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Autore: HellWill    06/01/2015    0 recensioni
(Ho visto questa challenge (goo.gl/XBoRTK) e non potevo non farla.)
"Velocemente, l’acqua sollevò alti spruzzi e si levarono le risate degli altri che si erano buttati, e Zashat rise mentre facevano a gara per nuotare più lontano e per chi stava sotto più a lungo.
Fu solo al tramonto che salirono nuovamente sugli scogli: il ragazzino tese la mano verso Laviel, che era già all’asciutto, il sorriso smagliante della ragazzina che gli riempiva tutta la visuale; le afferrò la mano e l’acqua gli colò lungo il braccio…"
…proprio come in quello stesso momento, ma non si trattava di acqua. Sollevò il braccio, inseguendo quel ricordo, e il sangue gli colò fino al gomito e poi fino all’ascella, solcandogli la linea dei pettorali e suscitandogli un brivido.
Aveva ucciso, aveva ucciso a mani nude, aveva strappato il cuore di quell’essere umano come fosse stata una foglia, lui che non aveva mai nemmeno mangiato carne o ucciso un animale, aveva ucciso. Erano cambiate così tante cose da quando era quel bambino spensierato e felice, erano successe tante di quelle cose…
Genere: Fantasy, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie '365 DAYS WRITING CHALLENGE'
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4 gennaio 2015
Childhood memories

La prima cosa che gli venne in mente di fare fu guardarsi le mani. Era stupido pensare che quel gesto potesse servire realmente a qualcosa, come se guardare quel denso liquido rosso gocciolargli dalle dita potesse pulirlo, o migliorare il suo stupore e il suo rammarico, oppure farlo sentire meno in colpa.
Ma doveva fuggire… Non avrebbe mai potuto sopportare oltre quelle torture, quella schiavitù sotto degli inetti…
Se solo gli capitava di ripensare alla sua vita sino a quel momento, si diceva di essere stato molto fortunato, e poi molto stupido. La rabbia che gli montava nel ripensare all’intero villaggio in cui era cresciuto, che era stato prima catturato, poi ucciso e infine ridotto in schiavitù… quella rabbia gli sussurrava che aveva fatto male ad uccidere solo in quel momento, quando avrebbe potuto farlo prima, molto prima, per difendere coloro che amava.
Se solo ripensava alla sua infanzia…

Zashat correva.
Amava fare gare di corsa con i suoi amici, tutti quanti, anche con Laviel, che era alta e dinoccolata e a Zashat piaceva tanto.
Zashat correva ed era il più veloce di tutti.
Persino attraverso il bosco, lì dove i suoi amici venivano fermati da sterpi e fitto sottobosco, lui volava e sembrava che la vegetazione si scostasse al suo passaggio, come se lo accogliesse senza esitazioni nei meandri della foresta.
«Ma come fai?» gli chiedevano continuamente, e lui rideva e li seminava, li costringeva a mangiare la polvere. Si faceva strada nel bosco, saltava sugli alberi e di ramo in ramo, mentre le risate dei suoi amici risuonavano dietro e intorno a lui, e tutti insieme raggiungevano la scogliera.
«Scommetto che non hai il coraggio di buttarti» disse Zashat, e si passò una mano fra i capelli bianchi e si guardò le unghie, invisibili contro la pelle nera come il carbone. Lanciò un’occhiata provocatoria alla ragazzina magrolina che lo aveva seguito dappresso, e Laviel sorrise furba.
«Perché, tu sì?» lo apostrofò, e lui ghignò.
«E tu, Kaevla?» ridacchiò il ragazzino, e la bambina si mise le mani sui fianchi.
«Certo che ho il coraggio» esclamò, avvicinandosi al ciglio della scogliera e scrutando il mare che si estendeva oltre di essa; iniziò a saltare di scoglio in scoglio, e arrivata a metà strada si tolse i calzoni; restò così nuda, così come lo erano già alcuni di loro, e continuò a saltellare di sasso in sasso per raggiungere il mare.
Lentamente, l’intera compagnia la seguì schiamazzando e ridendo, spingendosi l’un l’altro e rincorrendosi. Solo Zashat stava zitto, già nudo come del resto Noulea, Darael ed Eroal, e seguiva con lo sguardo la bambina che ormai aveva quasi raggiunto il ciglio del mare.
«Zash? Tutto bene?» Laviel gli si accostò e gli saltellò accanto, ma il ragazzino era distratto.
«Sì, sì. Stavo ripensando alla magia che abbiamo fatto ieri notte nel bosco. Ti ricordi? Quando abbiamo acceso tutti insieme il fuoco. Io.. il mio fuoco era viola, il vostro invece era bianco».
«E quindi? Alla fine unito ai nostri ha fatto un fuoco normale, rosso, giallo e arancione» Laviel si strinse nelle spalle e Zashat storse la bocca, scuotendo la testa. Kaevla era arrivata all’ultimo scoglio, quello a punta, così sottile che sembrava un ramo.
«Kaevla!» Zashat stese una mano e le disegnò attorno con un dito uno scudo protettivo. «Non devi farlo per forza» disse, più prudente, ma Darael sbuffò e rise.
«Cos’è, Zashat, hai la ragazza? Zashat ha la ragazza, Zashat ha la ragazzaa!» iniziò a cantilenare, e Laviel alzò gli occhi al cielo scoccando un bacio sulla guancia del ragazzino. «OOOOOH» esclamarono gli altri, mentre Zashat la guardava stupito e si toccava il viso.
«Ma..».
«SIIIIIII».
L’urlo di Kaevla li riscosse e la osservarono buttarsi dallo scoglio, frastornati e impauriti, con le orecchie abbassate dall’incredulità: la bambina era saltata giù e strillava eccitata, finché non si udì uno “splash”. Zashat corse, corse più veloce di tutti, e fu sul ciglio dell’ultimo scoglio in un baleno, mentre gli altri stavano iniziando a seguirlo. Udì una risata, e sorrise istintivamente.
«Sta bene» annunciò, e diresse uno sguardo malizioso al resto della compagnia che si avvicinava. «Beh, addio» disse, tuffandosi. Sentì versi di sgomento, dopodiché solo il fischio del vento; l’impatto con l’acqua arrivò presto, e l’alta marea aveva fatto in modo che ci fosse abbastanza acqua da accoglierli tutti. Velocemente, l’acqua sollevò alti spruzzi e si levarono le risate degli altri che si erano buttati, e Zashat rise mentre facevano a gara per nuotare più lontano e per chi stava sotto più a lungo.
Fu solo al tramonto che salirono nuovamente sugli scogli: il ragazzino tese la mano verso Laviel, che era già all’asciutto, il sorriso smagliante della ragazzina che gli riempiva tutta la visuale; le afferrò la mano e l’acqua gli colò lungo il braccio…


…proprio come in quello stesso momento, ma non si trattava di acqua. Sollevò il braccio, inseguendo quel ricordo, e il sangue gli colò fino al gomito e poi fino all’ascella, solcandogli la linea dei pettorali e suscitandogli un brivido.
Aveva ucciso, aveva ucciso a mani nude, aveva strappato il cuore di quell’essere umano come fosse stata una foglia, lui che non aveva mai nemmeno mangiato carne o ucciso un animale, aveva ucciso. Erano cambiate così tante cose da quando era quel bambino spensierato e felice, erano successe tante di quelle cose…
Strinse i pugni, il sangue viscido gli faceva scivolare le dita; non avrebbe mai più permesso a nulla di ferirlo in quel modo. Nulla lo avrebbe più cambiato, perché lui era indistruttibile. Sollevò gli occhi verdi e la pupilla, sottile come quella di un rettile o di un gatto, diventò una linea semi-invisibile contro il sole; non avrebbe mai più permesso alla sua morale di avere la meglio sulla sua necessità di sopravvivere e di difendere coloro che amava.. anche se ormai di coloro che aveva un tempo amato non restava più nessuno.
   
 
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