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Autore: Giulia____    11/01/2015    3 recensioni
Gli occhi gli si riempirono di lacrime, con le mani tremanti afferrò il padre per le spalle e cercò di scuoterlo con forza, con la speranza di svegliarlo. Gli occhi scuri del padre fissavano immobili il vuoto di fronte a loro, mentre i lunghi capelli neri, ormai resi rossicci dalla polvere che li circondava, carezzavano il suolo. Lo abbracciò disperato, macchiandosi i vestiti e la pelle nera con il caldo sangue del padre. Non poteva crederci, non poteva averlo ucciso. Stava solo cercando di aiutare, di salvarsi entrambi!
“Jasiri...”
Una voce lo fece sussultare e si alzò in piedi impaurito.
“Che cosa hai fatto?”

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[Partecipante al contest "Il mondo è mio" organizzato da LaviBookman]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Simba
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Hakuna Matata


Jasiri, stava sdraiato al fianco del padre, lasciandosi circondare dalle sue braccia inermi. Lo zio gli si avvicinò con aria incredula, con lo sguardo che mal celava la propria rabbia.
“Jasiri, che cosa hai fatto?”
Il bambino era terrorizzato, guardava lo zio con i grandi occhi neri che esprimevano paura e disperazione.
“La mandria era come impazzita e io ho cercato di aiutarlo. È stato un incidente, non l’ho fatto apposta!”

Dietro di lui, il corpo del padre Busara giaceva inerme al suolo, gli occhi spalancati che fissavano il cielo reso arancione dal tramonto. La maglia color sabbia era totalmente macchiata di sangue, che non sembrava avere intenzione di smettere di fuoriuscire dal corpo dell’uomo steso sotto un secco albero. Vicino a loro, vi era il fucile da caccia con cui Jasiri si stava allenando a cacciare insieme al padre, prima che venissero travolti da una mandria di gnu impazziti. Era tipico di quelle parti vedere gruppi di animali selvatici che galoppavano, ma non avevano mai visto così tante bastie correre così furiosamente. Non avevano idea di cosa fosse successo, probabilmente erano stati spaventati da dei bracconieri, ma non lo sapeva con certezza. I due erano stati travolti e si erano persi di vista. Jasiri correva con il suo fucile in mano cercando rifugio, venendo spinto da una parte all’altra dagli animali e venendo ferito al braccio destro che ora si teneva cercando di placare il dolore. Aveva impugnato il fucile cercando di sparare per spaventare gli animali, sperando che sarebbero corsi via e avrebbero lasciato in pace lui e il padre.

Sparò.

Il proiettile volò per cinque metri, evitando tutti gli animali, che spaventati continuavano a scappare con sempre maggior paura. Andò a colpire il padre in pieno petto. Jasiri urlò con tutto il fiato che aveva in corpo, un urlo straziante colmo di disperazione, mentre continuava a correre per cercare di evitare le varie bestie. Riuscì a trovare rifugio qualche decina di metri più avanti, sopra una roccia che si erigeva in mezzo alla vasta prateria in cui si trovavano. Dopo un tempo che parve infinito, la mandria li sorpassò e lui scese dalla roccia di corsa.
“Papà!”
Corse disperatamente alla ricerca del padre, senza riuscire a trovarlo. Girò su se stesso, guardando ovunque, ma l’eccessiva polvere non gli permise di vedere a un palmo dal suo naso.
“Papà!”
La polvere che si era sollevata per il movimento stava lentamente disperdendosi e tornando a terra, rendendo la visuale più libera. In lontananza Jasiri vide una figura e si avvicinò, andando a scoprire che non era altro che l’albero al fianco del quale erano ancora adesso. Sotto l’albero c’era lui, suo padre, in un mare di sangue.
“Papà…”
Jasiri fece cadere il fucile che aveva precauzionalmente tenuto in mano tutto questo tempo e corse a inginocchiarsi a fianco a lui, con il cuore che gli esplodeva nel petto.
“Papà, ti prego, apri gli occhi. Svegliati!”
Gli occhi gli si riempirono di lacrime, con le mani tremanti lo afferrò per le spalle e cercò di scuoterlo con forza, con la speranza di svegliarlo. Non accadde. Gli occhi scuri del padre fissavano immobili il vuoto di fronte a loro, mentre i lunghi capelli neri, ormai resi rossicci dalla polvere che li circondava, carezzavano il suolo. Lo abbracciò disperato, macchiandosi i vestiti e la pelle nera con il caldo sangue del padre. Non poteva crederci, non poteva averlo ucciso. Stava solo cercando di aiutare, di salvarsi entrambi!

“Jasiri...”
Una voce lo fece sussultare e si alzò in piedi impaurito.
“Che cosa hai fatto?”
Era suo zio Wivu, con i capelli neri come il padre e la cicatrice sulla guancia che si era provocato anni fa in una battuta di caccia. Lo zio amava raccontare che era stato un leone a provocarglielo, ma nessuno gli aveva mai pienamente creduto, sapendo che non era una persona particolarmente coraggiosa e l’idea di un suo combattimento corpo a corpo con un leone era un’immagine abbastanza inverosimile. Vide lo zio fissare il padre senza mostrare alcuna emozione e lo vide fissare il fucile tra di loro. Il bambino aveva le guance rigate dalle lacrime. Il cuore gli esplodeva in petto e sentiva le gambe molli. La testa gli girava, non riusciva a capire più niente. Sentiva la terra cedere sotto i suoi piedi. Sentiva lo zio che parlava, ma non riusciva ad ascoltarlo. Pensava ai momenti passati con il padre, pensava alla reazione che avrebbe avuto sua madre.

Vivevano in un piccolo villaggio del Kenya che sino a pochi anni fa era stato stremato dalla guerriglia. Molti loro amici erano morti, molti erano fuggiti dallo stato, molti ancora erano spariti e non avevano più avuto loro notizia. Busara era rimasto e aveva combattuto per la libertà della sua cittadina. Era diventato il capo villaggio, amato e rispettato da tutta la popolazione e finalmente vivevano felici in una piccola casa che lui stesso aveva costruito. Ora lui era morto ed era tutta colpa sua.
“Scappa, Jasiri. Scappa e non tornare mai più.”

Jasiri si risvegliò dai suoi pensieri e con lo sguardo sbarrato fissò lo zio negli occhi, vedendovi disprezzo e rabbia. Aveva ragione, doveva andarsene. Non poteva affrontare la verità, non poteva guardare la madre negli occhi e dirle quello che aveva fatto. Senza pensarci un secondo di più, corse a tutta velocità lungo l’enorme savana. Le lacrime continuavano a scorrere, scivolavano lungo la guancia arrivando all’orecchio sino a perdersi dietro di lui. Ogni lacrima bruciava sempre più. Corse per un tempo che gli parve infinito, ignorando i dolori alle gambe, ignorando ogni animale che incrociava nella calda savana. Corse, corse, corse sino a quando le gambe resistettero, corse sino a svenire e accasciarsi al suolo.

*****

Erano passati sette anni da quel giorno e Jasiri aveva ormai diciassette anni. Era un ragazzo adulto, i lunghi capelli ramati gli ricadevano sulle spalle e una lieve barba stava iniziando a comparirgli sul viso. Tuttavia, i ricordi non avevano smesso di tormentarlo. Quel giorno di tanti anni fa, era arrivato sino a una piccola oasi in mezzo alla savana e se oggi era vivo, lo doveva solo a coloro che erano diventati i due più cari amici, una coppia di giovani che si occupavano della ricerca animale e di botanica.

Akili era un giovane ragazzo inglese di origini keniote, laureato a pieni voti all’Università di Cantenbury, in Inghilterra. Si era trasferito in Kenya per un dottorato di ricerca, innamorandosi talmente tanto dell’Africa da trasferirsi lì, decidendo di trascorrervi il resto della sua vita. Lavorava da ormai quindici anni in una piccola società botanica a Nairobi e viveva, insieme all’amico Furaha, in una piccola casetta che loro stessi avevano costruito, molto tempo fa. Alto e magrolino, con due grandi occhiali tondi, aveva un’aria incredibilmente intelligente e amava in particolar modo osservare le specie degli insetti. Il suo compagno, Furaha, era forse la persona più diversa da lui che si potesse trovare. Era un ragazzo di Nairobi, grasso e basso, ma con un sorriso incredibilmente contagioso. Era un tecnico informatico e si occupava della catalogazione delle varie specie animali e vegetali. Anche lui aveva deciso di trasferirsi in quella piccola oasi di paradiso ed entrambi tornavano nella capitale solo per fare la spesa o per particolari urgenze.
Grazie a loro, Jasiri aveva trovato un piccolo angolo di paradiso, con nessuno che gli chiedesse mai del suo passato. Quando era appena arrivato, un allora giovanissimo Akili gli aveva insegnato il significato di Hakuna Matata, ossia il vivere senza pensieri. In un primo momento non gli era sembrato un grande insegnamento, era così diverso da ciò che aveva sempre cercato di insegnargli il suo saggio padre. Tuttavia, con il passare degli anni aveva iniziato a fare suo quel pensiero, a provare dimenticarsi del suo passato e di quanto poteva fargli male. Non ci riusciva sempre, il ricordo era sempre vivo e presente in lui, ma faceva il possibile.

Jasiri era diventato un grande esperto degli insetti, diventando l’assistente di Akili, passando le giornate in giro per l’oasi e per la vicina savana e le notti attorno al fuoco con Furaha a fantasticare su tutte le meraviglie del mondo e dell’universo ancora da scoprire. Amava fissare le stelle. Amava pensare che suo padre lo guardasse da lassù, lo seguisse e volesse aiutarlo. Chissà cosa avrebbe pensato il padre di quello che era diventato.

Jasiri era ora seduto sulla sponda di un piccolo lago, dove amava trascorrere del tempo in solitudine, immerso nei suoi pensieri. Aveva pensato di tornare a casa, aveva pensato di chiedere perdono per quello che aveva fatto.

Aveva nostalgia della madre, la bella Uzuri, che l’aveva cresciuto con amore e che lo educava affinché un giorno potesse occupare il posto del padre come capo villaggio.

Aveva nostalgia della sua migliore amica, la dolce Tamu, con la quale trascorreva le giornate a giocare. Lei lo chiamava affettuosamente Simba, che nella lingua swaili significa leone, sostenendo che lui fosse forte e coraggioso come il re della savana. Era forse la persona a cui Jasiri era legato maggiormente tra tutte e non passava giorno senza che pensasse a lei.

Aveva nostalgia persino di Msahuri, l’irritante aiutante del padre, un piccolo uomo magro e con il naso notevolmente troppo grande, che non perdeva occasione per rimproverare il bambino con la sua aria di superiorità.

Aveva pensato di tornare, ci aveva pensato per tanto tempo, ma non era mai riuscito ad abbandonare la sua piccola oasi di libertà. Magari prima poi avrebbe avuto il coraggio necessario per rientrare nella sua città e avrebbe smesso di nascondersi in quel rifugio nascosto in mezzo alla natura. Chissà cosa avrebbero pensato tutti quanti al suo rientro. Sicuramente sarebbe stato arrestato e avrebbe passato il resto dei suoi giorni nelle sporche e torride prigioni, venendo ripudiato da tutti quanti. Dalla finestra avrebbe visto la gente passare e trascorrere il resto della loro vita con tranquillità, senza neanche ricordare chi c’era in quella calda stanza. No, non avrebbe mai potuto vivere così, rinchiuso, perdendo la libertà che tanto amava.

Un leggero ruggito, più simile a un miagolio, lo risvegliò dai suoi pensieri. Un piccolo cucciolo di leone tutto spelacchiato era accasciato lungo le sponde del lago, decisamente troppo magro per la sua età. Jasiri si avvicinò all’animale, guardandosi prudentemente attorno per la paura di trovare i genitori, sicuramente non troppo amichevoli, del leoncino. Non vedendo nessuno si avvicinò. Lo prese in braccio, era talmente malnutrito da essere leggero come una piuma.

 “Simba...”

Sussurrò mentre carezzava la testa del piccolo che aveva in quel momento aperto gli occhi. No, non sarebbe tornato. Non avrebbe permesso al suo passato di fargli male, non ancora. Akili aveva sempre avuto ragione, nonostante non gli avesse mai creduto appieno. Avrebbe vissuto come lui e Furaha, da ora per sempre. Hakuna Matata.
 

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La storia partecipa al contest "Il mondo è mio" organizzato da LaviBookman sul forum di EFP.  Spero che vi sia piaciuto, ho preso la storia del classico Disney "Il Re Leone" cercando di adattarla ad un contesto reale, trasformando i personaggi da animali a persone vere. Come avete visto, ho deciso di cambiare i nomi. Sono in lingua swaili e volevo che per ogni personaggio il nome rappresentasse una caratteristica particolare, qui di sotto vi lascio la traduzione.

Jasiri – Coraggioso
Busara – Saggio
Wivu – Gelosia
Uzuri – Bellezza
Tamu – Dolce
Furaha – Felice
Akili – Intelligente
Mshauri – Consigliere
Simba - Leone

Alla prossima,
Giulia

 
  
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