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Autore: eliseCS    09/01/2015    2 recensioni
"Certo che quel tatuaggio è proprio forte!"
"E tu chi diavolo sei?"
***
"E quindi pensi che io appaia agli altri come un bullo?"
"Forse sì... forse no... [***] O forse potresti semplicemente sembrare un babbano ignorante..."
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Ecco cosa succede quando qualcuno (io) si mette a pensare che qualsiasi cosa sarebbe meglio che continuare a studiare... Prende un foglio bianco (possibilmente a quadretti) e comincia a scrivere, senza avere la più pallida idea di quello che salterà fuori...
Buona lettura!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Astoria Greengrass, Draco Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
- Questa storia fa parte della serie 'La ragazza e il Mangiamorte'
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Allora... qualche parola prima di lasciarvi alla storia...
Innanzitutto non so bene da dove sia saltata fuori questa one shot, visto che al momento sono impegnata a scrivere tutt'altro...
Punto secondo: vorrei chiarire che solitamente sono una grande fan delle dramione, ma per stavolta ho deciso di fare un'eccezione.
Diciamo quindi che mi sono immaginata un 'primo incontro alternativo' tra Draco e Astoria: i due non sono stati a Hogwarts insieme (almeno non per molto) per motivi (da me inventati) che capirete leggendo, per cui non si riconoscono subito.
Volevo anche precisare che, per come l'ho pensata io, Astoria all'inizio non capisce che quello di Draco è il Marchio Nero per il semplice motivo che non l'aveva mai visto (oltre per il fatto che pensava che Draco fosse un babbano...)
Se c'è qualcos'altro che non vi torna (cosa molto probabile) chiedete pure :)
Spero vi piaccia,
buona lettura!






____COME UN BABBANO IGNORANTE____

 
 
 
 
Le era sempre piaciuto smaterializzarsi a caso, senza pensare a una meta in particolare, in modo da poter restare più o meno stupita dalla destinazione stessa.
L’unico vincolo a cui pensava era: posto deserto.
Ormai era ritornata in Inghilterra da più o meno due settimane, ma di certo non si era data da fare per conoscere qualche suo ‘simile’, anzi…
Intanto, appena aveva potuto se l’era svignata dal maniero che un tempo, alcuni anni prima, aveva chiamato casa, per non dover sopportare di dover stare sotto lo stesso tetto dei suoi genitori, i quali ovviamente disapprovavano in pieno il suo comportamento così infantile. Rincasava solo la sera: passava dall’ampia cucina per sgraffignare qualcosa da mangiare e si chiudeva in camera fino alla mattina seguente, per poi sparire nuovamente per tutta la giornata.
C’era stata una guerra, d’accordo, e Tu-Sai-Chi non era di certo qualcuno –o qualcosa- con cui avresti voluto avere a che fare, benissimo; ma Astoria non aveva mai perdonato i suoi genitori per averla trascinata via in America, così di punto in bianco, solo perché così sarebbe stata ‘al sicuro’.
Dopotutto all’epoca aveva iniziato a frequentare la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts relativamente da poco: aveva a mala pena avuto il tempo di farsi un paio di amici, darsi un’occhiata intorno, e subito era stata trascinata via, così, da un giorno all’altro.
Inutile dire che il suo orgoglio da Serpeverde ne aveva risentito non poco: non era una che si tirava indietro, lei.
E poi c’erano ovviamente altri motivi, ma al momento non è di nostro interesse conoscerli.
 
Quel pomeriggio il suo vagabondare l’aveva portata in un parco giochi babbano –ovviamente deserto- circondato da un buon numero di alberi e cespugli. Sembrava un luogo abbastanza isolato e tranquillo: le piaceva. L’unico rumore era il sussurrare del leggero venticello estivo che passava tra le fronde degli alberi facendole frusciare dolcemente.
Si sedette su un’altalena dondolando leggermente, lasciando il suo sguardo libero di vagare per il cielo sereno puntellato qua e là da nuvole che sembravano panna montata.
 
 
***
 
 
Da quando la guerra era finita, dopo la Battaglia Finale, Draco aveva deciso di mettere  subito in chiaro le cose: lui con la sua famiglia, con suo padre in special modo, non voleva più avere niente a che fare.
Avrebbe ricostruito e ristabilito il suo nome e la sua reputazione, e l’avrebbe fatto da solo.
… Ma che fatica! E dopo due anni ancora non era riuscito a concludere niente, anzi.
Continuava sempre ad avere l’impressione che il ‘tatuaggio’ sul suo avambraccio sinistro bruciasse ancora come quando era stato marchiato, e la sgradevole sensazione aumentava quando qualcuno lo riconosceva e lo guardava male. Sembrava diventare più pesante ogni giorno che passava, e a volte sentiva l’impulso di grattarselo via a mani nude pur di non averlo sempre sotto gli occhi. Era sicuro che senza quella macchia sul braccio sarebbe stato tutto molto più facile.
Quando poi Harry Potter in persona gli si era presentato davanti, con tutta la sua allegra combriccola al seguito, offrendogli il suo appoggio, non avrebbe saputo dire se le cose sarebbero migliorate o se avrebbe definitivamente toccato il fondo.
Il Salvatore aveva infatti insistito affinchè lui si unisse a loro di tanto in tanto, per esempio per fare un ‘giro tra amici’, in modo da fare buona impressione sugli altri.
Draco non era riuscito a trattenersi dal pensare che lo scontro finale con l’Oscuro Signore avesse dato il colpo di grazia alla testolina già provata di Potter: ma che razza di idee gli venivano in mente? Lui, farsi vedere con quella… gente?
Alla fine però, seppur sempre molto malvolentieri, si era ritrovato ad accettare quell’insana proposta, seguendo Potter e i suoi amichetti quasi per inerzia: l’unica cosa che gli interessava era che forse, facendosi vedere insieme a loro, avrebbe davvero potuto migliorare un po’ la sua situazione così precaria.
 
Quel pomeriggio Potter li aveva trascinati in un vecchio parco giochi babbano, vicino a dove abitava una volta con i suoi zii.
Era abbastanza squallido, e non riusciva a ricordarsi perché aveva accettato di andare con loro. Forse stare tutto il giorno disteso sul letto a fissare il soffitto gli era sembrato troppo noioso per quella giornata… non che l’alternativa potesse essere considerata ‘divertente’, era sicuro che il tutto sarebbe stato noioso e monotono come tutte le altre volte. E poi che senso aveva uscire con loro se dove andavano non c’era nessuno che potesse vederlo?
“… e laggiù in fondo c’è il sottopassaggio dove io e mio cugino siamo stati attaccati dai dissennatori” disse il moro concludendo un discorso di cui Draco non aveva sentito una sola parola.
“Chissà se la casa dei Dursley è ancora lì” si domandò poi Potter. “Venite con me a vedere?”
Tutti si apprestarono a seguirlo, ma Draco fece un passo indietro dicendo: “Voi andata pure, io vi raggiungo”.
La Sanguesporco fece per dire qualcosa (possibile che avesse sempre da ridire su tutto?) ma Weasley la fermò facendole segno di lasciar perdere.
Alla fine si allontanarono voltandogli le spalle e lui si sedette su un’altalena (si chiamava così, no?) sospirando.
Guardando le loro schiene che si allontanavano sempre di più, fino a scomparire, non potè fare a meno di sentirsi, per l’ennesima volta, un intruso a cui tutti avrebbero volentieri fatto a meno. Sapeva che Potter lo faceva per essere gentile, ma la verità era che lui, con loro, non centrava assolutamente niente: il Salvatore e la Piattola, Lenticchia e la Mezzosangue.
Lui era solo.
Si arrotolò la manica sinistra della camicia scoprendo il Marchio Nero.
Era estate e faceva caldo, ma andava comunque in giro con le maniche lunghe per nascondere l’odiato tatuaggio. Non era più molto vivido e non si contorceva, ma nonostante fosse ormai un po’ sbiadito era comunque ben visibile, troppo visibile, sulla sua pelle bianca.
Se solo all’epoca avesse avuto il coraggio di ribellarsi, di non ubbidire a suo padre… se solo…
 
 
***
 
 
Il chiacchiericcio di un gruppetto di ragazzi l’aveva distolta dai suoi pensieri.
Stavano venendo nella sua direzione e svelta Astoria lasciò l’altalena sparendo dietro l’albero più vicino.
Uffa, si stava così bene lì… adesso avrebbe dovuto trovarsi un altro posto.
Non potè però trattenersi, curiosa com’era, dallo sporgersi un attimo dal suo nascondiglio per osservare l’eterogeneo gruppo: si era fermato abbastanza lontano dalla sua posizione, ma riuscì comunque a distinguere tre ragazzi e due ragazze. Due con i capelli rossi, uno con i capelli castano scuro in tremendo disordine e degli occhiali rotondi appoggiati sul naso, una con una nuvola di ricci castani, e l’ultimo, con i capelli biondissimi, che sembrava non essere per niente a suo agio.
Ad un certo punto i ragazzi cominciarono ad allontanarsi, e lei stava già per uscire dal suo nascondiglio, salvo poi accorgersi che il ragazzo biondo non aveva mosso un passo: si era rivolto stancamente verso l’altalena, squadrandola con sospetto, per poi sedersi dandole le spalle.
Il breve tragitto che aveva compiuto era bastato alla ragazza per osservarlo da capo a piedi: i capelli biondissimi, quasi bianchi, incorniciavano un viso altrettanto pallido dall’espressione stanca sul quale risaltavano due occhi di ghiaccio. Sarebbe potuto essere un bel visto se solo non fosse stato così serio e triste. Potè apprezzare il suo fisico asciutto e ben scolpito attraverso un’aderente camicia bianca stirata in modo impeccabile… una camicia a maniche lunghe con quel caldo? Lei stessa indossava una semplice maglietta con le maniche corte.
Lo osservò incuriosita mentre si arrotolava la manica sinistra della camicia, uscendo silenziosamente dal ‘nascondiglio’ per riuscire a vedere meglio.
Sulla pelle pallida spiccava un tatuaggio che raffigurava un teschio dalla cui bocca fuoriusciva un serpente. Astoria non potè fare a meno di guardarlo ammirata: il tatuaggio era davvero forte!
In America aveva conosciuto diverse persone, fondamentalmente babbani, che si ricoprivano letteralmente di tatuaggi simili a quello, per poi andarsene in giro preoccupandosi di metterli bene in mostra. Anche lei avrebbe tanto voluto farsene uno, ma i suoi genitori glielo avevano categoricamente proibito.
Non capiva perché quel ragazzo tenesse nascosto il suo, si era forse pentito di averlo fatto?
Era da quando era tornata in Inghilterra che non parlava con nessuno –ad eccezione della sua elfa domestica- lei non aveva nulla contro i babbani, e quel ragazzo sembrava il candidato ideale per una bella conversazione. Al limite avrebbe sempre potuto cancellargli la memoria…
“Certo che quel tatuaggio è proprio forte!” fu l’esclamazione che ne seguì.
 
 
***
 
 
Un’esclamazione colse Draco di sorpresa: sobbalzò, perse l’equilibrio, e si cappottò rovinosamente dall’altalena.
Si rialzò in fretta guardando furente la proprietaria della voce che aveva osato trovarlo impreparato, arrivandogli da dietro.
“E tu chi diavolo sei?” le domandò alquanto sgarbatamente mentre si ricopriva il Marchio.
Decise di potersi concedere qualche secondo per guardare chi si trovava davanti. La ragazza aveva lunghi capelli color mogano, lisci, che le arrivavano quasi fino alla vita, e occhi cerulei. Osservò ammirato il suo portamento dritto e fiero, l’espressione del viso dolce, ma sicura di sé e… storse il naso subito dopo alla vista di quello che indossava: una scolorita maglietta rossa con le maniche corte e un paio di jeans chiari strappati in più punti. Che caduta di stile, se non fosse stato per l’abbigliamento avrebbe persino potuto pensare che fosse carina
Avrà avuto qualche anno in meno di lui, e sembrava stupita dalla sua reazione.
“Che c’è?” continuò quindi lui lisciandosi le pieghe della camicia visto che lei, dopo essersi ripresa, aveva cominciato a ridacchiare. “Non ti hanno mai insegnato che non si arriva alle spalle delle persone?”
“Scusa, non volevo spaventarti” rispose semplicemente lei.
“Non mi hai spaventato!” ribattè lui livido.
“No? Allora immagino che tu abbia improvvisamente perso l’equilibrio esattamente nel momento in cui…”
“Ok, va bene, hai ragione: non me l’aspettavo e mi hai colto di sorpresa. Contenta?” Certo che era proprio insopportabile.
“Sì. E comunque non l’ho fatto apposta. Perché ti sei coperto il tatuaggio? Sei ridicolo ad andare in giro così, con le maniche lunghe, con questo caldo!” domandò lei cambiando discorso.
Draco sgranò gli occhi: non aveva mai incontrato una persona così invadente. Se non fosse stato che tutto di lei gridava ‘babbana!’ avrebbe potuto pensare di essersi messo a discutere con una di quelle Serpi delle sue compagne di Casa a Hogwarts…
“Direi che sono affari miei!” rispose in malo modo alzando la voce. “Si può sapere chi ti credi di essere?”
Astoria gonfiò il petto pronta a ribattere. Sarà anche stata arrabbiata con i suoi, ma nessuno, men che meno un babbano, poteva permettersi di parlarle in quel modo.
“Io sono Astoria Greengrass, figlia di Agatha e Donovan Greengrass. E da babbano ignorante quale sei immagino che tu non sappia che la mia è una delle ultime famiglie Purosangue rimaste nel mondo magico, nonché una delle più influenti. Quindi adesso sentiamo: tu chi ti credi di essere!?” era fatta, alla fine avrebbe di sicuro dovuto cancellargli la memoria… di certo non era esattamente quello che si era immaginata quando aveva pensato a una ‘tranquilla’ conversazione…
 
Alle sue parole Draco rimase attonito, decidendo di sorvolare –momentaneamente- il fatto di essere appena stato chiamato ‘babbano ignorante’.
A prima vista la ragazza le era sembrata stranamente familiare, adesso che però aveva sentito il suo nome si ricordava di lei: Astoria Greengrass, certo.
 Aveva due anni meno di lui e si ricordava benissimo di quando suo padre, in accordo con quello di lei, gli aveva dato l’infelice compito di tenerla sott’occhio a Hogwarts. Ma poi era sparita ancora prima di finire il suo secondo anno –visto che i Greengrass avevano voluto mettere in chiaro fin da subito che con il Signore Oscuro non volevano avere nulla a che fare- e Draco era stato felicemente sollevato dal suo incarico di ‘babysitter’
Di certo non assomigliava per niente alla ragazzina bruttina che si ricordava.
Ripreso il contegno, e sorridendo come solo lui sapeva fare, rispose alla ragazza: “È un piacere rivederti Astoria. Possibile che non ti ricordi di me? Il nome Draco Malfoy non ti dice niente?”
 
Fu il turno di Astoria a rimanere stupita: quello era Malfoy? Quel Malfoy?
Di sicuro non assomigliava neanche lontanamente al ragazzino rompiscatole –e decisamente bruttino- che a Hogwarts le era sempre stato tra i piedi. All’epoca aveva sospettato che suo padre gli avesse ordinato di tenerla sotto controllo… che inutile seccatura!
Tutt’a un tratto si sentì anche molto stupida: se quello era Draco Malfoy -oltre ad aver appena dato del babbano a un Purosangue- allora quello che aveva sul braccio non poteva di certo essere definito come ‘forte’, e di sicuro non gli aveva fatto un complimento. Astoria sapeva bene che i Malfoy, al contrario della sua famiglia, erano stati molto più che coinvolti durante la Guerra, e il Marchio Nero che il ragazzo portava sul braccio, perché solo in quel momento aveva capito di cosa si trattava, ne era la prova.
Abbassò lo sguardo per non lasciar vedere l’aria colpevole che le si era sicuramente dipinta in volto.
Con la coda dell’occhio però percepì il ragazzo annuire soddisfatto e rialzò di colpo il capo guardandolo con espressione interrogativa, le mani appoggiate ai fianchi.
“Che c’è?” domandò con tono infastidito usando le stesse parole pronunciate dal ragazzo poco prima.
Odiava quando le persone pensavano di potersi prendere gioco di lei solo perché sembrava una ragazza ingenua e indifesa, anche se poi amava vederle rendersi conto che lei ingenua non lo era per niente, e indifesa ancora meno.
“Apprezzavo semplicemente il fatto che tu abbia abbassato la testa riconoscendo chi dei due qui sia superiore. Dopotutto cosa mai potrei aspettarmi da una strega, che per di più dovrebbe essere una Purosangue, che se ne va in giro comportandosi come se fosse la più miserabile delle babban…”
Non sapeva da dove gli fosse uscita tutta quella cattiveria, probabilmente dal sentirsi parlare così da una ragazza, ed era consapevole che probabilmente aveva esagerato.
Al momento però il problema era un altro: non aveva infatti finito di pronunciare l’ultima parola del suo discorsetto che si era trovato sospeso in aria a testa in giù, appeso per una caviglia con un laccio invisibile. Non aveva visto l’incantesimo arrivare; in realtà non si era nemmeno accorto che Astoria avesse tirato fuori la bacchetta, ora puntata verso di lui.
“Mi sembrava di aver messo in chiaro il fatto che non mi piace che mi si parli in questo modo, Malfoy” disse la ragazza girando intorno a Draco apprezzando la sua opera, soddisfatta.
“Be’, se permetti neanche io tollero di essere trattato così!” commentò il ragazzo dimenandosi nell’aria.
Cadere dall’altalena era già stata un’umiliazione, ma quello… gliel’avrebbe fatta pagare, poco ma sicuro!
“Probabilmente se tu fossi un po’ meno orgoglioso e pieno di te, e se avessi aspettato qualche secondo prima di cominciare a insultarmi, avresti scoperto che ti avrei chiesto scusa per quello che avevo detto”
 
Silenzio.
 
Draco smise di divincolarsi fermandosi a guardare Astoria: la sua espressione non avrebbe potuto essere più seria.
Non lo stava prendendo in giro…
“Allora suppongo che questa volta delle scuse siano d’obbligo da parte mia…” cominciò lui parlando a fatica, e non per il fatto di essere a testa in giù ormai da un po’: quando mai lui aveva chiesto scusa a qualcuno?
“Non è che potremo ricominciare da capo?” concluse poi meravigliandosi di se stesso per la proposta.
Astoria annuì ritrovando il sorriso all’istante e sciolse l’incantesimo che teneva sospeso Draco.
Quasi involontariamente il ragazzo chiuse gli occhi mettendosi le mani davanti alla faccia, aspettando il momento in cui si sarebbe scontrato col suolo… che non arrivò mai.
Prima che toccasse terra Astoria l’aveva infatti trattenuto con un ulteriore incantesimo, risparmiandogli la caduta e facendolo atterrare decisamente molto più dolcemente sull’erba.
“Suppongo che adesso dovrei anche ringraziarti…” borbottò lui rialzandosi.
“Non ce ne sarà bisogno” liquidò lei la questione, riponendo la bacchetta.
“Allora, ricominciamo?” proseguì poi. “Il mio nome è Astoria Greengrass, lieta di fare la tua conoscenza” disse porgendogli la mano.
“Il piacere è mio. Io sono Draco…”
“Malfoy! Cosa sta succedendo? Tutto bene?”
…E figuriamoci se l’allegra combriccola non doveva scegliere proprio questo momento per tornare!
“Sentiamo Potter, cosa ti fa pensare che non vada tutto bene?” domandò Draco abbastanza irritato per l’interruzione.
“Forse il fatto che tu fossi appeso a testa in giù fino a qualche secondo fa…?” rispose Ginny in tono pratico.
Le guance del Serpeverde assunsero un colorito vagamente roseo: l’avevano visto anche loro, perfetto!
“Già, proprio così” rincarò Hermione. “E ci stavamo proprio chiedendo come mai…”
“Queste non sono cose che ti riguardano, Mezzosangue!”
“Non sei molto gentile…”
 
Tutti si girarono a guardare Astoria che fino a quel momento era rimasta in disparte, inosservata.
“E lei chi è?” chiese qualcuno.
“Come prego?” domandò invece Malfoy volgendosi verso di lei. Aveva osato contraddirlo? Di sicuro aveva sentito male…
“Ho semplicemente detto che non sei gentile a parlare così. Chi sei tu per metterti a giudicare?” rispose Astoria con un’alzata di spalle lasciando tutti a bocca aperta: era la prima volta che vedevano qualcuno riuscire nell’impresa di zittire Malfoy.
“Comunque io sono Astoria, Astoria Greengrass” continuò lei presentandosi per la terza volta quel pomeriggio.
“Non c’è bisogno che voi vi presentiate: credo che al momento non ci sia mago o strega che non conosca i vostri nomi. È davvero un piacere conoscervi” disse poi sorridendo e stringendo la mano a tutto il gruppo. Ovviamente adesso che li vedeva da vicino aveva subito riconosciuto chi fossero quei ragazzi.
Draco fece un passo indietro osservando come Astoria avesse tranquillamente cominciato a chiacchierare con il Salvatore e compagnia bella: sembrava perfettamente a suo agio e mai una volta la sentì esprimersi, come di solito faceva lui, in modo sdegnoso o annoiato. Si vedeva da come parlava con loro che li considerava tutti, nessuno escluso, come suoi pari.
Come faceva? Dopotutto era una Purosangue, come lui, aveva il diritto di sentirsi superiore, migliore di loro.
Sospirò: poco importava, e intanto lui era di nuovo stato messo in disparte.
Ad un certo punto sentì la Mezzos… no, la Granger, che faceva notare come si fosse fatto tardi: dopo qualche secondo si erano tutti smaterializzati sparendo dal parco.
 
Tutti tranne… “Hai finito di fare l’asociale?” Astoria gli si era fermata davanti guardandolo divertita.
Buffo, non se n’era neanche accorto, ma si era di nuovo seduto su quell’altalena babbana.
La ragazza prese posto sull’altalena accanto e cominciò a dondolarsi.
“La fai facile tu” commentò lui dopo un po’. “Tu non ti sei dovuta sforzare neanche un po’ per farti piacere da loro”
“Anche tu non ti sforzi particolarmente, mi sembra. Anzi, direi che non ci provi affatto!” rispose lei frenando bruscamente e fermandosi a guardarlo in faccia.
“Come puoi pensare che ti accettino se continui a insultarli in quel modo…”
“Io non ho insultato proprio nessuno…”
“Hai chiamato ‘Mezzosangue’ nientemeno che Hermione Granger!!”
“Ma è la verità, lei è una Mezzosangue!”
“Ma non è una cosa bella da dire, e men che meno educata. Di certo poi non come lo dici tu!” continuò senza lasciargli il tempo di ribattere. “I babbani li chiamano ‘bulli’, sai? Ragazzi che si credono tanto superiori agli altri, che insultano e fanno i prepotenti solo perché hanno paura che qualcuno faccia la stessa cosa a loro. Il che è esattamente quello che stai facendo tu: ti ho osservato mentre parlavi con loro, e anche prima ancora quando sei rimasto da solo sull’altalena. Insulti le persone senza motivo e poi pretendi che ti portino rispetto: se vuoi che la gente cambi comportamento nei tuoi confronti prima sarai tu a dover cambiare il tuo, di comportamento. Ti atteggi come se quello che gli altri dicono di te alle tue spalle non ti interessi, allora perché continuare a portare quelle ridicole maniche lunghe per coprire il Marchio?”
 
Colpito e affondato.
 
A quel punto Draco richiuse la bocca che aveva aperto per protestare: ma protestare cosa? Tutto quello che la ragazza aveva detto era vero, e lui non riuscì a fare altro che vergognarsene.
Era davvero messo così male?
Probabilmente sì, se persino una –quasi- sconosciuta era riuscita a stilare una così accurata descrizione della sua situazione.
“Comunque Hermione aveva ragione, si è fatto davvero tardi. Mi è piaciuto parlare con te… se vuoi possiamo incontrarci di nuovo, da qualche altra parte magari…” disse Astoria dopo un po’ alzandosi dall’altalena e muovendo qualche passo.
Nonostante il discorso che aveva appena fatto non sembrava arrabbiata.
Draco annuì distrattamente: per quanto trovasse strano che qualcuno avesse potuto provare piacere a parlare con lui non poteva fare a meno di pensare che neanche a lui era dispiaciuto incontrare la ragazza.
“E quindi pensi che io appaia agli altri come un bullo?” domandò di punto in bianco lasciando l’altalena a sua volta. Non sapeva perché, ma tutt’un tratto ci teneva a sapere quello che Astoria pensava di lui.
“Forse sì… forse no…” rispose lei con un gran sorriso distogliendo lo sguardo dal sole che cominciava a tramontare. “O forse potresti semplicemente sembrare un babbano ignorante…” concluse la frase facendogli una linguaccia e con un sonoro ‘crack’ di smaterializzò.
 
 
Draco sbattè più volte le palpebre assimilando quello che la ragazza gli aveva appena detto in risposta.
Gli aveva dato del ‘babbano ignorante’.
Di nuovo.
Tuttavia non si arrabbiò, anzi, si ritrovò a sorridere divertito.
Forse dopotutto Astoria aveva ragione, forse se voleva davvero cambiare l’opinione che gli altri avevano di lui doveva prima imparare a cambiare se stesso.
Si arrotolò le maniche della camicia fin sopra il gomito pensando che, una volta a casa, sarebbe andato a cercarsi una maglietta con le maniche corte –se mai ne avesse trovata una- o avrebbe chiesto a uno degli elfi domestici di procurargliela. Si era comportato da stupido, e poi con quel caldo si stava davvero bene con le braccia scoperte.
Sempre sorridendo si smaterializzò per tornare a casa pensando che, dopotutto, quella giornata non era stata poi così noiosa, e che quella ragazza rompiscatole di nome Astoria Greengrass poteva davvero avergli fatto il più grande dei favori: gli aveva dato un motivo per cambiare.
 




   
 
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