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Autore: Amantide    09/01/2015    3 recensioni
Una FF ambientata tra il secondo e il terzo libro, in cui Annabeth e Percy saranno alle prese con qualcosa di più insidioso dei soliti mostri con cui li abbiamo visti combattere... i loro sentimenti.
Come se questo non bastasse a complicare la situazione ci sarà la profezia che l'Oracolo ha pronunciato per Annabeth tanti anni prima. La perseveranza di Annabeth e il coraggio di Percy li porteranno alla ricerca della verità che si rivelerà assai diversa da come se la immaginavano.
Dal testo:
"Mia madre ha fatto centro. Il problema è che non è mia mamma ad avere una cotta per Annabeth, sono io. E io, nonostante le nostre avventure insieme, non penso di aver mai fatto colpo su di lei."
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Percy Jackson, Percy/Annabeth
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Angolo dell'autrice: Ciao a tutti! Il capitolo 8 è pronto! Lo pubblico sperando, come sempre, che vi piaccia. Sono molto fiduciosa perchè vedo che le visite stanno aumentando e che in molti stanno mettendo la storia tra le seguite/preferite/ricordate. Grazie anche ai nuovi e vecchi recensori! C'è chi non manca di commentare un capitolo e la cosa vi garantisco che è veramente appagante! Spero che questo capitolo vi aiuti a capire un po' di più la storia in generale... come sempre con un pizzico d'ironia! :-) Vi aspetto nei commenti!




Annabeth mi dà una lezione di storia dell’arte
 



Quella notte fu infestata dagli incubi. Per prima cosa sognai di essere ancora intrappolato nella casa numero dieci, dove la semidea dai capelli ramati si trasformava in un mostro nel momento esatto in cui rifiutavo le sue attenzioni. Poi il sogno cambiò e mi mostrò qualcosa di decisamente peggiore. Vedevo Annabeth parlare con Grover sulla riva del laghetto delle canoe. Lui tentava di convincerla che la sua profezia non poteva riferirsi a me e che se avesse continuato a frequentarmi le cose si sarebbero messe troppo male per porvi rimedio. Lei non sembrava d’accordo ma non vidi cos’altro si dissero perché il mio sogno cambiò di nuovo. Adesso mi trovavo in un luogo che non conoscevo, sulla cima di una montagna probabilmente, e c’era Annabeth sull’orlo delle lacrime. Non capii mai il perché del suo pianto perché quella visione mi scosse talmente tanto da farmi svegliare di soprassalto.
Apro gli occhi di scatto con l’immagine di Annabeth in lacrime ancora ben stampata in testa. Mi metto a sedere accendendo la luce sul comodino. Sono madido di sudore. Il sogno mi ha turbato e non poco. Fuori è ancora buio, l’alba sembra essere ancora parecchio lontana. Mi alzo deciso a scacciare quelle immagini dalla mente. Dopotutto era solo un sogno. Raggiungo la fontana che ho all’interno dell’abitazione e comincio a sciacquarmi la faccia con l’acqua gelata. Guardo fuori dalla finestra tamponandomi la fronte con un asciugamano. I primi bagliori dell’alba cominciano a comparire all’orizzonte, mi sembra di intravedere i primi raggi di luce che si riflettono sulla superficie dell’acqua.
Resto incantato a godermi quello spettacolo ma improvvisamente sento qualcuno bussare alla mia porta con insistenza. Sobbalzo sorpreso da quel rumore e mi avvio alla porta domandandomi chi possa essere così mattiniero.
Sulla soglia di casa mia c’è Annabeth, i capelli legati in una coda alta e uno zaino sulle spalle.
“Buongiorno Testa d’alghe!” Esordisce allegra.
Evidentemente la mia faccia parla per me perché lei cambia espressione e riprende a parlare.
“Sono felice di trovarti già sveglio perché non abbiamo molto tempo.”
“Molto tempo per cosa?” Chiedo confuso e anche un po’ stordito dal sonno.
“Adesso tutto mi è chiaro, Percy!”
“Beata te!” Commento appoggiandomi alla porta in cerca di un sostegno.
“So cosa dobbiamo fare. Ho capito qual è il pegno d’amore di cui parla la profezia.”
“Ti dispiace essere più chiara?”
“Più tardi ti spiegherò tutto ma adesso dobbiamo andare!”
“Andare dove?”
“Percy Jackson! Prendi le tue cose e vieni con me!”
Il tono di Annabeth non ammette repliche e io sono troppo stanco per porre ulteriori domande che non avranno una risposta. Vado in camera e raduno le mie cose domandandomi in quale guaio sto per cacciarmi.
Cinque minuti più tardi io e Annabeth stiamo attraversando i campi di fragole a passo svelto, il sole sta sorgendo rapidamente, ma noi abbiamo quasi raggiunto l’uscita del campo.
“Annabeth, non possiamo lasciare il campo senza aver ottenuto un’impresa.” Commento nel momento in cui l’albero di Talia compare davanti ai nostri occhi.
“Non abbiamo tempo di aspettare che ci affidino un’impresa, Percy!” Protesta lei. “E poi da quando ti fai problemi ad infrangere le regole?”
La determinazione di Annabeth mi basta come motivazione per continuare a seguirla senza pormi ulteriori domande.
Oltrepassiamo la barriera magica che protegge il campo e continuiamo a camminare diretti a ovest illuminati dalla prima luce del mattino.
Annabeth mi conduce fino alla fermata di un autobus che si fa aspettare per quasi venti minuti, tempo più che sufficiente a farmi addormentare seduto sulla panchina della fermata. Mi sveglio di soprassalto grazie ad una gomitata di Annabeth e allo sferragliare dell’autobus che ha l’aspetto di essere abbastanza vecchiotto.
Una volta a bordo occupiamo i posti più in fondo mentre io soffoco uno sbadiglio guadagnandomi un’occhiataccia da Annabeth che, al contrario, sembra parecchio sveglia.
Dopo circa mezz’ora di strada decido che non posso più aspettare. Ho bisogno di saperne di più. “Adesso posso sapere dove siamo diretti?”
Annabeth incrocia il mio sguardo e per un primo momento ho paura che sia intenzionata a darmi un pugno. Poi rovista nello zaino e ne estrae un tablet di ultima generazione. Lo accende e nel giro di cinque minuti la vedo aprire un’infinità di finestre con testi scritti talmente piccoli che manderebbero a male anche uno non dislessico.
Distolgo lo sguardo da quel garbuglio di parole e attendo in silenzio che lei si decida a darmi spiegazioni.
“Lo vedi questo?” Domanda ruotando il tablet in modo tale che possa vedere il frutto delle sue ricerche. Lo schermo mostra un famoso quadro che ho avuto occasione di studiare a scuola.
“La nascita di Venere di Botticelli.” Dico sforzandomi di capire cosa abbiano in comune la storia dell’arte e la nostra impresa non ufficiale.
“Ti ricordo che per noi Venere è Afrodite.” Ringhia lei quasi infastidita.
“Si, questo lo so anche io, ma non capisco dove vuoi arrivare.”
“Percy, Afrodite è nata dalla spuma del mare e ha raggiunto la riva su una conchiglia spinta dal soffio di Zefiro.”
Guardo Annabeth nella speranza di afferrare il concetto prima che lei mi dia dell’idiota.
“Avanti Percy!” Tenta di spronarmi, ma io mi sento esattamente come quando a scuola faticavo a leggere le cose scritte alla lavagna. “Zefiro ha spinto Afrodite fino a Cipro! Ed è esattamente lì che deve trovarsi la conchiglia.”
“Tutto questo per dirmi che stiamo andando a Cipro?” Domando incredulo.
“Tutto questo per dirti che stiamo andando a Cipro a recuperare la conchiglia perduta di Afrodite, sono certa che è quello il pegno di cui parla la profezia!” Annabeth è talmente convinta di quello che sta dicendo che parla così veloce da dimenticarsi di respirare.
Nonostante l’assurdità di tutta la faccenda riesco a porre la domanda più stupida: “E pensi di arrivare a Cipro in autobus?”
“No Testa d’Alghe!” Sbraita lei facendo girare un paio di vecchiette sedute qualche posto più avanti. “Siamo diretti all’aeroporto ovviamente!”
Sento un brivido salirmi lungo la schiena.
“Aeroporto?!” Domando allarmato. “Annabeth ti ricordo che io non posso volare!”
“Sciocchezze!” Replica lei riponendo il tablet nello zaino.
“Annabeth non posso volare. È fuori discussione!”
“E va bene…” dice roteando gli occhi per la disperazione “allora penseremo a un piano B.”
Dieci minuti più tardi scendiamo alla prima fermata e Annabeth mi fa strada verso la città.
“Io non andrei da quella parte se fossi in te.” Dico con tono deciso. Un’idea piuttosto allettante mi ha appena attraversato la mente.
Lei si volta e mi guarda accigliata senza dire una parola.
“Hai detto che ci serve un piano B, no?”
“A cosa stai pensando?” Chiede curiosa.
“Blackjack!”
“Come scusa?”
“Blackjack!” Ripeto sempre più convinto di aver avuto un’ottima idea. “È un pegaso!”
“Lo so chi è! Ti ricordo che grazie a te sono finita a pulire le loro stalle.” Avevo dimenticato quel particolare.
“Andremo a Cipro con Blackjack!”
“Percy, non abbiamo tempo di tornare al campo e chiedere ad un pegaso di accompagnarci a Cipro!”
“Non c’è bisogno di tornare al campo, posso comunicare con lui anche a distanza, sta arrivando, ma non può certo atterrare in mezzo alla gente quindi allontaniamoci dalla città.”
Annabeth è sbigottita. Penso non abbia ben capito il fatto che posso comunicare con i pegasi in quanto fu mio padre a crearli. Poco importa, avrò tutto il viaggio per spiegarle i particolari.
Prendo Annabeth per mano e la guido in un piccolo boschetto al di là della statale.
“Qui è perfetto! Ora non ci resta che aspettare.”
Ci sediamo ai piedi di un albero e sgranocchiamo qualcosa in attesa del nostro destriero alato. Tutto sommato sono felice di aver intrapreso questo viaggio con Annabeth, era da un po’ che avevo voglia di una nuova avventura, tuttavia sento che i recenti avvenimenti della casa numero dieci hanno incrinato il nostro rapporto. Se fino a poche ore fa Annabeth non sembrava riuscire a fare a meno di baciarmi, adesso sembra fredda e tiene le distanze.
“Riguardo la casa numero dieci…” comincio senza sapere perché ho deciso di affrontare l’argomento “io voglio che tu sappia che…”
“Lascia stare Percy.” Dice lasciandomi di stucco. “Non m’interessa quello che è successo li dentro.”
Ancora una volta l’intelligenza e la superiorità di Annabeth mi lasciano a bocca aperta.
“Sei sempre convinta che sia io l’eroe della tua profezia?” Chiedo impaurito dalla possibile risposta.
Annabeth sospira e la vedo riflettere intensamente.
“So che dobbiamo recuperare la conchiglia di Afrodite insieme, se è dispersa nel mare tu sarai in grado di trovarla. Se è sull’isola, sarà tutto più facile.”
Il discorso di Annabeth mi sembra sensato ma resta il fatto che non ha risposto alla mia domanda. La guardo sollevando un sopracciglio per farle capire che la sua risposta non mi soddisfa del tutto.
“Si, sono ancora convinta che sia tu, contento?” Percepisco il suo imbarazzo e la cosa mi rassicura perché mi sento imbarazzato quanto lei.
“Beh… ieri però non ti sei solo limitata a dirmelo.” Mentre pronuncio quelle parole mi avvicino pericolosamente al suo viso. Dopotutto un altro bacio non mi dispiacerebbe.
“Cosa stai cercando di ottenere di preciso?” Domanda con un finto broncio. Adesso mi sembra quasi che non riesca a trattenere un sorriso.
Quel mezzo sorriso m’incoraggia e decido di afferrarla passandole un braccio intorno alla vita. La tiro verso di me mentre lei si dimena scalciando come una matta. Un attimo dopo si è già arresa e ci stiamo guardando negli occhi.
Da un giovane eroe ti dovrai guardare… forse era scritto che un po’ avrei dovuto farti soffrire.” Ironizzo mentre gioco con i suoi capelli biondi.
“Ma stai un po’ zitto Testa d’Alghe!” E con quella frase mi bacia lasciandomi senza fiato.
“Eccomi capo!” La voce di Blackjack fa irruzione nella mia mente nel momento più sbagliato.
“Bel tempismo, amico!” Gli rispondo mentalmente, staccandomi da Annabeth che non capisce cosa sta succedendo. Poi si volta e fa un cenno di saluto al pegaso nero.
“Ho interrotto qualcosa, capo?”
“Tu che dici?” Replico un po’ scocciato.
Lui nitrisce in risposta e io ne approfitto per spiegare ad Annabeth che posso comunicare telepaticamente con Blackjack.
“Beh mi piacerebbe sapere cosa vi state dicendo…” Sembra essere ancora imbarazzata per essere stata colta in flagrante da un pegaso.
“Blackjack abbiamo bisogno di un passaggio per Cipro!”
“Nessun problema capo! Per te questo e altro! Salite a bordo!”
Il pegaso fa una sorta d’inchino che ci consente di salirgli in groppa. Aiuto Annabeth a sistemarsi dietro di me e sento un brivido percorrermi da capo a piedi nel momento in cui lei si stringe a me. Mi volto a baciarla e insieme partiamo alla volta di Cipro.
  
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