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Autore: Defiance    06/01/2015    5 recensioni
Steve, Capitano della squadra di basket amato da tutte le ragazze.
Natasha, capo-cheerleader amata da tutti i ragazzi.
Thor, il nuovo arrivato ‘bello e dannato’.
Loki, il fratello sfigato del ‘bello e dannato’.
Tony, il genietto della scuola.
Bruce, il secchione evitato da tutti.
Clint, il solitario che evita tutti.
Cosa succede se portiamo gli Avengers al liceo? E se fossero addirittura all’ultimo anno?
Leggete e lo scoprirete! Ne accadranno delle belle!
AU: tutti umani/normali. Genere: teen drama.
Avvertenze: Presenti anche Sharon Carter e Sam (Falcon), personaggi introdotti in CATWS. Personaggi secondari tratti da altri film Marvel (X-men, Spiderman).
Genere: Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: AU, Movieverse, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Lost Souls






Non riusciva a crederci.
La sua mente gli ripeteva in continuazione che il ragazzo in quella bara era davvero il suo migliore amico, ma il suo cuore si rifiutava di accettarlo.
Sentiva a malapena la mano di Natasha sulla sua spalla, gli sguardi torvi di Sharon che, piangendo a dirotto, cercava probabilmente di attirare l'attenzione su di sè piuttosto che di sfogare il dolore.
Tony e Pepper erano proprio accanto a loro, affiancati da Thor e una ragazza che non conosceva, probabilmente era la sua fidanzata; anche Banner, nonostante i suoi trascorsi con Bucky, si era presentato al funerale e c'erano persino Barton, Sif e Loki con Gwen.
Immaginò fossero lì per solidarietà, come l'ottanta per cento degli studenti presenti e che di Barnes in realtà sapevano ben boco; Peter Parker e Mary Jane, riprendevano il tutto con una videocamera: avrebbero sicuramente dedicato un intera pagina a quell'evento, sul prossimo numero del gionalino scolastico.
Strinse i pugni più forte che poteva; aveva un improvvisa voglia di colpire qualcosa, una rabbia incontrollata che esplodeva nelle sue vene... espirò profondamente, poi scosse la testa e si allontanò da tutti e da tutto, quasi come se pensasse che scappando, avrebbe reso meno reale l'accaduto.
Raggiunse a grandi falcate un vecchio campetto da basket abbandonato, dov'era solito giocare assieme al suo amico nel tempo libero, prima che le loro vite si incasinassero in quel modo.
Si accomodò su una panchina malferma, personalizzata dalle loro firme infantili e dalle frasi scritte almeno cinque anni prima: il nome di Natasha spiccava accanto al proprio e quello di Bucky. Aveva quasi dimenticato che c'era stato un periodo, in cui erano solo loro tre, inseparabili; prima che Barnes venisse corrotto da Sharon, prima che si montasse la testa e si tramutasse in una persona completamente diversa, prima che iniziasse a dare il tormento alla russa con l'unico scopo di portarsela a letto. 
Chiuse gli occhi e respirò a fondo; quando li riaprì, l'immagine di due quindicenni che giocavano a pallacanestro, soli, di notte, gli apparve davanti agli occhi.

Bucky indossava una maglietta che Steve gli aveva regalato per il suo ultimo compleanno, era la notte che precedeva il loro ingresso nel mondo del liceo.
"Magari tra cinque anni questo campetto non ci sarà più" commentò il moro, tirando il pallone verso il canestro.
"Sarebbe terribile. Ha qualcosa di sacro, questo posto" ribattè il biondo, impossessandosi della palla.
"Per noi. è qui che tutto è cominciato" precisò l'altro, andandosi a sedere sulla panchina più vicina a loro e sorseggiando dell'acqua.
L'amico gli si sedette accanto e lo imitò.
"Eri seduto proprio qui con Natasha quando ti ho visto per la prima volta. Era arrabbiata con Sharon perchè le aveva rotto una bambola che le aveva regalato il padre pochi giorni prima della sua morte e tu cercavi di farla smettere di piangere" 
"E ti sei avvicinato tu, assicurandole che gliene avremmo fatte avere dieci nuove" continuò Steve, sorridendo suo malgrado.
"è passato così tanto tempo. Tutto speso qui, su questo campetto. Prima di partire per il college dobbiamo venire tutti qui a salutarci. E a rivangare ricordi che la memoria avrà sicuramente accantonato a quel punto. Questo posto è come un tempio" Bucky si meravigliava dell'effetto che un semplice luogo poteva avere su di loro, di quanto potesse essere importante solo perchè ci erano cresciuti e ci si erano affezionati.
Era come se facesse parte del loro essere.
"Se le cose dovessero cambiare" cominciò il biondo, "verremo qui per ricordare a noi stessi chi siamo. Chi vogliamo essere. Cosa siamo sempre stati"
"Fratelli" precisò l'altro, battendo il pugno con l'amico, che confermò: "fratelli".


Steve ripassò con le dita una frase incisa quella stessa notte, con le chiavi del suo vecchio scooter: 'Till the end of the line'.
Riusciva ancora a sentire l'eco delle loro voci che suggellavano quella promessa, la promessa di una vita spesa l'uno accanto all'altro, fino alla fine; la promessa che evidenziava il loro legame, ma che negli ultimi tempi era venuta meno.
"Sarai sempre mio fratello, per me" mormorò, quasi come se sperasse che l'amico potesse sentirlo.
"Fino alla fine".


“Nat, dov’è Steve?” domandò tra le lacrime Pepper, stringendo l’amica in un forte abbraccio e permettendo poi a Tony di fare altrettanto.
“Non ne ho idea. Se n’è andato prima ancora che il funerale finisse… immagino non abbia retto” rispose la russa, la voce leggermente incrinata.
Natasha Romanoff poteva anche essere una delle persone più toste del mondo, ma, anche se erano anni che non andava più molto d'accordo con Bucky, gli era affezionata e la sua morte non l’aveva lasciata indifferente; in più, era dannatamente preoccupata per Steve, con il quale non parlava da due giorni. 
“Dovresti andare da lui, lo sai vero?” le sussurrò nell’orecchio Clint, facendola sobbalzare.
“Non credo voglia avere qualcuno attorno” asserì lei, cingendo il fianco del fratello e incamminandosi verso casa.
“Io penso che se c’è qualcuno di cui ha bisogno in questo momento, sei proprio tu” le fece notare il ragazzo, fermandosi proprio davanti a villa Rogers.
Per un momento, Natasha esitò; non sapeva come comportarsi, ma non poteva neanche fingere che non le importasse, così si decise a scendere dall’auto e a suonare al campanello.
Una volta che il cancello si aprì, congedò con un cenno del capo Barton, il quale si allontanò lentamente dalla casa.

“Clint! Clint!” lo chiamò una dolce voce, facendolo sussultare.
“Sif! Nat non è in casa” la informò senza neanche chiederle cosa ci facesse vicino casa sua.
“Immaginavo. Io... in realtà cercavo te. Avrei bisogno di un favore”
“Certo, dimmi” la invitò a parlare, corrugando la fronte.
“Mi servirebbero gli appunti di Xavier. Dico sul serio, se prendo un’altra insufficienza in scienze non recupererò più!” lo supplicò quasi, tant’è che Barton immaginò stesse per piangere.
“Vieni. Se vuoi posso anche spiegarteli” si offrì, invitando la giovane ad entrare.
Grazie a dio Natasha non è in casa, pensò il giovane, richiudendosi la porta alle spalle e facendo strada alla ragazza.

 
***

Natasha bussò piano contro la porta della camera di Steve, non ricevendo però alcuna risposta; allora decise di entrare anche senza essere stata invitata.
“Tua madre mi ha fatta entrare” mormorò non appena il biondo si voltò verso di lei per vedere chi si fosse addentrato nella sua stanza.
Tuttavia, lui non fiatò, anzi le diede nuovamente le spalle, così che alla fine la russa si diresse nuovamente verso la porta per andare via: era chiaro che non era affatto desiderata, Clint aveva torto.
“Nat” la chiamò proprio mentre stava per richiudere la porta, cosa che la fece arrestare.
“Resta. Per favore” disse soltanto, convincendola a fare dietrofront e a raggiungerlo sul letto.
Lo abbracciò in silenzio, sentendosi soffocare dal modo in cui lui si stringeva a lei, come se fosse l’unica cosa che gli permettesse di non crollare e Natasha non si sentiva all’altezza di un ruolo così importante nella vita di qualcuno, men che meno nella sua.
“Sono con te” sibilò la russa, accarezzandogli dolcemente una guancia; Steve alzò lo sguardo e le si avvicinò, posando delicatamente le labbra con le sue.
Era contento di averla al suo fianco, era contento di avere qualcuno su cui contare il quel momento; si sentiva così perso e terribilmente in colpa.
“Era il mio migliore amico” bisbigliò con le lacrime agli occhi, accasciandosi sul letto. 
Natasha sospirò, poi si stese accanto a lui e gli prese il volto tra le mani.
“Bucky sapeva che gli volevi bene, Steve. Lo ha sempre saputo, non importa quanto foste arrabbiati. E poi, non credo tu gli abbia mai fatto alcun torto” sussurrò continuando ad accarezzarlo.
“Il semplice fatto di aver così tanto bisogno di te è un torto verso di lui, Nat, non lo capisci? Era innamorato di te… da anni… il punto è che potrei dire lo stesso di me e io non riesco… io non posso lasciarti andare” la interruppe il biondo, scostandosi bruscamente da lei e portandosi le mani sul viso.
“Allora non farlo” asserì la giovane, posando una mano sulla sua spalla.
“Sono abbastanza certa che lui volesse vederti felice” aggiunse, prima di uscire dalla stanza in silenzio.

 
***

Sif ascoltava Clint in assoluto silenzio, mangiucchiandosi il tappo della penna.
“E questo è tutto” concluse lui, richiudendo il libro e stiracchiandosi.
La ragazza lo scrutò per qualche secondo, corrugando la fronte e socchiudendo gli occhi.
“Che c’è?” le chiese, turbato da quello sguardo da psicoanalista.
“Niente” si difese lei, alzando le mani per aria, “è solo che sembri sempre così tranquillo. Non hai mai paura?”
“Paura di che?” 
“Di fallire. Di non essere all’altezza…” precisò la mora, senza distogliere lo sguardo dal giovane; era dannatamente sfacciata.
“Beh, non esattamente. All’inizio avevo paura di Natasha, però. Sembra quel tipo di persona che potrebbe spararti a sangue freddo se solo facessi un passo falso” la buttò sul ridere Barton, facendo sorridere anche la fanciulla.
“Beh, magari lo sono” asserì una gelida voce alle loro spalle.
“Nat” la salutò lui, un’espressione colpevole in volto.
“Il coach Fury mi ha detto di riferirti che se salti un altro allenamento ti sbatte fuori dalla squadra” disse la Romanoff, scomparendo poi nella sua stanza.
“Sbaglio o è di pessimo umore?” commentò Sif, inarcando un sopracciglio.
“Natasha è sempre di pessimo umore” confermò Clint, invitando poi la giovane ad andare a prendere un gelato.

 
***
 
Una settimana dopo

“Nat? Sei a casa?” la chiamò il fratello, sorprendendosi tuttavia di non ricevere alcuna risposta.
I loro genitori erano ancora a Londra e lo sarebbero stati sino alla fine delle vacanze, mentre lui era tornato prima per il funerale di Bucky e per dare sostegno alla sorella.
Aprì lentamente la porta della camera di Natasha, per accertarsi che lei non fosse davvero in casa, - cosa di cui comunque ebbe conferma -, ma il suo sguardo venne attratto da un piccolo contenitore all’interno del comodino della ragazza.
Nessun altro lo avrebbe notato e non lo avrebbe fatto nemmeno lui, se non avesse avuto la straordinaria vista di cui era dotato; un piccolo scatolo, che Clint conosceva molto bene.
Si trattava degli antidepressivi prescritti a Natasha dopo l’incidente; sapeva che li prendeva ancora, ma con meno frequenza… eppure quel pacco lo aveva acquistato solo una settimana prima ed era quasi finito.
Non gli ci volle molto per capire cosa stesse accadendo: la Romanoff non se l’era passata molto bene in quel periodo e come se non bastasse c’erano gli esami di mezzo... doveva capire se la sorella usasse in maniera controllata quei medicinali o meno.
Si chiuse immediatamente nella sua stanza, poi compose il numero di Steve e lo chiamò.
“Pronto?”
“Se ti chiedessi di scoprire quanti e quali farmaci tua madre prescrive per Natasha, potresti farlo?” andò dritto al sodo Barton, lasciando molto perplesso il Capitano.
“Dammi un secondo. Mia madre appunta tutto. Ecco qui, sì le ha prescritto degli antidepressivi… una settimana fa. Dice che deve prenderne uno, due massimo al giorno… Clint che succede? Credevo che Nat stesse bene!” esclamò il biondo, ora seriamente preoccupato.
“Credo che tu debba venire da me” convenne l’altro, mentre udiva già la porta di casa Rogers sbattere.




Angolo Dell'Autrice
Allora. Non avrei dovuto aggiornare oggi, ma mi sono
ammazzata per farlo, principalmente perchè spero di 
farmi perdonare per la morte di Bucky ed in secondo 
luogo perchè era l'ultimo giorno di vacanza e sicuramente
non sarei riuscita ad aggiornare prima di sabato.
Spero tanto che il capitolo vi sia piaciuto,
ho voluto fare un piccolo tributo anche a Bucky, perchè anche
se in questa storia è stato un po' cattivello, l'ho scritto più
volte, non è sempre stato così e volevo che aveste un assaggio 
di ciò che era.
Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va.
Alla prossima,
Bell :)


  
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