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Autore: Holly Rosebane    08/01/2015    3 recensioni
«Cosa ti fa anche lontanamente pensare che io possa fidarmi di voi? Voglio dire, mi hai guardato? Hai presente la tua notorietà all’interno del campus? Siamo come due linee parallele. Andiamo lungo due percorsi differenti», spiegò Harry, con fermezza.
«In geometria descrittiva», disse allora Zayn, «due linee parallele s’incontrano. All’infinito».
«E si da il caso che Juliet sia “l’infinito” che faccia per noi», aggiunse Niall.
«Ma perché volete aiutare proprio me? Non ci siamo mai parlati in tutto l’anno…» riprese Styles, ma Louis alzò una mano, zittendolo.
«Sono…» altro calcio. «Siamo», sibilò allora, incenerendo Liam con lo sguardo, «convinti che sotto tutta questa robaccia nerd, ci sia del materiale notevole. E raramente ci sbagliamo», concluse. Esibendo uno dei suoi allegri sorrisi contagiosi con retrogusto di pazzia latente.
«Non mi farete fare cose umilianti, nudo nel bagno del campus… per poi mettere il video su YouTube e indurmi al suicidio, vero?»
Genere: Comico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Third Shot




"Essere sosia è qualcosa che si desidera," spiegava Pereira, "te l'ho detto cento volte. La somiglianza è un atto di fede, come avrebbe detto il tuo gesuita. Ho voluto che tu mi assomigliassi, tu hai voluto assomigliarmi, ci siamo assomigliati, ecco tutta la nostra storia... non c'è il minimo spazio per la tua innocenza, in tutto questo." 
DANIEL PENNAC
 

 
 
 
Di nuovo lunedì, ore 10.10
 
 
Harry uscì in giardino, stringendo fra le mani il diario che Juliet aveva dimenticato in aula qualche ora prima. La ritrovò seduta su una panchina, assorta nei propri pensieri, mentre fissava un punto imprecisato del prato sottostante. Pensò bene di raggiungerla e, quando le fu abbastanza vicino, le tese l’oggetto. In silenzio. Lei alzò lo sguardo, focalizzando prima il parallelepipedo e poi la mano che glielo porgeva. Dunque, il volto nascosto da pesanti e spessi occhiali dalla montatura passata e quei capelli tristemente tirati a lucido dal gel. Allora sospirò, insofferente.
«L’avevi lasciato dentro, sai… prima…» cianciò Styles, mentre lei si riappropriava di ciò che era suo, con aria paurosamente annoiata. Il ragazzo si sedette accanto a Juliet, con evidente imbarazzo. Stringeva le spalline dello zaino a disagio, cercando il coraggio di rivolgerle la parola, per interrompere il grave silenzio. Stava per dire qualcosa, ma la giovane era già scattata in piedi, imboccando il sentiero all’interno del giardinetto. Lontano da lui.
Harry non poté far altro che osservare la sua figura di spalle rimpicciolirsi mano a mano per effetto della prospettiva, per poi sparire dal suo campo visivo. Dunque, si lasciò sprofondare sulla panchina, coprendosi il volto con le mani. Possibile che gli esseri umani fossero così… ciechi?

 
 
 
 
Ore 12.10
 

«...E mi ha fantasticamente evitato, capisci? Si è alzata e se n’è andata!»
«Amico, se non ti rispettassi, starei già per terra a rotolare dalle risate».
Harry sospirò con aria triste, di fronte al suo sandwich al tonno con patate, nella caffetteria dell’università. Zayn Malik stava facendo degli sforzi evidenti per non scoppiare a ridere, mentre Louis Tomlinson girava con il cucchiaino lo zucchero di canna nel suo caffè con un goccio di latte. Era sorprendentemente serio e assorto, la filosofia della perfetta mistura con cinque giri in senso orario e cinque in antiorario non c’entrava molto. Aveva ascoltato le parole di Harry fino alla fine, elaborando con calma il tutto. In quel momento, Niall e Liam erano ancora a lezione, li avrebbero raggiunti solo da mezzogiorno e mezza in poi.
«Stasera devi tornare in discoteca, Harry. Come l’altra volta», sentenziò allora Louis, posando il cucchiaio nel piattino con un lieve tintinnio. Sorbì la sua bevanda con aria solenne, mentre il diretto interessato contorceva i suoi bei lineamenti facciali in una brutta smorfia di terrore e indignazione.
«Che cosa?! Assolutamente no! Io ho chiuso con l’altro Harry», esclamò, tignoso. Zayn sbuffò.
«La pianti di chiamarlo “altro Harry”, Styles? Eri… o meglio, sei, sempre tu!»
«E invece no! Non avrei mai lasciato una ragazza sola in mezzo ad una strada di notte, se fossi stato veramente io!»
«Accidenti, ma c’eravamo noi, con lei! È da sabato che insisti su questa storia, non è successo niente di male», si giustificò Zayn, passandosi una mano fra i lisci capelli corvini fonati verso l’alto. Dopo quella performance in cui Dio solo sapeva cosa era riuscito a far tramutare Harry da sfigato anatroccolo a fascinoso bastardo, erano andati tutti e cinque in un pub a tirare le somme della serata.
Niall aveva assicurato che la ragazza era cotta a puntino e che lui era stato magnifico. “Un’interpretazione degna di Oscar, quello che Leonardo Di Caprio non avrebbe mai avuto”, come aveva amato definirla Louis. Styles aveva sollevato tutta una serie di questioni sul suo discutibile atteggiamento da menefreghista tendente al misogino, ma erano state affogate in traboccanti bicchieri di cocktails più o meno analcolici. Poi, quasi come fosse stato un sogno, quel ricciolino dall’aria sbattuta e maledetta era sparito. Un po’ come tutti gli acquisti che Louis aveva fatto in quel famoso pomeriggio: accantonati sotto il letto.
«Sai, io però non capisco perché tu ti ostini a girare ancora conciato così», riprese Tomlinson, di punto in bianco. «Ho speso una fortuna per rifarti il guardaroba -non che mi sia pesato-, ma tu indossi ancora queste schifose magliette insipide», seguitò, sciogliendo con lo sguardo quella sgualcita t-shirt che lui definiva “pezza vecchia” indossata da Harry. Il ragazzo si strinse nelle spalle.
«Non lo so, non sono ancora pronto a cambiare radicalmente. Vorrei che Juliet mi riconoscesse anche così», rispose, stringendosi nelle spalle. Non gli sembrava giusto ingannarla a tal punto. Il fatalone della discoteca era una copertura, una maschera pirandelliana che nascondeva ben altro, al di sotto. Ed era corretto che lei lo sapesse. O almeno che ci arrivasse con la logica.
«Ascolta, stasera farai un ultimo tentativo. Vedila così», propose Zayn, agguantando il sandwich al pomodoro che Harry aveva lasciato intatto per metà sul piatto dinanzi a sé.
«Prego, fai pure», commentò, osservando con cipiglio infastidito il rapido gesto felino con cui il ragazzo prendeva il tramezzino.
«Scusa, ho fame… e tu non sembravi volerne più», biascicò, con la bocca piena. Il giovane lo liquidò con un cenno del capo.
«Ha ragione Malik, Sheldon» lo appellò Louis. «Stasera è l’ultima. Dopodiché, o lo capisce o lo capisce», concluse, aprendo entrambe le mani sul tavolino della caffetteria.
«E adesso scusatemi, ma ho un certo affare da sistemare con il Nuovo Manuale dell’Architetto», disse, alzandosi e scostando la sedia che grattò sonoramente il parquet. Uscì dalla caffetteria, lasciando qualche spicciolo per pagare la sua ordinazione accanto al piattino da caffè.
«La nuova aiuto-bibliotecaria. Ha un debole per le intellettuali», spiegò Zayn, pulendosi le dita su una salviettina di carta monouso.
«Forse perché sono il suo opposto», convenne Harry, pensieroso.

 
 
 
 
Ore 0.15
 
 
Il giovane che fissava lo specchio aveva una luce insicura nelle fredde pupille verde oceano. Come se stesse compiendo una decisione difficile, con la quale avrebbe cambiato il proprio futuro. Sistemò il colletto della sua camicia bianca e inamidata, come a volerne rendere ancora più giusta la piega già di per sé impeccabile. Afferrò la giacca rossa, stringendola con l’indice per un lembo e adagiandosela sulla spalla con charme, il tutto sempre fissandosi allo specchio. Come un attore che controlla la propria gestualità ed espressività poco prima di registrare una scena importante. Sospirò, chiedendosi a cosa l’avrebbe portato una serata del genere.
Si volse, osservando gli abiti smessi accuratamente piegati sul letto. La maglietta sgualcita, i pantaloni datati e i mocassini sul pavimento. Tutto perfettamente ordinato. Quasi un sinonimo del suo stesso essere. Semplice, un po’ logoro, anonimo e… normale. Poi pensò a com’era in quel momento e a cosa stava indossando. Ricercata camicia di marca. Pantalone dalla piega perfetta. Giacca rossa impeccabile.
Vivo.
Pulsante.
Sensuale.
L’esatto opposto.
Era duplice ed unico allo stesso tempo. Styles di giorno, il misterioso uomo senza nome di notte. Però, quella sarebbe stata la sua ultima serata. Era ben deciso a mettere la parola “fine” alla vita del suo alter ego. I due capi opposti del filo dovevano ricongiungersi in un’unica circonferenza.
 Con quella consapevolezza, il giovane uscì dalla sua camera, spegnendo la luce. Agguantò il mazzo di chiavi nello svuota tasche all’ingresso e si tirò dietro la pesante porta che si chiuse con un rumore secco. Sentendo una marea di invisibili fili che gli legavano testa, polsi e caviglie rompersi e frammentarsi in mille scintillanti pezzetti.

 
 
 
Ore 0.30
 
 
Juliet sedeva con aria svogliata al ripiano bar, tenendo sotto gli occhi la massa di giovani che danzavano ondeggiando in pista. Nonostante la gran quantità di corpi, avrebbe potuto riconoscerne uno fra centinaia. Ed erano due giorni che lui non si mostrava da quelle parti, lasciandola sola a languire, struggendosi la mente di domande e lo spirito di tormentato desiderio.
Proprio quando stava per mollare tutto e tornarsene a casa, vide una familiare testa riccia aggirarsi con lentezza al centro della pista. Si muoveva piano, quasi come se stesse cercando qualcuno o qualcosa. D’impulso, Juliet balzò in piedi e si fece largo fra la calca, raggiungendolo con tormentata consapevolezza. Quando gli fu dinanzi, non ebbe nemmeno il tempo di salutarlo o scambiare qualche convenevole. Le sue dita corsero fra quei morbidi ricci, stringendoli piano e gentilmente, attirando il suo volto al proprio, mentre le mani di lui le circondavano la schiena con tocco sicuro, azzerando ogni distanza. Il lento bacio che si scambiarono valse più di ogni parola gettata a caso.



Nota: dipendere non dal proprio modem è qualcosa di fuorviante. Perdonate il lungo ritardo, ma io son sempre vittima della tecnologia (con calma risponderò a tutte le vostre recensioni, il tempo di riavere Internet come si deve). Ora, veniamo al punto! Questo, dear people, è l'ultimo atto della nostra storia. Manca solo l'epilogo e sarà completa. Non vi nascondo che sia stato uno dei più divertenti viaggi letterari che abbia mai creato e che l'Harry di questa vicenda mi è stato davvero molto a cuore, al pari di Louis (non ammetterò mai di essermi ispirata ad Enzo Miccio, per il suo carattere, e voi non lo saprete di certo... anche se l'ho appena detto)!
Ciò detto, non mi resta che aggiungere il penultimo pezzo del puzzle anche a The Paper Boy, rassicurandovi tuttavia sul materiale nuovo che vedrà la luce in questi giorni. Intanto, vi allego già il link per la nuova long sui 5 Seconds of Summer che ho appena postato e... grazie, come sempre, per il sostegno e per avermi accompagnato anche durante la mia assenza! Ci sentiamo nell'altra storia!



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