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Autore: Dust Fingers    05/01/2015    0 recensioni
Man mano che avanzavano i mesi, prendendosi cura di Onnjel trovò un inizio di redenzione per quello che aveva fatto…e che stava ancora facendo.
Genere: Drammatico, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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001. New Beginnings

Distesa nel fango, senza forze e con lo stomaco vuoto da giorni, era lì, sull’argine del fiume che attraversava la capitale. Il cielo plumbeo presagiva l’ennesima alluvione della stagione che avrebbe di nuovo distrutto tutti i raccolti.
Non riusciva a trovare la forza di rialzarsi, l’ultima scarica di calci che l’aveva atterrata l’aveva lasciata inerme e dolorante oltre ogni limite di sopportazione; le dolevano tutte le costole, gambe e braccia erano ricoperte di grossi ematomi sanguinolenti e graffi, forse due o tre dita erano rotte. La testa le pesava tutta da un lato, quando riuscì lentamente e tirarsi su, tanto che le fece perdere l’equilibrio e cadere quasi in acqua.
Alzò gli occhi verso qualcosa, stagliato contro l’orizzonte nero del tramonto opacizzato dalle nubi. Sembrava la figura di un uomo…Erano tornati!
Si risollevò lottando contro ogni coltellata che il dolore le infliggeva per allontanarsi, cercando di correre, anzi, di mettere un piede davanti all’altro.
«Onnjel…Onnjel fermati, ti prego!» Chiamò una voce: nell’intonazione non aveva nulla dell’aggressività che l’aveva travolta poco prima e di cui ancora ne percepiva il riverbero addosso.
La ragazzina si volse lentamente indietro, due occhi verde intenso la fissavano.

Vedere quell’esserino magro avventarsi su quel pezzo di lepre lo tranquillizzò. Ravvivò il fuoco ancora una volta.
L’aveva persa di vista dopo che, scoperti i natali, fu abbandonata al limitare della smisurata foresta blu perché se la cavasse da sola o morisse nel tentativo. Nata dall’impuro legame nato tra uno dei discendenti dei membri storici della Setta e da una comune donna, non aveva le qualità per sviluppare le capacità che la Setta le avrebbe insegnato a perfezionare.
«Che cosa ti è successo?» le chiese in un momento in cui la piccola dovette interrompersi per non soffocarsi con la carne che le scendeva deliziosa in gola. La sensazione la inebriava tanto che perfino alla fame diede un freno per gustare meglio quel pasto così tanto atteso. Poi alzò titubante lo sguardo: «Mi hanno picchiata» disse posando quel che restava della coscia di lepre e sollevando gli stracci che indossava, mostrò i lividi e lacerazioni che le ricoprivano ogni singolo pollice di pelle.
L’uomo abbassò lo sguardo, tormentandosi le mani. Le aveva steccato le dita che ora erano gonfie oltre ogni dire e di un violento rosso violaceo e offerto acqua fresca con cui dissetarsi che lei aveva trangugiato avidamente.
«Mi dispiace» disse soltanto. Sentirsi colpevole di ciò che era accaduto a quella ragazzina era il minimo che potesse fare.
Evan sfamò ancora Onnjel e le diede la propria coperta perché riposasse al caldo. Lei vi si raggomitolò anche se diffidente e molto lentamente prese sonno nonostante fosse stremata.

I giorni seguenti, Onnjel decise di seguire Evan per riconoscenza e anche per un po’ di opportunismo, le avrebbe procurato da mangiare ancora se l’avesse ricambiato con qualche piccolo lavoretto.
L’uomo dagli occhi verdi lentamente iniziò ad affezionarsi alla bambina, la portava con sé ovunque, la considerava molto più che una semplice trovatella che gli facesse da schiava: le guarì le ferite, non lasciò più che venisse toccata, né additata; le insegnò come difendersi, le regalò abiti nuovi e più caldi ed un’arma con cui difendersi, un pugnale che le pendeva come una corta daga al fianco quasi.
Man mano che avanzavano i mesi, prendendosi cura di Onnjel trovò un inizio di redenzione per quello che aveva fatto…e che stava ancora facendo.
Una sera alloggiati in una locanda in periferia, Evan stava affacciato alla finestra nel vano tentativo di assaporare un po’ d’aria invernale che gli rinfrescasse la mente. Nella stanza udiva lieve il respiro della bambina che dormiva abbandonata sul suo lato del letto duro in quella spoglia stanza.
Giocherellò un po’ con l’anello che portava al dito medio, era in cristallo di argento, brillante come quest’ultimo ma durissimo più del diamante, estratto dagli schiavi nelle cave al nord, con incastonati piccoli pezzi grezzi dello stesso metallo. Si passò una mano sul viso e si volse verso Onnjel tirando un profondo sospiro come prima di compiere uno sforzo enorme.
Le si avvicinò, soffocò con due dita la fiammella della candela e le si distese accanto, coprendola con la coperta e il proprio mantello.
Era il momento di un nuovo inizio.
  
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