< Medico! >
Tutti urlano, intorno a me.
Ed io rimango fermo, con le mani tra i capelli ed il cuore congelato, ma non solo per il freddo.
< Dottore! >, gridano ancora i feriti, ed io mi tappo le orecchie per non sentire le loro voci rese stridule dal dolore e dall’agonia.
< Il medico! Ho bisogno del medico! >, esclama qualcuno, tossendo fino a rimanere senza fiato.
Forse sta soffocando nel suo stesso sangue.
Forse sta morendo.
Ma dov’è quel dannato dottore?
Un colpo rimbomba vicino a me.
Gemo.
Tutto sembra andare al rallentatore, ora.
Il sangue inizia ad imbrattarmi la divisa, gocciolando poi sulla neve candida, sporcando il suo bianco candore.
Cerco di fermarlo, ma quel liquido rosso non cessa un attimo di uscire in un rivolo che si sta lentamente trasformando in un torrente in piena.
Mi hanno colpito.
Io, che credevo di essere immortale.
< Dottore… >, chiamo piano, accasciandomi privo di forze al suolo gelato, che così contrasta con il sangue caldo che ormai mi ha coperto completamente come un vestito scarlatto.
Ma il dottore non viene, non arriva nessuno, né da me, né da tutti gli altri feriti agonizzanti.
< Sono io il medico >, mi rendo conto all’improvviso.
E quello è il mio ultimo pensiero.
Poi sprofondo nell’oblio.