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Autore: mattmary15    06/01/2015    1 recensioni
Aeris chiuse gli occhi celesti e allargò le braccia prendendo un respiro. Lo sentiva. Non era più sola. Tra lei e l’ombra, preannunciato da un poderoso battito d’ali, comparve Bashenian.
Lei aprì gli occhi e sorrise, sinceramente estasiata dalla bellezza della creatura. Bashenian era la bestia sacra di Strifen, il suo regno. Il mito narrava che fosse nato dalla preghiera di Serian, il canto che diede vita al creato. Il grifone atterrò nel suo nido e chinò il capo verso di lei affinché potesse ricevere una carezza. Aeris non si capacitava mai della maestosità di quell’enorme animale magico. Le sue piume erano morbide e dotate del potere di alleviare il dolore. I suoi occhi avevano lo stesso colore del cielo, più chiari nelle giornate assolate e ingrigiti in quelli di pioggia. Il corpo possente metà aquila e metà leone, era interamente piumato. Con due colpi di coda plaudì alle carezze di Aeris e si accoccolò nel nido.
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo IV
-Il figlio della fenice-

 

I campanelli del baldacchino si mossero facendo risuonare nella stanza un piacevole tintinnio. Il sole era sorto da poco ma all’uomo nel letto non sembrava importare. Forse all’uomo nel letto non importava di tante cose. Se ne stava sdraiato e nudo a fissare l’intarsio del soffitto attraverso il velo trasparente che era adagiato sulla struttura in legno del sopraccielo.
Raffigurava Xantes, la fenice, animale sacro della Faleria. Quando aveva otto anni, suo padre lo condusse al tempio di Ventrelava e lo gettò nel vulcano. Senza preavviso. Lo portò fin lassù e senza alcun cenno che mostrasse quali fossero le sue intenzioni o che rivelasse la volontà di incoraggiarlo, lo gettò di sotto.
Se non fosse riuscito ad evocare la bestia sacra, sarebbe precipitato nel magma.  Ricordava che il calore del vulcano inizialmente gli aveva impedito di respirare. Si era sentito bruciare. Aveva creduto che fosse la sensazione della morte che giunge per mezzo del fuoco, invece era il sangue nelle sue vene che si adattava naturalmente all’esposizione al suo elemento. Quel giorno, i suoi capelli ramati divennero rossi più delle fiamme e rimasero così per sempre. Xantes lo riconobbe degno del suo potere e da allora fu chiamato il figlio della fenice.
Nonostante ciò non dimenticò mai le parole del padre di fronte alle lacrime di sua madre che lo insultava per il suo gesto sconsiderato. Lui le rispose che se non fosse stato degno di ricevere il potere del fuoco, tanto meglio che il bambino fosse morto. Lei era ancora abbastanza giovane da dargli un altro figlio.
L’ironia del destino volle però che lui non riuscisse ad avere altri figli. Aveva sempre creduto che sua madre c’entrasse in questo. Sorrise. Aveva odiato suo padre almeno quanto amava sua madre.
La porta della sua stanza si aprì e una donna dai lunghi capelli neri e mossi avvolta solo in una vestaglia rossa fece il suo ingresso. Lui non si mosse. Lei andò alla finestra e l’aprì. Non si scompose nel vedere l’uomo completamente nudo.
Andò all’armadio e prese una veste da camera. Raggiunse il letto e la posò al suo fianco. Poi, da sotto la vestaglia, tirò fuori un rotolo di carta pergamena e giocando con i capelli dell’uomo sul letto, lesse.
“Salve figlio della fenice! La mia preghiera ti raggiunga in forza e salute. I giorni di pace sono, purtroppo, finiti. Una grave minaccia pesa sul nostro reame. Il primo giorno della festa della Prima Luce è convocato il supremo consiglio dei due Troni. Null’altro è necessario che scriva in questa missiva. Ci vedremo, ci abbracceremo e, prego per questo, risolveremo ogni cosa. Lady Asaline di Cattedra.”
La donna tacque e il giovane uomo chiuse gli occhi godendo delle sue carezze. Poi li riaprì e le rivolse la parola.
“Cosa sta tramando ora quella vecchia strega? Non abbiamo fin troppi problemi con gli yomi a nord e i pirati a sud? Con i raminghi ad ogni angolo di questa tormentata terra? Ora deve anche svegliare l’imperatore che dorme nel nido del grifone?” La donna sorrise e gli rispose.
“Asaline ordisce da sempre tele volte a suo personale vantaggio. Non può comunque controllare ogni cosa. Quando si passano anni ad immaginare il futuro, non si distingue più facilmente tra la realtà e l’immaginazione. Chissà però che stavolta, il suo tramare non venga a tuo vantaggio.”
“Come potrebbe? C’è una sola persona che ella vuole favorire: se stessa.”
“Potrai finalmente conoscere l’imperatore! Se vuole mantenere il titolo, stavolta non potrà dire che è troppo cagionevole per affrontare il viaggio tra Vetta Azzurra e Cattedra.”
“Che vantaggio verrebbe da questo? Il principe compirà diciotto anni tra qualche mese e allora reclamerà di nuovo i suoi poteri. Tutto quello che abbiamo ottenuto in questi anni, sarà alla sua mercé.” La donna si chinò su di lui e le baciò la fronte.
“Forse Asaline non vuole che il poverino festeggi quel compleanno!”
“Credi che voglia attentare alla vita di Aeris Strifen?” La donna fece spallucce e riprese.
“Vestiti. Anche se sei di una bellezza sconvolgente, non devi prendere freddo!” Le gote dell’uomo si fecero più rosse dei suoi capelli e scattò giù dal letto coprendosi con la veste da camera.
“Non parlarmi in quel modo! Te l’avrò ripetuto un milione di volte!” Lei rise di gusto e si alzò per legargli la cintura alla vita.
“Che male c’è? Una madre non può riconoscere la bellezza del proprio figlio? Con te, ho fatto un gran lavoro!” Loran Valente la tirò a sé e le baciò la fronte sorridendo.
“Ringrazio la dea ogni giorno per il fatto che sei mia madre. Se fossi stata una qualunque altra donna, avrei dovuto temerti come la morte. Se ho preso metà dei tuoi doni, devo considerarmi un uomo fortunato!”
Lady Kyria Wiltord era andata in sposa al viceré che aveva quattordici anni nonostante ne dimostrasse almeno diciotto. Adesso, che di anni ne aveva quaranta e che aveva dato alla luce l’erede di Faleria, aveva seppellito il marito e messo in riga decine di pretendenti alla sua mano, era ancora bellissima. I soldati dell’esercito rosso, per augurarsi di sopravvivere alle battaglie, solevano augurarsi di poter ancora ammirare il volto della loro regina. Inoltre era usanza che ogni soldato che lasciasse la Faleria, come simbolo di buona fortuna, andasse a posare una rosa rossa sotto la grande statua di rubino che raffigurava Lady Kirya. Quella statua era stata voluta da Victor Valente come dono alla sua sposa per la nascita di Loran. I maligni sostenevano che l’avrebbe distrutta con le sue mani, diversi  anni dopo, se solo avesse potuto considerando il gelo che era calato sulla coppia dopo la guerra tra la Doreria e la Faleria. I più vicini alla corte sapevano che la regina aveva fatto di tutto per convincere lo sposo che invadere la Doreria sarebbe stato un errore. In effetti la Faleria aveva vinto quella guerra, assumendo il controllo di tutta la via dei commercianti da Porto Oro fino al Crocevia ma aveva condannato per sempre la Faleria a vivere nel terrore che, un giorno, la vendetta dei cavalcatori di unicorni si sarebbe abbattuta su di loro.
Loran conosceva tutti gli innumerevoli pregi della madre e non aveva mai commesso l’errore paterno di non fidarsi del suo istinto.
“Perché sorridi ancora? Scommetto che c’è ancora qualcosa che non mi hai detto!” Kirya lo oltrepassò e raggiunse lo scrittoio. Sollevò un dispaccio che aveva il simbolo della loro casata.
“I nostri informatori ci dicono che solo cinque messaggeri sono partiti da Cattedra.”
“Uno diretto a Vetta Azzurra e uno qui, siamo a due. Uno avrà raggiunto le isole Maras. Tre. Il quarto si sarà diretto a Drasil, e il quinto? Possibile che l’abbia mandato a Torreterra?” concluse Loran rabbuiandosi.
“Vedi che hai ancora bisogno della tua mamma?” fece lei per fargli tornare il sorriso “Uno è andato a Vetta Azzurra, un altro alle isole Maras. Uno è venuto qui e siamo a tre giusto? Il quarto è andato a Varcoghiaccio.”
“Varcoghiaccio? A fare che?” La donna scosse le spalle e proseguì.
“Presumo in cerca di qualcuno che esprima il voto di Zarandal al gran consiglio. Anche se laggiù ci sono rimasti solo i lupi.”
“Il quinto avrà raggiunto di certo Drasil!”
“Ed è qui che ti sbagli. Si è diretto a Torreterra!” esclamò una Kirya raggiante con l’espressione di una bambina che abbia scoperto il nascondiglio di un barattolo di bottoni.
“Mi stai dicendo che Asaline ha deliberatamente ignorato Seifer? Non ha convocato il generalissimo al gran consiglio? Non ha invitato suo nipote?” Le labbra di Loran si allungarono in un sorriso provocatorio “Ora sì che questo consiglio si fa interessante! Quando Seifer saprà che la zia lo ha tenuto fuori da un consesso tanto importante, monterà su tutte le furie. Inoltre credi che si lascerebbe sfuggire l’occasione di misurarsi con l’imperatore?” La madre lo guardò, stavolta con un’espressione preoccupata.
“Seifer è molto pericoloso. Temo più lui di Aeris Strifen. Avvisarlo del consiglio, ti innalzerebbe ai suoi occhi poi però non ti lascerebbe modo di ingraziarti l’imperatore. Se questo piccolo Strifen fosse forte e nobile come il progenitore, forse non ci sarebbe necessità di tramare nell’ombra.”
“Ascoltami madre. Noi non diremo un bel niente a Seifer!” La donna gli prese le mani.
“Ne sei certo?” Lui sorrise e annuì.
“Le nostre informazioni sono nostre e basta. Se Seifer dubitasse qualcosa, noi gli diremo che davamo per scontata la sua convocazione. Viceversa, preparati madre e fatti bella come non mai perché, per la festa della Prima Luce, conoscerai l’imperatore!”
La donna mimò un inchino e accennò un passo di danza portandolo con lei fino al centro della stanza. A guardarli, ai più, non sarebbero sembrati madre e figlio. La loro intesa, il contegno di lui e la bellezza di lei, li avrebbe fatti passare per una coppia stranamente assortita. Kyria sapeva sempre come prendere suo figlio. Sapeva che, nonostante quello sfolgorante sorriso che mostrava a tutti in ogni circostanza, Loran era un ragazzo che aveva già sofferto molto per la propria età.
La sua infanzia era trascorsa all’ombra di un uomo che aveva cercato di negargliela in tutti i modi. Aveva passato intere giornate, agghindato di tutto punto, al fianco del Viceré durante consigli di stato e udienze di corte mentre tutti i figli dei nobiluomini di palazzo trascorrevano il tempo al caldo del sole della Faleria.
La sua adolescenza, invece, era stata segnata dalla guerra tra la Faleria e la Doreria. Una guerra che aveva lasciato solchi profondi nell’animo del ragazzo. Se altri portavano cicatrici sulla pelle, Kyria conosceva quale squarcio si fosse aperto nel cuore del figlio il giorno che la guerra era iniziata.
Poteva dirsi adulto ora? Sì, lo era divenuto per forza. Governava l’impero nonostante l’armata della mano delle Nazioni avesse un altro comandante, nonostante la religione di stato avesse una sacerdotessa come voce della verità, nonostante l’imperatore designato per successione fosse un altro ragazzo, nonostante i cavalcatori di unicorni della Doreria avessero giurato di ucciderlo, nonostante gli adepti di Norren facessero il possibile per creare disordini e lotte intestine e seppure le Isole Maras continuassero a reclamare l’indipendenza dalla Faleria.
Loran governava comunque. Teneva le redini di ogni questione ben salda. Se Aeris Strifen avrebbe avuto ancora qualcosa da ereditare il giorno del suo diciottesimo compleanno, il merito doveva essere riconosciuto al figlio. Ci avrebbe pensato lei a metterlo in chiaro.
Loran si fermò come se la musica nella sua testa fosse finita e parlò.
“Vorrei vestirmi madre, col tuo permesso.”
“Vado a vestirmi anche io. Ti bacio, figlio mio. Metti l’uniforme, ti sta d’incanto.” Disse lei chiudendosi la porta alle spalle.
Loran tornò verso lo scrittoio ripensando alle parole di sua madre. Uno dei messaggeri era andato a Torreterra? Dunque la sacerdotessa voleva Mars Hornet al grande tavolo nonostante fosse ormai un fuorilegge? Faceva sempre parte dei difensori di Aeria ma il suo regno era decaduto, il suo titolo divenuto solo un proclama altisonante e vuoto d’ogni valore. Era, a tutti gli effetti, un brigante. I cavalcatori di unicorni si erano dati alla macchia. Attaccavano carovane di commercianti faleriani al solo scopo di razziare. Vivevano col desiderio di vederlo morto, magari fatto a pezzi e impilato sulle picche di Torreterra.
Si toccò il collo anche se, in fondo, molte volte, aveva pensato che la morte gli avrebbe fatto meno male. Aprì il suo scrittoio e prese un piccolo ritratto. Decisamente la morte avrebbe fatto meno male.
Ripose la piccola cornice e andò verso il suo armadio. La divisa era bella. Non la toccò. Prese un pantalone nero e una blusa rossa. Se li infilò alla svelta e si affacciò alla finestra. Di sotto, nel giardino orientale, le fanciulle del suo harem facevano confusione ridendo e rincorrendosi tra loro in un gioco che lui non conosceva. Fissò la fanciulla dai lunghi capelli castani e dagli occhi verdi. Quando la guardava, un barlume di speranza si riaccendeva nel suo cuore e gli consentiva di andare avanti. Un altro giorno ancora.

Note dell'autrice: Benvenuti nel regno di Aeria. Che ne pensate, vi piace? Credo che, per voi, sia ancora un luogo misterioso. Intanto avete conosciuto Aeris, la figlia dell'Imperatore divenuta principe per ragion di stato, e i suoi amici più stretti. Avete incontrato Lady Asaline di Cattedra. Simpatica o antipatica? Scommetto che indovino. Avete conosciuto anche Mars Hornet, duca decaduto della Doreria che cerca la sua vendetta e il misterioso ragazzo che vive con gli uomini bestia... Infine, con questo capitolo, vi ho presentato il Vicerè... personalmente adoro Loran, è così bello! Allora? Avete ricevuto tutti il dispaccio di Cattedra, no? Vi aspetto alla prossima e ringrazio tutti coloro che hanno già letto, recensito, messo la storia tra le seguite o preferite.
Un saluto speciale va a Kira! A presto!

  
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