Serie TV > Sherlock (BBC)
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Autore: MuseDePandora    09/01/2015    2 recensioni
John ha un rapporto particolare con il suo coinquilino. Sa che la loro è un’amicizia complicata. E sì, sa che tutti pensano che lui abbia una relazione con Sherlock Holmes. Ma non ce l’ha. Ovviamente. John lo saprebbe. Giusto?
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Traduzione
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Rieccomi! 
Posto oggi perché non ho voglia di tenere il capitolo ad ammuffire nel computer e perché ho notato che già parecchie persone seguono questa storia! Non me l'aspettavo davvero, è la mia prima traduzione, quindi grazie mille! ♥
Questo capitolo è molto incentrato su Sherlock e le sue indagini, i prossimi invece saranno ricchi di sane scene Johnlock :) Spero che questo storia faccia sorridere voi come ha fatto sorridere me. L'autrice è davvero brava a non andare OOC e adoro il modo in cui approfondisce sempre la di più la relazione tra questi due!
Ma non mi dilungo oltre ;)
Alla prossima, fatemi sapere cosa ne pensate!
baci,
pantarhei, la traduttrice ♫ 




 
of
 

(Two)
 


Sherlock non era il tipo di uomo a cui piace avere torto. Quella fu una delle prime cose che John imparò su di lui. Sherlock aveva ipotizzato che Harry fosse suo fratello, uno sbaglio che avrebbe potuto commettere chiunque; ma quello era proprio il tipo di errore che Sherlock odiava fare.
Sapeva di non poter azzeccare tutto. Era abbastanza intelligente e abbastanza realistico da tenerne conto nelle due deduzioni. Tuttavia, se Sherlock commetteva un errore, voleva che fosse perché stava pensando, non perché non lo stava facendo. Quando formulava ipotesi dopo aver accettato meccanicamente delle norme sociali, era il peggio che gli potesse capitare. Come Harry. Una volta John fece l’errore madornale di ricordare a Sherlock dell’Errore Harry, mentre non si stavano occupando di un caso. Per i due giorni seguenti aveva dovuto sopportare le continue polemiche di Sherlock sulla devianza della mente razionale attraverso le convenzioni sociali di genere e l’eteronormatività. John fu piuttosto sollevato quando un personaggio di rilievo venne assassinato e Sherlock distratto da quel caso, nonostante suonasse malissimo anche nella sua testa. Eppure, Sherlock non suppose più il genere di una persona in base al nome.
Un altro esempio ci fu poco dopo che John ebbe incontrato Sherlock. Ripensandoci, quello fu piuttosto strano, dal momento che Sherlock raramente faceva quel genere di errori. Successivamente John seppe abbastanza da capire che per lui, commetterlo due volte in così poco tempo, era molto inconsueto. Si chiedeva se fosse stato il suo arrivo a distrarlo. 
La seconda volta che Sherlock fu inconsapevolmente succube delle convenzioni sociali fu quella del tassista omicida. Per tutto il tempo l’assassino era stato proprio di fronte a loro ma nessuno l’aveva visto, perché i tassisti erano invisibili, estensioni senza nome dell’industria dei trasporti. Sherlock non aveva fatto caso a una possibilità importante perché, come tutti gli altri, l’aveva respinta a priori in quanto non-entità priva di motivazione o valore.
Era inaccettabile.
Stavano tornando dalla cena all’Angelo’s – sì, c’era stata una candela – quando John imparò che Sherlock non avrebbe più commesso lo stesso errore.
«Dove vai, Sherlock?» chiese il tassista.
«A casa» rispose. «Come va, Charlie?»
John fissò il suo amico e la falsa cordialità nella sua voce.
«Ah, lo sai» rispose Charlie ed effettivamente Sherlock annuì.
«Tuo fratello ha ancora problemi a scuola?»
E con ciò Sherlock e il tassista furono impegnati a chiacchierare per tutto il viaggio verso Baker Street. Non c’era dubbio che non sarebbe successo se fossero stati nel bel mezzo di un caso, ma solo il fatto che fosse successo era scioccante. Sherlock non si riempiva la testa di cose inutili e sicuramente non ascoltava i problemi degli altri solo perché a loro serviva parlare con qualcuno. Era a malapena disposto ad ascoltare le lamentele di John quando lui era la causa. Ma eccolo lì a incoraggiare il loro tassista a raccontargli la storia della sua vita.
John imparò dalla loro conversazione che il fratello di Charlie era il primo in famiglia a frequentare l’università, ma parlava di lasciarla. Secondo sua moglie perché aveva paura di affermarsi, ma Charlie pensava fosse perché il fratello era sempre stato coccolato dai genitori e non aveva mai avuto bisogno di impegnarsi in qualcosa prima d’ora. Per dieci minuti buoni Sherlock annuì e fece domande tendenziose, solo per permettere al tassista di parlare. Quando arrivarono a casa, Sherlock salutò gentilmente – per i suoi standard – e lasciò John a pagare per la corsa.
«È legato a un caso?» chiese John, mentre aspettava che Sherlock aprisse la porta.
«No.» Sherlock piegò la testa da un lato, ripensando alla sua risposta. «Non ancora.»
«Allora che senso aveva quello?»
La porta si aprì ed entrarono.
«Potrebbe essere importante.»
«Cosa potrebbe essere importante riguardo il fratello di Charlie?»
«Oh, non lo so.» Sherlock sorrise. «Forse il fatto che la moglie di Charlie ha una storia col fratello di lui e stanno pensando di scappare in America insieme. Charlie è molto bravo a non sprecare soldi, quindi ha un bel gruzzoletto in banca che si è accumulato negli ultimi quindici anni. Tuttavia, non è molto bravo con i numeri né con l’avere a che fare con la banca,  perciò è la moglie a gestire il tutto. Charlie è sterile, così non ci sono bambini che leghino sua moglie in quello che sembra essere un matrimonio molto infelice. Eppure lei resta. Perché? I soldi e il fratello. Il fratello di Charlie è sempre stato il ragazzo modello della famiglia, ma da quando si è innamorato della cognata e ha fallito all’università – sì, non frequenta i corsi da almeno un semestre – ha iniziato a non sopportare più le aspettative di tutti e ha molto probabilmente intenzione di ribellarsi in modo significativo. Scappare con la moglie del fratello e i soldi sarebbe una bella maniera per farlo. Charlie è uno che non perdona e ha un carattere forte. È assolutamente possibile che, se li cogliesse sul fatto, li ucciderebbe entrambi. Vedi, è meglio essere preparati.»
John guardò ancora la porta chiusa che dava sulla strada e cercò di ricordare quali parti di quell’innocua conversazione col tassista avesse dato a Sherlock tutti quegli indizi. Perché John non dubitava che Sherlock avesse utilizzato tutto quello che Charlie gli aveva detto.
«Straordinario» disse John e Sherlock sorrise nella pallida luce del corridoio. Il suo amico era tutto ombre e angoli acuti, spettacolare nella sua intelligenza. Per un istante o due, John si sentì abbastanza sopraffatto dall’altro uomo. Non ci si stancava mai di lui. «Cosa ha catturato la tua attenzione in quel tassista? Cioè, nello specifico. Fammi indovinare, è stato il fatto che la sua camicia non fosse stirata a dirti che aveva problemi a casa.»
«Non essere ridicolo» replicò Sherlock. «Non ci si aspetta più che le mogli stirino le camicie dei mariti. I suoi vestiti stropicciati sono più un segno della sua occupazione e della classe sociale, piuttosto che dell’umore della moglie. So che eri nell’esercito ma, per favore, cerca di superare la tua datata concezione dei ruoli di genere.»
«Allora perché l’hai scelto?»
«Non l’ho fatto.»
«Allora come sapevi che potrebbe uccidere qualcuno?» chiese John, troppo interessato a cercare di comprendere il metodo del genio di Sherlock, per capire in che direzione si stesse dirigendo l’umore dell’altro.
«Non lo sapevo» sbottò Sherlock. Faceva le scale tre gradini alla volta, il suo atteggiamento come un taglietto con la carta: ordinario ma pungente e inaspettatamente doloroso. «È proprio questo il punto!»
 
Charlie non uccise mai sua moglie, ma questo non significava che Sherlock si fosse sbagliato. Era perché era disposto a imparare dai propri errori, riconoscere i punti ciechi della società e tenerne conto. Fu d’aiuto anche che John imparasse da lui: il giorno seguente trovò l’indirizzo di Charlie su internet e inviò a sua moglie una lettera anonima. Non c’era bisogno di dimostrare che Sherlock avesse ragione.

 
   
 
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