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Autore: bambi88    19/11/2008    5 recensioni
Le figure dei cavalli saettarono veloci sotto gli spalti di Ino, che, il cuore trepidante, li seguì avida, appoggiandosi alla balaustra di metallo.
Il petto le balzava nel corpetto, e il caldo, l’eccitazione, le tingevano di rosso le gote truccate.
Anche per questo, non solo per il poco femminile urlò che lanciò rivolta al proprio fantino, che attirò l’attenzione di Itachi, seduto qualche metro da lei, intento nel seguire il berbero dei Sabaku.
Sorrise sghembo osservandola sorridere eccitata e biascicare qualche parola sconnessa, totalmente incomprensibile, ebbra del piacere della competizione.
- Itachi, siamo qui per vedere i cavalli, non per montare giumente – gli ricordò Hidan, roteando malizioso gli occhi, intuendo la direzione del suo sguardo.
Itachi si voltò verso di lui, l’iride d’ebano che penetrava quella di inusuale porpora dell’altro – credevo di dovertelo ricordare io – mormorò, rigido e inflessibile come suo solito, mentre la Sabaku gli lanciava uno sguardo risentito, il ventaglio che scattava feroce tra le sua dita.

SECONDA CLASSIFICATA AL CONTEST ITAINO DI SANGOCHAN
Pairing: ItaIno - accenni: SasuIno, SasuSaku, InoKiba, ShikaTema, ShikaShiho
Ambientata nel 1986, tra cavalli e questioni di soldi, potere e sesso.
Dove Ino è una piccola principessa.
Che incontra il principe sbagliato.
O forse no?
Spero di avervi incuriosito.
Roberta
Genere: Romantico, Thriller, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Itachi, Altri, Ino Yamanaka
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: Spoiler!
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itaino contest

BUT DON’T CALL IT LOVE,
MISTER UCHIHA

- six months in the UK -

Primo atto.

Ascot – Gran Bretagna -

Maggio 1986


A kind of magic
One dream one soul, one prize
One goal, one golden glance of what should be
It’s a kind of magic
One shaft of light that shows the way
No mortal man can win this day
It’s a kind of magic


Ino ancheggiò nel vestito a righe, i tacchi alti che affondavano nella sabbia chiara del selciato.
-    fa caldo oggi – sussurrò, sistemandosi la falda dello spesso cappello ed osservando il ragazzo moro che la precedeva.
Lui la ignorò, continuando imperterrito a masticare la sigaretta, rigirandosi innervosito la mani nelle tasche.
“ SunDay Blist primo all’ottava corsa” tuonò la voce roca dal grosso megafono nella piazzetta, scuotendo i due giovani.
Ino spostò la sua attenzione verso la pista, a poche decine di metri da loro, facendo ondeggiare i capelli biondi sulla schiena nuda, vittima di una provocante scollatura.
I fantini nelle loro livree colorate erano scesi dai cavalli, sfilando a testa bassa tra la folla accalcata.
-Shika, non mi lasciare qui!- disse poi, riscuotendosi, osservando l’amico allontanarsi verso le gradinate.
Lui si voltò, immusonito – vedi di sbrigarti – mormorò, osservandola con una nota di rimprovero.
Non avrebbe dovuto accettare di portarsela dietro.
Era una bella ragazza, era vero, e una discreta fantina, ovvio, ma anche, e soprattutto, una ragazza incredibilmente imprevedibile.
E dal padre dal portafogli fin troppo generoso, per giunta.
E questo, pensandoci bene, per Shikamaru era il secondo motivo per il quale ancora le permetteva di gironzolargli attorno.
Il primo era il fatto che quella ragazza gli aveva sempre messo allegria, almeno da quando li avevano posti nella stessa culla, venticinque anni prima.
Ino lo affiancò, i grandi occhi celesti sbarrati – e questa sarebbe la mitica Ascot? – chiese poi, guardandosi attorno eccitata.
Shikamaru scosse le spalle, disinteressato – esatto, non montarti la testa però. Non siamo i reali d’Inghilterra, solo i padroni di uno dei cavalli –
La bionda gli scoccò un’occhiata raggelante, portandosi le mani ai fianchi, avvolti dal tessuto lucido – tu credi che io abbia qualcosa in meno di qualche testa coronata?- chiese in un sibilo risentito, facendo ondeggiare il grosso ed eccentrico cappello.
L’altro ammutolì rassegnato, facendo ciondolare il codino sulle spalle, la testa sempre più pesante.
-    è la prima volta dopo dieci anni che riusciamo a partecipare con uno dei nostri a questa gara. È un’occasione, seccante, ma un’occasione. Non combinare disastri, Ino – biascicò, una mano piantata tra i capelli scuri, come sempre raccolti nello stravagante codino alto.
Ino fece scattare il mento, irritata, osservando con sprezzo il rimorchio della scuderia, la coda di un cavallo che ondeggiava languida attraverso una fessura.
“Fire Leaf”, il loro miglior purosangue inglese, era anche l’ultima speranza della piccola scuderia Nara, arrivata ormai quasi sull’orlo del fallimento.
Se avesse vinto. Se solo avesse vinto…
-    Shika, tu conosci qualcuno?- chiese la bionda, ferma nella piazza gremita.
Il moro sbuffò, inculcando la mani nelle tasche.
-    i soliti – mormorò infine, osservando Neji e Hinata sparire nella folla, il vestito candido di lei che frusciava attorno le gambe magre.
-    Ci sono gli Hyuga, la famiglia vicina ai Windsor – biascicò, suscitando l’attenzione della Yamanaka, che si sollevò sulle punte, incuriosita – davvero? –
Lui annuì, la sigarette ridotta ad un mozzicone – c’è sicuramente anche Shino – riprese, osservando il carrozzone dei fantini.
Ino scosse la testa vagamente disinteressata – e Sasuke? – chiese poi, la voce improvvisamente acuta.
L’altro sollevò gli occhi al cielo, seccato – spero di incontrarlo presto, dato che ci sovvenziona – rispose, un sibilo risentito.
Tra i due non correva buon sangue.
Ino sorrise, schermandosi gli occhi con la falda del capello, mentre il grosso fiore che lo ornava si piegava pericolosamente – altri? – chiese, spostando lo sguardo sul viso del Nara, dall’espressione crucciata.
-    si – rispose dopo qualche secondo di silenzio lui, gettando a terra la cicca smunta – i Sabaku – mormorò, distogliendo lo sguardo dalla ragazza bionda seduta sulle gradinata, il piccolo ventaglio che si agitava tra le sue mani e l’espressione severa.
Ino sorrise, maliziosa –oh, capisco – mormorò, ricordando che poche settimane prima l’arrogante contessina Sabaku era venuta a pretendere l’accorpamento della scuderia Nara alla propria, litigando furiosamente con Shikamaru nella stalla.
O almeno a questo i due volevano far imputare i fruscii e le parole smorzate che avevano riempito l’aria della scuderia, quella notte.
-    partecipano? – chiese Ino, osservando le labbra dell’altro serrarsi appena incrociò lo sguardo dell’altra, un ghigno aperto sulle labbra rosse.
-    Si – sibilò lui, scurendo lo sguardo – il loro anglo-arabo dicono sia in ottima forma – si voltò, l’espressione inasprita – speriamo non sia per questo un problema – sibilò infine, mentre una testa di un biondo chiarissimo, quasi albino, prendeva posto accanto a Temari e le afferrava la mano, galante..
Ino lo seguì scartare tra la folla, dirigendosi verso le scuderie, il passo strascicato e nervoso – dove andiamo?- chiese, insultando i tacchi che affondavano nella melma sabbiosa.
Shikamaru roteò gli occhi, seccato – vado a vedere se quell’idiota di Naruto, il fantino, ha finito di sistemare la sella – biascicò – tu prendi i nostri posti, corriamo tra una mezz’ora. E non fare disastri –
Ino lo fissò seccata, sbattendo il piede a terra e sollevando una discreta quantità di fanghiglia – hey, credo di essere in grado di badare a me stessa – scandì, seccata – idiota – concluse poi, dirigendosi speditamente verso la gradinate, ancheggiando con grazia.
E, ovviamente, attirando l’attenzione di un numero imprecisato di uomini, ora interessati più alle rotondità che si intuivano dal vestito aderente della bionda che al trottare frenetico dei cavalli.
Ino sorrise, strizzando l’occhio ad un signore dall’aria innocentemente anglosassone, accompagnato da una rotonda ed arcigna moglie.
-    Ehy, maialino, sei uscita dalla stalla?-
La bionda si voltò, un ghigno infastidito aperto sul viso, le mani strette attorno l’abito cangiante
 – che piacere incontrarti, Fronte Spaziosa – mormorò, sistemandosi poi con affettazione il cappello.
Sakura le si avvicinò, guardinga, l’abito rosso che le frusciava sulle ginocchia magre – oggi Nara ti ha portato? –chiese, i capelli di un rosso delicato raccolti in uno chignon che spariva sotto il cappello carminio.
Ino annuì, un sorriso sghembo – e tu sola? – sibilò, sprezzante, osservando l’altra sorridere sicura.
-    accompagno Sasuke – mormorò l’Haruno di risposta, indicando un ragazzo moro che parlava nervoso con un fantino, i genti bruschi.
Ino grugnì infastidita, stringendo le braccia sotto al seno – o lo hai seguito, come sempre? – chiese, divertita, mentre l’altra si lasciava sfuggire uno sguardo furente
- Ino io ti…-
-    ma ora lasciami raggiungere il mio Sasuke – l’interruppe la bionda, gli occhi che si posavano maliziosi sulla schiena longilinea del ragazzo, il tight scuro che gli cadeva sulle spalle larghe.
-    Sasuke! – urlò poi, agitando la mano sopra la testa, l’espressione ridente – e ora impara come si conquista un uomo, Fronte Spaziosa – sibilò, voltandosi verso Sakura e lanciandole una boccaccia.
La rossa chiuse i pugni lungo i fianchi, riprendendo ad inseguirla – Ino-pig, non avvicinarti a Sasuke! –

***

Sasuke si voltò seccato verso la bionda, sepolta da quell’imbarazzante cappello.
-    vuoi smettere di parlare per almeno un secondo, Yamanaka?- chiese, il tono duro, riprendendo a impartire ordini ad un fantino, i capelli biondi lasciati cadere sulle spalle magrissime
–  ma Sasuke, idiota, non posso accorciare ancora più le briglie – si lagnò quest’ultimo, agitando un pugno minaccioso.
Ino storse le labbra, infastidita, sistemandosi la scollatura del vestito.
-    ha ragione Naruto – intervenne Shikamaru, raggiungendoli e affiancando Sasuke – lascia fare a noi – continuò, infilandosi l’ennesima Lucky Strike tra le labbra.
L’Uchiha socchiuse gli occhi, seccato – oggi dobbiamo vincere, non voglio scuse – biascicò, allentandosi con due dita il colletto stretto.
Ino seguì la scena disinteressata, lasciando occhiate alla folla alle sue spalle, il respiro affannato dal caldo e dal corpetto del costoso Valentino che indossava.
Osservò Shikamaru annuire disinteressato e l’espressione di Sasuke irrigidirsi
– cerca di far correre quel tuo ronzino, Nara – sibilò nuovamente, il tono gelido – oggi c’è molto di più che la vincita in palio – continuò, poggiando le iridi scure tra le gradinate affollate.
Ino seguì il suo sguardo, imitata da un’incuriosita Sakura.
E gli occhi d’ebano che incrociò le fecero perdere un battito nel petto.
E tu chi saresti, bel moro?
Il ragazzo, appoggiato ad una colonna, il vestito di elegante fattura italiana perfettamente aderente al corpo solido, sollevò lo sguardo, la coda scura poggiata distrattamente sulla spalla, la pelle diafana segnata da un’espressione severa, quasi inquietante.
Ino socchiuse le labbra, maliziosa.
- Ino? – chiese l’Haruno, osservandola in tralice, gli occhi verdi che guizzavano verso gli spalti.
La bionda si riscosse, aggiustando il vestito scompostamente – si? – disse poi, imbarazzata – non mi sono addormentata – aggiunse, asciutta e mordace.
Sakura serrò le palpebre, innervosita – sei acida, Ino – replicò, volgendosi nuovamente verso un gelido Sasuke, i capelli scuri a netto contrasto con la pelle nivea del viso.
-    e comunque quello è Itachi Uchiha – aggiunse sottovoce, abbassando lo sguardo.
Ino la fissò, sollevando un sopracciglio chiaro e curato – Uchiha? – chiese, sbalordita.
Sakura le intimò di abbassare la voce, portandosi un dito davanti le labbra sottili – è il fratello – mormorò, guardandosi attorno circospetta.
Ino si morse un labbro, divertita – il fratello?!- esultò, voltandosi verso Sasuke.
Stessi occhi scuri, stesso taglio di mascella, stessa espressione crucciata…
La somiglianza c’era, eccome se c’era…
-    sta zitta! – le intimò nuovamente Sakura, trascinandola via dal gruppo di ragazzi e facendola inciampare sui tacchi vertiginosi – lui e Sasuke non hanno un buon rapporto – cercò di spiegarle, evitando lo sguardo scuro dell’Uchiha, ormai fisso su di lei.
Ino si allontanò un ciuffo dal viso, seccata – e che diavolo vuol dire? – chiese, il tono malizioso – sono pur sempre fratelli, no?-
Sakura abbassò gli occhi, imbarazzata – Itachi ha abbandonato Sasuke dopo il suicidio del padre, anni fa, scappando negli Stati Uniti – disse, in un mormorio –si dice abbia sfondato nel mondo della finanza, ma onestamente non si sa da dove vengono i suoi soldi…e ora che è tornato…- prese una pausa, il tono severo - … oggi partecipa anche lui alla corsa, con un cavallo dei Sabaku –
Ino fece saettare lo sguardo nuovamente verso Itachi, ancora appoggiato malamente ad una delle grosse travi sulle gradinate – interessante… – mormorò, osservando il portamento sinuoso del moro, una morsa allo stomaco che le smorzò il respiro.
Dannato il suo cuore volubile.
Sakura annuì, portandosi una mano al fianco – hai capito ora, testa vuota? –
Ino ricambiò lo sguardo severo dell’altra con un sorrisetto ironico – e chi sarebbero quei baldi giovani in compagnia di Itachi?- chiese, indicando con lo sguardo un giovane dai lunghi capelli biondi, vittima dell’ambiguità sessuale degli anni ’80, e un altro, dallo sguardo assente, i capelli rossi che cadevano a ciocche disordinate sugli occhi nocciola.
-    Sasuke ha detto che sono gli amici Yankee di Itachi – rispose, immusonita, scrutando l’altra con sguardo velenoso.
-    Del primo, Deidara…bhe, lui ha una cattiva reputazione. – mormorò Sakura, imbarazzata – si dice sia un’artista delle mani e della bocca. Sasuke insinua che la sua arte non sia prettamente…artistica –
Ino carpì l’allusione, risentita – oh, dicono  lo stesso di me e dei cavalli – commentò asciutta e vagamente compiaciuta.
- non tutte le voci sono false, Maiale – replicò Sakura, mordace – e l’altro è un cugino dei Sabaku, tale Akasuna Sasori. È il principale contatto di Itachi con loro – aggiunse, osservando poi Temari ghignare divertita rivolta ad un giovane dall’espressione spiritata ma audace – insieme a Hidan, l’ultimo della congrega di Itachi -
Ino agitò una mano davanti il volto, facendo frusciare tra le dita la locandina dell’evento sportivo.
-    che bella sorpresa – mormorò infine, scuotendo la testolina chiara e lasciando ondeggiare il vistoso copricapo.
Sakura la fissò insistentemente, prima di poggiarle una mano sulla spalla – non fare sciocchezze Ino. Itachi è più pericoloso di quanto possa sembrare –
L’altra sollevò un sopracciglio, divertita – Fronte Spaziosa, ti sembro una ragazzina innocente? – chiese, staccandosi dalla presa dell’Haruno e tornando a ronzare attorno a Shikamaru.
-    andiamo, la corsa sta per iniziare – biascicò lui, afferrandola per la vita, strattonandola pigramente verso gli spalti, ben accorto a farsi notare da un paio d’occhi verdi.

***

-    Naruto corre in quale corsia? – mormorò Ino, osservando con attenzione la pista deserta.
-    Tre – rispose Shikamaru, stringendo la sigaretta tra i denti, ancor più laconico del solito.
Ino si sistemò un ciuffo ribelle, il petto che veniva scosso da tremiti di ansia ed eccitazione.
-    Ino-pig, sei nervosa? – le chiese Sakura, voltandosi di profilo e sollevando di poco la falda rossa del cappello, appena quel che bastava per farle notare la sua piccola mano guantata stretta in quella di un tesissimo Sasuke, sorridendo maliziosa.
La bionda sollevò un sopracciglio, l’espressione risentita – con la bocca chiusa la tua fronte sembra meno spaziosa. – replicò, nervosa – quindi ti consiglio di stare in silenzio, Sakura cara –
L’altra si voltò nuovamente, vagamente stizzita – Oca –
Ino trattenne il ghigno divertito, osservando la zazzera bionda di Naruto, malamente nascosta dal casco verde, arrivare al blocco di partenza.
-    Vai Naruto! – urlò, balzando in piedi e facendo pericolosamente oscillare il cappello e fremere il grosso fiore.
-    sta zitta, per l’amor di Dio! – sbottò Shikamaru, afferrandole il polso e riportandola a sedere – ma che diavolo avevo in mente quando ho accettato di partecipare a questa gara?! – sbuffò, gli occhi sollevati al cielo in un’espressione rassegnata.
Ino si aggiustò il vestito, le labbra storte in un ghigno infastidito – E io quando ho tentato di convincerti?! sei un tale musone, con te non ci si diverte! – borbottò, le gote vagamente arrossate dall’imbarazzo.
-    Ino che razza di seccatura che sei – commentò Shikamaru, soffiando tra le labbra.
L’altra lo zittì con un cenno brusco della mano, come per scacciare un fastidioso moscerino – zitto. Con te sono offesa – sibilò poi, riprendendo ad osservare la pista.
I cavalli sbuffavano impazienti, le briglie colorate che pendevano dalle selle corte.
I fantini dalle spalle magre che si guardavano l’un l’altro, le espressioni concentrate, i visi tesi.
La polvere che si sollevava inclemente, coprendo gli zoccoli dei cavalli, sempre più nervosi.
-    è ora – mormorò Shikamaru, lo sguardo fisso su Naruto.
Il colpo di pistola dell’arbitro fece calare il silenzio per un lungo ed interminabile attimo.
Poi fu un istante.
Dalla folla si levò un urlo compatto, il trottare infaticabile dei cavalli risucchiato dalle voci eccitate.


Ino si levò con un gesto brusco il cappello, ormai preso in una lotta senza vinti né vincitori con l’acconciatura alta, gettandolo su Shikamaru, seduto scompostamente accanto a lei, la sigaretta che pendeva molle dalle labbra.
-    Naruto è in rimonta – gracchiò Ino, mentre il grosso purosangue superava un minuto cavallo scuro, la criniera dorata fusa al corpo del fantino.
Shikamaru aspirò tranquillo una boccata, osservandola abulico – buon per lui – commentò.
Ino strinse la mani attorno al vestito, i capelli che le frustavano la schiena – tu sei matto, ci giochiamo la scuderia e non sei nervoso? –
Si voltò agitata, avvertendo lo sguardo di Shikamaru volgersi verso la folla.
Dannato lui e il suo spirito pigro, troppo pigro anche per preoccuparsi.


Le figure dei cavalli saettarono veloci sotto gli spalti di Ino, che, il cuore trepidante, li seguì avida, appoggiandosi alla balaustra di metallo.
Il petto le balzava nel corpetto, e il caldo, l’eccitazione, le tingevano di rosso le gote truccate.
Anche per questo, non solo per il poco femminile urlò che lanciò rivolta al proprio fantino, che attirò l’attenzione di Itachi, seduto qualche metro da lei, intento nel seguire il berbero* dei Sabaku.
Sorrise sghembo osservandola sorridere eccitata e biascicare qualche parola sconnessa, totalmente incomprensibile, ebbra del piacere della competizione.
-    Itachi, siamo qui per vedere i cavalli, non per montare giumente – gli ricordò Hidan, roteando malizioso gli occhi, intuendo la direzione del suo sguardo.
Itachi si voltò verso di lui, l’iride d’ebano che penetrava quella di inusuale porpora dell’altro – credevo di dovertelo ricordare io – mormorò, rigido e inflessibile come suo solito, mentre la Sabaku gli lanciava uno sguardo risentito, il ventaglio che scattava feroce tra le sua dita.
-    che adorabile bastardo che sei – scherzò Hidan, bellamente ignorato da Itachi.
Il moro rivolse nuovamente l’attenzione verso la figura opalescente della ragazza bionda, ora appoggiata nervosamente allo schienale della poltroncina, la bocca dischiusa in una serie di sproloqui verso il suo vicino, il ragazzo dallo sguardo annoiato.
Sorrise, quando notò poi la mano della bionda poggiarsi sulla spalla del fratello, sensuale.
E un dolce torpore gli serrò lo stomaco, quando immaginò cosa lei potesse essere per l’adorato fratellino.
E un brivido freddo gli attraversò la schiena, appena gli occhi azzurri della ragazza si posarono ancora una volta su di lui, languidi.
- l’ultima curva – sibilò Temari, poggiando con uno scatto il ventaglio sulle gambe, l’espressione seccata.
Il suo stallone, cavalcato dal minuto fratello minore, Gaara, perdeva terreno, seguito a ruota da quello più sottile e slanciato del Nara.
-    cazzo – imprecò, appena i grossi dorsi si affiancarono.
-    Cazzo – ripeté, esausta, osservando quello più scuro passare il traguardo.
E la zazzera bionda del fantino vincitore far capolino dal casco.
Itachi indurì lo sguardo, risentito, stringendo i pugni al vestito costoso.
-    non si può sempre vincere – squittì Deidara, sistemandosi il ciuffo sull’occhio truccato, le lunghe unghie scure che accarezzavano i capelli curati.
Il moro si voltò, trapassandolo con gli occhi scuri e zittendolo con una semplice occhiata.
-    andiamocene – mugugnò poi, sollevandosi e spolverandosi polvere inesistente dai pantaloni.
Hidan si congedò da una Temari risentita con una frase che più che maliziosa poteva definirsi lasciva, ghignando dell’espressione duramente seccata della ragazza.
-    muoviti – gli ordinò poi Sasori, stringendosi il nodo della cravatta sottile.
-    Mica è colpa mia se sei frigido come un bambolotto, testa di cazzo – replicò mordace l’albino, allontanandosi con passo marziale.
Itachi gettò loro un’occhiata veloce, scorgendo poi lo sguardo di Temari fisso alle sue spalle, la linea della mascella indurita da un grugno irritato.
Volse lentamente la testa, mentre i ciuffi scuri ondeggiavano al vento.
Un nuovo, l’ennesimo, ghigno si aprì sulle labbra tese.
La testa bionda della ragazza col cappello era affondata nel petto magro del ragazzo col ciuffo, un’espressione festante sul viso arrossato.
-    Ino Yamanaka – sibilò Temari, oltrepassandolo con una spinta, il tono risentito.
Itachi vide l’altra saltare tra le braccia di Sasuke, totalmente volubile.
-    Ino – ripeté, il tono compiaciuto, mentre il fratello si limitava ad ignorarla, lanciando all’altro un’occhiata sdegnosa e vittoriosa.
Il maggiore scrollò le spalle, compiaciuto.
-    non è finita qui –



***********





Secondo Atto.

Basingstoke – Gran Bretagna

Giugno 1986


From the coast of gold, across the seven seas,
I'm travelling on, far and wide,
But now it seems, I'm just a stranger to myself,
And all the things I sometimes do, it isn't me but someone else


Ino poggiò il piede sul pedale del freno, la mano inguantata ancora ancorata al volante di pelle.
Si ravvivò la ciocca bionda piantata davanti all’occhio chiaro, il trucco pesante perfettamente steso sul viso da modella.
E pensare che solo due ore prima era nella stalla, inguainata in una comodissima tuta da operaio.
Cosa non avrebbe fatto, per le sue passioni…
Con un gesto accorto sistemò la pronunciata scollatura del top corto, perfettamente secondo la moda di quegli psichedelici anni, per nulla turbata dall’azzardoso abbinamento di colori, degno del gusto artistico di un consumatore assiduo di droghe sintetiche.
Uscendo dallo stretto abitacolo sollevò lo sguardo sull’imponente casa di campagna che si stagliava nel panorama brullo dell’estate inglese.
Una fitta bruma era salita dai colli, rendendo l’atmosfera vagamente irreale, confondendo colori, immagini e suoni di quell’angolo di Inghilterra.
Ino rabbrividì, sentendosi tremendamente lontana dalla tenuta dei Nara, così perennemente solare e dall’aria un po’ sgangherata.
Quell’enorme palazzo che le si parava davanti, al contrario, era freddo, gelido e spaventosamente perfetto.
Un po’ come Sasuke, in fondo.
Sorrise, raccogliendo la borsa dal sedile e sbattendo con foga lo sportello dell’auto sportiva.
Al diavolo i pensieri tristi: lei doveva ritirare parte del premio vinto, la quota della scuderia.
E magari rimediare un appuntamento con Sasuke.
Nulla di più semplice, per una come lei.
Il tacco alto le affondò nel pietrisco del selciato, facendola ondeggiare instabilmente.
-    merda – sibilò, nel suo accento di Bristol, vecchia abitudine che stentava ad andarsene.
Scosse un piede, mentre la sabbia sottile le si infilava maligna nelle scarpe aperte, rendendola uno spettacolo quasi ridicolo, per un osservatore particolarmente malizioso.
E forse qualcuno la stava davvero osservando…
Si avvicinò, innervosita, al portone lavorato, la mano stretta febbricitante attorno al sottile manico della borsetta di coccodrillo, le dita bianche per lo sforzo.
Bussò, cercando di ritrovare lo sguardo allegro e malizioso, mordicchiandosi le guance nervosamente.
-    Sasuke – mormorò, languida, quando il volto pallido dell’altro le si parò davanti, smunto ma arrossato.
Rabbrividì, leggendogli negli occhi una furia inimmaginabile in un ragazzo tanto freddo.
-    non mi fai entrare?- chiese, le dita sempre più strette attorno la cordicella, il sorriso falso stampato sulle labbra.
Sasuke deviò lo sguardo dalle iridi azzurre dell’altra, infastidito al punto tale da non riuscire a mascherare l’ira.
-    ho da fare – replicò il moro, lapidario, sospingendo la porta.
Ino si puntellò sui piedi, lo sguardo assottigliato – Sasuke io devo solo…-
-    ma si, Sasuke, lasciala entrare  -
La bionda inclinò la testa, stupita.
Quella voce roca, maschile e dannatamente virile non le era famigliare.
-    vattene – sibilò Sasuke, volgendosi indispettito, lasciando la figura dell’altro emergere dalla penombra.
E Ino sorrise lasciava, osservando le iridi di quel nero di fuoco dell’altro.
- Itachi, vero? – chiese, mentre lui roteava un bicchiere tra le dita, il liquido rossastro che sprizzava sul tappeto costoso, sotto lo sguardo infuriato di Sasuke.
- Ino, vero?- rispose il maggiore, il ghigno sulle labbra vagamente inquietante.
La ragazza annuì, il coraggio ritrovato – allora Sasuke, posso entrare? Shikamaru non ti ha chiamato per dirti che sarei passata?  -
No che non ti ha chiamato, nessuno gliel’ha chiesto. E lui è impegnato a litigare con la Sabaku per accorgersi di me…
Si fece largo tra la porta e le spalle larghe del ragazzo, un sorriso solare e divertito stampato sulle labbra morbide, il seno piccolo ma procace che  fregava sulla sua schiena.
Itachi sorrise mellifluo, portando il bicchiere alle labbra.
-    benvenuta Ino –
Sasuke strinse la mano al pomello dell’ingesso, osservando il fratello sedersi nuovamente davanti al camino spento ed Ino seguirlo con lo sguardo, intrigata.
-    vado a prenderti l’assegno – sibilò, contrariato, volgendosi verso la scalinata.
Ino gli sorrise, ondeggiando la lunga coda – fa con comodo, tesoro – sussurrò, le labbra che si muovevano come serpenti in una danza.
E c’era da chiedersi come potesse essere lo stesso demonio di Ascot.
Un demonio.
Si leccò il labbro, un guizzo di malizia quegli occhi talmente chiari da non poter non essere totalmente innocenti.
Un angelo.
Itachi poggiò il bicchiere sul tavolo di mogano, spostando lo sguardo sulla ragazza, il ghigno che si tramutava in una risata di scherno.
E quando Ino incrociò il suo sguardo, gli occhi chiari illuminati dai riflessi scuri della luce tetra delle grandi finestre, Itachi gettò la testa sullo schienale del divano, i capelli scuri che affondavano nella morbida pelle.
Non era finita.
Anzi…era appena iniziata.
-    Itachi Uchiha – sibilò la bionda, muovendosi sinuosa fino alla grande sala da the, osservando il camino spento con gli occhi assottigliati.
L’altro fece guizzare lo sguardo su di lei, esaminandola in una rapida occhiata.
Nulla di più o di meno di quelle ragazze senza cervello che si era sbattuto a Los Angeles, nel suo attico.
Soldi, popolarità.
Non chiedevano mai amore.
Non che lui si riteneva in grado di darlo loro.
-    silenzioso come tuo fratello? – sbottò la bionda, le labbra imbronciate in un grugno delizioso.
E Itachi immaginò il suo volto deformato dal piacere.
Perché era avido di possedere.
E nuovamente quel brivido morbido gli attraversò la schiena.
Perché era avido di piacere.
- secondo te ci assomigliamo, io e lui? – chiese infine il ragazzo, con voce morbida, quasi carezzevole.
Sta attenta, è più pericoloso di quel che sembri…
Ino gli scoccò un’occhiata altezzosa, giocherellando con una ciocca chiara – gli occhi – rispose, languida – non posso dire altro...- si interruppe, mordicchiandosi un labbro – …per ora…o almeno lo spero-
Il ragazzo sollevò un sopracciglio, sorridendo sbieco – lo speri davvero? –
Pericoloso.
-    perché non dovrei? – rispose, lasciandosi cadere su una poltrona, l’odore di pelle e polvere che l’avvolgeva, muschiato, in contrasto con quello freddo di lui.
-    già – sibilò Itachi, poggiando il bicchiere sul marmo del tavolo – perché non dovresti? –
Ino si guardò attorno, agitando il piede con nervosismo.
Non era la prima volta che sentiva su di sé gli sguardi di un uomo, eppure mai aveva provato una sensazione di disagio simile.
Perché non avevi mai incontrato Lui.
-    Ma Sasuke lo sta stampando quest’assegno? – sbottò, esasperata, in un sussurro leggero.
Itachi parve ignorarla, versando un goccio di Gin in un bicchiere basso, le palpebre vagamente abbassate.
-    non hai pazienza – la schernì, spostando su di lei le iridi di quello strano colore, che a Ino parvero per un attimo ardere come fuoco.
Lei si sollevò in piedi, dimentica delle buone maniere – vado a cercare Sasuke – mormorò infine, volutamente languida sul nome dell’altro, lasciandolo scivolare sulle lingua.
Ancheggiò, avvertendo la stoffa sottile carezzarle le gambe, al ritmo della camminata sorniona.
Incurante ( o forse ben consapevole) dello sguardo del ragazzo puntato su di lei, si diresse a piccoli passi verso la scalinata, la coda che le frustava la schiena magra.
-    sei sicura di non perderti, Yamanaka? – chiese infine Itachi, cedendo al desiderio di trovare un guizzo di imbarazzo nelle iridi chiare dell’altra.
Lei si voltò, un sorriso soddisfatto sulle labbra turgide – conosco questa casa meglio di te, Uchiha – replicò, fissandolo con un misto di malizia e bramosia.
Itachi ghignò appena, un calore alla base del petto che si rinnovava con forza – il colore rosso delle camere l’ho scelto io –  commentò, osservando nuovamente il camino spento.
Ino riprese a camminare, le braccia che frustavano sui fianchi – ottimo gusto – replicò, asciutta – peccato che quella di Sasuke sia azzurra –
Itachi sollevò un sopracciglio, colpito.
-    non dovete avere gli stessi gusti, voi due – aggiunse la bionda, poggiando il piede sul primo gradino ed issandosi con calma.
Itachi la scorse con la coda dell’occhio, il fisico asciutto avvolto in quegli stravaganti colori.
E la coda bionda ondeggiare provocante.
Forse qualche gusto in comune io e lui lo abbiamo.
-    Sasuke?! – trillò Ino saltando sui gradini, il tono alto, irrisorio.
Incredibile.



***


Deidara sollevò lo sguardo dal piatto da portata, roteando gli occhi dietro gli occhialetti rotondi – odio i frutti di bosco, fanno così Old Continent… – sbottò, con aria volutamente melodrammatica.
Gaara, il viso contratto nella solita smorfia autoritaria, gli lanciò un’occhiata gelida, seguito da tutti i componenti della sua famiglia.
-    potevi rimanertene negli Stati Uniti… – bisbigliò Kankuro, portandosi alle labbra un consistente boccone –…checca – aggiunse, in un sussurro basso.
Hidan posò il bicchiere sulla costosa tovaglia, disegnando sulle labbra un sorriso sghembo – sta zitto Deidara. Sei sempre il solito coglione –
Temari nascose il sorriso di scherno dietro un tovagliolo e Kankuro seppellì la risata nel bicchiere di vino italiano.
Il biondo fissò l’altro, astioso – Hidan sei uno…-
Itachi tossicchiò piano, la mani che stringevano nervosamente il tovagliolo ricamato.
Deidara ammutolì e Hidan, seppur con il sorriso di trionfo ben evidente sulle labbra luciferine, tornò ad importunare la gamba di Temari con la mano.
-    Gaara, di cosa volevi parlarmi? – chiese poi il moro, con la voce calda, portando lo sguardo sul padrone di casa.
L’altro si schiarì la voce, vagamente indispettito dalla presenza di quel nutrito gruppo di Yankee.
 – Sasori mi ha detto che vuoi investire dei soldi nell’allevamento di cavalli da corsa –
Itachi sorrise di una smorfia che pareva più un ghigno – siete in vendita, Sabaku? – chiese a bruciapelo, giocherellando con le posate d’argento.
Temari imbronciò le labbra carnose, togliendo seccata la mano di Hidan dal suo interno coscia, mentre Kankuro, sempre più abituato a gestire cavalli che uomini, si agitava sulla sedia, accanto ad un imperturbabile cugino.
-    non noi – rispose Gaara glaciale, gli occhi celesti che guizzarono, per un breve istante, di rabbia – Nara –
Itachi portò il tovagliolo alla bocca pensoso, socchiudendo le palpebre.
-    convinci Nara a cedere a noi la sua fatiscente scuderia, e noi ti assicuriamo entrate sulle vincite del cinquanta percento –
Hidan si accese un cubano, l’odore acre del fumo che invadeva l’aria della grossa camera da pranzo – temete così tanto quel completo imbecille? – chiese, una punta d’astio nella voce.
-    è più furbo di quanto dimostri la sua pettinatura – rispose Temari, vergognandosi poi della rapidità solerte della risposta, o meglio, della difesa.
 –  una volta eliminato lui, le vittorie sono nostre – aggiunse poi, scolando d’un fiato il pesante vino rosso.
Itachi lanciò un’eloquente occhiata a Sasori che, lento, annuì appena.
-    non era una scuderia in crisi? –
Gaara allontanò il bicchiere dalle labbra– l’importante è che rimanga una scuderia in crisi – sibilò poi, lo sguardo ceruleo che si scontrava con quelli degli altri commensali.
-    quello che mi chiedi è di rilevare l’azienda, Sabaku? – chiese nuovamente Itachi, il tono falsamente mellifluo.
-    Più o meno – rispose l’altro, gelido – conosco i tuoi mezzi –
Itachi si lasciò sfuggire un ghigno – prima devo valutare i pro e i contro – commentò, vago, mentre gli sguardi dei tre fratelli si incupivano.
-    non voglio essere il tramite di una vendetta di una ragazza isterica o di un fantino sfigato – aggiunse, meritandosi diverse occhiate cariche d’odio.
-    Vado a sistemare i cavalli – commentò Kankuro, alzandosi e aggiustandosi la cravatta stretta, con un gesto affrettato.
Temari si sollevò con stizza – vado a letto, ho una terribile emicrania – sbottò, facendo spegnere il sorriso sornione nato sulle labbra di Hidan alla parola “letto”.
Itachi portò alle labbra il bicchiere, impassibile – parlami di Nara – chiese, appena la ragazza raggiunse la porta.
Lei tremò impercettibilmente, le spalline rigide del vestito che si agitarono in un fremito – buona serata –
Gaara sollevò lo sguardo su Itachi, incrociando le forchette sul piatto – Nara ha ereditato la scuderia dal padre – disse, asciutto – era già in crisi prima della sua gestione, ma ora, con il solo sostegno degli Yamanaka, che possiedono tre cavalli, Shikamaru dovrebbe dichiarare bancarotta –
Itachi fremette appena, l’espressione sul viso imperturbata.
– Yamanaka? – chiese Deidara, sorpreso – non è il cognome della sciacquetta bionda che ronzava attorno a Sasuke? -
Gaara annuì, notando l’ombra liquida che aveva attraversato gli occhi dell’Uchiha – si dice sia stata lei, in uno dei suoi persuasivi modi, a convincere Sasuke a partecipare ad Ascot con un cavallo dei Nara – aggiunse, marcando il nome del fratello.
Cosa poteva fare la gelosia in una famiglia…
Itachi annuì, portandosi alla bocca una delle bacche del piatto della frutta – sembra che quella ragazza abbia visto bene, dati i risultati -
Gaara ingoiò la bile, trattenendo il fremito di stizza alle mani – lei spesso cavalca uno dei loro cavalli, è una fantina decente –
Sul viso di Hidan si dipinse un’espressione eloquente, prima di mordere una mela – mi sembra il caso che tu vada a parlare con questo Nara, Uchiha – commentò poi, masticando rumorosamente.
Itachi portò lo sguardo fuori dalla finestra, osservando nell’oscurità la sagoma della campagna brulla inglese che circondava la tenuta dei Sabaku.
-    già, mi sembra il caso –



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Terzo Atto

Thatcham – Gran Bretagna

Luglio 1986

She told me to
Walk this way!
Talk this way!
Well just gimme a kiss some head!
Oooh, a-like this!


Ino accarezzò il dorso del cavallo, le mani che passavano tra i fili setosi della criniera dorata.
Zittì con una carezza delicata il nitrire affaticato dell’animale, cullandolo con una nenia soffocata tra le labbra.
-    forza, Iris, torniamo nella stalla – sussurrò, afferrando le briglie e camminando accanto al grosso stallone.
Il jeans troppo grande le scendeva sui fianchi snelli, la pancia piatta che si intravedeva dalla comoda maglia sportiva ed informe, assurdamente inadeguata per un fisico tanto perfetto.
Ancheggiò naturalmente, evitando con grazia felina i dossi e le buche dei pochi metri che la dividevano dalla grossa, seppur quasi vuota, stalla, continuando a fischiettare un motivetto conosciuto.
Il cavallo le trottava accanto, l’odore di sudore che si fondeva a quello del bagnoschiuma alla pesca della ragazza, ancora tenacemente ancorato alla pelle chiara.
Oltrepassò il fienile sulla destra, scorgendo con la coda dell’occhio il tuttofare, tale Kiba Inuzuka, parcheggiare il pick-up scuro nel cortile.
Sollevò un sopracciglio chiaro, ritrovandosi ad osservarlo con una punta di malizia e, per un attimo, credette di cedere alla tentazione di andare da lui.
Come aveva fatto tante volte…
Storse le labbra infastidita, ricordandosi che l’ultima volta si era ritrovata paglia perfino tra i capelli e nei vestiti.
Quel cafone l’aveva praticamente sbattuta per terra…
Mordicchiandosi un labbro, dannate tentazioni, oltrepassò il piccolo cortile, ritrovandosi nello spiazzo della casa di Shikamaru, la ghiaia che cozzava contro gli zoccoli del cavallo.
-    …questo posto è una seccatura. Ma non torno indietro sulle mie decisioni –
Ino si fermò, incuriosita dalla voce di Nara, vagamente inquieta.
Si voltò, lo chignon biondo che si apriva appena, lasciando cadere spettinati ciuffi biondi sul collo arrossato.
-    Posso essere molto persuasivo, Mister Nara –
-    E io molto indifferente, Mister Uchiha –
La ragazza si sollevò sulle punte poggiando una mano sul cavallo, gli occhi chiari che saettavano verso l’ingresso della casa.
La sagoma di Shikamaru era voltata di spalle, il codino sciolto, il fumo di sigaretta che risaliva in lente spire sopra la sua testa.
Stava fumando, era nervoso…
-    vedremo –
Itachi fece un passo, le braccia che ciondolavano con eleganza lungo i fianchi mascolini – la saluto, Mister Nara – fece poi, passandosi una mano tra i capelli scuri.
Ino l’osservò rapita per qualche istante, il cuore che le balzava nel petto.
E, incrociando il suo sguardo, la stessa inenarrabile sensazione di smarrimento le si aprì nel petto.
- Yamanaka – la voce di Itachi spezzò l’irreale silenzio che era caduto come un macigno sul cortile, facendola appena rabbrividire.
- Uchiha, a cosa devo l’onore?- mormorò poi, spostandosi dietro l’orecchio un ciuffo impertinente e calmando con un gesto piccato il nitrire del cavallo.
Il moro l’osservò divertito, giocherellando con le chiavi della sua fiammante Lotus, parcheggiata pochi metri più in là – non sono qui per te – mormorò, mentre le gote dell’altra andavano assumendo una sfumatura rossastra, tra l’imbarazzo e un accesso d’ira.
-    non ci tengo alle tue attenzioni – replicò lei, un sorriso isterico sulle belle labbra.
L’altro scosse le spalle, lo sguardo inespressivo che vagava sulle forme di Ino, sepolte ma tremendamente evidenti nell’abbigliamento sportivo.
E nuovamente l’avidità dei sensi sembrò rapirlo.
- volevo acquistare la baracca di Nara – disse poi, il tono fermo.
Ino boccheggiò, colta alla sprovvista – Shika non vende, è fuori discussione – si ritrovò a borbottare, il fiato corto.
Che non era solo per l’inaspettata novità. Qualcosa le diceva che era anche colpa degli occhi neri che la fissavano rapaci.
-    sto ancora valutando, in effetti – rispose Itachi, impensierito – la convenienza dell’affare dipende da cosa comprende – aggiunse, un brivido caldo che attraversò la schiena di entrambi.
Fuoco e ghiaccio liquido dei loro occhi.
-    Yamanaka, porto Iris nella stalla? –
Ino si voltò, il top che le sfregava sulla pelle improvvisamente ardente.
E due occhi dorati che la fissavano duri.
- Inuzuka, che diavolo vuoi? – ringhiò la bionda, un fastidio insopportabile all’altezza del petto.
Itachi si lasciò sfuggire un ghigno, voltandosi senza salutare.
-    Volevo aiutarti – sbottò Kiba, afferrando le briglie del cavallo, il fiato ansante – certo che sei una stronza, flirtare con gli altri davanti a me!-
Ino strinse i pugni, innervosita – perché, tu che diavolo saresti Kiba? Mio padre? – sibilò, acida, osservando la schiena di Itachi infilarsi nella Lotus.
E uno strano desiderio invaderle le vene, come veleno.
- credevo di essere qualcuno per te – Kiba le afferrò un braccio, facendola voltare verso di lui.
Gli occhi chiari di Ino lo fissarono storditi per qualche attimo, prima di ritrovare la solita freddezza – si vede che sbagliavi –
Il rombo del grosso motore della Lotus tuonò sui due giovani.
Ino si divincolò, correndo verso Shikamaru, preso a fumare seduto sui gradini di casa, incurante.
Kiba lanciò un insulto a mezza bocca, tirando con foga le briglie di Iris.
Itachi osservò la scena con apparente distacco, una smorfia soddisfatta sulle labbra sottili.
-    dipende tutto da quello che è compreso –


***



-    vendi? –
Shikamaru alzò lo sguardo dalla pila di fogli, segnati nella sua piccola e distratta calligrafia.
-    piuttosto che lasciare tutto ad un Uchiha, vendo l’anima a Satana –
Ino si lasciò cadere sulla sedia, i gomiti puntati sulla scrivania pesante – sei un idiota, Shika – mormorò, scoppiando in una risata.
L’altro roteò gli occhi, postando la calcolatrice con un gesto seccato – già, sono d’accordo – biascicò, sbadigliando – facevo prima a rifiutare l’eredità e fuggire ai Carabi –
Ino sorrise, poggiando il mento su una mano – tze, e avresti rinunciato a tutte le tue quotidiane seccature? –
L’altro annuì, serrando le palpebre – se queste sono: tu e le tue assurde pretese per i tuoi tre equini…-
-    non sono tre equini, sono tre splendori! – lo corresse Ino, lo sguardo di fuoco.
Shikamaru sollevò una palpebra, annoiato – ah, si giusto, splendori…comunque dicevo: tu, questa bettola e quella seccatura della Sabaku, dannata lei e chi le ha dato il mio indirizzo e numero di casa –
Ino curvò le labbra in un ghigno, divertita – sei stato tu, Shikamaru Nara – gli ricordò, sollevandosi in piedi.
Lui lanciò qualche invettiva rivolta all’intero universo, riportando poi l’attenzione sulla bionda – che volevi, comunque? – chiese, notando solo allora la tuta della ragazza e i capelli raccolti.
-    prendo Iris, vado a fare una corsa – rispose lei, vagamente euforica.
Shikamaru scosse le spalle, disinteressato – potevi chiedere a Kiba, della stalla se ne occupa lui –
L’altra si imbronciò, inquieta – sei tu il capo – decretò, un’ombra minacciosa negli occhi.
-    ok, fa come vuoi – la liquidò il ragazzo, sistemandosi affettatamene il codino.
Ino gli rivolse un sorriso, sparendo dietro la porta scura del corridoio.
-    donne, tutte seccature –


***


Itachi sollevò lo sguardo verso la radura, assottigliando gli occhi scuri.
Il vento fresco, seppur fosse piena estate, lo investì, facendo svolazzare la giacca nera attorno le gambe atletiche.
I capelli scuri, come sempre trattenuti da un elastico troppo sottile, gli sferzarono davanti al viso, irritandolo appena.
Osservò con stizza l’orologio, appoggiandosi nuovamente allo sportello dell’auto sportiva, nervoso.
Fu solo quando avvertì lo scalpitio del cavallo avvicinarsi rapido che si rilassò appena, facendo scattare la testa verso l’alto.
Fino ad incrociare due occhi spalancati, sorpresi e…maliziosi.
Ino tirò le redini, interrompendo il galoppo del forte stallone, il respiro ansante.
-    anche questa volta non sei qui per me?- chiese, il petto che si agitava nel top chiaro, le gambe nude provocantemente spalancate.
Il moro si staccò dall’auto, facendole cenno di scendere – affari – mormorò, osservandola cadere a terra in un movimento fluido.
Lei cercò i suoi occhi, i capelli umidi attaccati al collo – come hai saputo che sarei passata qui? – chiese, un sorriso soddisfatto stampato sul volto arrossato.
-    ho i miei informatori – rispose lui laconico, offrendole una sigaretta.
Ino scoppiò in una risata tesa, il respiro che tornava a mancarle.
Proprio a lei.
-    allora, di che affare si tratta? – mormorò, infilandosi la sigaretta tra le labbra piene e sollevando gli occhi chiari sul volto di lui.
-    non qui – rispose Itachi, avvicinando la fiamma dell’accendino d’argento al viso della ragazza.
Ino inspirò la prima boccata di fumo, allontanando la cicca con stizza – e allora dove? – chiese, l’inquietudine che diventava angoscia.
E l’angoscia che diventava desiderio.
Negli occhi del moro saettò un lampo – stasera, alle ventuno. – sibilò lui, felino – ho preso una camera in un hotel a Londra. – aggiunse, osservandola sgranare appena le palpebre, per poi abbassare maliziosamente lo sguardo.
-    mi stai invitando a cena fuori, Mister Uchiha? – sussurrò, le labbra rosse che fregavano contro la cicca della sigaretta, sensuali.
Itachi ghignò,  gli occhi di brace puntati su di lei – è a Londra che gestisco gli affari. La campagna è per il piacere – avvicinò le labbra alla fronte di lei, sfiorandola appena.
Ino socchiuse gli occhi, il cuore che le balzava nel petto, incontrollabile.
Il fiato di lui le accarezzava la pelle arrossata, le mani le sfioravano le spalle nude – cosa vuoi da me, Itachi?- chiese in un sospiro, lasciando che lui le sciogliesse la coda alta, in un gesto lento.
Itachi l’osservò, l’espressione incredibilmente diabolica stampata sul volto cereo – ancora non ho deciso, Ino – concluse, afferrandole il viso con decisione – non so se ne varrebbe davvero la pena –
Ino, ancora a occhi chiusi, ascoltò i suoi passi allontanarsi e lo sportello dell’auto scattare deciso.
Si guardò attorno, dandosi mentalmente della stupita.
-    Ehy, Uchiha! – sbottò, puntellandosi con le mani sui fianchi, in un atteggiamento che avrebbe voluto esser minaccioso – non ti ho ancora assicurato che stasera verrò – sibilò, fiammeggiando.
Il ragazzo sorrise sbieco, il mozzicone di sigaretta che pendeva molle dalle labbra – tu verrai, Miss Yamanaka – disse, il tono fermo – non hai altra scelta –
La bionda, imbronciò le labbra rosse, le unghie curate che grattavano contro la pelle del fianco.
-    Scommettiamo? – sbottò, irritata, un dolore allo stomaco.
Perché odiava perdere.
E sapeva che quella scommessa era persa in partenza.
- la posta la decido io…- Itachi si appoggiò alla Lotus – …te ne parlo stasera –


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Quarto Atto

Londra – Gran Bretagna

Luglio 1986

All I want is a little reaction
Just enough to tip the scales
I’m just using my female attraction

Ino rigirò tra le dita il biglietto con il nome dell’hotel.
Strinse le labbra, irritata, osservando la sua calligrafia nervosa.
Che stupida che era stata, ricevere una telefonata da Itachi e comportarsi come un’adolescente al primo appuntamento.
Come se lei non fosse mai entrata in una camera di hotel con un Uchiha, poi.
Si sistemò nervosamente sullo sgabellino del bar nella hall, il vestito tremendamente corto che si sollevava sulle cosce sode.
Si beò per un istante dello sguardo adorante di una coppia di uomini, rigirandosi tra le dita il bicchiere di champagne leggero che aveva ordinato.
Da quel poco che aveva conosciuto di Itachi Uchiha, una sola certezza le si era stampata nella mente.
Per affrontarlo serviva lucidità ed un tocco di spregiudicatezza.
-    un bicchiere d’acqua – chiese poi, lasciando lo champagne galleggiare nel calice di cristallo.
Si guardò attorno, riflettendosi nei vetri del locale e nei vestiti brillanti delle donne che vagavano per la grossa sala.
Nervosa, si aggiustò una piega inesistente sul grosso fiocco sulla spalla, maledicendo la scomodità di quell’assurda moda psichedelica.
-    impaziente, Miss Yamanaka?
Ino socchiuse le palpebre, un respiro soffiato tra le labbra – Uchiha, sei in tremendo ritardo – sbottò, sollevandosi sui tacchi incredibilmente alti.
Lui le rivolse un sorriso sensuale, porgendole il braccio – affari, Ino –
La bionda imbronciò maliziosamente le labbra, in quella smorfia infantile che sapeva catturare la bramosia degli uomini – non si fanno attendere le signore – sbottò infine, entrando nell’ascensore di vetro.
Si appoggiò alla ringhiera di ferro, il contatto freddo a contrasto con il calore che le scorreva sotto la pelle.
Scosse la testa, improvvisamente confusa.
Impossibile accusare lo champagne.
Il braccio di Itachi le avvolgeva la vita, infido come un serpente.
Ino sorrise, il respiro sempre più corto.
Respirare Itachi era respirare veleno.
Ed era troppo tardi per fuggire via.
-    entra – mormorò Itachi, spalancando la porta della stanza, l’odore caldo del legno che avvolse Ino.
 
***

-    siediti pure – l’invitò Itachi, versandosi un doppio gin.
La bionda si guardò attorno, lasciandosi cadere su una poltrona di broccato, la pelle nuda delle braccia che fregava contro il tessuto vellutato.
-    cosa volevi dirmi? – chiese poi, la testa pesante.
Itachi l’osservò, appoggiato al tavolino di legno.
-    convinci Nara a vendere – irruppe lui, scolando poi l’intero bicchiere.
Ino rise, isterica – assolutamente no – rispose poi, gli occhi ridotti a due sottili fessure – non mi interessa perché tu voglia la scuderia di Shika, io non sono disposta ad aiutarti – aggiunse, alzandosi con uno scatto deciso, la coda bionda che le frustava la schiena.
Itachi indurì l’espressione, un guizzo di divertimento nello sguardo -  credevo avresti ceduto subito -  commentò, il tono dispiaciuto – non sono un nemico piacevole da avere – soggiunse, incrociando gli occhi azzurri di lei.
Ino ghignò, le mani che tornavano a puntellarsi sui fianchi – la cosa non mi spaventa – disse, dura    –  anche io posso essere una pessima nemica -  aggiunse, gli occhi ridotti a due fessure incandescenti.
Itachi posò il bicchiere sul tavolino, in un gesto lento, l’aria improvvisamente gelida attorno a lui.
-    conosco altri mezzi per far cedere Nara – disse poi, minaccioso – tu mi sembravi il meno…rischioso – accentuò l’ultima parola, sibillino.
Ino avvertì una scarica attraversarle la schiena, fredda.
-    Minacci, Itachi? – si sforzò di rispondere, l’espressione falsamente distaccata.
-    Dipende da te – l’interruppe lui, sprofondando nella poltrona – mi hanno detto che con Sasuke sai essere molto persuasiva – aggiunse, incrociando le braccia, lo sguardo di quello strano nero che sembrava trapassarla.
Ino si sistemò il ciuffo, le dita smaltate che si intrecciavano con i fili dorati dei capelli.
-    è per Nara o per Sasuke che tu mi hai portata qui? – chiese infine, un lampo di follia nello sguardo lucido.
-    Lo sapevo che eri più sveglia di quanto si potesse supporre dalla tua faccia da Barbie, Ino -
Lei ghignò, il respiro affrettato – affari o piacere? -  continuò, imperterrita, avvicinandosi sensuale, i tacchi alti che sfioravano appena la moquette della costosa suite.
Itachi la squadrò, l’espressione imperturbabile sul viso magro – anche con Sasuke è questione di affari – rispose, laconico, divorando con gli occhi il corpo dell’altra, sempre più dannatamente vicino.
-    cosa devo fare per salvare Nara? – chiese lei, respirandogli sul viso chiaro.
Itachi sorrise, avvolgendole le mani attorno la testa chiara – lo sai benissimo, Ino – mormorò, lambendole la pelle sottile delle labbra con la lingua.
Ino scattò indietro, il ciuffo che si scostò appena, mostrando l’occhio azzurro – non sono una puttana, stronzo – sbottò, il petto che si sollevava come impazzito nel corpetto rigido del vestito viola.
Si allontanò a grandi falcate, la borsetta lucida stretta contro il fianco.
-    Miss Yamanaka – Itachi l’afferrò per un braccio, stringendola a sé, con uno strattone che le fece perdere l’equilibrio – si dà il caso che io sia davvero uno stronzo – mormorò, mentre gli occhi di lei si chiudevano e le labbra umide di avvicinavano a quelle di lui, estatiche.
-    Non servivano ricatti per farmi cedere – mormorò Ino, sfiorando la pelle calda, la borsa che cadeva a terra con un tonfo ovattato.
Itachi scorse le dita sul collo della ragazza, lasciando minuscoli segni rossi su di lei – fammi cambiare idea su Nara –
Ino si issò su di lui, la mani di Itachi che le sollevavano il vestito sulla vita, scoprendole le gambe nude.
-    devi sempre vincere – mormorò la ragazza, tra i singhiozzi di piacere – Nara, Sabaku…tuo fratello –
Lui ghignò, gettandola sul letto morbido e sciogliendosi il nodo della cravatta – hai ragione. Io vinco sempre, Ino –


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Quinto Atto

Ascot – Gran Bretagna

Settembre 1986

We've got to hold on to what we've got
'Cause it doesn't make a difference
If we make it or not
We've got each other and that's a lot
For love - we'll give it a shot


Ino poggiò un piede a terra, uscendo dal taxi scuro.
Salutò un nutrito gruppo di giovani della piccola aristocrazia gallese, sistemandosi le falde del grosso cappello.
Abbozzò un sorriso incrociando gli occhi verdi di Sakura, che la fissavano preoccupati.
-    Ino, dannazione, la corsa sta per iniziare – sbottò Shikamaru, affiancandosi a lei nel piazzale.
-    Una signora ha bisogno del suo tempo, e non innervosirti, scansafatiche, altrimenti ritiro Iris dalla corsa – strepitò, aggiustandosi con stizza il ciuffo chiaro.
Il ragazzo infilò le mani nelle tasche, affondando i passi pesanti sul selciato.
-    i Sabaku hanno fatto più pressioni? – chiese Ino, osservando Kankuro e Gaara agitarsi attorno ad uno stallone scuro, e Temari, come sempre già sugli spalti, agitare nervosamente il ventaglio.
Shikamaru aspirò la sigaretta, incupendosi – sono due mesi che non fanno offerte – rispose, facendo scattare lo sguardo sulla vistosa bionda sulle gradinate, e al posto fortunatamente vuoto accanto a lei.
-    bene – l’interruppe Ino, un vago sorriso di vittoria sulle labbra truccate.
Il ragazzo la squadrò, un sopracciglio sollevato – tu c’entri qualcosa con questo, Ino? –
La bionda storse le labbra, nascondendo lo sguardo soddisfatto sotto la falda del cappello cangiante.
Shikamaru sbuffò, poco convinto, affiancando Sasuke, come sempre preso in una disputa personale con Naruto e Kiba, che tratteneva Iris per le briglie corte.
-    salve, Sasuke – mormorò Ino, le mani che scattarono nervose attorno la borsa dorata.
Il moro si voltò verso di lei, trafiggendola con le iridi scure.
-    ciao Ino – la salutò Naruto, incurante del gelo che era calato sul gruppo e dell’espressione furente di Kiba, accanto a lui.
Shikamaru sollevò gli occhi al cielo, lasciandosi sfuggire un “ che seccatura” sospirato con teatrale rassegnazione.
-    con permesso…- mormorò poi Ino, voltandosi decisa, le scarpette aperte che scivolavano sulle ghiaia, nonostante l’umido freddo del pomeriggio dei primi di autunno della campagna inglese.
Kiba strinse la mano attorno il cuoio della briglia, gli occhi dorati puntati a terra, delusi.
-    occupiamoci della corsa ora – sibilò Sasuke, l’espressione amareggiata.
E una ferita che si apriva nel petto, nonostante la mano di Sakura che cercava la sua, tra le pieghe della manica della giacca.
Itachi.

***

Ino si accomodò sulla poltroncina chiara, osservando con un punta di malizia la ragazza al suo fianco, il ventaglio che si agitava tra le sue mani.
-    buona giornata, Temari – la salutò, una nota di velata ironia nella voce cristallina.
L’altra si voltò appena verso di lei, le labbra schiuse in un saluto sibilato a mezza bocca.
Il grosso cappello le copriva la fronte abbronzata, ombrandole gli occhi di quel verde intenso.
-    non vedo Hidan qui…hai deciso di smettere di giocare, finalmente? – chiese Ino, facendo ruotare le iridi cristalline sul posto vuoto accanto l’altra, giocherellando con le lunghe unghie smaltate.
Temari fece scattare il mento, riprendendo ad osservare uno strano codino scuro agitarsi vicino le stalle e una scapigliata capigliatura dorata raggiungerlo alle spalle, adorante.
-    mi stupisco che tu non sappia niente – sbottò poi, fermando il movimento ondulatorio del ventaglio chiaro e stringendo le palpebre, nervosa.
Shiho.
Ino sollevò un sopracciglio, stupita – e cosa dovrei sapere, di grazia? – chiese, vagamente inquieta.
Temari si voltò, stringendo nervosamente il ventaglio chiuso tra le dita – Hidan e gli altri partono stasera – disse, laconica – pensavo che la puttana del capo lo sapesse –
Ino ignorò la stoccata, un groppo gelido alla gola – Itachi? –
- è da Gaara, ritira i soldi della vincita della scorsa settimana – sibilò Temari, riprendendo ad osservare l’altra bionda afferrare il braccio di Shikamaru, lo sguardo totalmente venerante dietro gli spessi occhialoni.
- sta partendo – disse Ino, la voce dura, tagliente – stronzo -
Si alzò di scatto, i capelli biondi che le sferzavano sul viso.
Temari l’osservò scendere rapidamente i gradini, il vestito aderente che si sollevava ad ogni passo affrettato.
-    ha le palle la ragazzina – mormorò infine, un ghigno sulle labbra – Sabaku Temari non può mica essere da meno – aggiunse, strappandosi il buffo cappello e incrociando gli occhi scuri abulici di Shikamaru.
-    Assolutamente no –



***


-    milletrecento sterline – mormorò Kankuro, passandogli l’assegno dal taschino della giacca sporca.
Itachi se lo rigirò tra le dita, imperturbabile – è stato un piacere – commentò, trafitto dall’occhiata gelida di Gaara, a pochi metri da lui, la divisa da fantino già indossata.
-    e il nostro accordo? – chiese infine il rosso, la rabbia a stento trattenuta.
Itachi scosse le spalle – un Uchiha interviene solo se l’affare è davvero conveniente… – sibilò – …non ero più interessato a questo –
Gaara montò a cavallo, stringendo con foga eccessiva il morso dello stallone.
-    addio – irruppe Kankuro, pragmatico.
Itachi si voltò, l’alone di sigaro che si diffondeva nell’aria stantia della stalla.
- mister Uchiha -
Il ragazzo roteò gli occhi, affatto sorpreso dalla voce acuta e vagamente isterica che lo aveva fermato.
-    Miss Yamanaka – sibilò – che piacere trovarla qui –
Ino si avvicinò, minacciosa, i tacchi che affondavano nella sabbia bagnata delle stalle.
-    scappa, Mister Uchiha? – chiese, gli occhi umidi di rabbia, le labbra tremanti di furia.
Itachi si lasciò sfuggire una risata gelida, le mani che accarezzavano sornione la schiena dell’altra
-    l’ho appena detto: non sono più interessato a quest’affare – mormorò con voce carezzevole.
Ma che a Ino sembrò carta vetrata.
-    avrei dovuto immaginarlo. Per un attimo mi ero illusa che non fossi un completo stronzo – mormorò lei, la voce strozzata dall’emozione trattenuta.
Il moro scosse la testa, il codino che ondeggiava sulle spalle virili – hai ragione, ti eri illusa –
Ino si divincolò dalla stretta di lui, nella mente le immagini di due mesi di passione segreta che si affollavano, sovrapponevano e svanivano.
-    potevi almeno venire a darmi un addio – disse infine, ricomponendosi con alterigia.
Itachi si portò una mano al mento, soddisfatto – e perché vedere una scena pietosa come il tuo tentativo di trattenermi qui? – chiese, mentre l’espressione dell’altra si incupiva, furente.
-    non ne ho intenzione – sibilò lei, ferita – anzi, vattene, stronzo! – sbottò, incapace di trattenere la rabbia che le era montata nel petto, senza controllo.
Itachi storse le labbra in un’espressione appagata – sarebbe stato un peccato perdermi questa scena, hai davvero ragione –
Ino tentò di schiaffeggiarlo, le lacrime che si accalcavano sulle ciglia pesantemente truccate, il respiro ansante – vattene –
Itachi le afferrò il volto – solo quando lo decido io – mormorò, poggiando le labbra sulle sue, in un bacio che sapeva di fumo e sale.
La bionda la spinse via, i sensi totalmente inebriati – non ti tratterrò qui -
-    fai bene – rispose Itachi, passandosi una mano tra i capelli scuri – la Gran Bretagna è troppo tetra per un tipo come te –
Ino sgranò gli occhi, inquieta – che diavolo vuoi dire? –
Itachi le schiaffeggiò la fronte, l’espressione dura – sei una donna di classe, non dovresti parlare così –
Ino si allontanò, le mani sui fianchi – Itachi! –
Lui si avvicinò, respirandole tra i capelli – credo che a Los Angeles ti troverai bene, lì l’aria ha il tuo stesso profumo –
La ragazza sentì la terra cederle sotto i piedi, lo sguardo vacuo – cosa? –
Itachi storse le labbra in un ghigno – il mio aereo sta per partire, devi scegliere. – indurì lo sguardo – non tornei in Inghilterra neanche per te, Ino –
Lei sorrise maliziosa – tu vinci sempre Itachi… – biascicò, baciandolo con foga.
-    …ma io non verrei negli Usa solo per te – rispose poi, le labbra che disegnavano un’espressione soddisfatta sul viso truccato.
Itachi l’osservò voltarsi ed agitare la mano – accontentati Itachi. Los Angeles ha il mio stesso odore no?...- si fermò, divertita – …scopati lei –
Itachi si puntellò sulle gambe, l’espressione confusa – non tornerò –
Ino incrociò il suo sguardo, sistemandosi il ciuffo.
-    scommettiamo? –
Itachi annuì, una strana ansia nelle vene.
Perché adorava vincere.
Ma sapeva che quella scommessa era persa in partenza con lei.
-    certo, Miss Yamanaka –










Epilogo

Londra – Gran Bretagna

Dicembre 1986


An angel's smile is what you sell
You promise me heaven then put me through hell
Chains of love got a hold on me
When passion's a prison you can't break free


Ino si rigirò nel letto, il lenzuolo pesante che frusciava sotto il suo corpo umido.
Respirò l’aria calda della stanza, l’aroma di caffè e legno che si diffondeva tra le pareti scure.
Il fuoco del caminetto strepitava ancora davanti al tappeto bianco, stropicciato con foga qualche ora prima.
La ragazza si sollevò in piedi, l’odore di sesso e alcool ancora attaccato sulle palle chiara, i capelli sfatti gettati sulle spalle ossute.
Scivolò tra una camicia scura e un reggiseno di pizzo, saltando la bottiglia di vino della California e quella di uno Chardonnay francese.
Entrambi troppo protagonisti per potersi abbassare al livello dell’altro.
-    pensavo fossi scappato – biascicò poi Ino, avvolgendosi nella veste da camera di velo.
Il moro entrò nella stanza, i capelli raccolti nel solito codino basso.
-    e perdermi la tua espressione distrutta, Miss Yamanaka? –
Ino rise sorniona, scivolando sul tappeto, la pelle nuda che sfregava sulla pelliccia costosa – hai un senso dell’humour ancora molto inglese, Mister Uchiha –
Itachi le si piantò davanti, afferrandole la testa tra le mani – non credere di aver vinto, Ino. Un giorno mi stancherò di te e non tornerò più –
La bionda si sollevò sulle ginocchia, accarezzandogli la pelle del ventre con le labbra umide – ma potrei stancarmi prima io di te, Itachi –
Si fissarono, silenziosi, lo scoppiettio gioioso del camino che rompeva quell’irreale silenzio.
-    ma per ora non sono ancora sazia di te – disse, allentandosi la vestaglia, i piccoli seni che spuntavano prepotenti.
Itachi le accarezzò le labbra con le dita, silenzioso, sdraiandosi poi su di lei.
-    ma non chiamarlo amore, Mister Uchiha –



Shot through the heart
And you're to blame
Darlin' you give love a bad name









NOTE DELL’AUTRICE:

Considerate che io di questa fic non sono affatto soddisfatta.
È lunga per i miei standard e quando l’ho finita mi sono resa conto che non era quello che avevo pensato all’inizio.
Perché ci ho passato una delirante settimana sopra. Col vero delirio, quello che a metà fic mi ha fatto dire “basta, io la smetto”.
Perciò sono totalmente stupita del secondo posto. Chi mi conosce sa che non ho neanche voluto vedere i risultati.
Rory può testimoniare XD
Un enorme grazie alle gentilissima giudice e un abbraccio forte alle colleghe di contest Kaho, Elwerien e Terra_chan, in primis a Leti, la vincitrice.

Un bacio

Roberta

     -    Canzoni utilizzate per introdurre gli atti:

1 - A kind of magic – Queen
2 – Wasted years – Iron Maiden
3 – Run this way – Run DMC
4 - Typical male – Tina Turner
5 – Living’ on a prayer - Bon Jovi
6 – You give love a bad name – Bon Jovi
N.B. sono tutte canzoni uscite nel 1986 ed entrate nella classifica dei singoli/dischi più venduti in Gran Bretagna.
Una di loro ( quella dei Queen) ha vinto anche il disco di platino per quell’anno.


-    Ascot è una famosa località inglese, nota per le importanti corse di cavalli che vi si svolgono.
Una curiosità: le donne, in queste occasioni, sfoggiano sfarzosi cappelli, di ogni misura e colore, spesso molto appariscenti.

-    *Gli atti non sono capitoli: come in un copione servono ad indicare l’eventuale cambio di scena e lo sbalzo temporale. Infatti è indicato la località e il mese in cui si svolgono.
N.B. le località sono esistenti, si trovano nei pressi di Londra.
         Gaara e Sasuke vivono nei pressi della stessa cittadina, al contrario di Shikamaru, la     
         la cui residenza è a qualche chilometro da loro, in un altro centro.
 
    
   






  
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