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Autore: Ellis Darcy    09/01/2015    0 recensioni
Tredici persone così diverse tra loro che, all'apparenza, non avrebbero mai avuto nulla in comune. Non avevano mai parlato, non si conoscevano, anche se probabilmente sarà capitato a molti di loro di incrociarsi tra i corridoi di scuola, ma quella era la prima volta che si "guardavano" veramente e nessuno aveva saputo della loro esistenza fino a quel momento...
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~La giornata era molto calda, il sole sarebbe sorto di lì a poco, come al solito del resto, e i suoi raggi e la sua luce che si intravedevano timidamente da una collinetta si rifrangevano sulla finestra della stanza di Sara, così da far passare la luce da un piccolo spiraglio. Era la seconda metà di Ottobre e la temperatura era alta e a Palermo, in Sicilia, dove gli abitanti avevano ancora addosso i vestiti estivi. Sara, invece, per necessità, indossava i vestiti invernali:  i pantaloni lunghi, un paio di calze, il maglione di lana e la sciarpa, che doveva essere rigorosamente rossa. Erano le sei e mezza e aveva appena terminato la sua valigia. E' molto facile intuire che non sarebbe rimasta a Palermo...
Aprì la finestra e affacciandosi vide la macchina di suo padre parcheggiata, il momento era arrivato. Prese il suo bagaglio, salutò frettolosamente, per l'ennesima volta, il fratellino con  un bacio e ascoltò le ultime raccomandazioni della madre: “Sara, mi raccomando appena arrivi in aeroporto devi farti imballare il bagaglio prima di fare il check in, perché  non voglio che ti succeda quello che ci è successo questa estate in Germania, se ti aprono la valigia è un disastro e poi ci sono dentro tutti i contanti, i vestiti e...” “Mamma”, la interruppe Sara,” questa è la quarta volta che mi fai questo discorso, lo so già come funziona purtroppo, devi stare tranquilla, non appena arrivo farò quello che mi hai detto tu” “ E ricordati della tessera sanitaria” proseguì la madre, “Mamma è nel mio portafogli, adesso è tardi e papà mi sta aspettando, ti voglio bene, ci sentiamo quando arrivo” “Va bene amore mio divertiti” concluse la madre,  chiuse la porta di casa e si avviò. In quel momento avvertì una strana sensazione: li avrebbe rivisti tre settimane dopo, ma il suo non era affatto un sentimento di tristezza o un qualsivoglia senso di malinconia, la ragazza era semplicemente emozionata ed elettrizzata di poter partire da sola per la prima volta e di interfacciarsi con una realtà diversa rispetto a quella cui era abituata.  Non bisogna fraintendere, nel corso della sua breve vita, aveva solo 17 anni, aveva viaggiato molto più di quanto ci si possa aspettare da una ragazza della sua età, girando gran parte dell'Europa e tutto il Nord Africa. La sua destinazione questa volta era Brighton, una piccola cittadina a sud dell'Inghilterra che affacciava sul mare essa non era una meta così attrattiva, almeno non all'apparenza, ma per Sara aveva qualcosa di speciale, perché era la sua prima “Esplorazione”  in solitario dove sarebbe stata responsabile e arbitro di se stessa ed era convinta che avrebbe visto il “mondo” come voleva e dove i suoi occhi e le sue orecchie sarebbero stati i soli giudici non più influenzati dalle idee familiari. Era la tipica ragazza considerata dagli adulti più matura rispetto ai suoi coetanei, il suo aspetto era comune a quello di molte altre ragazze della sua età: la tipica ragazza acqua e sapone, con la pelle molto chiara da risultare quasi pallida in alcune occasioni, nonostante godesse di ottima salute, i capelli di un castano scuro quasi come l'ebano e un paio di piccoli occhi neri. Il suo  carattere invece era molto difficile da giudicare dopo la prima impressione:  apparentemente poteva sembrare il tipico topo di biblioteca, essendo molto studiosa e silenziosa, la sua timidezza molte volte era scambiata per superbia, in verità era una ragazza curiosa che nutriva la vana illusione, tipica della sua età, di poter conoscere il mondo e sviscerarne i segreti più nascosti, adorava osservare le  persone e i loro comportamenti in quanto esse la incuriosivano non poco, ma sopra ogni cosa amava scrivere, ma il suo era un amore che teneva nascosto agli altri, specialmente ai suoi familiari, temendone il giudizio, dato che lo consideravano una mera perdita di tempo. Dopo aver finito di caricare i bagagli all'interno della macchina partì per l'aeroporto. Suo padre era molto silenzioso, quel giorno non disse nulla, avevano litigato un'altra volta per questioni legate a quello che i suoi amavano definire il “tipico temperamento adolescenziale” di Sara, quasi come se dovesse avere obbligatoriamente un'accezione del tutto negativa, bisogna capire che per lei era un periodo molto difficile: era il suo ultimo anno di scuola superiore e l'anno successivo finalmente sarebbe entrata anche lei nel mondo universitario e non aveva ancora preso una decisione definitiva riguardo al suo futuro a ciò si devono essere aggiunte le numerose discussioni con quelle che fino a prima dell'inizio dell'estate erano state le sue migliori amiche. Non riuscendo a guardare suo padre negli occhi, tale era il suo risentimento,  iniziò a fissare fuori dal finestrino e vide che il sole finalmente era sorto, sembrava l'inizio di una giornata promettente. Il silenzio albergava dentro quella macchina e suo padre per sfuggire all'imbarazzo di quel momento decise di accendere la radio, avrebbe trascorso tutta la durata del tragitto cambiando da una stazione all'altra alla ricerca disperata di una canzone che fosse per lui ascoltabile e alla fine il suo dito smise di premere sul bottone e si fermò alla canzone “Beautiful Day” degli U2, sembrava quasi fatto di proposito o il destino voleva semplicemente prendersi gioco di lei?. Sara invece era concentrata su ciò che vedeva dal finestrino: il suo amato mare,  così calmo e azzurro come il colore del cielo limpido che rifletteva, limpido come la verità che cercava dentro di sé. Non riusciva a smettere di pensarci, era ancora incredula eppure, ci era riuscita, aveva raggiunto il suo scopo: rientrare in  questo stage in Inghilterra. La scuola aveva selezionato sulla base della media scolastica e di un test linguistico tra centinaia di partecipanti solamente 30 studenti, che avrebbero vinto un soggiorno di tre settimane completamente gratuito con vitto e alloggio presso una famiglia e l'opportunità di frequentare lì dei corsi di inglese che avrebbero permesso loro di affrontare una volta tornati a casa un esame linguistico molto difficile. La ragazza era una di loro e ad essere onesti per un soffio, ma questo per lei non rivestiva alcuna importanza, si sentiva parte di un gruppo elitario e ne era orgogliosa. La sua mente cominciò a vagare e a passare da un pensiero all'altro, cercava di immaginare la città, i suoi abitanti e anche la sua nuova “famiglia” tipicamente inglese con una casetta a due piani con le tendine colorate, un giardinetto, dei bambini e magari anche un cane assecondando così i tipici stereotipi sugli inglesi. E' da precisare che non avrebbe condiviso questa avventura nella “English Family” completamente da sola... anche una sua compagna di classe Rachele aveva passato la selezione. Rachele aveva 18 anni e le lingue straniere come l'inglese la appassionavano molto e sopratutto nutriva un interesse speciale per le lingue orientali che un giorno avrebbe sognato di studiare. Era una ragazza abbastanza socievole devota ai suoi amici e paziente, con Sara non erano molto amiche, ma per essere compagne di classe avevano ottimi rapporti, non trascorrevano spesso tempo insieme, quindi questa, senza dubbio, rappresentava un'opportunità per conoscersi meglio, visto che  erano state entrambe assegnate alla stessa famiglia. Rachele si presentava come la tipica ragazza della porta accanto aveva dei lunghi capelli mossi castani tendenti al rossiccio e degli occhi marroni quasi a mandorla, amava indossare felpe di personaggi dei cartoni e aveva una passione sfrenata per i Beatles.
Ad un certo punto il cellulare di Sara squillò: era un messaggio di Rachele :” Sei già in aeroporto?”, “Non ancora, ma sto arrivando comunque” scrisse Sara e ciò corrispondeva a realtà, perché ormai mancava davvero poco all'arrivo al terminal dove avrebbe conosciuto anche gli altri suoi compagni di viaggio provenienti da classi diverse dalla sua, “Una buona occasione per conoscere persone nuove” penso tra sé e sé, non aveva ancora idea di quello che l'avrebbe attesa non appena scesa da quella macchina.
  
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