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Autore: bloop    05/01/2015    4 recensioni
Cosa succede quando Roma incontra la Romagna? E quando un turista - prendiamone ad esempio uno qualunque, chiassoso ed espansivo - si prende una cotta per una barista, ma ha solo tre settimane di tempo a disposizione da trascorrere con la sua bella?
Aggiungiamoci una piccola migliore amica intenzionata ad evitare cuori spezzati, un silenzioso migliore amico che non riesce a stare zitto davanti ad un'ingiustizia, un ragazzo fin troppo socievole e innamorato e concludiamo con una coppia di gemelli eterozigoti dotati di lingua pungente.
Ventuno cappuccini del buongiorno al Bagno Girasole basteranno ad intrecciare tutte queste vite? Scommetto che avete già intuito la risposta.
«È carino».
«Ninì...»
«Sì?»
«Vacci piano».
«Non vado proprio da nessuna parte, sto solo dicendo che è carino. Non ho intenzione di farci cose né di innamorarmi o di sposarlo o...»
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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- Come ti sconvolgo la vita in tre settimane -
 
8. Giorno settimo
 


Il sole era già alto in cielo, Cesenatico aveva già preso vita da un po’ ed Elia aveva aperto gli occhi da un’oretta, ma non aveva trovato il coraggio di svegliare Elisabetta, per potersi illudere che tutto quello che stava vivendo fosse reale. così quando la ragazza aprì gli occhi lo trovò ad osservarla con lo sguardo innamorato, mentre la sua mano le accarezzava lentamente la schiena nuda.
«Buongiorno» la salutò, posandole un tenero bacio sulla tempia.
«Ciao» bofonchiò lei, nascondendo il viso nel cuscino e sgusciando furtivamente più vicino a lui, che le abbracciò la vita e la strinse a sé. La sua pelle profumava ed era morbida e calda. Le accarezzò le spalle e sorrise apertamente, felice di essere lì con lei. Non riusciva a smettere di guardarla; si sentiva fortunato ad averla al proprio fianco anche solo per qualche ora. Si beava del suo profumo, della sua vicinanza, dei ricordi di quella notte trascorsa insieme, a fare l'amore, a coccolarsi, a vivere un sogno che sarebbe scoppiato da un momento all'altro come una bolla di sapone. Ma a questo non voleva pensare Elia, troppo preso dai propri sentimenti; ascoltava il suo respiro regolare come fosse musica, le lasciava leggeri baci sulle braccia, sulle spalle, risaliva piano lungo il collo, diretto alle labbra, dove però non sarebbe mai giunto.
«Scollati, Bracaglia: si schiuma» sbuffò Elisabetta per poi voltarsi bruscamente dall'altro lato in un chiaro invito a togliersi di mezzo. «Vai a farti una doccia fredda».
Elia trattenne il fiato un istante, colpito da quelle parole come da uno schiaffo: «Nemmeno scopare ti aiuta ad essere meno gelida, eh?» borbottò lui, togliendosi di dosso il lenzuolo per poi alzarsi dal letto. Recuperò i boxer dal pavimento, li indossò con stizza, poi infilò anche i jeans e guardò un'ultima volta Elisabetta, che gli voltava le spalle.
«Ci vediamo a colazione» bofonchiò, afferrando la maglietta ed uscendo in silenzio dalla stanza.
Chi gliel'aveva fatto fare, mettersi in quella situazione? Si era innamorato della sorella del suo migliore amico, per cui non era niente più di uno scopamico. Anzi, pensandoci meglio, era persino qualcosa di meno: Elisabetta non lo considerava nemmeno un amico. Era il compare stupido di Tommaso, quello troppo buono, quello che si prestava così bene alle prese in giro che sembrava un peccato non approfittarne. Erano mesi che quella routine si ripeteva, di tanto in tanto, ma ancora, ogni singola volta, Elia si illudeva che fosse diverso; continuava a sperare di riuscire a conquistarla, di scoprire i suoi sentimenti finalmente ricambiati. In cambio della sua stupida ostinazione otteneva qualche frase lapidaria e un invito ad andarsene in fretta.
Sospirò amaramente, uscendo dal bed and breakfast senza avvisare nessuno; si vergognava troppo anche solo per guardare in faccia i suoi amici. Sarebbe andato a correre, nella speranza di essere folgorato all'improvviso – uno qualunque dei significati di "colpo di fulmine" gli andava benissimo, tanto gli effetti erano gli stessi.

Nell'altra stanza Sebastiano si svegliò di soprassalto, sentendo una porta sbattere. Si stropicciò gli occhi e grugnì un «Elia?» che non ottenne risposta. Si mise a sedere e vide il letto dell'amico intonso, quindi indovinò che si fosse fermato da Elisabetta. Sbuffò e si alzò, dirigendosi in bagno per farsi una doccia rinfrescante. Aveva sognato di nuovo Anita nel suo letto, completamente nuda e abbandonata al piacere e questo lo faceva risvegliare sempre accaldato ed inevitabilmente eccitato.

Contemporaneamente, nell'ultima stanza occupata del b&b, Leonardo sbuffava e cercava di schermarsi gli occhi dalla luce del sole. Tommaso, in piedi accanto alla finestra, sogghignava; aveva appena alzato la tapparella con tutto l'intento di svegliare il suo amico. «Allora, com'è andata?» chiese.
Un gemito di frustrazione, un «Cosa» grugnito che nemmeno sembrava una domanda.
Se Tommaso Villa la mattina si svegliava con la mente pronta e l'iperattività già alle stelle, a Leonardo Calicchia servivano ore prima di riacquistare le consone capacità mentali.
«C'è stata?»
Uno sbuffo. Di cosa diavolo stava parlando? Leonardo lo guardò dal basso e lo vide ridacchiare.
«Agnese. C'è stata?» ribadì Tommaso, scandendo bene le parole.
«Dove?»
«Dio Santo, Calicchia, ma dove vivi?!»
Sbuffò di nuovo e si tirò il cuscino sulla testa, sperando che ciò bastasse a far stare zitto il suo amico. Speranza vana, ovviamente.
«Quella non ti toglie gli occhi di dosso».
D'istinto gli avrebbe risposto che nemmeno lui riusciva a toglierle gli occhi di dosso, ma Leonardo era famoso per il suo essere riflessivo e silenzioso, per cui si limitò a sorridere, celato dalla massa del cuscino.
«Seriamente, amico. Tu hai un problema» continuò Tommaso, spostandosi dalla finestra e cominciando a razzare nella valigia. «Sei impotente per caso? Guarda che con me puoi parlarne».
Leonardo strabuzzò gli occhi, poi allontanò il cuscino dalla faccia e li serrò in un'espressione di pura esasperazione: «Che cosa?» 
Tommaso si esibì in una risata fragorosa, che fece arricciare il naso all'appena sveglio Leonardo. «Non dirmi che non hai nemmeno voglia di fartela!»
«Sai, Villa, non tutti vivono per infilare l'uccello in un buco» disse con tono seccato, per poi alzarsi e camminare a passo incerto verso il bagno.
«Ancora ti rode che quella stronza di Samanta ti abbia mollato, eh?» domandò l'altro retoricamente. Leonardo si bloccò sul posto e sospirò.
«Non voglio parlarne» borbottò, entrando in bagno e sbattendosi la porta alle spalle. La verità era che sì, un po' ancora gli rodeva che Samanta lo avesse lasciato, più che altro perché non capiva dove avesse sbagliato. Erano passati sei mesi e lui aveva capito di non essere mai stato veramente innamorato; non gli mancava Samanta in sé, gli mancava una spiegazione logica a quello che era successo.
Mentre si lavava la faccia sentì Tommaso parlare con Sebastiano, che come suo solito era arrivato ad elencare i motivi per cui quella mattina volesse andare in spiaggia, sperando di raccogliere il consenso degli amici. Magari anche quel giorno avrebbe visto Agnese e avrebbe chiacchierato con lei. Oppure avrebbe potuto portarsi dietro un libro e semplicemente farle compagnia mentre studiava. Lanciò un'occhiata fuori dalla finestra e vide il cielo nuvoloso e le chiome agitate dal vento. Sospirò, uscì dal bagno e subito venne investito dalla parlantina di Sebastiano, che riferiva loro della mancanza di Elia in camera da letto quella mattina.
Tommaso sbuffò e si passò una mano tra i capelli.
«È di nuovo andato a letto con mia sorella. Mi chiedo con che coraggio continui a farsi prendere per il culo da lei».
«È più forte di lui» buttò lì Leonardo con scarso interesse, mentre cercava nella borsa dei panni puliti. Non che non gli importasse delle faccende di cuore di Elia, ma ormai tutti, lui compreso, sapevano come andavano le cose con Elisabetta; se ancora si lasciava prendere in giro era solo perché i suoi sentimenti gli impedivano di rinunciare a lei. Ed era sciocco da parte sua, probabilmente, ma Leonardo sotto un certo punto di vista lo invidiava: doveva essere davvero innamorato per continuare a correre contro quel muro senza curarsi del dolore provocato dallo scontro. Lui non aveva mai provato nulla di così forte per nessuno. In ogni caso, scandalizzarsi non serviva più a nulla da un bel pezzo.
«Che si fa, andiamo?» cambiò dunque argomento, accennando alla porta d'uscita.
Tommaso roteò gli occhi: cos'era tutta questa fretta? Poi sogghignò, esprimendo ad alta voce la risposta che si era dato: «Tutti a fare gli occhi dolci alle ragazze! Alla fine, qui, l'unico che non tromba sono io», finse uno sbuffo infastidito, per poi ridere dell'espressione insofferente di Leonardo e di quella imbarazzata di Sebastiano. Senza pensarci un istante di più, anche Villa si cambiò e ripose cellulare e portafogli nella tasca posteriore dei pantaloncini. Dopodiché guidò gli altri fuori dalla camera.
«Ma secondo te, Castelli, Calicchia è impotente?»
«Ma che stai a di'?» rispose l'altro, controvoglia. Si era svegliato male quella mattina e proprio non aveva voglia di stare a sentire le cavolate di Tommaso, voleva solo vedere Anita.
«Ma è brutto tempo, cosa andiamo a fare in spiaggia?» chiese Elisabetta, che stava uscendo in quel momento dalla sua stanza.
«Oh, chi si vede. Dormito bene?» la salutò il fratello con scarso entusiasmo, rivolgendole un'occhiata densa di sottintesi. Lei strinse le labbra in segno di disappunto, per poi spostare lo sguardo su Leonardo.
«Non lo so» bofonchiò quello: «qualcosa. Non è che ci sia molto di meglio da fare qua in giro». La ragazza sbuffò e annuì, seguendoli nella sala da pranzo per fare colazione.
«Elia?» chiese Sebastiano, guardandosi intorno, «Non era con te?»
Lei si raggelò sul posto, poi levò le sopracciglia con ostentata sorpresa. «Perché avrebbe dovuto essere con me?»
Leonardo alzò gli occhi al soffitto. «È uscito da solo» intuì.
«L'hai fatto incazzare» tirò allora le somme Tommaso, fulminando la sorella con lo sguardo. «Si può sapere che cazzo hai in testa? Ti sembra il tuo giocattolino?»
«Vogliamo solo divertirci. Entrambi. Smettila di preoccuparti per lui, non sono una troia e siamo sempre in due quando facciamo le nostre cose» lo rimbeccò, incrociando le braccia al petto.
«Lui è innamorato di te» rispose soltanto Tommaso in tono grave, per poi voltarle le spalle ed uscire dall'appartamento senza aspettare una risposta.
Leonardo e Sebastiano si scambiarono un'occhiata imbarazzata – non era mai piacevole sorbirsi certe discussioni tra fratelli – e lo seguirono in silenzio. Oltrepassando la soglia furono colpiti dall'aria umida dell'esterno come da uno schiaffo, tanto che il biondino sgranò gli occhi e annaspò: «Cazzo, non si respira!»
«Ma siamo proprio sicuri di voler andare giù in spiaggia?» chiese Tommaso, infilando le mani nelle tasche dei bermuda e scrutando il cielo con cipiglio pensieroso.
«Dove altro potremmo andare?» Sebastiano sbuffò. Niente spiaggia significava niente Anita e lui aveva tutta l'intenzione di vederla.
Il primo ragazzo roteò gli occhi con aria insofferente. «Ci sarà pur qualcosa da fare in questa città!»
Leonardo intuì che di quel passo non avrebbero mai preso una decisione; quindi sospirò e intervenne: «Innanzitutto dovremmo trovare Elia» ricordò loro, dando mostra del proprio senso pratico. «Poi decideremo come passare la giornata».
Nessuno trovò alcunché da obiettare, anzi, Sebastiano fu il primo ad estrarre il cellulare dalla tasca per chiamarlo: prima lo avrebbero trovato e prima sarebbe potuto fuggire al bar del Bagno Girasole a cercare Anita.

Ninì stava pigramente sistemando il ripiano degli alcolici dietro al bancone, mentre la spiaggia continuava ad essere deserta e il cielo a coprirsi. Storse il naso e spolverò una bottiglia di whisky, chiedendosi il motivo di tutte quelle marche diverse di ammazza-caffè: la metà erano ancora chiuse con il sigillo della fabbrica e stavano lì per lo più a prendere della polvere. Sbuffò, togliendo dalla mensola un'altra bottiglia e spolverandola accuratamente, stando poi attenta ad appoggiarla in maniera stabile sul piano da lavoro alle proprie spalle.
Michele era sceso a riva a controllare la situazione delle onde; il mare era mosso da quella mattina e gli ombrelloni erano ancora chiusi, nella speranza che il temporale in arrivo non facesse danni.
Guardò l'orologio che segnava impietosamente le 9.27 e tornò a dedicarsi al proprio lavoretto, ormai rassegnata dal fatto che Agnese non si sarebbe presentata per il cappuccino. Il suo cellulare, appoggiato sulla macchina del caffè, l'avvisò dell'arrivo di un nuovo messaggio di Whatsapp. Ripose la bottiglia e si pulì le mani nel grembiule, per poi aprire il messaggio e leggere la conferma delle sue deduzioni: Agnese aveva optato per rimanere a casa a studiare, tanto si stava avvicinando un temporale e sarebbe stato inutile ed imprudente raggiungerla al bar. Rispose senza troppo entusiasmo e abbandonò il telefono sul bancone, poi si avvicinò allo stereo e alzò il volume della musica, cominciando a canticchiare a bassa voce.

A qualche traversa di distanza, nella sua camera da letto, Agnese sbuffava guardando in tralice i nuvoloni neri che stavano imbottendo il cielo su Cesenatico. Più le nubi si addensavano, più il clima si faceva umido, più lei si faceva prendere dal malumore. Detestava quel tempo grigio. Era estate e, anche dovendo studiare, sentiva il bisogno di vedere il sole splendere nel cielo e infonderle l'energia necessaria a vivere. Sbuffò per l'ennesima volta e scrisse un nuovo SMS sintetizzante la sua situazione a Ninì: "Funziono ad energia solare. Sono scarica", con una faccina triste a rafforzare il concetto. Messaggi del genere significavano solo una cosa: non ho voglia di studiare, tienimi compagnia. D'altra parte sapeva benissimo che Anita stava lavorando, per cui si rassegnò all'idea di doversi trovare un'altra occupazione. Gli appunti di sociologia non erano mai stati meno invitanti.
Fortunatamente per lei, qualcun altro si stava annoiando in quell'esatto momento: di fatti il cellulare suonò l'arrivo di una nuova nota vocale su WhatsApp, che Agnese pregustava prima ancora di averla ascoltata. Premette play, dunque.
"Qualcuno sa spiegarmi perché ho accettato questo lavoro? Li odio. Odio questi bambini come non ho mai odiato ness- cosa fai? Scendi di lì! Ma porc-" La voce di Rossella si interruppe e Agnese rise forte. Ross era un tipetto piuttosto teatrale, amava fare ridere gli altri e anche nei momenti di maggiore serietà metteva così tanta enfasi in ciò che diceva da sembrare grottesca. E lei rideva, ovviamente.
Fu questione di pochi attimi perché una seconda nota vocale giungesse: "Okay, è vivo. Purtroppo. Li sto portando in sala giochi per evitare che vengano fulminati in spiaggia. Anche se l'idea non mi dispiacerebbe. Penso che li ucciderò entro fine giornata, sempre che non si uccidano da soli. Ah, il ragazzo che legge Calvino è sparito e io lo odio per questo. I romani ci sono ancora, invece?"
Se erano ancora in giro? Oh, certo che c'erano. E, dannazione, solo a pensarci Agnese sentiva le farfalle allo stomaco. Arrossì, si diede della stupida e cercò di svuotare la mente, mentre registrava a propria volta un messaggio: "Sì, sono al Girasole e dormono al b&b di mia zia. Ninì è già cotta a puntino di Sebastiano, ma lui sembra messo anche peggio. Dobbiamo vederci in questi giorni, abbiamo un po' di cose da raccont- cioè, le ha Ninì."
Dopo aver inviato si riascoltò e sospirò scontenta. La sua voce suonava sempre così infantile o era colpa dell'imbarazzo del registrarsi?
Attendendo una risposta di una delle sue amiche, tentò di ricominciare a studiare, ma ben presto si sorprese a pensare a Leonardo. No, no e ancora no! Non avrebbe affatto dovuto pensare a lui. Non poteva lasciarsi coinvolgere: era puro masochismo! Stupida, stupida Agnese.

Erano ancora alla ricerca di Elia, ma l'acquazzone che li sorprese costrinse i ragazzi ad infilarsi nel primo negozio che videro. Si trattava di una piccola libreria che vendeva per lo più volumi sconosciuti e usati, gli scaffali erano stracolmi e c'erano pile di tomi ovunque.
Leonardo si guardò in giro meravigliato, mentre Tommaso vagava fra le torri di libri lanciando occhiate in cagnesco a sua sorella, ferma poco oltre la soglia. Sebastiano invece stava sulla porta, la spalla appoggiata allo stipite e le mani sprofondate nelle tasche; guardava sconsolato l'acqua che scendeva copiosamente dal cielo in gocce che sembravano palle di cannone. Sospirò sconsolato e tirò fuori il cellulare. A quell'ora Ninì era già al lavoro e magari lo stava aspettando. Oppure no, visto il tempaccio. Aprì la casella dei messaggi e digitò velocemente: "Siamo chiusi in una libreria che puzza di carta ammuffita. Stiamo cercando Elia, l'hai visto passare di lì?"
Rilesse il messaggio e lo cancellò con stizza, poi sbuffò e riprovò: "Ehi! Sei al lavoro anche con questo tempo? Noi stiamo cercando Elia, ma in questo momento siamo chiusi in una libreria che puzza di muffa. Preferirei essere lì con te".
Soddisfatto di quella stesura inviò e rimise il telefono nella tasca dei bermuda, poi si voltò verso i suoi amici e li guardò: Tommaso stava svogliatamente sfogliando un libro con la copertina di pelle rossa, aveva lo sguardo annoiato e preoccupato al tempo stesso; Elisabetta sbuffava e si torturava le unghie e, Sebastiano poteva scommetterci le palle, stava sicuramente pensando ad Elia; Leonardo sembrava l'unico felice di essere capitato in quel negozio: passava da uno scaffale all'altro, sfogliava libri, leggeva titoli, sorrideva, per qualche strana ragione. La verità era che Leonardo in quell'ultimo periodo sorrideva molto, si divertiva, parlava di sé e faceva domande. Con Agnese.
Sebastiano arricciò le labbra e decise che avrebbe dovuto chiedergli di più, se anche lui sentiva le mani pizzicare quando aveva Agnese vicino, se anche lui avvertiva anche solo vagamente quello che lui provava in presenza di Anita. Sorrise tra sé e tirò fuori il cellulare, scoprendo così che gli era arrivato un sms. Lo aprì con foga e sorrise apertamente leggendo "Ninì" nella casella del mittente.
"Ciao turista! Non parlare male di quella libreria, è storica! Beh, io sto facendo dei lavoretti pressoché inutili qui al bar, tipo pulire le palline da ping-pong. Salvami".
A quel punto le sue guance presero fuoco e la sua pancia brontolò, ma non per la fame. Rilesse almeno sette volte quel "Salvami" che poteva essere stato messo lì tanto per fare, ma che a lui sembrava un appiglio per uscire dal tedio di quella giornata.
«Aho, me sa che io vado al Girasole» disse a voce alta, attirando su di sé tre paia di occhi sorpresi.
«Che ce vai a fa'?» domandò Tommaso, ma la risata di Leonardo era già una risposta in sé.
«Va dalla sua Anita, no?»
Sebastiano arrossì e annuì, ma, nel momento stesso in cui stava per mettere piede fuori, l'intensità della pioggia raggiunse quella di una cascata e un tuono spezzò il silenzio della strada deserta. Rilassò le spalle e sbuffò.
«Mi sa che non vai da nessuna parte, Romeo» lo prese in giro Elisabetta, salvo poi abbassare gli occhi a terra e sospirare afflitta: chissà dove si era cacciato Elia.

Mentre i suoi amici aspettavano di poter uscire per andare a cercarlo, Elia Bracaglia aveva trovato riparo in un bar sulla strada per il b&b e aveva ordinato un cappuccino e una brioche, aveva preso posto ad un tavolino e fissava l'acqua dalla vetrina, pensando.
Chissà che cosa provava Elisabetta quando andavano a letto insieme: era del tutto indifferente oppure faceva finta che per lei fosse solo sesso? Non capiva che lui ci metteva tutto se stesso, che prima di baciarla la guardava in tutta la sua bellezza, che per lui non era sesso ma amore? Non lo capiva perché era testarda, perché non le interessava o perché era spaventata dal fatto che provava le stesse cose?
Bevve un sorso di cappuccino e fece una smorfia schifata, per poi ricordarsi di non averlo zuccherato e ridendo tra sé. Prese due bustine di zucchero e le aprì, versandone il contenuto nella tazza. Guardò i granelli bianchi affondare lentamente nella schiuma densa, poi, una volta spariti tutti, mescolò e bevve di nuovo.
Elisabetta era la ragazza più bella che avesse mai conosciuto, ma aveva il carattere peggiore del mondo e a volte era davvero insopportabile. Nel suo cuore e nel suo cervello, però, Betta era perfetta e avrebbe lottato e versato ogni goccia del suo sangue pur di averla. Entro la fine di questa vacanza sarà mia sul serio, pensò con determinazione, addentando con violenza il bombolone alla crema, che inevitabilmente si aprì, sbrodolandogli addosso il ripieno. L'anziana signora dietro al bancone scoppiò a ridere e lui con lei, dopo un primo momento di smarrimento.

Anita era in fibrillazione. Non riusciva ancora a credere che Sebastiano le avesse appena scritto un SMS – così dolce, poi! Da quel momento, ogni volta che lo schermo del cellulare si illuminava, il suo cuore accelerava il battito per l'aspettativa, salvo poi rallentare con una certa delusione nel leggere il nome di Agnese o Rossella, che stavano organizzando una seduta "pizza e film" per quella sera stessa. Leggeva i messaggi distrattamente, intervenendo solo quando la conversazione implicava necessariamente una sua risposta.
"Chi ha casa libera? Che pizza prendiamo? Qualcuno ha un film da consigliare?" Agnese.
"Chi porta qualche bel ragazzo? ;)" Ross.
Ninì rise. "Se mi fate portare Seba..." digitò, salvo poi precisare in fretta: "SCHERZO!", sapendo che quella sua risposta non sarebbe piaciuta molto ad Agnese. Infatti il suo "Ah ah ah. No." non tardò ad arrivare. La ragazza sospirò e appoggiò nuovamente il telefono sul bancone. Stava morendo di noia. Com'era ovvio che fosse, non si era presentata anima viva quel giorno, con quell'acquazzone in atto. Se almeno avesse avuto qualcuno di più simpatico di Michele a farle compagnia, avrebbe potuto ingannare il tempo con più facilità.
Sbuffò ancora, accogliendo con un sorriso forzato Michele, che tornava di corsa dalla spiaggia.
«Bisogna ritirare tutti gli ombrelloni e i lettini, Carlo mi ha detto che la protezione civile sta allertando tutti i bagno per le trombe d’aria». Anita lo guardò senza capire bene cosa dovesse fare, ma le delucidazioni del ragazzo non tardarono ad arrivare con un seccato «Devi darmi una mano».
Così corsero entrambi lungo la passerella, sfilando gli ombrelloni e ritirando i lettini nello sgabuzzino. Proprio mentre una folata di vento stava facendo perdere l'equilibrio ad Anita, Elia l'afferrò per un braccio e le evitò la caduta. La ragazza lo guardò confusa e lui le regalò un sorriso ampio e amichevole, ma i suoi occhi erano tristi e l'espressione non sembrava spontanea.
«Vi do una mano» gridò e Michele accolse di buon grado quella proposta, borbottando contro la sbadataggine della sua collega.
Quando finalmente furono di nuovo al riparo, Elia non la smetteva più di ridere; sembrava entusiasta della piccola avventura appena vissuta, cosa che lasciava Michele piuttosto perplesso. «Woah!» esclamò a conclusione dell'ultimo attacco di ridarella, legandosi i lunghi capelli fradici in una crocchia scomposta, «È stato divertente!»
Anita ridacchiò, per lo più sorpresa da quella reazione. No, lei non l'avrebbe definita divertente – fastidiosa, bagnata e faticosa, piuttosto–, ma non obiettò. Automaticamente, invece, non appena si fu resa conto di chi fosse quell'Elia Bracaglia che le aveva appena dato una mano, le venne in mente Sebastiano.
Elia dovette leggerglielo in faccia, perché, strizzando la maglietta per farla gocciolare sul pavimento del bar, disse: «Non so dove sia», in risposta ad una domanda che non era stata posta.
«Chi?» chiese lei ingenuamente, per poi arrossire quando lui le rivolse un'occhiata eloquente. «Uhm, erano in libreria. Ti stavano cercando» lo informò.
«Cercavano me?» Il ragazzo ridacchiò. «Ero solo sceso a correre».
E ad Anita venne naturale fare una smorfia: «Con questo tempo?»
In effetti, convenne lui, la domanda era lecita.
«Diciamo che non ci ho riflettuto molto prima di partire. Ora che si fa?»
Michele fece schioccare la lingua e passò dietro alla ragazza, appoggiando le mani sui suoi fianchi per farla spostare di un passo.
«Io mi faccio una birra» borbottò, mentre Anita arrossiva e si spostava di scatto, come se temesse che Elia potesse riferire di quel gesto a Sebastiano.

«Oh, posso averne una anche io?» chiese Elia allegramente, sedendosi al bancone e appoggiando le braccia sul piano.
Michele nemmeno rispose, ma poco dopo gli piazzò di fronte la bottiglia. «Offre la casa, per l'aiuto», abbozzò un sorriso, «Tu ne vuoi, Ninì?»
La ragazza scosse il capo in silenzio, ancora un po' a disagio, poi andò a sedersi ad uno sgabello di distanza dal loro ospite.
«Allora, sentiamo: cosa si fa da queste parti per divertirsi, quando piove?» domandò lui.
Anita scrollò le spalle e prese a torturarsi le mani; era inutile negare che avrebbe preferito la compagnia di Sebastiano a quella di Elia e Michele messi insieme. Sospirò silenziosamente e si sistemò i capelli bagnati e scompigliati, salvo poi ricordarsi della canottiera bianca e il reggiseno blu che indossava. Arrossì vistosamente e si lanciò ad afferrare la felpa, per poi infilarsela e cercare di coprire la pelle bagnata e cosparsa di brividi.
Michele soffiò una risatina amara. «Non lo so... niente?»
Elia sgranò gli occhi. «Niente?» ripeté, turbato da quella rivelazione. Era nato a cresciuto nella capitale, non era minimamente preparato a fare i conti con una piccola città come quella. «Come sarebbe “niente”?»
«Ci si annoia, aspettando che spiova» aggiunse l'altro scrollando le spalle, del tutto inconsapevole dello sconvolgimento dell'altro, «O vai in sala giochi, ma sarà pieno di ragazzini e turisti».
Elia sbuffò, rassegnato, per poi esibirsi in un nuovo raggiante sorriso.
«Be', vorrà dire che giocheremo a carte! Ci state?» propose. E loro ci stettero.


Nel momento stesso in cui Elia mise piede al bed and breakfast, fu accolto da un sospiro di sollievo. «Eccolo, il deficiente è tornato» lo salutò Elisabetta con aria stanca, per poi alzarsi dalla panca nel corridoio e sparire dietro la porta della propria stanza.
Il ragazzo la seguì con lo sguardo, senza dire una parola, ferito da tutta la diffidenza che ancora otteneva da lei. Cosa avrebbe dovuto fare per farsi voler bene? Prima che potesse perdersi ulteriormente nei propri pensieri, però, Tommaso spuntò dalla soglia della sua doppia, scrutandolo attentamente.
«Sei tutto intero?»

Elia passò una mano tra i riccioli di nuovo asciutti ed eccessivamente voluminosi e annuì, regalando un sorriso smagliante al suo amico. «Sì!» Era proprio curioso di sapere cosa avessero fatto tutta la mattina – avevano dormito, erano usciti?
«Bene, perché ora ti prendo a calci in culo».
Elia sgranò gli occhi per la sorpresa, leggermente turbato dalla serietà con cui era appena stato minacciato; scoppiò a ridere nervosamente.
«Cosa?» Stava scherzando. Doveva.

«Ti abbiamo cercato dappertutto, testa di cazzo! Potevi almeno richiamare!»
«Richiamare? – Aggrottò la fronte, le sopracciglia ora ravvicinate in segno di preoccupazione. – Non avevo nemmeno il telefono, è in camera».
Tommaso sputò una risatina. Tipico di Bracaglia, fare sciocchezze e poi pretendere che tutti fingessero che nulla fosse successo.
«Abbi almeno la decenza di scusarti».

«Scusarmi per cosa?» chiese il ricciolino. Aveva la netta sensazione di essersi perso qualcosa. Era solo uscito a correre ed era stato sorpreso da un acquazzone. Non ottenne risposta dal migliore amico, che, senza una parola di più, lo superò ed uscì sulle scale che portavano fuori dal b&b.
Elia rimase fermo sul posto qualche istante, senza capire, poi si affacciò alla porta aperta della camera di Leonardo, dove trovò anche Sebastiano steso su un letto con la sua classica espressione da uomo al patibolo, sintomo di nient'altro che noia.
«Che cosa prende a tutti quanti?»
Leonardo, seduto malamente sul pavimento, scrollò le spalle e tolse un auricolare dalle orecchie. «Erano preoccupati per te» disse solo.
Sebastiano, che con quella faccia da funerale continuava a lanciare in aria un pacchetto di fazzoletti per poi riacciuffarlo al volo, sbuffò.
«Spero che almeno tu ti sia divertito» brontolò; «Noi ti odiamo tutti. Io soprattutto». Era solo colpa sua, se non era riuscito a vedere Anita quella mattina.

Leonardo alzò gli occhi al soffitto e soffiò un risolino. «No, io no».
E a Elia non restò altro da fare che scompigliarsi i capelli e prendere un respiro profondo: entrambi i Villa e persino Castelli erano arrabbiati con lui. Se l'ultimo non era un vero problema – perché, insomma, Seba non era davvero capace di tenere il muso a qualcuno tanto a lungo--, gli altri due erano presagio di una lunghissima e faticosissima giornata.
«Quindi dove sei stato di bello?» lo interrogò Leonardo, guardandolo dal basso con un mezzo sorriso.
«Sono andato in spiaggia a correre e poi ho aiutato Ninì e Michele a sistemare gli ombrelloni. Siamo rimasti chiusi dentro al bar a giocare a carte finché non ha smesso di piovere», ridacchiò e si scompigliò di nuovo i capelli, mentre Sebastiano scattava a sedere e lo guardava con la bocca spalancata.
«Sei stato con lei tutta la mattina?» gli chiese con voce grossa, per poi alzarsi e piazzarsi davanti a lui.
Elia scrollò le spalle ed annuì.
«Ma che razza di stronzo!» ringhiò Castelli, uscendo dalla stanza rifilandogli una poderosa spallata che lo fece ondeggiare e sbattere contro lo stipite.
Il ragazzo rivolse un'occhiata scandalizzata a Leonardo, trattenendo il respiro per qualche istante.
«Ma perché ce l'hanno tutti con me oggi?» domandò in tono un po' acuto.

Leonardo sospirò e scrollò le spalle. Non era decisamente la giornata fortunata di Elia quella.
«Vieni qua, dai» lo invitò, porgendogli un auricolare. «È meglio se per un po' te ne stai qui tranquillo senza parlare».


Bloop's corner:
Ciao a tutti! Qui è Mari che vi scrive! 
Che vergogna aver tardato così tanto! Scusate davvero, non sappiamo nemmeno come sia potuto succedere. Purtroppo siamo un po' ferme con la scrittura, ma confindo in una rinascita della passione che ci spingeva a non smettere un secondo di inventare e narrare le avventure dei nostri protagonisti.
Questo capitolo non è molto d'azione, ma più che altro è una breccia nella storia travagliata fra Elia ed Elisabetta. Chissà che questa vacanza a Cesenatico non cambi qualcosa anche tra questi due! Staremo a vedere!
Scusate ancora il ritardo, mi auguro con tutto il cuore che non accada più niente di simile.
Ringraziamo infinitamente Yeli_ e romy2007 per le recensioni al capitolo precedente, scusate se non abbiamo risposto, non è stato molto carino da parte nostra.
Grazie anche a tutti quelli che sono arrivati a leggere le note, grazie anche a quelli che non sono arrivati fino a questo punto ma hanno provato a darci fiducia.

A presto, spero
Un abbraccio,
Mari


 
   
 
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