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Autore: Strega_Mogana    09/01/2015    9 recensioni
Apri la porta quasi con violenza.
Tutto si ferma.
Nulla ha più importanza.
Lei è davanti a te.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Ron Weasley, Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus, Ron/Hermione
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto, Da Epilogo alternativo
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Premessa: Questa storia è l’ultima di una mini-serie iniziata quattro anni fa e mai finita perché mancava un pezzo che ritenevo fondamentale per la storia.
Ora l’ho conclusa e mi sembra di chiudere un cerchio, un cassetto rimasto socchiuso nella mia scrivania di Fanwriter.
Prima di leggere questa storia è necessario che leggiate (in serie):
- Condannata ;
- E’ così che dev’essere;
- Puttana.


Ci penserai domani

La notte sorge pigra e piena di amarezza.
Come tutte le notti della tua inutile, falsa vita.
Non vivi.
Sopravvivi.
O, almeno, ci provi.
Giorno dopo giorno.
Riempiendo le tue giornate con impegni futili, alcuni più importanti di altri, ma che non lasciano nulla in te. Non riempiono quel vuoto che hai nell'anima.
Quel vuoto che in questi ultimi quattro anni è diventata una voragine. Un buco nero che assorbe ogni energia dal tuo corpo, che si porta via tutto.
Nessuna gioia. Nessun sorriso. Nessuna vita degna di essere vissuta.
Sopravvivi e non sai ancora come di preciso.
Non sai neppure perché.
Porre fine alla tua vita sarebbe facile. Pochi gesti. Qualche lampo di luce. Una boccetta di veleno ingoiata alla velocità di un boccino d'oro e... fine.
Basta buio dell'anima. Basta freddo di un'esistenza vuota e priva di scopo.
Basta tutto.
Sarebbe semplice
Ma sei un vigliacco.
Lo sei da quando l'hai lasciata andare. Da quando non ti sei sentito degno di amarla come meritava.
Ci penserai domani.
E' una frase ormai impressa nella tua mente.
Te lo ripeti ogni sera quando trovi il coraggio di guardati allo specchio.
Quando ti lavi la giornata dalla faccia e vedi le occhiaie scure. Le rughe. Gli occhi vuoti ed inespressivi.
Sei vuoto dentro. Arido. Gelido.
Hai abbandonato tutto.
Hogwarts è solo un castello nella tua memoria.
Non hai mai voluto tornarci.
Minerva ti ha cercato per un po'. Ti ha quasi supplicato di tornare, di ripensare a quello che stavi perdendo.
Una casa.
Una famiglia.
Ma quella vecchia casa di torri e corridoi non è mai stato un luogo veramente felice. Ogni sasso è impregnato di ricordi dolorosi che non vuoi rivivere.
E quella famiglia di cui parla Minerva non ha perso l'occasione voltandoti le spalle in quell'unico anno in cui sei stato Preside. Etichettato semplicemente come assassino senza che nessuno cercasse di andare oltre le apparenze.
Era quello lo scopo di ogni tua azione, in fin dei conti. Farti odiare. Essere detestabile. Qualcuno che nessuno avrebbe pianto. Una tomba anonima in un cimitero silenzioso.
E, nonostante tutto, nonostante tu sapessi a cosa andavi incontro dopo l'omicidio di Albus, hai sempre sperato che qualcuno cercasse di vedere dietro la maschera che ti eri imposto di indossare.
Nessuno ci ha provato.
Nessuno a tentato di capirti.
No, ti sbagli. Qualcuno c'è stato e tu, stupido mago codardo, l'hai cacciata via.
Hai eliminato la sua luce per precipitare in quella densa ombra che alcuni chiamano vita.
Ti passi una mano sul volto spigoloso.
Troppo magro.
Troppo pallido.
Troppo... tutto.
Dovresti fare qualcosa.
Ci penserai domani.
Lasci il bagno e vai in quella camera fredda che accompagna i tuoi sogni agitati.
Non prendi più neppure la pozione del sonno.
Ti meriti ogni incubo.
Anche l'alcool non ti aiuta più. Hai abbandonato la bottiglia la sera in cui, guardandoti allo specchio, hai visto Tobias e non Severus.
Era troppo anche per te.
Pensi di andare a letto.
E' tardi. Vuoi dormire anche se sai che ti agiterai in un groviglio di lenzuola zuppe di sudore.
E' in quel momento che lo senti. Un rumore provenire da lontano, in quella via che ti ha visto crescere con vestiti smessi. Quel quartiere testimone di quel pomeriggio in cui hai cacciato tuo padre di casa. Ormai stanco delle botte, stanco di quella vita meschina e di quel sentirti sempre inferiore sotto le sue parole cariche di odio.
L'hai buttato fuori mentre tua madre piangeva in camera da letto con un nuovo occhio nero da nascondere.
Hai provato a consolarla, dicendole che ti saresti preso cura di lei.
Lei ti ha guardato con quel suo sguardo vuoto, ormai spogliata della sua dignità; ti ha regalato un sorriso tremolante e con voce strozzata ti ha detto che non importava quanto quell'uomo fosse violento: era suo marito e lei lo amava comunque.
Nonostante tutto.
E' morta di crepacuore dopo qualche mese. Dopo settimane passate per i vicoli di Londra cercandolo in ogni pub che frequentava.
Il rumore arriva di nuovo, questa volta più vicino e porta via il ricordo di tuo padre e le sue urla. Si porta via l'immagine di tua madre avvolta in vestiti pesanti e mal messi che trascina i piedi nelle vie cercando il marito.
Non hai mai saputo che fine avesse fatto lui. L'uomo che ha reso possibile la tua nascita in quel mondo crudele e freddo.
Non ti è mai davvero importato.
Sbuffando scendi le scale e attendi davanti alla porta d'ingresso.
Il rumore torna, seguito subito da un debole bussare.
Apri la porta quasi con violenza.
Tutto si ferma.
Nulla ha più importanza.
Lei è davanti a te.
Piange lacrime silenziose. Stringe la bambina al petto coperto solo da un reggiseno. Ha gli occhi gonfi, del sangue sulle labbra, un livido sulla guancia.
La mano che stringe la bacchetta trema. Anche sulle braccia ci sono dei lividi.
- Io... io... - singhiozza lei – non... non sapevo dove andare...
Ti precipiti fuori.
Avvolgi entrambe in un abbraccio. Lei ha la pelle fredda, trema, la bambina si stringe a lei e piange. Gli occhi serrati con forza su un mondo che le ha fatto improvvisamente troppa paura.
Noti un pupazzo di pezza stretto dalle sue piccole braccia.
Le fai entrare e prendi una coperta dal divano, avvolgendole.
Vi guardate e non servono domande per capirvi. Non sono mai servite.
Tutto torna come quattro anni fa.
L'ultima volta che vi siete visti eravate in una chiesa.
Lei indossava un abito bianco e una maschera di dolore e lacrime.
L'hai lasciata andare credendo che la sua vita sarebbe stata più facile senza di te.
Senza le tue ombre.
Senza quel Marchio che ha divorato la tua vita e la tua anima.
Volevi solo il meglio per lei.
La tua felicità non era importante.
Non è mai stata importante.
Credevi che, prima o poi, saresti stato in grado di superarlo.
Ci penserai domani.
Ed ora la donna che non hai mai smesso di amare è davanti a te.
Ferita. Spaventata dall'uomo che avrebbe dovuto renderla felice e amarla.
E vedi lo stesso sguardo vuoto di tua madre.
Non puoi sopportarlo.
- Andate di sopra. La camera...
- Mi ricordo bene dov'è. - risponde lei cercando di coprire meglio la bambina con la coperta.
Torna a guardarti.
Vorresti accarezzarla.
Stringerla.
Vorresti ancora amarla non solo con un cuore oscuro, ma anche con il tuo imperfetto corpo coperto di cicatrici.
Ci penserai domani.
- Io torno subito.
Il terrore affiora nel suo sguardo, allunghi una mano e le accarezzi un braccio coperto dalla coperta.
- Siete al sicuro. Metterò incantesimi di protezione, nessuno saprà che siete qui. Va bene?
Lei annuisce e si dirige verso le scale.
La bambina dice qualcosa, ma non capisci le parole.
Hermione la rassicura, le sussurra qualcosa con dolcezza, nonostante i lividi e il sangue sulle labbra.
Esci di casa, la notte è fredda, senza luna, con qualche pallida stella che fa capolino.
Lanci incantesimi di protezione alla casa. Sei meticoloso, preciso.
Come sempre.
Guardi la notte con sguardo duro e feroce.
Ti smaterializzi con velocità.
La casa che ti ritrovi davanti è uguale a tutte le altre villette vicine. Una casa come le altre. Bianca, con un giardino curato, lo steccato.
La casa di una famiglia normale. Semplice. Apparentemente felice.
Qualcosa che non credevi di poterle offrire.
La porta di casa è ancora aperta. Percorri veloce il vialetto ed entri in casa.
Arriva del rumore della cucina.
Una risatina trascinata.
Rumore di vetro e qualcosa che scorre.
Conosci quel rumore.
Conosci anche quella risata.
Serri la mascella furioso. Le mani si stringono a pugno.
Entri in cucina.
Weasley è seduto sulla sedia.
Sul tavolo, accanto alla bottiglia vuota e a quella che ha appena aperto, c'è uno straccio macchiato di sangue. La carnagione pallida fa spiccare in modo macabro il sangue rappreso sotto il naso. Gli occhi si stanno cerchiando di nero.
Solleva lo sguardo offuscato dall'alcool.
Ti vede e sorride.
Prende il bicchiere e lo solleva nella tua direzione.
- Ecco arrivato il paparino.
La voce è strascicata. Nasale.
Fai una smorfia disgustato mentre lui beve in un sorso solo il liquore.
Stringi così tanto la bacchetta che puoi quasi sentire il legno scricchiolare sotto le dita.
Il bicchiere viene posato con violenza sul tavolo.
Lui si alza.
Tu resti fermo.
Sai che se ti muovi anche solo di un millimetro potresti ridurlo in pezzi. Bruciare ogni centimetro di quella casa. Ogni istante di quella vita d'inferno dove tu l'hai gettata.
Come potrai parlare ancora?
Come potrà amarti di nuovo?
Ci penserai domani.
Malfermo sulle gambe si avvicina a te.
A pochi centimetri dal tuo viso.
Puzza di alcool, sudore e sangue.
Tu resti fermo.
- Saresti così fiero di lei... - alita sul tuo viso – così forte. Così determinata. Con quello sguardo. - un dito punta i tuoi occhi e ghigna – Questo stesso sguardo. Non mi dovrei stupire... ad un anno aveva già mostrato segni di magia. E nessuno della mia famiglia ha mai fatto la sua prima magia spontanea prima dei due anni. Davamo i meriti ad Hermione... - non ti piace come esce il suo nome dalle sue labbra – ma non era solo merito suo. - sorride ancora e ti batte una mano sulla spalla – Come ti senti ora, papà Severus? Sei fiero di quel piccolo mostriciattolo che mia moglie ha voluto chiamare come tua madre?
Scatti all'improvviso.
Il tuo corpo quasi si muove da solo.
La mano che non stringe la bacchetta lo colpisce in pieno viso.
Cade a terra, picchiando la schiena sulla gamba del tavolo.
In sangue torna a scorrere dal naso. Sullo zigomo si è aperto un taglio.
La tua mano pulsa e fa male.
Dovrai metterci del ghiaccio.
Ci penserai domani.
Ron ride mentre si toglie il sangue con il dorso della mano.
Lo sovrasti con il tuo corpo, mentre lui continua a ridere e pulirsi il sangue dalla faccia con scarsi risultati.
- Non ti avvicinerai più a loro, Weasley. - sibili con odio e disgusto – Non le cercherai più. - ti chini su di lui, lo afferri per la maglietta e lo avvicini al tuo volto – Lo saprò se proverai anche solo a pensare a loro, e, se succederà, io tornerò e finirò il lavoro. Posso garantirti che non sarò veloce ed indolore.
Brilla un lampo di sfida in quello sguardo perso, velato dall'alcool e della gelosia.
Non ti risponde.
Lo lasci andare e ti volti.
- Puoi tenerti quella puttana! - urla alle tue spalle Ron – E anche quella piccola bastarda!
Ti volti con uno scatto.
- Crucio!
Weasley spalanca gli occhi dallo stupore e dal dolore.
Puoi far paura anche senza una maschera argentata. Senza un mantello nero che ti avvolge o un marchio che illumina la notte di verde sopra la tua testa.
Urla. Si dimena sul pavimento. Il sangue esce ancora dal naso e dalla ferita sullo zigomo.
Digrigni i denti mentre lui si dimena sulle piastrelle della cucina, senti il cuore battere furioso in petto, la pelle formicolare.
Smetti solo quando sviene.
Inerme sul pavimento della cucina.
Non resti a fissarlo.
Senti che non saresti più in grado di fermarti.
Ti volti di nuovo e sali velocemente le scale.
Ti orienti facilmente e trovi la camera da letto.
Lanci una veloce occhiata al letto disordinato, alla macchia rossa sulle coperte. C'è la copertina della Gazzetta del Profeta. La tua foto ti fissa con sguardo accusatore.
E' colpa tua.
L'hai lasciata cadere in un inferno. E non hai potuto, anzi non hai voluto, salvarla.
Puoi solo curarle le ferite.
Ci penserai domani.
Arrivi all'armadio e lo spalanchi.
Fai sparire ogni vestito e oggetto di Hermione. Non lasci nulla di lei in quella stanza.
Esci dalla camera e cerchi quella della bambina.
Quando la trovi ti fermi un istante di più a contemplarla.
E' ordinata, sui colori del lilla come il pigiamino che indossava tra le braccia della madre.
Non è il tuo colore preferito, ma ad una bambina è concesso amare i toni pastello.
Entri con passo delicato, come se invadessi un mondo che non ti merita.
E per quattro lunghi anni l'hai pensato veramente.
Non sei stupido né un ingenuo.
Hai visto la bambina solo una volta al Ministero, di sfuggita, senza che Hermione ti notasse.
Ti avvicini ad una mensola ingombra di animali di pezza e noti una fotografia. Ci sono solo Hermione e la piccola Eileen.
Sorridono e salutano dalla cornice.
La bambina avrà poco più di due anni.
No, non sei stupido.
Avevi notato i suoi lineamenti e quei capelli neri troppi lisci.
Non hai mai pensato a te come padre.
Non sai come si fa il padre.
Non hai un buon esempio da imitare.
Hai lasciato andare anche lei pensando che Weasley fosse un padre migliore di te.
Un papà e non un semplice padre.
Pensavi che Eileen fosse circondata da una chiassosa, solare famiglia che tu non avresti mai potuto darle perché non c'è nulla di chiassoso nel tuo mondo, né di solare.
Ci sono urla. Incubi e oscurità. E un’etichetta da assassino Mangiamorte con cui, prima o poi, dovrà fare i conti.
Come puoi crescere una figlia in quel mondo oscuro che ti circonda?
Ci penserai domani.
Fai sparire i giocattoli della bambina e i suoi vestiti nello stesso modo in cui hai fatto sparire gli oggetti di Hermione.
Tieni ancora la cornice in mano quando scendi le scale cercando altri oggetti da far evanescere.
Weasley è ancora svenuto sul pavimento. Gli lanci un'occhiata veloce per assicurarti che non darà fastidio per un po' di tempo.
Esci da quella casa degli orrori.
Attorno a te c'è ancora la notte buia, priva di luna e con le pallide stelle.
Ti smaterializzi.
Vedi una luce brillare dietro i vetri della tua camera.
Entri in casa e senti subito l'odore di una pozione.
Sigilli la porta alle tue spalle. Ti rendi conto che hai ancora la fotografia in mano.
Entri nel salotto ora sommerso di vestiti da donna e giocattoli dai colori pastello.
Ti avvicini al camino.
E’ spento, dovresti accenderlo per far entrare un po’ di calore.
Ci penserai domani.
Appoggi la cornice sulla piccola mensola sopra il caminetto. Sfiori il volto di Hermione con due dita e sorridi alla piccola Eileen che non sa chi tu sia realmente.
Vai al piano di sopra.
La luce filtra dalla porta della tua camera. In corridoio l’odore della pozione è più forte, senti anche il profumo del tuo bagnoschiuma.
Apri la porta lentamente.
Hermione e la bambina sono sdraiate nel tuo letto.
Lei indossa un tuo pigiama riadattato per il suo corpo.
Eileen dorme, sembra tranquilla. Stringe il pupazzo di pezza che ora riconosci come un unicorno.
Lei le accarezza il volto con dolcezza, sulla scrivania c'è un tuo piccolo calderone fumante.
Pozione cicatrizzante, ne riconosci l'odore.
I lividi sul suo volto e sulle braccia stanno già passando.
Ha un taglio in via di guarigione.
In un paio di giorni le ferite del corpo saranno guarite. Quelle dell'anima ci vorrà di più.
Molto di più.
- Ho preso qualche ingrediente dalla tua dispensa per le pozioni. - mormora lei con un filo di voce senza staccare gli occhi dalla bambina – Le ho dato una Pozione Calmante. Era spaventata.
Resti fermo sulla soglia della camera.
Non sai cosa fare.
O forse lo sai ma non hai il coraggio di farlo.
- Come ti senti?
Hemione chiude gli occhi stanca.
- Avrei dovuto lasciarlo quando è nata Eileen. - sussurra lei, una lacrima rotola sulla guancia pallida, le sposta una ciocca di capelli dal volto, le sfugge un tremolante sospiro – Ho pregato che i suoi capelli fossero rossi.
- Dormo nell'altra stanza.
- No! - solleva lo sguardo dalla figlia – Resta qui. Per favore.
- Hermione...
- Ti prego, Severus. Resta qui.
Cedi sotto il suo sguardo. Sotto la sua preghiera.
Non vuoi lottare. Non contro di lei. Non contro di loro.
Sei stanco della tua vita oscura e gelida.
Forse te ne pentirai.
Ci penserai domani.
Ti avvicini piano, ti cambi mentre lei fa spazio nel grande letto matrimoniale che in quegli anni hai cercato di scaldare con donne di poco conto.
Ti sistemi alle sue spalle.
Le circondi la vita con un braccio. L'altro sotto la testa.
Lei si modella nella conca che ha creato il tuo corpo.
Un perfetto incastro che non hai mai dimenticato.
Il suo profumo ti avvolge.
Ti accarezza.
Ti bacia.
Ti ama.
Neppure questo l'avevi mai dimenticato.
Senza rendertene conto hai chiuso gli occhi ed ispirato il suo profumo a pieni polmoni.
La stringi a te e lei te lo lascia fare.
Senza domande.
Ti accarezza la mano appoggiata sul suo ventre.
Non hai visto il suo corpo cambiare per accogliere quella nuova vita. Non l'hai vista nascere.
Ti sei perso i primi sorrisi.
Le prime parole e i primi passi.
Senti un macigno all'altezza del cuore.
Affondi il volto tra i suoi ricci.
Hanno lo stesso profumo di quattro anni fa.
- E' colpa mia... - le sussurri con dolore tra i boccoli.
- Non è vero.
Non si volta. Avvolta dal tuo corpo continua a accarezzare la bambina e la tua mano.
Non vuoi che si volti. Non sai se puoi reggere il suo sguardo.
- Ti ho lasciato andare.
- Io te l'ho lasciato fare, Severus. Non mi sono ribellata. Ho sposato Ron... forse… forse dentro di me pensavo che avevi ragione.
La stringi ancora.
Osi baciarle una piccola porzione di pelle che si intravede tra i suoi capelli.
Lei trattiene il respiro. Freme tra le tue braccia.
- Ora cosa facciamo, Severus?
Sospiri e le baci di nuovo i capelli.
- Ora dormiamo. Al resto ci pensiamo domani.

FINE
   
 
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