– Mammina – sussurrò Umbertino guardando con adorazione la ragazza – pappa. – Sembrava un uccellino spaurito e affamato.
– Sst… – fece la sorella posando il dito sulle labbra, indicando la credenza.
Costanza aveva nove anni quando morì la madre dando alla luce il bambino e ora toccava a lei tenere a bada il fratellino.
Al suo cenno, Umbertino, si diresse alla dispensa e senza far rumore prese dal cestino un bocconcino di pane e lo mangiò.
– Vieni – gli disse facendo un gesto con la mano – non disturbare papà.
Un giorno Costanza sentì che il padre canticchiava “Trucci trucci cavallucci”. La voce proveniva dallo studio e s'incuriosì, non l'aveva mai udito cantare. Spiò dalla porta socchiusa e lo sorprese a spalmare un pasticcino sul seno nudo della domestica. La sua faccia burbera, imbrattata di crema pasticcera, gioiva mentre la faceva saltellare sulle ginocchia. Sembrava felice.
Caterina prestava servizio da cinque anni in quella casa. Era giovanissima quando l'uomo restò vedovo e diventò la sua amante.
Costanza era sconvolta, non aveva mai visto il padre in quello stato e per fortuna non si erano accorti di lei. Il vassoio sullo scrittoio era pieno di paste spiaccicate, si allontanò in punta di piedi e corse di filata in bagno.
Perché suo padre sciupava ogni ben di Dio e loro pativano la fame? A cosa valeva essere ricchi e vivere di stenti? Solo quando diventò più grande capì che il padre aveva sperperato il patrimonio per quella donna, ed erano diventati poveri.
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