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Autore: Lily97    06/01/2015    3 recensioni
Annie Cresta è una ragazza del Distretto 4, lo stesso dal quale proviene il bel Finnick Odair, il giovane affascinante mentore che, nei 65esimi Hunger Games, vinse all'età di 14 anni.
Lei lo ritiene un ragazzo superficiale, attaccato più alla fama e alla sua bellezza che alla vita, eppure quella è l'unica facciata che Odair lascia trasparire.
Capitol City non è un luogo che realmente assicura un totale cambio di vita ai vincitori; gli abitanti dei Distretti rimarranno sempre tali e la Capitale non mancherà mai di ricordarlo.
"Prima le signore.. Annie Cresta"
Il mondo si fermò per la ragazza. Sentiva il suo nome rimbombare nelle sue orecchie e nella bocca di tutti. Si voltò, incrociando lo guardo terrorizzato di sua sorella.
Non poteva scoppiare a piangere, non davanti a lei.
Quante possibilità aveva di vincere contro altre ventitré persone, molte delle quali letteralmente superiori a lei?
Zero.
Chi avrebbe potuto aiutarla?
Solo un nome.
Finnick Odair.
Genere: Azione, Guerra, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Altri tributi, Annie Cresta, Finnick Odair
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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CIAO RAGAZZI!
CHE VERGOGNA.. SE VOLETE VI DO LìINDIRIZZO DI CASA MIA E VENITE A PRENDERMI A RANDELLATE COME UNA FOCA FINCHE' NON VI SENTIRETE MEGLIO. ORMAI LO SAPETE CHE FACCIO DEI RITARDI CHE FANNO SCHIFO! E MI DISPIACE, NON NE AVETE IDEA!
H SCRITTO QUESTO CAPITOLO STAMATTINA, PRESA BENISSIMO PERCHE' MI SONO ARRIVATI DEI MESSAGGI IN CUI PERSONE MI CHIEDEVANO PER FAVORE DI CONTINUARE. E IO HO VOLUTO, ANZI MI SONO SENTITA IN DOVERE DI METTERMI A SCRIVERE!
VORREI ANNUNCIARE CHE NON  MANCA MOLTO ALLA FINE DI QUESTA STORIA E MI STA QUASI VENENDO DA PIANGERE, PERHE' POI NON SAPREI DAVVERO COME FARE A NON PENSARCI! MAGARI SCRIVERO' ALTRE STORIE COME QUESTA, NON SO. SPERO CHE MI SEGUIRETE LO STESSO, ANCHE SE I MIEI RITARDI SARANNO LAMPANTI. CREDO CHE LA SCRIVERO' PRIMA TUTTA E POI PUBBLICHERO', COSI' NON DOVRO' SPENDERE TEMPO ANCHE A SCRIVERE NUOVI CAPITOLI QUANDO NON HO TEMPO! D:
VI LASCIO AL CAPITOLO!

BUONA LETTURA DEI 70esimi HUNGER GAMES E POSSA LA FORTUNA SEMPRE ESSERE A VOSTRO FAVORE



 
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Caduta libera






 
Il polso si stortava e le dita si socchiudevano dalla morsa in cui imprigionavano il pugnale e questo partiva veloce e dritto, fino ad impalarsi nel centro esatto del petto della ragazzina.
Avrebbe potuto fermarla. Avrebbe potuto aiutarla, magari facendole perdere l'equilibrio e facendola cadere, in modo che l'arma la sfiorasse.
Avrebbe potuto fare tante cose, Annie Cresta, in quel preciso momento.
Non poteva negare di non aver visto con la coda dell'occhio il Tributo femmina così micidiale, scagliare il pugnale. E soprattutto non avrebbe mai potuto negare di non averci pensato. Perché era ovvio che quella sarebbe stata la mossa successiva in quella danza di morte.
Invece era rimasta a terra a guardare, ancora stordita dal dolore. A guardare la piccola accasciarsi su se stessa. Vedere la vita scomparirle dagli occhi più veloce del fulmine che illumina il cielo nero e carico di pioggia.
Se solo le fosse venuto in mente di afferrare la bambina e ripararla col suo corpo.. se solo avesse intuito le intenzioni di Catherinne.
Tutto quel sangue.. rosso ovunque... sulle sue mani, sulle sue braccia. A sporcarle il viso e ad entrarle prepotentemente nelle narici, invadendo la sua testa.
Il rumore della carne colpita, dilaniata dalle sue stesse mani. Il crack delle ossa che si rompono.. tutto sempre più rosso..
“Annie?”.
La voce di Euer la fece tornare nella realtà.
La ragazza fissò il compagno con gli occhi spalancati, mentre mille domande preoccupanti le ronzavano in testa.
Che le stava succedendo?
Lei era seduta con la schiena contro la parete rocciosa.. non era nel prato insieme a Shana e a Catherinne. Nessuno le stava uccidendo... non lei...
Erano già morte.
Si guardò le mani, alzandole al livello del viso e le esaminò col cuore in gola. Il respiro non era affatto regolare: il petto le si alzava così velocemente che quasi l'aria non riusciva ad arrivarle nei polmoni. Si sentiva soffocare.. e non riusciva a togliersi dalla mente l'immagine delle sue mani completamente rosse di sangue.
Un lampo carminio le saettò davanti agli occhi. E lei era di nuovo là, con le due ragazze morte, ricoperta di sangue... l'odore di morte così forte che le provocò un brivido ed un conato di vomito.
E le sue mani... erano rosse... come il sangue più puro... quello che schizza a getto fuori da una ferita. Come quando miri al cuore... o al petto di una ragazzina...
“No!!” gridò Annie, singhiozzando.
“Annie! Annie!”. Euer provò a chiamare l'amica, ma questa sembrava sconnessa dal mondo, rifugiata in una realtà costruita alla base di incubi e sofferenza.
“Annie! Guardami! Sei qui con me... con Euer. È tutto finito! Non è colpa tua”. Non sapeva nemmeno quello che stava dicendo. Qualsiasi cosa pur di far calmare la ragazza.
Non riusciva a riconoscerla.
Dov'era l'Annie Cresta del Distretto 4? La ragazza spensierata e piena di vita, grintosa come poche e assolutamente indistruttibile?
Capitol City non poteva prendersela. Aveva rubato fin troppo ai Distretti, era il momento di dire basta.
“Annie, respira. Sei al sicuro” ripeté con voce profonda.
Finalmente gli occhi verdi della ragazza si illuminarono della solita luce familiare e calda di sempre e la vide respirare a fondo. “Ci sono..” sussurrò. “E' solo che è.. difficile. Io non.. ho solamente voluto difenderla..”.
“Sssst. Lo so. L'hai fatto per lei” mormorò Euer abbracciandola, avvicinandosela al petto e cullandola. Aveva abbandonato una delle due ragazze Cresta, forse per sempre, non avrebbe mai permesso che anche l'altra si allontanasse da lui.
In quel momento entrò nella grotta Jace, i capelli scompigliati e la spada sguainata. “Non c'è in giro nessuno, per il momento. Non possiamo rimanere qui troppo a lungo. I Favoriti ci troveranno.. o gli Strateghi faranno in modo che succeda. Credo sia meglio spostarci verso la montagna”.
“La montagna? È lontana ore.. forse uno o due giorni” protestò Euer, lasciando andare Annie e permettendole di sistemarsi.
Gliene fu molto grata; prese un profondo respiro e si tirò in piedi.
“Ha ragione Jace” assentì. “Non possiamo rimanere qui per molto. Faremmo una fine più tragica per mano degli Strateghi che per quella di altri Tributi.”.
Raccolse il proprio zaino e si appuntò i vari pugnali alla cintura, passandosi un arco intorno alle spalle, bottino dell'ultimo tremendo incontro con i Favoriti.
Erano passati solo tre o quattro giorni e già la ragazza era stanca di tutto ciò. Come poteva vivere Capitol City di un simile spettacolo da 70 anni?
Si misero in cammino, saltando agilmente da una pietra all'altra per attraversare il fiume, che pareva molto più pieno dei giorni precedenti. L'acqua sfiorava dolcemente gli scarponi dei tre tributi e produceva un suono molto simile a quello che Annie aveva sentito quando aveva ucciso Catherinne.
Il pensiero le mozzò il respiro in gola e le immagine della ragazza, completamente livida e deturpata dai suoi colpi, le sfilarono malignamente davanti ai bei occhi verdi.
Sono un mostro, pensò disgustata, fissando con ribrezzo la propria immagine riflessa nell'acqua limpida.
Come l'avrebbe guardata Finnick dopo quello che aveva fatto e che avrebbe continuato a fare? Era solo una sporca assassina...
“Annie?” la chiamò Euer con voce calma.
Lei si riscosse dai suoi pensieri e gli rivolse uno sguardo interrogativo.
“Tutto bene?”
“Si.. grazie” rispose meccanicamente.
Jace, da dietro, sbuffò sonoramente e lasciò cadere a terra il proprio zaino. La afferrò per le spalle non molto gentilmente e la scrollò, mentre Euer esclamava con disappunto.
“Annie! Non puoi lasciare che ti accada quello che ti macchina nella testa in questo momento” le disse risoluto, a qualche centimetro dal suo volto. “Ho visto quello che è successo nella radura..” continuò “..sangue ovunque: sui due corpi, a terra, su di te...”
“Jace smettila!” si divincolò Annie, scuotendo il capo.
Non le serviva qualcuno che le rendesse le immagini ancora più vivide nel cervello.
“Non puoi continuare ad addossarti la colpa di quello che hai dovuto fare. Ti sta facendo perdere la testa”
“Io non.. sto perdendo la testa”. Ora la ragazza aveva alzato le difese e affilato lo sguardo. Lei stava benissimo..
Jace scoppiò a ridere ed il tono, freddo e ironico, la fece rabbrividire.
“Pensi che non ci siamo accorti dei tuoi momenti di completa apatia? O delle tue reazioni ad un rumore improvviso? Annie, questo non è stare bene”.
“Ma tu che ne vuoi sapere di star bene?! Hai picchiato una ragazza così tanto da avergli sfondato la cassa toracica e quindi deciso di ucciderla per non farla soffrire? Sei tu quello che è stato ricoperto del suo sangue da capo a piedi?!”. Ormai anche cercare di trattenere la propria rabbia se sembrava impossibile.
Notò fugacemente lo sguardo scioccato di Euer. Lui non sapeva che cos'era successo nella radura. Non era venuto a salvarla, come Jace. Era rimasto alla grotta con Lily.
Non le importava che cos'avrebbe pensato. Sicuramente sarebbe stato fin troppo buono con lei, cosa che il suo io interiore non stava facendo affatto.
“E ti senti in colpa per averlo fatto?” le domandò Jace. I suoi occhi, sempre così pacati, ardevano di un fuoco del quale non riusciva a riconoscere l'origine.
“Non dovrei? Ho ucciso una ragazza!”.
“Ti sei solo difesa! Ti avrebbe ammazzato! Anzi, credo che tu sia stata fin troppo clemente nell'averla pugnalata, per farla smettere di soffrire. Fossi stato io, quella bastarda sarebbe rimasta a terra per ore”.
Ma ti senti quando parli?!!!” urlò Annie. “Era una persona e aveva una famiglia che l'aspettava nel suo Distretto. E io l'ho uccisa! Ho portato via loro una figlia! E tu sei contento di questo?!”.
Non aveva mai pensato che Jace potesse essere così crudele.
In quel momento risuonò nell'aria il suono di un cannone, segno che un altro tributo era stato ucciso.
Quando sento il suono del cannone” disse il ragazzo tra i denti “è musica per le mie orecchie”.
Annie affilò lo sguardo e sguainò il coltello. “Credo che il pazzo qui sia tu” sibilò. “Euer, allontanati da lui” intimò all'amico, ancora spettatore della disputa.
“Annie, stai tranquilla. Jace non mi farebbe del male” la tranquillizzò il fidanzato della sorella, senza sortire l'effetto desiderato.
“Ma non vedi quello che sta succedendo?!” gli domandò lei. “Ha detto che è felice quando qualcuno muore!”.
“Annie, per forza deve esserlo!” tentò Euer “Nessun partecipante degli Hunger Games ne esce con le mani pulite. Sono tutti qui per uccidere e se non si vuole morire, per forza bisogna diventare assassini” le spiegò, con le mani alzate in segno di pace.
“Ma sei diventato pazzo? Vuoi uccidere una persona?!”. Dovette soffocare la voce mordendosi le labbra, per non strillare e non fare altri danni.
“Non ho detto che voglio, ma che se voglio rimanere in vita dovrò farlo. Ascolta Annie, ho meno voglia di te di diventare un assassino e capisco il tuo sconvolgimento per aver ucciso quella ragazza, ma preferiresti essere morta tu? Mi avresti lasciato da solo, solamente per non diventare un'assassina? Il nostro destino da.. da mostri è stato scritto appena i nostri nomi hanno sfiorato le dita di Milly!” concluse quasi con il fiatone.
Annie rimase in silenzio a fissarlo, le parole del ragazzo che le passavano nel cervello a velocità inaudita, tutte accompagnate da un'immagine precisa.
E poi.. la promessa, quella che l'avrebbe riportato a casa. Come avrebbe potuto salvarlo e farlo vincere se non avesse iniziato a proteggerlo seriamente? Non si riconosceva più. Dov'era finita l'Annie Cresta pronta a lottare a costo di farlo uscire vincitore?
“Avete ragione” disse, stringendo i pugni. Poi strinse il pugnale tra le mani e passò in testa al piccolo gruppo. “Dobbiamo muoverci, prima che qualcuno ci trovi. Camminate con gli scarponi nell'acqua, non lasceremo impronte”.
Euer sorrise lievemente; la sua Annie aveva vinto ancora.
“Una volta arrivati sulla montagna cosa faremo?”
“Il piano d'attacco” rispose Jace ed Annie non ribatté, sapendo che quella era la pura verità.




Camminavano da quasi due giorni e avevano sentito il cannone tuonare quattro volte. I volti dei Tributi morti si presentavano tutte le sere al calar del sole e, ormai, i due ragazzi del Distretto 4 sapevano a memoria i loro nomi.
L'ultimo ad essere ucciso fu il ragazzo dell'11, nel bel mezzo della prima notte ed il rumore fu così assordante e maledettamente vicino che i tre si erano svegliati convinti di essere loro i prossimi.
Eppure, fino a quel momento, nessuno si era presentato nel loro cammino.
“Sono tutti ad ammazzarsi nella radura” aveva detto Jace, mentre riposavano. “E' il luogo perfetto per attaccare. A nessuno verrebbe in mente di rifugiarsi lontano. Negli Hunger Games nessuno pianifica; tutti partono spediti con la scure in mano, per staccare la testa ad altri.”
Euer, tutte le volte che sentiva queste considerazioni, rabbrividiva, ma non poteva far a meno di essere d'accordo. Stavano solo cercando di rimanere in vita il più possibile.
Finalmente al terzo giorno arrivarono su una sporgenza della montagna ideale per spiare tutto il resto dell'Arena.
“Qui avremo la visuale perfetta” disse Jace, sedendosi sulla roccia fredda. Sfilò dallo stivale un piccolo pugnale, con il quale iniziò a tracciare i confini visibili dell'Arena e i vari particolari significativi.
“Qui c'è la foresta” lo aiutò Euer, puntando il dito sullo spazio vuoto.
“E questo è la valle a V sotto di noi” aggiunse Annie. Quel canalone che stava sotto ai loro occhi era davvero qualcosa di spaventoso: pareva una grande ciotola di roccia impermeabile, dalla quale non si poteva scappare. Le vennero i brividi su tutta la schiena e preferì andare in ricognizione.
“Vengo con te” propose Euer.
“No, tu servi qui” replicò spiccio Jace. “Mi devi aiutare a finire questa bozza di cartina. Sei intuitivo e sicuramente vedi più lontano di me. Annie sa cavarsela da sola, non è così?” domandò, guardandola con le sopracciglia alzate.
Lei annuì e, per rassicurare l'amico, sfilò dalle spalline del suo zaino anche l'arco, oltre che i tre pugnali.
“Torno prima che faccia buio” promise, poi si mise in marcia verso la cima della montagna.
Non essendoci sentieri, fu più difficile del previsto: in molti punti dovette arrampicarsi letteralmente, aiutata da alcune sporgenze di roccia levigata, che le permisero di far leva e portarsi più in alto.
Non faceva freddo, anzi, si sentiva quasi troppo accaldata. Colpa ovviamente degli strateghi. Chissà che avrebbero inventato quella volta per stanarli tutti.
Il sole stava incominciando a calare ed alcuni raggi avevano già sfiorato dolcemente i rami più alti degli alberi più lontani, colorando il tutto di un acceso arancione. Era uno spettacolo mozzafiato e sicuramente sarebbe rimasta a bocca aperta, se non si fosse trovata nell'Arena.
Tutto quello le fece pensare Finnick. Chissà cosa stava facendo? Sperò vivamente che fosse tutto a posto a casa. E Ocean? Stava guardando anche lei gli Hunger Games?
Come un lampo a ciel sereno, il volto di Shana le comparve davanti agli occhi, seguito da quello di Catherinne. Si mozzò in gola e fu più istinto di sopravvivenza che altro, che le impedirono di cadere.
Strinse gli occhi con forza, tanto che iniziò a vedere alcune luci verdine davanti alle palpebre.
Non poteva succederle in quel momento. Non ancora..
Respirò a lungo, prima di tornare a rivolgere gli occhi al paesaggio.
Erano morte, ormai. Non ci avrebbe più potuto far niente.
Erano morte, ripeté mentalmente. Erano morte.
Morte.
Morte.
Morte.
Le scappò un gemito dalle labbra e una delle due mani perse l'appiglio dalla roccia e, per lo spavento, i piedi scivolarono. Lanciò un urlo strozzato, quando si ritrovò aggrappata alla pietra con solo una mano, a guardare lo strapiombo sotto di sé e calcolare mentalmente le probabilità di atterrare viva.
Ovviamente meno di zero.
“Tranquilla, Annie..” sussurrò tra i denti.
Fece per sollevare il braccio per aggrapparsi nuovamente, quando sentì un piccolo oggetto scivolarle sull'orlo della tasca dei pantaloni.
Abbassò gli occhi e, con orrore, constatò che la pietra che le aveva regalato Finnick le sarebbe caduta a momenti.
Non ci avrebbe potuto fare nulla, ma non poteva perderla. Era l'unica cosa che la teneva ancora legata al ragazzo. L'unico oggetto che l'avrebbe accompagnata lungo il percorso spaventoso che avrebbe intrapreso.
Con il più grande sforzo della sua vita, anziché spostare la mano sulla pietra, lentamente, la diresse verso la sua tasca, consapevole che al primo minimo cambio di equilibrio, sarebbe caduta.
Dai, dai, ti prego... sibilò mentalmente. Non poteva non farcela. Era arrivata fino a lì, non poteva arrendersi proprio in quel momento.
Con la punta dell'indice sfiorò la superficie del sassolino e sorrise trionfante, ricacciandolo dentro, ma, a causa del sudore, l'altra mano perse l'appiglio ed Annie Cresta si ritrovò a cadere.













 
 
   
 
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