Videogiochi > Mass Effect
Segui la storia  |       
Autore: Nymeria90    11/01/2015    2 recensioni
Tutti conosciamo la storia del comandante Shepard, ma della persona che era prima di diventare il paladino della galassia e dell’umanità sappiamo ben poco. La mia storia si propone di ricostruire le origini di Shepard prima che diventasse comandante, dalla nascita fino al suo arrivo sulla Normandy SR1.
“ La notte calò sul pianeta Akuze. Una notte senza stelle, illuminata solo dalla flebile luce di una piccola luna, lontana e stanca. Nel silenzio assoluto di un pianeta senza vita giacevano i corpi di chi, quella vita, aveva tentato di portarcela.
Cinquanta uomini e donne erano arrivati sul pianeta alla ricerca di gloria e conquista, di loro non rimanevano che i corpi spezzati sparsi per il deserto.
[...]. Erano morti tutti. Tranne uno.”
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Stazione Arcturus, 2177
 
Erano passati tre mesi da quella famosa discussione che aveva decretato la fine di quell’amore che avevano avuto l’arroganza di definire “eterno”. Tre mesi da quando Sasha aveva accettato di diventare un N7 per dare un senso alla sua esistenza.
Il percorso di valutazione della “33” era terminato e la squadra si apprestava a compiere la sua ultima missione al comando di quel giovane tenente che già tutti chiamavano “comandante”. Sasha non aveva più parlato con Shepard da quel giorno, quando il loro amore era naufragato sugli scogli della sua ambizione.
L’anello con cui lui le aveva chiesto di sposarlo, e che si era rifiutato di riprendere, era infilato nella catenina che portava al collo, ad ogni passo tintinnava contro la medaglietta di riconoscimento che le avevano dato il giorno in cui era diventata un soldato. Ad ogni passo quel tintinnio metallico le ricordava che le sole due cose che desiderava al mondo erano incompatibili l’una all’altra. Ogni giorno, ad ogni passo, doveva scegliere tra la sua ambizione e l’amore della sua vita. Ed ogni giorno, ad ogni passo, sceglieva l’ambizione.
La serenità dei momenti passati con Alex sbiadiva di fronte alla prospettiva di essere celebrata proprio da coloro che avevano gettato la sua vita nel fango.
Il solo pensiero dei volti fieri degli uomini e donne, che avevano sempre deriso le sue origini e disprezzato il suo sangue, chini davanti alla gloria che si sarebbe conquistata, era più allettante di qualunque promessa di anonimo amore. L’Alleanza le aveva negato un padre e una famiglia; l’Alleanza le aveva negato un nome: avrebbe strappato all’Alleanza un titolo in grado di far tremare le montagne di tutti i mondi.
Con sicurezza percorse i corridoi che l’avrebbero portata agli hangar d’imbarco, gli scarponi che risuonavano sul pavimento metallico, accompagnata dal tintinnio dei cimeli che portava al collo.
Quando entrò nell’hangar lo trovò decisamente affollato; un’innumerevole quantità di uomini e donne in divisa brulicavano attorno all’Incrociatore dell’Alleanza che li avrebbe portati a destinazione. Stavano ancora caricando i mezzi di trasporto che avrebbero assistito le truppe nel corso della missione.
Si attardò un istante ad osservare i lavori di carico, notò che alcuni soldati si aggiravano già per l’hangar in attesa di salpare, come lei. Fu con sollievo che constatò che nessuno della “33” era ancora arrivato: era stata lei a volere quella missione e, anche se si trattava del loro lavoro, non poteva ignorare il fatto che stava mettendo a repentaglio le vite dei suoi amici per la sua ambizione. Non era ancora così cinica da riuscire a guardarli negli occhi senza provare un fremito di colpa.
Sospirò, mentre osservava lo scafo malandato dell’incrociatore che, come tutti gli incrociatori della flotta dell’Alleanza, portava vergato sulle fiancate il nome di una città terrestre; “Adelaide” si chiamava la nave che li avrebbe condotti a compiere la loro ultima missione insieme.
Si aggirò tra i ponti di attracco, lasciando scivolare lo sguardo sugli scafi luccicanti delle navi a riposo; fortunatamente la Kilimangiaro era partita poco dopo il suo incontro con il capitano Shepard.
Immaginò se stessa a bordo di una di quelle navi, in piedi dietro il sedile del pilota, ad osservare le stelle confondersi in brillanti strisce luminose che spezzavano l’oscurità dello spazio. Eppure, nonostante tutte le sue fantasticherie, nessuna di quelle navi suscitava in lei la minima emozione. Non era ancora nata la nave capace di darle la certezza di aver fatto la scelta giusta.
Di fronte a lei il portellone di una malandata fregata si aprì con un sibilo; ne uscì un uomo in divisa che imprecava contro una cassa di munizioni che stava tentando invano di trascinare fuori. C’era qualcosa nella sua postura, nel modo in cui zoppicava attorno alla cassa, che le fece pensare ad una statua di cristallo sul punto d’infrangersi. Rimase interdetta ad osservarlo, finché lui non voltò il capo nella sua direzione: sotto un usurato berretto militare due vivaci occhi scuri la fissarono con aria polemica.
- Vuoi venirmi a dare una mano o aspetti che mi rompa qualcosa?- l’apostrofò a bruciapelo.
Sasha ebbe un attimo di esitazione che non passò inosservato.
- Sì, sto parlando proprio con te, tipa tosta.- sbottò, acido- Ti decidi a darmi una mano?-
Un po’ stordita attraversò la passerella, chinandosi a raccogliere la cassa, molto più leggera di quanto le sceneggiate dell’uomo facessero presagire.
 – Appoggiala pure sulla banchina. Ci penseranno i magazzinieri a ritirarla.- mentre ripercorreva la passerella al contrario sentì i passi irregolari dell’uomo dietro di lei – Ti starai chiedendo com’è possibile che io non riesca a sollevare una cassa che persino una ragazzina denutrita come te è in grado di portare in giro. -
Sasha si liberò del suo carico nel punto che le aveva indicato, si pulì le mani
sui pantaloni e si voltò a guardarlo, concedendosi pure un sorrisetto – In realtà mi sto chiedendo perché qualcuno non ti abbia ancora sparato.-
Lui ridacchiò, la spessa barba scura gli dava un’aria matura, ma doveva avere all’incirca la sua età: uno dei tanti ragazzi che sognava di far carriera nell’Alleanza.
- Nessuno mi spara perché sono il pilota più dannatamente bravo dell’Alleanza.- decretò, con tono solenne.
Sasha fece vagare lo sguardo da lui alla nave da cui era appena sceso – Sei il pilota di quella nave?-
- Quel catorcio?- fece un verso disgustato – Non spreco il mio talento su un rottame di quel genere.-
Sasha incrociò le braccia al petto, guardandolo con aria ironica – Scommetto che non hai ancora finito l’addestramento.-
Lui si strinse nelle spalle – E con questo? Sono migliore di chiunque altro all’Accademia, persino degli istruttori, ma non lo ammetteranno mai: a nessuno piace farsi battere da uno storpio.-
Non c’era compatimento o polemica nella sua voce, nessuna autocommiserazione: stava solo esprimendo un dato di fatto.
Qualunque fosse la malformazione che gli impediva di sollevare una cassa, non c’erano vergogna o arrendevolezza sul viso fiero del pilota, solo consapevolezza: la consapevolezza di quello che poteva o non poteva fare e di quanto in alto potesse arrivare.
Vide molto di se stessa in quell’uomo irriverente e cinico; un uomo che non aveva problemi a definirsi storpio ben sapendo di essere migliore di molti.
L’ironia di poco prima svanì - E tu continua a batterli.- lo guardò, parlandogli come avrebbe fatto al suo riflesso – Ricorda loro, ogni giorno, che sei il migliore di tutti.-
- Non ho nessuna intenzione di lasciare che se ne dimentichino.- girò lo sguardo sulla nave da cui era appena sceso – Non m’interessa pilotare una fogna come questa. Sono navi mediocri per piloti mediocri.-
- E che nave dovrebbe condurre il miglior pilota dell’Alleanza?-
Gli occhi scuri brillarono sotto la visiera del cappello – Gira voce di un progetto segreto: una collaborazione tra Turian e Umani per costruire una nave da guerra. Se quelle voci sono vere, se quella nave verrà davvero costruita, sarà la più potente e bella di tutta la galassia. – nella sua voce c’era la sicurezza di chi ha visto il futuro e non ha dubbi su quello che accadrà – Io piloterò quella nave. -
In un mondo perfetto quella nave sarebbe stata sua senza dubbio alcuno. Ma non vivevano in un mondo perfetto – Farò il tifo per te, miglior pilota.-
Un sorriso irriverente si dipinse sulle labbra sottili del ragazzo – Non ci sarà alcun bisogno di fare il tifo.-
Gli restituì un sorriso un po’ appannato, chiedendosi se anche le sue ambizioni risultassero così ingenue agli occhi di un estraneo.
Guardò in direzione dell’Adelaide e si accorse che era in procinto d’imbarcare le truppe; scorse Shepard e i ragazzi della “33” raggruppati davanti al portellone.
- Devo andare.-
Lui seguì il suo sguardo – Missione pericolosa?-
- Sembrerebbe di no.- si portò la mano alla fronte nel saluto militare – Quando presenteranno il pilota di quella nave spero di vedere il tuo viso. Addio, miglior pilota.- lui restituì il saluto e annuì.
Mentre si allontanava le gridò dietro – Ehi, tipa tosta!- Sasha gli rivolse uno sguardo interrogativo, lui sollevò la visiera del cappello con due dita e ammiccò – Non farti ammazzare, mi dispiacerebbe vedere la tua faccia tra le foto dei caduti.-
Ridacchiò – Sono anni che cercano di ammazzarmi. Non succederà nemmeno questa volta.-
Un brivido le percorse la spina dorsale mentre una voce nella sua testa le chiedeva se era davvero convinta dell’affermazione appena fatta.
Sei ancora in tempo, le sussurrò quella voce, resta, sposa Alex, fai dei figli, sii felice … se parti nulla sarà più come prima.
Scacciò con rabbia quei pensieri dalla mente, mentre osservava il pilota allontanarsi col suo passo incerto: se lui non si era arreso, non l’avrebbe fatto nemmeno lei.
Partire era l’unica soluzione: partire e realizzare il destino che si era scelta.
 
Fascia di Attica, 2177
 
La stiva della nave era fredda, scomoda e rumorosa. Cinque plotoni erano stati ingaggiati per quella missione; cinquanta uomini che respiravano, tossivano, parlavano e ridevano ammassati nella pancia di un incrociatore, come pesci inghiottiti da una grande balena bianca.
I soldati delle diverse squadre parlavano tra loro, scherzando e imparando a conoscersi, tutti, tranne i dieci uomini e donne della “33”. Loro se ne stavano riuniti in un angolo, raccolti attorno a quel tenente che chiamavano già “comandante”, silenziosi e schivi come animali chiusi in gabbia.
Shepard osservò i suoi amici, i suoi uomini, seduti attorno a lui, testa bassa e bocche serrate, chiedendosi a cosa stessero pensando, ben sapendo che il pensiero fisso di ognuno era uno ed uno soltanto: quella era la loro ultima battaglia. Ce ne sarebbero state altre, in futuro, per la maggior parte di loro: battaglie più prestigiose, per ambizioni più alte, per cause più nobili … ma senza i vecchi compagni a coprir loro le spalle.
Li guardò uno ad uno quei compagni destinati a glorie più grandi. Si sentì fiero di averli conosciuti e fu grato, nonostante tutto, di avere l’onore di poterli comandare, almeno una volta. Non poteva desiderare squadra migliore.
Solo su un soldato non riuscì a posare lo sguardo: Sasha.
Dura, fredda, inavvicinabile … si chiese se avrebbe più rivisto le adorabili fossette che le segnavano il viso quando gli rivolgeva uno dei suoi sorrisi speciali; si rispose che era da idioti continuare a pensare a lei in quel modo.
- Allora, capo …- C.J. ruppe il silenzio, sollevando su di lui uno sguardo indagatore - … parlarci della nostra ultima missione.-
Quando gli aveva confessato che aveva intenzione di lasciare l’Alleanza si era messo a ridere; quando gli aveva spiegato che lo faceva per poter sposare Sasha gli aveva dato dell’idiota. “Tu le darai tutto” gli aveva detto, con la schiettezza che solo un vecchio amico poteva avere “E in cambio avrai solo fumo”. Ed era quello che aveva avuto: fumo e nient’altro. Per una volta C.J. aveva avuto la decenza di non commentare; si era limitato a stringergli piano la spalla e dirgli che l’avrebbe seguito in quell’ultima missione. Non aveva nemmeno voluto sapere di che missione si trattasse. Nessuno glielo aveva chiesto fino a quel momento; tutti avevano accettato la sua richiesta a scatola chiusa, perché si fidavano di lui.
- L’Alleanza sta progettando un’operazione di terraformazione.- esordì – Il pianeta verso cui siamo diretti si trova ai margini della Fascia di Attica, nello squarcio di Caleston. Si tratta di un’importante area mineraria che interessa sia ai Volus che alle Asari. L’Alleanza vuole aggiudicarsi i diritti commerciali e minerari nel Sistema Aysur e il modo migliore è creare un avamposto prima di tutti gli altri.-
Abigale si accigliò – Perché imbarcarsi in un progetto complicato come la terraformazione? Non sarebbe più semplice costruire una stazione spaziale?-
Shepard annuì – In teoria sì, ma Turian e Batarian sostengo che gli umani sanno colonizzare soltanto pianeti-giardino. Ci considerano dei parassiti incapaci di piegare un pianeta alla nostra volontà.- fece una smorfia – Io lo considero un complimento ma sono il solo. Il nostro governo vuole dimostrare che l’umanità non è seconda a nessuno: vogliono creare una colonia umana su un pianeta inospitale solo per poter dire “possiamo farlo”.-
- E allora dovrebbero inviarci ingegneri, geologi, scienziati e biologi, di certo non dei soldati.- notò Nadine.
- È quello che avevano fatto.- asserì – Due mesi fa un gruppo di pionieri è stato inviato sul pianeta, alla ricerca dell’avamposto ideale. Pochi giorni fa abbiamo perso i contatti.- una leggera scossa li avvertì che l’incrociatore era appena saltato da un portale all’altro; entro pochi minuti sarebbero entrati nel sistema – L’intelligence ha individuato una trasmissione anomala sul pianeta: sospettano la presenza di una base mercenaria. Molto probabilmente si tratta del Branco Sanguinario, sono parecchio attivi nella zona. Ci sono buone probabilità che abbiano catturato gli scienziati … o peggio.- controllò che armi e armatura fossero funzionanti e in ordine, con la coda dell’occhio vide gli altri fare lo stesso – I nostri ordini sono di eliminare la minaccia, qualunque essa sia, rendere il pianeta sicuro e conquistarlo formalmente in nome dell’Alleanza.-
I suoi compagni si scambiarono uno sguardo scettico – Mandano cinquanta marines e due mezzi corazzati per un pugno di mercenari del cazzo?- esclamò Habib, allibito.
- L’Alleanza vuole andare sul sicuro: sai, motivi d’immagine.- la voce sintetica dell’IV annunciò che mancavano cinque minuti all’arrivo; i cinque plotoni cominciarono a distribuirsi sulle altrettante navette che li avrebbero portati a terra – Inoltre il Branco Sanguinario è formato in gran parte da  Krogan: meglio usare roba pesante.-
Salirono sulla navetta e, quando tutti furono imbarcati, chiuse il portellone; nel movimento la sua mano sfiorò il braccio di Sasha. I loro occhi si incrociarono per un istante, occhi verdi e occhi azzurri che non riuscivano ad ignorarsi.
- Regole d’ingaggio, signore?- gli domandò, come un qualsiasi soldato che si rivolge ad un qualsiasi comandante.
Shepard andò al suo posto, senza guardarla, sotto i piedi sentì il fremito della navetta che decollava – Sparate solo se vi sparano addosso. Come sempre.-
C.J. sbuffò – Di tanto in tanto vorrei essere io quello che spara per primo.-
Gli altri ridacchiarono e la tensione parve scomparire per un istante, poi ognuno tornò a raccogliersi in se stesso. Quel breve lasso di tempo, quei pochi minuti che separavano la battaglia da tutto ciò che c’era prima, era svincolato dalle normali definizioni di “passato, presente e futuro”; era il momento in cui la vita sembrava più bella e la morte ancor più spaventosa.
Dopo minuti che sembrarono eterni nella loro brevità, la navetta toccò il suolo di quel pianeta miliardi di chilometri lontano da casa.
- Casco.- ordinò, mentre i motori si spegnevano e loro si apprestavano ad uscire.
Il portellone si aprì su uno spettacolo desolante: tutto intorno a loro, fin dove l’occhio poteva guardare, c’era solo sabbia nerastra, sottile, punteggiata da radi arbusti contorti che, coraggiosi, cercavano di sopravvivere sotto il sole inclemente e il vento torrido. In lontananza si scorgevano vaghe colline sassose, nere e minacciose. Nessun segno di civiltà o vita, tranne le navette dell’Alleanza atterrate accanto a loro; dai portelloni aperti uscivano soldati all’apparenza tutti uguali, i caschi calati sul viso a proteggere i polmoni dalla sabbia che, soffocante, turbinava nell’aria torrida.
La prima cosa che Shepard pensò posando i piedi su quel pianeta fu che quel gesto andava contro natura. Gli umani non erano fatti per quel genere di posto e quel posto non era fatto per gli umani.
La voce tagliente di C.J. lo riscosse - Che merda è questo posto? E vogliono pure farci una colonia? Chi è il malato di mente che verrebbe ad abitare in ‘sto posto infame?-
- Si vede che non sei mai stato a Jump Zero, C.J., questo posto è un paradiso al confronto.-
- Mi spiace contraddirti, Abigale, ma io credo invece che sia l’inferno.-
Shepard si voltò verso i suoi ragazzi, le mani appoggiate sui fianchi e il petto stretto in un’inspiegabile morsa di angoscia – Benvenuti su Akuze, soldati, la chiave di volta della colonizzazione umana.-
Malgrado tutti i suoi buoni propositi, il suo sguardo incontrò quello di Sasha.
A malapena visibili sotto il casco che le copriva il volto, i suoi occhi verdi erano sgranati e sbarrati. Qualunque fosse il motivo, quell’angoscia che gravava sul suo cuore opprimeva anche lei. C’era qualcosa, nell’aria soffocante di Akuze, che parlava di sventura, distruzione e morte.
- Forza.- esordì, scrollandosi di dosso quelle sensazioni malsane – Vediamo che cosa Akuze ci può offrire.-
Armi in spalla seguirono i passi decisi dei loro compagni attraverso il deserto, alla ricerca di un posto dove stabilire il campo e pianificare la loro missione.
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Mass Effect / Vai alla pagina dell'autore: Nymeria90