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Autore: Heart    09/01/2015    2 recensioni
- Ti va di divertirci insieme, una cosa veloce - disse, scandendo le parole “divertirci” ma per chi mi aveva preso?
- Fottiti! - allontanai la sua mano e cercai di uscire fuori da quella situazione.
- Mi piaci - , come cavolo sentivo la sua voce nella mia testa? Questo si chiama incantesimo della mente, forse stavo farneticando e i migliaia di libri che avevo letto a proposito mi avevano fumato il cervello? Mi girai e lo trovai ancora fermo, adesso i suoi occhi assomigliavano a un leone che analizza la strategia migliore per uccidere la sua preda; quel ragazzo era strano e io ero curiosa come una pazza a scoprirlo anche se da un lato del mio cervello mi diceva di scappare e lo stavo facendo e come!
[Questa storia è residuo di un sogno, spero di caratterizzare il tutto bene e di far comprendere la vita solitaria e la sofferenza della protagonista. Comunque non sarà solo romantica ma anche con un pizzico di sovrannaturale. Buona lettura]
Genere: Erotico, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
Capitoli:
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Il blu del cielo era favoloso, la voglia di stendermi sul terrazzo e fissarlo era incontrollabile. Però, il freddo mi faceva ricredere.

 Eravamo in pieno inverno. 

In Sicilia, il clima non era così rigido come al nord, ma non potevo fare una cosa del genere, il raffreddore non lo volevo, nemmeno morta. Avere costantemente un fazzoletto in mano per il naso gocciolante e chiuso, e non ne parliamo della gola che  faceva stare a digiuno per giorni, perché non potevo ingoiare. Da evitare! Mi bastava e avanzava l'allergia, che mi colpiva per tre mesi! Lì ero spacciata! Che pensavo che non mi nuocesse? Tutti, in famiglia ne avevamo una, mamma, ne aveva ben tredici o forse di più.

La pentola stava iniziando a bollire, sperando che quella volta le uova venivano buone, sennò chi la sentiva mia madre? 

La noia, mi stava mangiando viva. Quanto era bello il momento delle vacanze, giocare, ridere, distrarsi. Tuttavia non poteva essere sempre festa, si doveva ritornare alla vita di tutti i giorni.
Accesi la tv, purtroppo non trasmettevano nulla di che, ad un certo punto su Rai Gulp, si presentò un cartone animato senza senso. Mi chiesi che cosa avevano in testa i produttori. Per loro i bambini erano macchine? Ai miei tempi, si che c'erano cartoni significativi, dove c'era una morale e  valori, come piccoli problemi di cuore?  Miki e Yuri, oh Dio! Non li potevo più di vederli... Crystal non era del mio stesso parere. Poi Sailor Moon, la paladina della giustizia, quella che era imbranata e stupida... quante risate, e poi Pokemon, mi chiedevo per quanto sarebbe andato avanti. Eravamo arrivati alla dodicesima serie o forse di più? Ash. Il protagonista aveva sempre dieci anni? Ma dai un poco di logica. Comunque si era capita, l'antifona.

Mi guardai allo specchio, e mi specchiai nel suo riflesso.

Non ero né un alieno né un mostro. Né una strega né una fata come le Winx, forse l'aggettivo perfetto era: pazza, folle, unica?

Vedevo una ragazza che non sapeva che ruolo avesse in quella vita, che sbagliava di continuo e  piangeva in silenzio, senza chiedere aiuto a nessuno. Ricucivo le mie ferite con coraggio, ma  dopo, mollava tutto.
Alle volte, i lunghi capelli castani mi davano quel senso di protezione, di scudo. Gli occhi piccoli del medesimo colore erano nascosti dalla frangia. Non mi sentivo un granché, ma solo un corpo senza anima.
Ma dai, a chi volevo far ridere?
Ciò che vedevo, era solo lo sguardo spento e triste, che si distruggeva con i suoi pensieri macabri.

Ciò che vedevo era: una ragazza, che non sapeva nulla del mondo esterno, che non si era mai innamorata, anche se, aveva un sacco di ammiratori.
Avevo una voragine al petto e non riuscivo a riempirlo e questo mi dava una sensazione di oblio.

- Sì. Stasera lo faremo comunque, non ti preoccupare, lo monterò anche questa notte. Ti ho detto che ci riusciremo, perché devi fare mille domande?  -affermai, mentre parlavo al telefono con Crystal. Oggi era sabato, finalmente. Ci stavamo organizzando per la serata, i nostri amici volevano andare a ballare e a me non mi andava per niente, alla fine si sarebbero ubriacati e tanti saluti.

Crystal stava cercando di convincermi, ma era tutto inutile.

- Su, dai, fallo per me. Ogni volta mi dici di no. 

- Ma scusa, hai il ragazzo, chiedi a lui, no? 

-Jessy, sai che Andrea mi rompe le palle. Sai benissimo, com'è fatto. Per lui devo stare ferma in un angolo a guardare gli altri ballare ... se invece ci sei tu, mi lascerà andare- recitò come una preghiera. 

Infine acconsentii.

-  Oh sono così felice! - esclamò tutta euforica. Santa pazienza.

- Lo faccio solo per te e non per lui. Comunque devo staccare, mi chiamano a dopo. - chiusi la chiamata e mi avviai per le scale.

Mi sentivo nuova. L'acqua calda mi rigenerava, soprattutto dopo essere stata al polo nord (la mia camera), perché non avevo la stufa come tutti gli altri? Sogno irrealizzabile, la mattina era un'impresa alzarmi. Il gelo mi catturava all'istante, arrivavo al secondo piano con i denti che battevano. Che cosa assurda!

Erano passate due ore da quella chiamata e Crystal non mi aveva riempito il telefono di messaggi. 

Quella volta Dio non mi aveva benedetto, poiché mi ritrovo a fare la mummia in un angolino del locale. Non ero per niente normale! Come si faceva, a rimanere ferma come una statua su una poltroncina più scomoda del pavimento? Sembrava, che al posto dell'imbottitura ci fossero dei sassi. Guardavo, Crystal, che stava ballando con Andrea. Il ragazzo non perdeva tempo a metterle una mano sul culo e lei si agitava ancora di più. Stavano limonando? Davanti a tutti? Beh nessuno li guardava, eccetto io.  La gente ballava, si scatenava. Beveva. Filtrava. Ed io che combinavo? Me ne stavo ferma a pensare a niente, perché non mi univo a loro, cosa mi fermava? Ero una idiota, punto e basta.

Una lacrima mi sfuggì, sentii il suo sapore sulle labbra. Ero inutile. Servivo a niente.

Abbassai gli occhi e guardai il bicchiere mezzo vuoto, la vita faceva schifo.

- Ciao - mi voltai e mi ritrovai gli occhi di Kaname che mi squadravano dalla testa ai piedi, il suo sguardo si soffermò sul mio seno e questo mi dava un grande fastidio. Mi misi dritta e assunsi il mio sguardo di ghiaccio.

- Ciao - risposi girandomi dall'altra parte a fissare qualcos'altro.

Peccato che non c'era un bel niente.

- Non ti hanno mai detto che è maleducazione girarsi, mentre qualcuno ti parla? - mi ammonì lui con un sorriso. 

- Poco importa. Non hai altro da fare? Sono impegnata -urlai per farmi sentire. Ero la sola che quando c'era musica non capiva un tubo!

- Non mi hai ancora detto come ti chiami?- mi chiese, mentre accavallava le gambe. Lo guardai da sott'occhio, i suoi movimenti erano così sensuali e.. Jessica ritorna e non perderti nel tuo mondo meraviglioso.

- Fatti prestare il potere di Edward Cullen -l'ammonii con fermezza, mentre mi alzai scocciata.

- E chi sarebbe costui? -domandò, mentre puntò i suoi occhi nei i miei.

- Mai, sentito, della saga di Twilight ? -risposi. Lui mi fissò, si mise a ridere.

- No, illuminami. Lo sai che sei davvero simpatica, ti preferisco così che fredda come un ghiacciolo -mi riferì, mentre rideva con eleganza.

- Meglio un ghiacciolo che un gelato sciolto no? -mi alzai e lui mi guardò interamente. Il corpo bruciava e i brividi non mi mollavano. 

Che cosa voleva da me? Perché non mi lasciava andare?

- Un gelato sciolto? -domandò confuso. Credevo che mi avesse capito invece... Come diavolo  ce lo facevo capire, che intendevo quelle che aprivano facilmente le gambe? Dai, Jessy, inventati qualcosa. Accidenti! Non mi veniva nulla.

- Niente lascia stare. -mossi un piede e poi l'altro, dovevo andar via, fuori.

L'aria fresca mi rinfrescò, e per un secondo mi sentì di nuovo in me. Affondai i piedi nella sabbia e mi avvicinai al bagnasciuga. (Per fortuna la discoteca era vicino al mare). 

Il mare era illuminato dalla luna calante , le piccole onde lasciavano le loro impronte sulla spiaggia. Che tranquillità, tutto l'incontrario, la dentro.

Le orecchie ronzavano, peggio di avere una zanzare nei dintorni.

Mi incamminai e quasi toccai l'acqua, ma non volevo. La sabbia si sarebbe appiccicata sulla suola e poi Andrea mi avrebbe fucilata.

Alzai lo sguardo al cielo e lo ritrovai blu notte, le stelle erano così luminose e calde, mi veniva voglia di toccarle. Un dolce venticello, mi mosse i capelli e alcune ciocche mi oscurano la visuale, bastò un attimo che tutto ritornò normale con qualcuno dietro di me.

-Non è prudente che una ragazza stia fuori sola - parlò. Lo lasciai perdere, dovevo stare tranquilla, eravamo vicino alla discoteca, anche se aveva ragione.

Il cuore iniziò a capitolare nel momento in cui il suo braccio sfiorò la spalla, scattai in avanti e me lo ritrovai di fronte. Era un ragazzo fantastico non c'era nessun dubbio. I suoi occhi mi attraevano come due calamite e poi le sue labbra. La sua voce, aveva qualcosa di così dannatamente erotico, altro che Christian Grey, ne faceva mille. Il suo profumo assomigliava a quello del tiglio, calmo e confortevole ma anche con una spruzzata di menta che dava forza e energia.

Ero sempre stata brava a sentire i profumi, anche se, a volte non riuscivo a riconoscerli, ma li memorizzavo. Mi sentii leggera come se lui fosse una colonna portante, mi volevo lasciar andare, ma nel momento in cui tentai di slacciare i muscoli, lui mi sfiorò il viso e con quel gesto mi ritirai.

Il suo sguardo da predatore, si trasformò in un gatto offeso ed esasperato.

Mi dispiace caro mio, ma non sarò una delle tue facile prede.

Kaname

Gli unici rumori che sentivo era la musica e il mare. La stavo guardando da almeno cinque minuti e non avevo nessuna intenzione di staccarle gli occhi da lei.

Non avevo messo in calcolo un rifiuto, abituato ad ottenere tutto, anche la minima cosa.

La vedevo per quella che era: una ragazza dal carattere forte e rigorosa, dal corpo formoso e bello, dal seno abbondante, dal sedere perfetto. Le avevo fatto già un pensiero quella sera, la prima che l'avevo conosciuta. La mia mente da uomo si era messa subito in funzione e non solo, anche il corpo. L'adrenalina di averla anche per pochi istanti, mi stava facendo impazzire, invece lei mi rispondeva per tutte le rime del mondo, inventando nomi o cose che non avevano nessuna logica.

Non la smettevo di fissarla, notavo il disagio e forse anche  imbarazzo, ma era questo, il mio scopo. Far cadere quella stupida maschera che indossava, perché da quello che avevo visto, non era così fredda, tutt'altro.

Con la sua amica parlava normalmente e l'avevo sentita anche ridere, era la solita ragazza solare e simpatica. Allora, perché di questo picco, quando parlava con me? per caso, aveva qualche problema con i maschi? 

All'improvviso lei si voltò e mi diede le spalle. Anch'io cambiai direzione per fissare una scia luminosa nel cielo. Sembrava una stella cadente, ma di solito erano velocissime. Quella cosa stava scivolando lentamente sull'atmosfera, lasciando scie luminose.

- La cometa. 

La sua voce uscì piano, ma la sentì ugualmente; il tono era cambiato diventando più fanciullesca, mi sorpresi di quella trasformazione.

- Oh, che bella, non credevo di poterla vedere -commentava tutta euforica, che cosa c'era di così sorprendente?

- Come si chiamava? -disse più a se stessa che a me. 

Alla fine sbottò soddisfatta.

- Cometa Love jot o Lovejoy? -affermò perplessa.

- Lovejoy -confermai, mentre fissavo sia lei e la cometa.

- La rivedremo tra dieci mila anni -disse, sognante.

- Non mi importa.  

- Ecco, di cosa parlavo! Tu, sei, uno che non fa caso a queste piccole cose. Voi uomini sapete pensare solo a una cosa! -esclamò puntando i pedi nella sabbia.

- E voi donne a cosa? -mi arrabbiai, per quell'attacco che non capivo il motivo. Mi avvicinai a lei, cercando di toccarla, ma lei ribatté nuovamente.

- Fatti nostri! E lasciami stare.

- Ti voglio far compagnia non posso?- domandai, vedendola spostare.

- No! Che cosa vuoi da me? Non sono disposta per ciò che hai mente - disse forte e chiaro, ma non mi demoralizzai e riattaccai.

- E che cosa voglio? -dissi malizioso.

-Non sarai così pudica, da non saper dire ciò che la tua testolina  ha già pensato? Dai, non dirmi che non sai nulla del mondo, perché non ci credo, siamo tutti abbastanza grandi e vaccinati. Ho capito, sei una verginella! Se vuoi, sono disposto a farlo io - parlai con calma. 

- Parlare con certa gente, a volte è inutile. Mi sembravi più intelligente, invece, sei come tutti gli altri - mi freddò con poche parole.
- Adesso scappi? Ti ho colpito dritta dritta ... -affermai con cattiveria, dopo essermi ripreso da quell'attacco.

-Non sto scappando, sto solo ... che cazzo te ne frega a te. Addio! -mi lasciò solo, mentre i suoi occhi si posarono sulla cometa.

- * Jigokuniochiru.

Jessica

Perché mi sentivo così male? Avevo solo dato una risposta. Mi faceva male lo stomaco, forse era il nervosismo. Ce n'era gente idiota in questo mondo e lui ne faceva parte.

Mi allontanai dalla spiaggia e trovai Crystal e Andrea discutere, non ci feci caso e mi sedetti in quel sottospecie di poltrona.

- Ma dove eri? -mi domandò lei con rabbia. Ma che cazzo! Non ero la valvola di sfogo di tutti.

- Fuori - dissi, tenendomi nello stomaco le parole che volevo vomitare. Ecco perché non mi piacevano le discoteche, trovavi sempre il bastardo di turno.

- Andiamo, per stasera ne ho abbastanza - mormorò Andrea.

Ci allontanammo dalla discoteca e indicai a Crystal la cometa, ma lei mi dava poco a parlare il suo sguardo era lontano di sicuro avevano litigato. Il viaggio era stato silenzioso. Arrivammo a casa per le quattro e salimmo subito in camera. Crystal si buttò sul letto e dopo un secondo iniziò a piangere come una fontana, mentre facevo un lungo respiro e mi avvicinai. Le accarezzai la testa lentamente e poi chiesi la famosa domanda.

- E' un bastardo! Cretino, stupido!  -urlò.

- Che ha combinato questa volta? 

- Era andato a prendere da bere e nel lasso di tempo che è mancato, un ragazzo, mi si è avvicinato, non ho visto il suo viso, ha iniziato a strisciarmi addosso con costanza, ero un poco brilla e non mi sono accorta che non era Andrea. Lo so che può risultare stupido, ma l'alcol è una brutta cosa. Andrea, quando ci ha visto ha subito pensato al peggio e ha strappato le braccia del ragazzo che ci stava provando con me- riprese fiato e continuò -gli ho spiegato, che non lo avevo capito, ma lui nulla. Alla fine lo preso in disparte e l'ho baciato.

 La guardai, mentre singhiozzava e pensavo tra me e me: accidenti a te, quando bevi, non capisci più nulla! E  davo ragione ad Andrea? 

E ci credo, perché non voleva mai venire in quei posti affollati: qualcuno poteva rubarla, com'era successo quella notte.

-Su, domani ne parlerete con calma. Adesso a letto. Buona notte Cri. -ci salutammo e me ne andai a letto. 

Forse il mondo aveva iniziato a girare all'incontrario? Perché non riuscivo più a capire più nulla.


 

Nascere era facile, ma vivere la vita era difficile.
 

 

  
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