti ho detto nulla perché sapevo che ti saresti sentito in colpa, inoltre ci terrei a sottolineare che cinque giorni fa era il tuo di compleanno e non siamo riusciti a passarlo insieme, ma ti sei comunque divertito in un locale scadente in Spagna con i tuoi amici e un mucchio di ragazze pronte a tutto pur di mettere le loro sudici mani addosso a te. Io come l’ho passato il mio? Seduta sul divano a guardare MTV dove ogni cinque cazzo di minuti passavano i vostri video, con le lacrime agli occhi e il pensiero che forse non eri con me perché non volevi esserci» rispose lei girandosi. Subito i suoi occhi castani cercarono quelli verdi del riccio e lì fu la fine; tutte le sue difese cascarono, non vedeva Harry da 37 giorni esatti e lui era lì davanti a lei mentre lei non faceva altro che accusarlo di una cosa che non aveva fatto.
«Io non ti capisco Elisabeth! Prima dici che non volevi che mi sentissi in colpa e poi mi urli così addosso che se non ero qui era perché non volevo esserci. Come ti viene in mente una cosa del genere?».
Harry si sentiva deluso e ferito dal pensiero di Beth. Aveva aspettato per ore su quelle sedie scomode dell’aeroporto di Vienna, si era maledetto per non aver preso un aereo il giorno prima solo per pigrizia e stanchezza, aveva speso più di tremila sterline per il suo regalo e si era preso tutti gli insulti del mondo da Niall che era stato trascinato da lui in gioielleria per aiutarlo.
«Cosa dovrei pensare?» chiese lei con la voce tremante, stava cedendo lentamente ed Harry lo sapeva.
Si avvicino a lei cauto, come se avesse davanti una bomba a mano «Beth, ti prego» disse quando vide che lei stava indietreggiando per allontanarsi da lui. Continuò ad avvicinarsi fino a che non fu abbastanza vicino per abbracciarla e stringerla al suo petto mentre lei iniziava a piangere sommessamente sulla sua camicia.
«Non pensare mai più che io non voglia stare con te, ti amo, ricordalo sempre» sussurrò mentre le accarezzava delicatamente i capelli.

«Smettila di guardarmi» stavano facendo colazione ed Harry non faceva altro che osservare Elisabeth per controllare che stesse bene «Voglio sapere se è tutto a posto» lei annuii mettendosi in bocca un pezzo di pane tostato con la Nutella spalmata sopra.
Harry amava davvero la sua Beth e si chiedeva come fosse possibile che lei non vedesse quanto amore provava nei suoi confronti. Avrebbe dato di tutto pur di poterle stare sempre accanto, ma questo era il suo lavoro e, senza di esso, non l’avrebbe mai conosciuta.
Si ricordava ancora ogni dettaglio di quella sera, il vestito blu e i tacchi del medesimo colore che a metà serata erano spariti lasciandola a piedi nudi; i capelli a caschetto che ora erano cresciuti notevolmente e quel sorriso che, nel corso degli anni, non era cambiato di una virgola. Si ricordava la terribile frase che aveva tirato fuori per rimorchiarla e si ricordava anche di come gli aveva riso in faccia lei prima di accettare l’invito a bere qualcosa. Erano ad una festa nel centro di Londra, durante la settimana della moda e lui si sentiva così fuori luogo in un posto del genere per quella occasione, ma poi l’aveva vista e aveva ringraziato il giorno in cui aveva deciso di partecipare ad X Factor.
«Ti ho comprato un regalo» disse poi di punto in bianco, lei lo guardò per qualche secondo «Harry, lo sai che odio quando spendi soldi per me» lui scosse la testa e le prese la mano che era poggiata sul tavolo «Beth, smettila. Amo comprarti regali, ed ora chiudi gli occhi» aveva gli occhi luminosi come quelli di un bambino la notte di Natale, le fossette cominciavano ad essere visibili sulle guance a causa del sorriso appena accennato «Harry, cosa hai in mente?» chiese lei, un po’ preoccupata e un po’ divertita «Tu chiudi gli occhi e aspetta!».
Beth fece come le era stato ordinato e chiuse gli occhi. Sentii Harry muoversi mentre teneva salda la sua mano sinistra, ridacchiò quando lo sentii imprecare per aver sbattuto contro qualcosa. Sentì le mani di Harry armeggiare sul suo polso fino a quando non sentì più alcun contatto «Ora puoi aprire gli occhi» quando li aprì subito il suo sguardo si posò sul bellissimo e finissimo braccialetto che adesso era chiuso intorno al suo posto. Un piccolo simbolo dell’infinito era posto al centro e dei piccoli diamantini adornavano tutto il bracciale «Harry è … splendido» Beth non riusciva nemmeno a trovare le parole, non era una grande amante di gioielli, ma quello era così bello e semplice e stava così bene sul suo polso che non poteva fare a meno di amarlo.
«L’idea iniziale era quella di comprare un anello, ma Niall ha detto che era troppo esagerato, così mi sono limitato a questo. Quando ho visto al simbolo dell’infinito, beh non ho potuto non pensarti.
«Io voglio stare con te, Beth, voglio stare con te fino alla fine dei miei giorni. Sentirti dire quelle cose prima, sentirmi accusato e sapere che tu pensavi che io non volessi stare con te, mi ha fatto davvero male. Voglio che tu sappia che sei nella mia testa continuamente, non c’è un momento della giornata in cui io non stia pensando a te. Sei tutto, Elisabeth, e per quanto banale possa essere questo braccialetto, spero che resti sempre al tuo polso.» Harry si grattò il collo imbarazzato. Esprimere i suoi sentimenti non era mai stato il suo forte, ma sapeva che Elisabeth aveva bisogno di sapere quanto lui la amasse, sapeva che nascondeva fin troppe insicurezze e che lui aveva il dovere di farle sparire una ad una.
Elisabeth sorrise e si alzò dalla sedia per allacciargli le braccia al collo e baciarlo; dopo 37 giorni le sue labbra furono di nuovo a contatto con quelle del suo ragazzo e niente nella sua vita le era mai sembrato più giusto di così.
Le mani di lui subito si posarono sui suoi fianchi e la strinse come se avesse paura che da un momento all’altro potesse scappare, sperò che lei potesse percepire quanto amore c’era in ogni gesto che le dedicava, sperò che quel momento potesse durare per sempre e che arrivasse mai il momento di salutarla per tornare al suo tour.
Quando interruppero il bacio stettero per qualche minuto ad osservarsi, occhi negli occhi, le mani si cercarono e le dita si intrecciarono. Beth lo trascinò in camera da letto e lo fece sdraiare sdraiandosi poi sopra di lui.
Presto i sospiri e i sussurri riempirono l’aria, le mani cercavano contatto con la pelle dell’altro, gli anelli freddi alle dita di Harry le fecero venire i brividi quando all’improvviso le dita lunghe del ragazzo si chiusero intorno alla sua coscia. Vennero lasciati dei marchi sul collo e dei graffi sulla schiena, le labbra si cercavano e si trovavano in una danza muta e piacevole.

L’indice di Harry faceva su e giù tra la pancia e il seno di Elisabeth mentre lei lo guardava ammaliata, come se davanti avesse una statua greca che aveva preso vita e si era infilata nel suo letto.
«Sei così bella» disse lui continuando ad accarezzarla delicatamente, lei sorrise. Aveva il cuore pieno di amore e di sensi di colpa per quello che gli aveva detto e urlato addosso prima, quella mattina «Mi dispiace, Harry. Mi dispiace per quello che ti ho detto e pensato» lui scosse la testa e le lasciò un bacio sulla pelle candida della pancia dove prima il suo dito l’aveva carezzata «Va tutto bene, lo capisco» lei gli prese il viso tra le mani e li lasciò un tenero e castissimo bacio «Ti amo e sappi che tutto quello che hai detto prima, beh, lo penso anche io. Voglio passare tutta la mia vita con te Harry Styles» Harry sorrise, uno di quei sorrisi che Beth amava tanto perché gli comparivano le fossette e improvvisamente sembrava di nuovo un bambino, e la baciò; la baciò e fece l’amore con lei di nuovo perché di lei non era mai stanco e sarebbe rimasto per tutta la vita in quella camera se avesse potuto.

 

Ok, allora, mi rendo conto che questa storia è tremendamente mielosa, ma la adoro perché è dedicata alla mia Francesca.
È da giorni che cerco di ricavare informazioni da Francesca cercando di sembrare vaga (a partire dal nome della protagonista) e ora è spiegato il motivo per il quale continuavo a confonderla con le mie domande!
Non c’è molto da dire sulla storia, semplicemente è un estratto di vita di Elisabeth ed Harry e, ovviamente, Elisabeth è ispirata a Francesca!
Spero che questa shot vi sia piaciuta (spero soprattutto che sia piaciuta a Francesca) e se avete voglia di dirmi che ne pensate siete i benvenuti!

Come al solito vi lascio i miei contatti scrivetemi per qualsiasi cosa!
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Un bacio e alla prossima
Sil
 

   
 
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