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Autore: Petra_A    04/01/2015    0 recensioni
"I suoi occhi non mentivano, lo sentivo nel profondo del mio essere. Sotto la pelle si scombinavano elementi che mai si erano mossi prima".
Ciao a tutti! Questo è un racconto a cui son molto legata. Spero piaccia anche a voi.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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LETTERA SENZA NOME

 

 

 

"Se pensassi che tutta la mia vita è una bugia, potrei morire ogni sera nella strada di casa.

Ma se pensassi che ho bisogno di partire, mi ritrovo presto al punto di partenza.

E se la vita, la vita vera mi guardasse negli occhi e mi dicesse la verità, troverei un modo per volare sempre più su.

Ma nel cielo della vita non c'è così tanto posto, è una strada solo stretta nel deserto.

E la mia gola è secca di parole, non ho più voce, non ho più calore.

Se capissi che potrei solamente saltare giù, che l'inferno forse non è così caldo, che mi troverei insieme tra le stelle del passato.

Potrei dire forse, forse quando, forse mai, ballando l'ultimo suono di questa canzone che mi scalda l'anima in questo mare che mi affoga sempre più".

 

 

Che nessuno venga a dirmi che non ci ho provato, sono pronta a battermi fino all'ultimo istante gridando bugiardo a gran voce.

Ho mostrato la me stessa più vulnerabile ad un ragazzo che non significa niente, gli ho mostrato le mie lacrime, ho ammesso tutti i drammi del mio inconscio, gli ho permesso di afferrare qualcosa di me che mai più avrebbe potuto trovare. A nulla è servito.

Lui non è niente, è solo un persona che vive la vita nel suo modo, non ha nulla da spartire con me. Voglio che se ne vada, non lo voglio vicino.

Quando mi tocca non provo altro che indifferenza, quando mi bacia provo disprezzo.

Eppure, ho accetto il mio calvario con dignità, forse per sentirmi più normale.

Ho accettato di scoprire se ero degna della normalità ma adesso sono stanca. Non resisto più in questa galera eretta intorno a me, voglio provare a restare, a trovare un motivo sufficiente ad accettare tutto ciò, ma non esiste. L'unica soluzione è scappare.

 

Ho amato perdutamente un luogo negli ultimi anni, l'Irlanda, le sue immagini mi facevano venire in mente la libertà, era nascosta tutta attorno, tra i suoi boschi, i fili d'erba, tra le onde del mare che si infrangono sulle scogliere, nei i suoi venti selvaggi e nel cuore degli abitanti.

La mia visione romantica mi aveva spinto a idealizzarla come una terra fatta di sogni e desideri.

Tendo sempre a riversare nelle cose i miei sogni più segreti e sfrenati, penso sempre alla visione più perfetta e sempre, rimango delusa.

Ma come tutti gli stupidi sognatori, sempre in crescita ma perennemente infantili sono pronta a ritentare.

Ci penso già da parecchio al mio viaggio in Irlanda, sola con me stessa, provando a trovare un'altra vita, devo andare ora più che mai. Devo andare.

 

Nonostante la perenne tristezza che aleggia nella mia mente, ho trovato molte cose per cui vivere negli ultimi anni, ho scoperto cose di me che provavo a decifrare da tempo.

Credo di aver raggiunto una certa maturità, che si fa strada nella mia vita e questo lo apprezzo.

La sorella che ho sempre avuto, eppure non ho mai compreso e che non mi ha mai compreso, mi ha mostrato il suo vero volto ora la sento davvero vicina, sento che con lei posso avere un collegamento maggiore rispetto alle altre persone, abbiamo lo stesso sangue e siamo più simili di quanto non abbiamo mai creduto in anni di lotte inutili.

La continua voglia di comprendere l'arte e di nutrirmi di cultura, però, è ciò che appaga maggiormente il mio cuore, la necessità di scoprire, capire, trovare non cessa mai e non potrà mai cessare, è destinata a crescere fino a sbocciare il giorno della mia morte. Sarà il fiore più bello e profumato di tutti, quello sbocciato da una vita donata alla ricerca.

 

 

I miei occhi non si stancheranno mai di guardare questo paesaggio.

Sono arrivata in Irlanda solo da pochi giorni eppure mi sento già parte del luogo, sono in un piccolo paese, conterà seimila o settemila abitanti è deliziosamente pittoresco, con i viali in pietra e il bosco tutt' intorno, il ponte, vecchio stile sembra sempre stato lì, sopra le placide acque del fiume. La prima sera sono rimasta a lungo ad osservare la luna, seduta sul parapetto in pietra e l'acqua sotto i miei piedi non emetteva un suono. Il cielo irlandese non lascia scampo, ti cattura, e dovremmo solamente ballare tutti sotto la pioggia di stelle, in quella terra fantastica che non sembra appartenere alla realtà.

Le case sono tutte affiancate, non troppo grosse, non troppo sfarzose, sono antiche ma comunque moderne, calde e accoglienti, mi ritrovo in pace tra le mura di quella che ho affittato.

 

 

Sono stata in uno dei tre pub del paese, è quello frequentato dalla maggior parte dei giovani tra i venti e i trent'anni.

C'era musica dal vivo, mi ricordo questo gruppo di ragazzi che avevano quasi una luce febbrile negli occhi, suonavano un pezzo rock, velocizzato con i classici suoni irlandesi, reso folle dal testo incentrato sull'alcool.

Questi ragazzi avevano i capelli incollati dal sudore, alcuni si erano levati la camicia e saltavano sul palco come ossessi. Il pub era in subbuglio, tutti i presenti urlavano e ballavano a ritmo della musica, tenendo in mano boccali strabordanti di birra incuranti di ogni problema.

Ragazzoni irlandesi che si spintonavano giocando un gioco compreso da tutti indistintamente.

Inutile dire come mi sentissi bene in quell'ambiente, così caotico ma anche puro.

Quando il gruppo suonò tutte le canzoni, a riportare l'ordine nel locale fu un ragazzo.

Camminò con le mani nelle tasche fino al piano forte, toccò casualmente qualche tasto e guardò verso la folla. Tutti sembrarono riconoscerlo e zittirono.

Il ragazzo si sedette al piano, si scostò i capelli dalla fronte e iniziò a suonare.

La melodia che invase il locale mi commosse, così dolce, così perfetta, la sua voce era incrinata da una certa tristezza ma forte e tagliente come una lama.

Per quanto riuscì a capire, il testo mi sorprese e per tutta la sera osservai il ragazzo del pianoforte.

Ricordo che a colpirmi non fu la bellezza, ma l'intensità che si percepiva in lui. Tutto in quel ragazzo sembrava poetico, dal suo sguardo ai suoi gesti, dal suo aspetto ricercato e in qualche modo alternativo.

Aveva un serpente tatuato sul polso e giorni dopo, quando ebbi il piacere di conoscerlo, mi disse che rappresentava la sua anima, che per quanto fosse speciale e distinta veniva sempre percepita velenosa. Proprio come i serpenti. Diceva sempre, dopo qualche birra di troppo, con fare teatrale "il serpente è un l'animale dolce ma nessuno gli dà la possibilità di mostrare la sua dolcezza, quindi risponde all'odio con il suo veleno".

Successivamente mi mostrò l'ospite di casa sua, era un serpente non troppo grande, con il collo largo e la testa grossa, il muso ampio e le zanne simili a piccoli coltelli.

Gli occhi mi colpirono subito, erano grandi con la pupilla rotonda e sembravano osservare qualsiasi cosa.

Il colore era un grigio scuro quasi nero ed era un animale meraviglioso.

Di lui abbiamo parlato molto e siamo stati ad osservare lunghi momenti la sua caccia ai topi.

Del suo amato serpente il mio nuovo amico mi raccontò spesso e si vedeva quanto parlarne lo rendesse felice.

Una volta mi aveva detto che il suo morso attaccava il sistema centrale che la morte sopraggiungeva tanto rapidamente da non essere quasi percepita.

Mi raccontò di come se lo era procurato, disse con la naturalezza di un bambino che a quindici anni lo aveva rubato dal circo, di quanto avesse disprezzato quelli che avevano distrutto una tale forza della natura per fini così disonorevoli come l'intrattenimento.

Quando la nostra conoscenza fu quasi del tutto completa, mi stupì della facilità con cui le nostre menti e i nostri corpi fossero in comunione, in perfetta armonia.

Volevamo entrambi comprendere i nostri lati più disperati, i nostri incubi, le nostre gioie.

Un giorno, con gli occhi seri di una persona molto più vecchia della sua età, mi disse;

"Vedi la tua mente elabora immagini tremende, oscure, ai limiti del folle ma le trasforma in meravigliose visioni di pace. La mia vede il meglio di tutto ma trasforma la meraviglia in orrore".

 

La prima notte che passai da lui non era stata programmata. Accade a causa di una presunta alluvione imminente e il rilevante tratto di strada che avrei dovuto coprire sotto il temporale.

Nonostante le mie deboli proteste, ogni mia perplessità venne presto eliminata dalla sua insistenza.

Rimanemmo lungo tempo sdraiati su un morbido tappeto di lana proprio davanti al fuoco del camino. La vicinanza dei nostri corpi non era per me fonte di imbarazzo ma per la prima volta provavo un senso di pace e serenità. Quando con le sue braccia mi abbracciò e mi tenne stretta a lui non provai altro che gratitudine, respirai il profumo della sua pelle e ascoltai il battito del suo cuore, lento, in perfetta armonia con il mio. Non c'era musica migliore.

Il silenzio, il fuoco che arde e scoppietta nel camino, la pioggia che ticchetta e scivola sul tetto, il suo cuore, non c'era bisogno di altro.

Parlammo a lungo, senza mai fermarci, parlammo senza mai stancarci.

Io gli raccontai di tutti i miei grandi eroi scomparsi, delle loro vite e dei loro capolavori, gli dissi quanto era importante per me il cinema, quelli che sapevano renderlo grande e anche quanto odiassi quelli che volevano umiliarlo, buttarlo, calpestarlo per renderlo un prodotto banale e meramente d'intrattenimento.

Gli raccontai di Lars Von Triar forse l'unico mio idolo degli anni duemila.

Gli spiegai il personaggio controverso, provocatore ma profondamente depresso e senza speranza, del suo genio, dei suoi film, perfetti e unici.

Lui mi raccontò della grande rivoluzione che aveva in testa, la sua rivoluzione, diceva "la mia forza è la voce, le persone ascoltano la mia voce, voglio solo capire se la seguiranno".

Mi narrò ogni parte della sua vita, come il dolore era sempre stato presente, di come gli avesse permesso di crescere, stranamente gli era grato.

Quella notte il calore del letto non era niente in confronto a quello del suo corpo, qualsiasi cosa significasse il fuoco che bruciava sotto la mia pelle, il mio cuore ne era pieno.

 

I suoi occhi non mentivano, lo sentivo nel profondo del mio essere. Sotto la pelle si scombinavano elementi che mai si erano mossi prima.

Per la prima volta ho sentito una connessione con un'altra persona. Ho provato sentimenti del genere solo nei confronti di mia sorella e solo nell'ultimo anno.

Lui non mi ha chiesto niente, non ha desiderato nulla e sapeva che io non potevo offrirgli alcunché, solo la mia anima, e ne ha preso ogni parte.

È riuscito a toccarmi tanto in profondità da distruggere ogni mia difesa, tanto i profondità da obbligarmi ad accettare un'altra persona nella mia mente.

Ogni notte mi ritorna la sua immagine di bel ragazzo irlandese, appogiato al muro con la naturalezza che lo rappresentavano perfettamente.

Quella volta mi aveva guardata così a lungo, in silenzio e quasi mi ero sentita persa, poi aveva sorriso e sussurrato il segreto che apparteneva solo a me e a lui.

"Se ci incontreremo ancora, sarà per sempre".

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
   
 
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