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Autore: FireFistAce    10/01/2015    5 recensioni
Salve! Questa storia è il mio primo Crossover e, quindi, la prima Jelsa che scrivo. Piccola precisazione: i capitoli sono alternati, dopo il prologo sono Jack, Elsa, Jack, Elsa, ecc...
Spero che vi piaccia!
Dal capitolo due:
"Jack (si chiamava così, giusto?) si rimise in piedi subito, volteggiando fino a terra e atterrando con grazia.
Ora che lo guardavo bene, notai che doveva avere più o meno la mia età, ed era vestito in modo improponibile per uno che aveva planato sulle montagne innevate: una leggerissima felpa blu con le maniche lunghe, un paio di pantaloni marroni a pinocchietto e basta. Non aveva le scarpe, non aveva le calze, una sciarpa, un paio di guanti, niente. [...]"
Dal capitolo tre:
"Avrei voluto farle un sacco di domande in quel momento.
Non hai freddo? Non sei stanca? Non vuoi tornare a casa?
Invece rimasi in silenzio e la accontentai, passando intorno a una nuvola conica che andava verso l'alto, girandole intorno e poi capovolgendomi per tornare verso il suolo a capo in giù.
Sentii le sue braccia stringermi il collo e il suo viso affondare nella mia spalla mentre cadevamo a velocità folle verso il basso.
“Hai paura?” chiesi preoccupato.
“No”
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, I Cinque Guardiani, Jack Frost, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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La fine
 

Non ho ricordo di cosa è successo da quando ho salutato Jack Frost a quando mi sono risvegliata. Mi sembrava di aver dormito per un periodo di tempo lunghissimo e di risvegliarmi emergendo da un abisso oscuro.

La prima cosa che vidi fu la luna piena, splendente nel cielo, al di là degli alberi; subito dopo riconobbi la mia stanza, anche se non riuscivo a capire come mai fosse completamente ricoperta di ghiaccio nero. Ero sdraiata a terra, con la faccia rivolta verso il pavimento.

Sentivo il mio nome che risuonava nell'aria, come se mi chiamasse qualcuno, ma non c'era nessuno intorno a me.

“Hai ancora un compito da svolgere, Regina dei Ghiacci”

Mi alzai in piedi senza capire cosa stava succedendo, poi sentii la porta spalancarsi con un enorme botto e Anna apparve sulla soglia.

“Anna! Che succede?” le chiesi vedendola arrivare così di corsa, ma invece di rispondermi lei lanciò un grido spaventoso che mi fece gelare il sangue nelle vene.

Mi spaventai pensando che stesse male e le corsi incontro mentre si accasciava a terra, le mani premute sugli occhi che iniziavano a riempirsi di lacrime.

“ANNA!” esclamai, ma non appena mi inginocchiai accanto a lei capii che qualcosa non andava.

Le mie mani, che avevo allungato verso di lei per aiutarla, le passarono precisamente attraverso. Mi ritrassi spaventata.

“Ma che...”

In quel momento arrivarono correndo Kristoff, alcune cameriere e il maggiordomo capo. Sentii tutti quanti trattenere il fiato mentre guardavano nella mia camera.

“Oh mio Dio” sussurrò Kristoff, affiancando Anna e abbracciandola. Lei si strinse nel suo maglione continuando a singhiozzare.

“Qualcuno mi dice che sta succedendo?” gridai nel panico, ma non mi fu data nessuna risposta.

Perché non potevo toccare mia sorella? Perché tutti quanti stavano piangendo in silenzio guardando in camera mia? Ma soprattutto, perché mi sentivo così angosciata nel girarmi per capire cosa stessero fissando?

Il maggiordomo capo entrò nella mia stanza, passandomi accanto senza praticamente vedermi, per fermarsi pochi passi dopo. Mi voltai molto lentamente.

Trattenni il respiro, sentendomi male. Davanti all'uomo c'era un corpo, disteso a faccia in giù, le braccia aperte, gli occhi sbarrati e una pozza di sangue intorno.

Era il mio corpo.

“No. Oh no” sussurrai coprendomi le mani con la bocca.

Non era possibile, ero sicura che non fosse possibile. Io ero ancora lì, li stavo vedendo tutti quanti, potevo muovermi, potevo parlare, respiravo.

Ero viva, non poteva essere altrimenti.

“Anna. Anna, guardami, ti prego, Anna sono qui” iniziai a chiamarla e a scuoterla ma le mie mani non la toccavano ed ero sicura che lei non mi vedesse.

La mia voce si incrinò.

“Anna... ti prego. Io sono qui” implorai, ma era tutto inutile. Non mi poteva sentire.

Mi strinsi le braccia al petto mentre la verità si faceva strada dentro di me: ero morta. Per qualche ragione che non riuscivo a ricordare, io ero morta e adesso ero in un limbo da cui non riuscivo ad andarmene.

Ma la cosa peggiore era che dovevo essere spettatrice del dolore di chi mi aveva amata.

Come in un sogno vidi il mio corpo che veniva portato via dalle guardie del castello e poi la mia stanza tornare silenziosa.

Il ghiaccio ancora brillava alla luce della luna, con i suoi riflessi neri come la pece.

Sfiorai con la punta delle dita una parete congelata, cercando conforto almeno lì dove lo avevo sempre trovato, ma stavolta non lo trovai.

Non so bene dopo quanto tempo mi alzai. Dovevo cercare Anna, anche in quel modo dovevo starle vicina. Avevo promesso di proteggerla e rimanerle accanto sempre. Era mia sorella in fondo!

Barcollai fino alla porta della sua camera, che trovai chiusa. Fuori c'era Kristoff che bussava.

“Anna, fammi entrare, ti prego” le stava dicendo, ma lei non rispondeva, proprio come avevo fatto io una volta molto tempo prima.

Olaf non c'era, notai, ma forse era con Sven.

“Anna, per favore. Non stare da sola adesso” ripeté Kristoff, ma da mia sorella non ci fu risposta.

Controllai che la mia mano passasse attraverso la porta, visto che riuscivo a passare attraverso le persone, poi entrai in camera di Anna.

Era sdraiata nel letto, raggomitolata al centro come quando eravamo bambine, e stava piangendo. Stringeva a sé il cuscino come se fosse un'ancora di salvezza. Mi avvicinai per guardarla meglio.

“Anna. Anna mi vedi? Anna...” provai di nuovo, ma la voce mi si spezzò.

Non potevo fare altro che sdraiarmi accanto a lei e far finta di poterla toccare, abbracciare come facevo quando eravamo piccole e lei aveva paura del buio.

“Elsa” sussurrò, e quasi pensai che mi avesse sentita. “Elsa, si è svegliato il cielo, dobbiamo fare un pupazzo di neve, te lo ricordi?” disse.

“Me lo ricordo, Anna” risposi.

Si raggomitolò ancora di più, il volto inondato dalle lacrime.

“Non puoi andartene. Non puoi farlo proprio adesso che ci eravamo ritrovate, che avevamo finalmente aperto le porte” sussurrò singhiozzando.

Posai una mano sulla sua, anche se non potevo nemmeno sfiorarla, sperando che percepisse che ero lì, che non me ne ero andata.

Aprì gli occhi e guardò attraverso di me, verso la finestra. Poi si mise a cantare.

“Ed ora che farò? Sono sola ormai. Quale conforto avrò? Ora tu mi manchi troppo”

Il mio cuore si spezzò.

 

Guardai da lontano il mio funerale, senza poter fare niente per diminuire il dolore di mia sorella e di tutti gli altri.

Era straziante rimanere ferma ad osservare tutte quelle persone soffrire per causa mia, ma ancora più straziante era non ricordare niente.

Avevo provato a farmi tornare in mente il momento in cui ero morta, uccisa o altro, ma l'ultimo ricordo che avevo di me in vita era l'istante in cui avevo salutato quel tipo, Jack Frost.

Che c'entrasse lui con tutto questo?

Quando finì il funerale tornai indietro fino al castello ma sapevo che lì non potevo far niente.

Non potevo parlare con nessuno, non riuscivo a sopportare quel dolore, non sapevo cosa fare.

Forse fu per questo che mi allontanai dal corteo, diretta verso il fiordo; camminai sulla lastra ghiacciata attraversandolo e poi decisi di andare fino al mio palazzo.

Là sarei stata sola, avrei potuto rimettere in ordine le idee. Anche se non c'era molto da mettere in ordine: ero morta. Punto.

Quel pensiero mi fece bloccare in mezzo alla neve e mi fece sentire incredibilmente sola. Ero morta ed ero rimasta sulla terra come... cosa? Un fantasma? Uno spirito? Cosa ero diventata?

Ripresi a camminare ma mi sentivo perduta, ero stanca e mi bruciavano gli occhi dalle lacrime.

Poi mi resi conto che ero per strada da troppo tempo.

Mi fermai e mi guardai intorno: il mio palazzo avrebbe dovuto essere comparso già da un po'.

Perché non c'era?

“Ti stavo aspettando” disse qualcuno dietro di me.

Mi voltai spaventata.

Il bastone piantato a terra, lui seduto sopra... Jack Frost mi stava guardando con un'espressione seria in viso, il cappuccio calato sulla testa e un braccio appoggiato sul ginocchio destro.

Non capii subito che stava parlando con me, almeno fino a che non mi atterrò leggiadramente davanti e si tolse il cappuccio.

“Mi dispiace per quello che ti è successo” disse con voce lugubre.

“Come puoi vedermi?” domandai. Tra tutte le cose che avrei potuto chiedere, quella era l'unica che mi era venuta fuori, ma alla fine era probabilmente il punto d'inizio di tutta quella situazione paradossale.

“Ti ricordi che ti avevo detto che eravamo simili? Che non eravamo uguali?” mi chiese.

“Sì, me lo ricordo” risposi.

“Be', ora lo siamo. Ora siamo uguali” spiegò.

Lo fissai inizialmente senza capire.

“Tu sei morto?”

“Sì, sono morto e poi sono rinato. Proprio come te” confermò.

Si stava lentamente avvicinando a me, ma non volevo.

“Ti prego, stammi lontano” dissi. Si bloccò come scottato.

“Devi venire con me. Sono venuto a prenderti” mi assicurò.

“Come posso sapere che questa non è colpa tua? Come puoi anche solo pensare che io ti creda?” lo aggredii.

Jack Frost distolse lo sguardo e fissò la valle in fondo alla montagna, là dove c'era Arendelle.

“Non posso pretenderlo, hai ragione. Ma non è cambiato niente dalla settimana scorsa, da quando ti ho promesso di insegnarti a comandare i tuoi poteri” rispose.

“Io non ti credo. Non posso credere a te e a tutta questa situazione assurda!” gridai tra le lacrime.

Non bastava che avessi avuto addosso una maledizione in vita, adesso dovevo averla anche da morta. Perché la mia intera esistenza doveva essere un susseguirsi di sofferenze? Perché, se proprio avevo dovuto morire, non potevo riposare in pace?

“Elsa, ascoltami d'accordo? Non so perché sei morta, ti giuro che non lo so. Ti ho aspettato fuori da quella finestra per ore e non ti sei presentata all'appuntamento. Allora mi sono affacciato nella tua stanza ma ti ho vista riversa a terra, piena di sangue, e ho capito che non c'era più niente da fare” mi disse. Mi misi le mani sulle orecchie per non sentire. Non volevo ascoltare.

Jack si avvicinò a me e mi strattonò i polsi.

“Quando sono tornato a casa, l'Uomo della Luna mi ha detto di venirti a prendere, che sei anche tu una guardiana adesso. Che tu lo voglia o no, la tua vita è questa da ora in poi”

“Smettila! Non voglio!” urlai.

Caddi a terra sentendo le forze abbandonarmi, chiedendomi se per caso non stessi finalmente morendo, stavolta davvero.

Ma sapevo che non era così, me lo sentivo.

Vidi il viso di Jack Frost davanti al mio che lentamente si sfocava e sentivo la sua voce sempre più lontana.

“Te l'ho promesso una volta, te lo ricordi? Io non ti lascio cadere” mi sussurrò prima che perdessi coscienza.

  
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