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Autore: Shadow writer    05/01/2015    1 recensioni
Fuggo oltre il locale con la musica a palla, fuggo sulle strade buie, fuggo nel vento gelido della notte.
Fuggo dagli altri, dai loro giudizi, fuggo da me stessa e da ciò che provoco.
Corro, con le ali ai piedi, per le strade deserte.
Anzi, ai piedi, ho il vento. Vento che mi spinge, che mi solleva, che obbedisce ai miei ordini come se fossi la sua padrona assoluta.
Faccio un balzo e l'aria mi spinge in alto, oltre le cime degli alberi. M'innalzo contro il cielo nero bagnato di stelle.
Apro le braccia, stringo l'orizzonte tra le mani. Inspiro il freddo della notte e tutti i suoi sapori.
Potente, ecco quello che sono.
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Trasferirsi in un nuovo continente è di certo una cosa grandiosa, ma non mi sarei mai aspettata il genio ribelle, il vecchio misterioso, il giocatore di football, una ragazza che sarebbe diventata come una sorella per me, ma soprattuto qualcosa di molto, mollto più grande di me.
Genere: Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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_Dove si va all'ospedale

Il coltello dell'uomo si abbassa così velocemente da apparire una scia luminosa.
Ma si blocca prima di trafiggere Keira. Ho il fiato corto. Tutto il vento che sono riuscita a raccogliere si concentra sotto la punta di quel pugnale, per contrastarlo.
Vedo i muscoli nel braccio dell'uomo tendersi e devo concentrarmi per mantenere l'attenzione.
«Ma che diavolo...» comincia lui.
Riporta indietro il coltello e lascia cadere il braccio lungo il fianco.
Sciolgo il vento con un respiro profondo, poi sento un rumore secco e un rantolo.
L'uomo ha colpito Keira con un calcio.
«Lasciala!» grido balzando in piedi. Il mondo rotea intorno a me per un istante, quanto basta perché un'altra figura mi afferri ancora per i capelli e mi scaraventi contro il muro.
Ma so che ho dato il tempo necessario a Keira per allontanarsi dal raggio di azione dell'uomo.
Sento un dolore propagarsi dalla mia nuca. Ho bisogno di vomitare.
Vedo arrivare un altro colpo e lo schivo piegandomi di lato. Cado a terra, ma rotolo sul suolo duro per evitare un calcio.
Ho nella bocca il sapore del sangue.
«Tenete ferma la ragazzina, incapaci! Voglio che assista alla sua morte!»
Mi afferra per il collo, poi mi spinge contro il muro.
«Non ti muovere» sibila la voce del mio avversario.
Non posso far altro che obbedire.
Dall'altra parte del vicolo, due sagome stanno tenendo ferma Keira. La donna ha il capo a ciondoloni sul petto, che si alza e abbassa velocemente, alla ricerca di ossigeno.
L'uomo che ha parlato la prende per i capelli e la solleva in modo che tutti possano vedere il suo volto.
Un fiotto di sangue esce dal suo naso e le impiastra parte del viso.
«Ultime parole?» chiede lui con un tono quasi retorico.
Keira non risponde, non so se per non dargli soddisfazioni o perché non ne ha le forze.
«Allora, siamo giunti alla fine. Ma prima voglio dire una cosa alla ragazzina» si volta verso di me con un ghigno terrificante.
«Riporta a Lennox che abbiamo un nuovo fornitore e che presto anche la parte nord della città sarà nostra»
Alza ancora il coltello.
«No!» grido, ma la presa su di me è salda.
«No!»
Colpisco l'uomo che mi tiene con il palmo aperto. Lui, spinto da una forza invisibile, viene scagliato lontano e mi libera dai suoi artigli.
Balzo in avanti, mentre il pugnale si abbassa. Mi lancio contro l'uomo quando la lama colpisce Keira.
Rotolo insieme a lui per qualche metro, sbattendo le ossa contro il selciato.
Tento di rialzarmi in piedi, ma quello sferra una gomitata contro la mia tempia. 
Picchio violentemente la testa a terra e le forze mi abbandonano.
Rimango immobile, esanime. 
I pensieri si azzerano, voglio solo riposare.
Quando il dolore comincia a farsi più insistente, capisco che rimanere qui sdraiata ad aspettare la fine non risolverà nulla.
Mi metto seduta a fatica. Nella via siamo rimaste solo io e Keira.
Keira?
Improvvisamente rivedo il coltello che cala sul corpo della donna. Balzo in piedi, ma mi ritrovo a barcollare, debole.
Avanzo a passi instabili verso la sagoma accasciata a terra.
«Keira?» chiamo con voce rotta. «Keira!»
Frugo nella mia giacca ed estraggo un cellulare ormai a pezzi. Lo lascio a cadere mentre mi lancio vicino alla donna.
La scuoto, la chiama, tento di svegliarla, ma lei rimane immobile. 
Disperata, mi metto a cercare intono a me. Trovo la sua borsetta, con un cellulare ancora integro.
Digito tremando il numero di emergenza. Tutto si annebbia, le mie parole suonano ovattate perfino a me stessa.
Quando la chiamata si chiude, cado riversa sul corpo della donna. Il suo sangue bollente bagna il mio petto e sento il suo dolore dentro di me.
Le lacrime si mischiano al sangue, la tristezza alla disperazione, i singhiozzi alle grida.
Rimango così per un tempo indeterminato, fino a che alle mie orecchie giungono delle voci.
Alzo il capo e devo socchiudere gli occhi a causa della luce troppo forte. Ci sono dei fari che mi abbagliano.
Voci, voci intrecciate, voci confuse.
Tutto bene?
Come ti chiami?
Cosa è successo? 
Da quanto tempo siete qui?
Di chi è il sangue?
«Keira...» è tutto quello che riesco a dire «Salvate Keira»
Qualcuno mi rimette in piedi e barcollo sulle mie gambe verso il furgone dell'ambulanza.
«Aspetta, dobbiamo medicarti» una donna mi prende per un braccio.
Scuoto il capo: «Voglio sapere come sta...»
«Prima devo medicarti, stai ferma»
«No!» grido «Io sto bene!»
Mi libero dalla presa della donna e corro verso l'ambulanza. Qualcun altro chiude le braccia sul mio stomaco per fermarmi.
«Keira!» strillo come una matta «KEIRA!!»
«Signorina, signorina, buona!» 
Le lacrime mi rigano le guance macchiate di sangue:
«Voglio vederla! Voglio vederla!»
Altre voci intrecciate.
Tu tienila ferma.
Bisogna sedarla.
Ecco il sedativo.
Sento qualcosa pizzicarmi, ma sono così confusa che non capisco in che parte del corpo vengo colpita.
Si alza una nebbia davanti ai miei occhi, le palpebre calano.
Mi sollevano tra le loro braccia e mi portano lontano.
Rimango in uno stato di trance a lungo o forse per poco,ma non saprei dirlo.
Ballo con le buche della strada.
Ad un certo punto mi accorgo che l'ambulanza si è fermata davanti ad un ospedale e un barella corre in fretta verso di esso.
Mi alzo in piedi, confusa, e subito compare una donna pronta ad aiutarmi.
«Ce la faccio» biascico, sperando che le mie parole siano comprensibili.
Lei mi aiuta a camminare, poi ho un vuoto di memoria.
Quando ritorno lucida mi ritrovo in una camera d'ospedale, rannicchiata su un letto pulito.
Tutte le mie ferite sono state fasciate e indosso solo una grande maglia azzurra lunga fino a metà coscia.
Stropiccio gli occhi e mi guardo attorno. Sono sola.
Allungo le gambe, con i muscoli intorpiditi e tento di alzarmi.
Quando i piedi nudi si posano sul pavimento freddo, sento un brivido scendermi lungo la schiena.
Sposto tutto il peso su di essi. Mi sorreggono.
Avanzo titubante fino ad una porta e la faccio scorrere, rivelando un piccolo bagno. Raggiungo il lavandino per potermi specchiare.
Mi hanno lavato il sangue dal volto, ma la parte destra del mio viso è gonfia e violacea.
I capelli biondi paiono più scuri del solito, in contrasto con il pallore della pelle.
Ne arrotolo una ciocca intorno ad un dito, mentre vado verso l'uscita della camera.
Il rumore del corridoio mi stordisce per qualche istante.
C'è un viavai di persone frettolose e frenetiche.
Mi guardo attorno attonita.
Un infermiere si scontra con me, ma se ne va con un paio di scuse veloci.
Cammino esitante.
«Signorina, cosa ci fai qui?» un dottore mi ferma e fissa il suo sguardo serio nel mio.
«Sto cercando...» comincio con voce rauca «Keira» mi schiarisco la voce «Cerco Keira, una donna, è entrata in ospedale con me»
Lui annuisce, grave.
«Sì, lo so. Purtroppo la signora era gravemente ferita» di nuovo quella sensazione di morire dentro mi attanaglia.
Il dottore prosegue: «È ancora incosciente, ha perso tantissimo sangue, ma fortunatamente nessuno degli organi interni è stato lesionato. Questo perché nel momento in cui il coltello è affondato dentro di lei, qualcosa gli ha impedito per un pelo di forare un organo. Sei stata tu?»
Rimango in silenzio un istante, con il capo chino.
«Ho spinto via l'assalitore» ammetto poi sottovoce.
L'uomo mi posa una mano sulla spalla fasciata, ma con delicatezza.
«Le hai salvato la vita, ma è ancora presto per dire se si risveglierà senza problemi.»
«Posso vederla?» domando senza neanche rendermene conto.
Il dottore annuisce ancora e si volta, per condurmi in un'altra stanza.
Lasciamo il reparto in cui mi trovavo, poi ci infiliamo in un altro.
«Ecco qui» l'uomo spinge una porta per farmi passare.
La supero e mi ritrovo in una camera poco più piccola di quella in cui mi sono svegliata.
C'è un solo letto ed è occupato da Keira.
Ha il volto pallido, le labbra esangui e le palpebre serrate. Si vedono i punti in cui è stata colpita e le botte che ha ricevuto.
La cosa più impressionante sta nella sua bellezza. Nonostante sia incosciente, in fin di vita, rimane comunque bellissima.
I capelli corvini le incorniciano il volto e scendono morbidamente sul suo petto.
Mi avvicino tremando.
«Posso...» comincio indicandola e il dottore annuisce.
Prendo una delle sue mani tra le mie. È fredda, quasi glaciale. Rabbrividisco ancora.
«Signorina, ci sono dei poliziotti che vorrebbero parlarti. Credi di farcela in questo momento?» mi chiede l'uomo.
Faccio un cenno di assenso senza alzare il capo.
Il dottore esce ed entrano al suo posto due uomini alti e muscolosi.
Mi fanno domande su di me e su Keira, sul motivo per cui ci trovavamo al teatro e tutte le circostanza dell'attacco.
«C'è qualche dettaglio che potrebbe identificare gli aggressori?» chiede uno dei due uomini.
Sto per scuotere il capo, era buio ed io ero così confusa, quando ricordo una cosa.
«Uno di loro ha fatto un commento in un'altra lingua. Credo fosse spagnolo»
Il poliziotto annuisce e scambia uno sguardo col collega.
«Vi hanno detto perché siete state assalite?»
Non parlo subito. Perché so perfettamente la risposta, ma non so se voglio darla.
«Non mi sembra, non ne sono sicura»
«È necessario che tu dica tutto ciò che ricordi o potresti essere accusata di intralcio alla giustizia.»
Chino il capo, poi lo scuoto lentamente.
«Signorina Leach, il nostre database informa che hai già subito un attacco, in Inghilterra. C'è qualcosa che possa collegare le due aggressioni?»
Sento il mio cuore accelerare, ma rimango lucida.
«No, non credo» alzo gli occhi sui poliziotti. 
«Abbiamo bisogno di una risposta definitiva» insiste uno dei due.
Cerco di convincermi che in realtà non sto mentendo, almeno non del tutto, e rispondo: «No, sono sicura che non abbiano nulla a che fare l'una con l'altra»
«E hai più incontrato il primo aggressore? Sappiamo che ne hai visto il viso, anche se era buio»
Resto spiazzata dalla domanda, ma scuoto in fretta il capo.
«No, per fortuna no.» rispondo.
Il mio cuore accelera ancora, ipotizzando quale potrebbe essere la prossima domanda, ma i poliziotti vengono interrotti dal rumore della porta che si apre.
Sulla soglia compare un ragazzo alto, dagli scompigliati capelli corvini e le occhiaie gonfie sotto gli occhi rossi.
Will pare sorpreso di vederci e il suo sguardo scatta verso il letto, dove c'è Keira priva di sensi.
«Scusate...» comincia incerto. Anche i poliziotti paiono colti alla sprovvista.
«Fermo!» intima uno di questi e si allunga per bloccarlo.
«Ehi, credi che sia evaso dal carcere per venire in un ospedale?!» sbotta il ragazzo seccato «Ci sono due guardie fuori dalla porta e una per ogni uscita. Idiota, mi hanno concesso di venire per vedere mia mamma in fin di vita!»
Il poliziotto lo lascia andare, mormorando qualche parola di scusa, poi supera il ragazzo ed esce dalla stanza con il collega.
Rimaniamo solo io, Will e Keira.
Il ragazzo mi vede, ma impiega qualche secondo per mettermi a fuoco.
«Luna...» chiama con voce addolorata.
Lo guardo con le lacrime agli occhi: «Scusa, se vuoi...io me ne stavo andando...»
Lui non mi lascia finire e mi stringe tra le braccia.
Affondo contro il suo petto, inspirandone il profumo familiare.
«Grazie» sussurra con il mento poggiato sulla mia spalla.
«Mi dispiace tanto...»
«È solo merito tuo se non è ancora morta» replica lui.
Mi guarda negli occhi.
«Vedrai che andrà bene» sento come il dovere di rassicurarlo.
«Sì...» commenta poco convinto e si sfrega gli occhi già arrossati.
Arranca verso il letto della madre.
Lo guardo mentre le accarezza i capelli e le guance, poi scende e prende le mani gelate della donna tra le sue.
«Chi è stato?» domanda poi, senza alzare gli occhi da Keira.
Guardo alle mie spalle, per accertarmi che i poliziotti non possano sentire.
«Tranquilla, se ne sono andati ormai» rassicura Will come se mi leggesse nel pensiero.
Prendo un respiro profondo.
«Hanno detto di riferirti un messaggio: hanno un nuovo fornitore e la parte nord della città sarà presto loro.»
Il ragazzo fa un sorriso amaro: «Parte nord? La vogliono in così tanti che non saprei da chi iniziare.» alza gli occhi blu su di me: «Altri indizi?»
«Uno di loro ha parlato in spagnolo...»
«Portoghese!» mi interrompe Will «Quei figli di...»
«Cosa significa?» chiedo brusca.
Lui mi guarda interrogativo e io porto le mani sui fianchi, arrabbiata:
«Io e tua madre siamo quasi state uccise, non pensi di dovermi delle spiegazioni? Soprattutto quando tutto quello che so fa pensare a delle gang!»
Will sospira, poi sfoggia un sorriso inquietante.
«Sì, forse hai ragione, dovrei dirti qualcosa, nonostante tu mi tenga comunque alcuni segreti importanti» accuso il colpo in silenzio e lui prosegue «Ci hai visto giusto, quei portoghesi potrebbero essere definiti una "gang", come altri in questa città. Sai cosa fanno: compiono azioni illegali, occupano una certa zona e la difendono dai rivali. Anche il mio gruppo potrebbe essere definito una "gang", anche se in realtà il fine è proprio quello opposto. I portoghesi e tutti gli altri si fanno pagare da coloro che abitano nelle loro zone, in cambio di  protezione, e vivono di questo. Al contrario, io occupo i territori senza che la gente lo sappia ed impedisco ai gruppi di compiere soprusi. Hai capito?»
Annuisco, attenta.
«Nella parte nord della città ci sono le industrie, quindi guadagnerebbe molto chiunque la occupasse. Attualmente è sotto la mia tutela, ciò significa che non avvengono atti violenti o illegali, o almeno in modo limitato»
«E come fai a gestire tutto dal carcere?» chiedo incuriosita.
Will non risponde subito, ma quando lo fa è tranquillo:
«Greg è l'anello che mi lega col mondo esterno, anche se devo stare attento perché un passo falso mi condannerebbe per sempre»
Nessuno di noi due parla per qualche istante. Il ragazzo stringe la mano di Keira e i suoi occhi si perdono nel guardare le sue vene. Scorgo una lacrima scivolare lungo la guancia di Will.
Decido che è meglio lasciarlo solo, così apro la porta per uscire.
«Dove vai?»
Mi volto. Il ragazzo mi sta guardando.
«Io...non lo so» ammetto con un sospiro. «Ma voglio lasciarti il tuo spazio»
Gli occhi di Will corrono sul mio corpo e ricordo che indosso solo una lunga maglia con le gambe nude.
Si alza in piedi, poi si toglie la felpa e viene a mettermela sulle spalle.
«Non vorrei che anche tu ti ammalassi» spiega con un sorriso triste.
«Grazie»
Lascio la stanza con la felpa colma del calore di Will.
Appena fuori della camera, scorgo una persona familiare nella sala d'attesa.
È George, che mi viene incontro velocemente.
«Ciao Luna, come stai?» chiedo rivolgendomi un sorriso gentile.
«Bene, grazie. Mi dispiace per ciò che è successo»
Lui fa una smorfia e annuisce.
Mi siedo insieme a lui poco lontano dalla stanza, ma nessuno dei due ha la forza o la voglia di parlare.
 
«Toc. Toc. Posso entrare?»
Alzo gli occhi dal libro e vedo Greg, fermo sulla porta della mia stanza d'ospedale.
«Sei già dentro ormai» replico divertita. Lui avanza ancora fino a raggiungere il letto su cui sono seduta.
«Tutto bene?» chiede sedendosi sul bordo.
«Sì, mi dimetteranno stasera. Novità da Keira?»
Lui scuote il capo, sconsolato.
«Will è dovuto andare via, lo hanno praticamente trascinato. Mi ha detto di salutarti e che puoi tenerti la felpa»
Rido sottovoce. In realtà, anche se i medici mi hanno fatto avere dei vestiti puliti, sopra questi ho infilato di nuovo la felpa del ragazzo.
«Hai informato i tuoi genitori?» chiede Greg.
Faccio una smorfia: «Mia mamma mi ha chiesto con che aereo avevo intenzione di tornare. Quando le ho detto che voglio rimanere si è messa a strepitare. Crede che ci sia una congiura contro di me e che gli Stati Uniti non siano un posto sicuro»
«Se vuoi staccarti da Will e da tutto quello che fa, non è un problema, posso parlargliene io, lui capirà»
Scuoto il capo, convinta: «Non ho intenzione di lasciar perdere, anzi. Quegli uomini devono pagare per ciò che hanno fatto»
Greg sgrana gli occhi: «Chi sei tu e che ne hai fatto della dolce e spensierata Luna che conoscevo?»
 
 
«Ciao!» 
Mi volto in direzione della voce allegra da cui proviene il saluto e quando scopro che a parlare è stata Clare, non riesco a trattenere un'espressione esterrefatta.
«Cos'è tutta questa gioia?» chiedo stupita.
«Sono semplicemente felice.» risponde, mentre ci avviciniamo alla scuola.
«E a quanto pare tu invece sei di cattivo umore. Aspetta, ma hai delle botte!»
Il fatto che se ne sia accorta mi fa sentire ancora peggio.
Stamattina mi sono svegliata con gli occhi simili a quelli di un panda, che uniti al taglio sullo zigomo mi danno un'aria da dura.
Mi appoggio contro alcuni armadietti per riprendere fiato. Ho dolori in ogni angolo del corpo e i vestiti che sfregano contro la pelle non aiutano per niente.
«Cosa è successo?» domanda Clare, ritornando la solita ragazza seria e imbronciata che conosco.
Verità o un po' meno verità? mi chiedo.
«Mi hanno picchiata, fuori dal teatro in città. Forse volevano rubarmi qualcosa»
Clare spalanca la bocca, spaventata.
«Potevano ucciderti...» mormora.
Deglutisco e faccio scorrere lo sguardo sui ragazzi che stanno entrando. A quanto pare questa voce non si è ancora diffusa, perché nessuno sembra fare gran caso a me.
«Già, ma sono viva»
So che lei vorrebbe chiedere altre cose, ma non è nella sua indole farsi i fatti altrui, così se ne sta zitta.
Ci avviamo verso la prima classe, ma proprio fuori dall'aula, incrocio Jim.
Lancio un'occhiata all'interno, la professoressa non è ancora arrivata, quindi decido di fermarmi a parlare con l'uomo.
«Luna! Cosa è successo?» chiede lui quando mi vede.
Il suo tono è pacato come al solito, ma la sua voce nasconde una nota tesa di preoccupazione.
«Mi hanno picchiata, ma sto bene. Grazie ai miei poteri sono riuscita ad impedire agli assalitori di uccidere la donna che era con me»
Lui sorride: «Finalmente hai capito, a cosa servono le tue abilità. Non è necessario diventare dei supereroi per fare del bene. Il tuo gesto ha salvato una donna e la sua famiglia, perché la morte trascina irrimediabilmente altre vittime con sé. I tuoi poteri sono una piccola meraviglia della vita, non uno spettacolo né una dimostrazione»
Sulle labbra mi spunta un sorriso che nasconde soddisfazione, felicità e anche un pizzico di malinconia.
«Questo è stato merito tuo, Jim» commento.
Scuote il capo:
«Forse ti ho aiutata, ma il vero lavoro, lo hai fatto tu. Devi ringraziare te stessa per ciò che sei»
Mi mostra un sorriso enigmatico, ancora così denso di mistero, e si volta per allontanarsi lungo il corridoio della sua scuola.
 
 
«Penso che tu mi debba delle spiegazioni»
Guardo davanti a me, con le labbra dischiuse per lo stupore e il corpo rigido dalla tensione.
Will è in piedi, al centro della sua stanza, tiene le braccia incrociate al petto con un'espressione così seria che non ho mai visto.
Senza il solito sorriso il suo volto prende una piega cattiva e severa.
Deglutisco.
«Riguardo che cosa?» chiedo con voce tremante.
Ero venuta qui nonostante sia lunedì sperando di sapere qualcosa sulle condizioni di Keira, ma l'espressione del ragazzo mi fa pentire di aver fatto questo viaggio.
Lui prende un foglio dalla scrivania e se lo porta davanti agli occhi.
«Questo è ciò che mi ha riferito uno degli infiltrati tra i portoghesi. "Mentre tentava di affondare il pugnale contro la donna, qualcosa, come una forza invisibile lo ha bloccato. Dice di aver provato un gran freddo e non riesce a spiegarselo, dato che fino a qualche istante prima era completamente lucido"»
Will smette di leggere e alza gli occhi blu e rossi accusatori contro di me.
Non parlo e lascio che sia lui a farlo.
«Ripeto: penso che tu mi debba delle spiegazioni»
«Non so di cosa tu stia parlando» rispondo con una voce che pare uno squittio.
«Ti ho già detto che sei una pessima bugiarda»
Sento un improvviso calore sul volto e gelo in tutto il resto del corpo, nonostante stia sudando come se fossi nel Sahara.
«Will, io...» arretro di un passo mentre lui avanza.
«Ti ho detto tutto quello che volevi sapere, ora è il momento di ricambiare il favore, non credi?»
«Non posso dirtelo» bisbiglio spaventata.
Lui scoppia a ridere:
«Sì e adesso mi dirai che è per il mio bene!»
Annuisco, con gli occhi pieni di lacrime.
«Mi dispiace, è così sul serio. Un uomo ha inseguito me e Greg sui tetti della scuola per questo!» tento di spiegare.
«Aspetta, Greg lo sa?» sbotta lui stupito.
«So cosa?» domanda proprio Greg, facendo capolino alla porta.
«Grand bell'amico sei! Lei ha dei poteri soprannaturali e tu non me lo dici neanche!»
Greg si volta verso di me: «Gliel'hai detto?»
Faccio una smorfia: «Lo hai appena fatto tu»
Poi mi volto verso Will: «Com'è possibile che tu ci sia arrivato?»
Lui ci guarda entrambi esterrefatto:«Stavo facendo del sarcasmo, non ero serio!»
Io e Greg ci scambiamo uno sguardo senza parole, incerti su cosa fare o dire in una situazione del genere.
Will si lascia cadere pesantemente sulla sedia accanto alla scrivania, poi scoppia a ridere.
«Che situazione di merda! Mia mamma sta per morire e i miei amici dicono di avere super poteri» commenta passandosi una mano sul volto.
Ci guarda sorridendo: «Quindi? Avete intenzione di rimanere lì impalati sulla soglia o vi mettete comodi così discutiamo con calma?»
Avanzo, seguita da Greg e ci sediamo sul bordo del letto, straniti.
«Okay, ora...seriamente, parliamone. Luna hai dei poteri sovrannaturali?»
Annuisco, fissandolo negli occhi.
Lui ride ancora. È tornato il ragazzo allegro che conosco e la cosa mi alleggerisce il cuore.
«Non credo se non vedo»
Con un sospiro, tento di concentrarmi.
Guardo i capelli spettinati del ragazzo e li immagino scossi da una leggera brezza, come quelle che si sentono in riva al mare di prima mattina.
Le ciocche ribelli cominciano a danzare, poi accelerano il loro moto, fino ad ingarbugliarsi freneticamente.
Decido di lasciar perdere la sua chioma e mi concentro sulla mano, dove si allunga dal polso un'ombra di inchiostro dei tatuaggi.
Immagino di essere lì vicino e di sollevarla prendendola delicatamente.
Inizialmente non accade nulla, poi, poco alla volta comincia a tremare e si alza sgraziatamente.
Will scoppia a ridere, divertito.
«Hai nascosto nella mia camera qualcosa per fare questo giochetto?» commenta facendo saltare lo sguardo tra me e la sua mano.
La sua voce mi distrae, così il braccio del ragazzo ricade bruscamente al suo fianco.
«Non avrebbe senso, considerando che non volevo dirtelo» replico con un pizzico di stizza.
Will si esanima la mano in ogni suo dettaglio mentre Greg sospira e mi rivolge uno sguardo grave.
«Allora, come riesci a farlo?» chiede l'altro ragazzo con il suo solito sorriso stampato sul volto. Mi rende più tranquilla.
«Quindi ci credi?» domando stupita.
Lui scrolla le spalle: «No, ma voglio sentire la tua spiegazione»
Prendo un respiro profondo e comincio a rivelargli ciò che mi aveva spiegato Jim e che io poi ho riportato a Greg.
Will è un bravo ascoltatore. Perché rimane zitto, ma mantiene uno sguardo attento, segno che non si perde neanche una delle mie parole.
«Credi che anche io potrei sviluppare un'abilità del genere?» chiede quando ho finito di parlare.
«Aspetta, tu ci credi ora?» domando confusa.
Greg, al mio fianco, tossicchia, ma non fa commenti.
«Mi hai dato una spiegazione logica e una dimostrazione pratica, non ho nulla con cui contraddirti. Ovviamente la parte razionale del mio cervello mi sta dicendo di cacciarti da questa stanza per tutte le stupidate che hai detto, ma la parte più infantile e ingenua si fida ciecamente di te. Quindi, per favore, non tradire questa fiducia»
Rimango senza parole.
Sento gli sguardi dei due ragazzi fermi su di me, con una serietà insostenibile.
Quando mi sono cacciata in questa situazione? Quando è cominciato tutto questo?
Cerco di tornare indietro nel tempo, ma non trovo il vero momento in cui la mia vita è cambiata sul serio.
È stata una concatenazione di eventi che l'hanno stravolta poco alla volta, come tante gocce nel famoso vaso del proverbio, in attesa dell'ultima che l'avrebbe fatto traboccare.
«Luna?»
La voce di Will mi risveglia dalle fantasticherie. 
«Cosa pensi di fare ora?» domanda serio. I suoi occhi sono inflessibili, quasi duri nella loro luce bluastra.
Le differenze tra le risposte che potrei dare ora sono le stesse differenze che scaturirebbero in seguito a ciò che deciderò di dire.
Faccio un sorriso e guardo fisso nelle pupille del ragazzo.
«Perché chiedi a me cosa fare? Pensavo fossi tu il capo»
 
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Ciao a tutti!
Ecco il nuovo capitolo! Mi sono accorta con dispiacere che le recensioni sono calate negli ultimi capitoli. Mi piacerebbe sapere quali sono problemi e gli errori per poterli risolvere il prima possibile, quindi vi prego di mandarmi un messaggio in qualsiasi via di comunicazioni per dirmi cosa sistemare! Ci tengo a migliorare e solo voi potete correggermi:)
Grazie mille in ogni caso se siete arrivati fin qui.
Alla prossima
Lux
   
 
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