Sii
casta come il ghiaccio, pura come la neve,
tu non sfuggirai alla calunnia. (Da Amleto, terzo atto, Amleto)
La
gente è convinta che le
persone nascono cattive. Non posso fare a meno di ridere. Osservo il
freddo
bicchiere di cristallo, che stringo fra le dita. È bello.
È fragile. Il vino
rosso, scuro come il sangue, danza silenzioso tra le sue pareti di
vetro. Mi
mordicchio il labbro inferiore, percependo l’impronta di
dolcezza lasciata
dall’alcool. E rido. I miei lunghi capelli scuri, cadono
all’indietro,
assecondando il movimento della mia testa. Pesa tanto, mamma. Troppo
vino, ma
in fondo che male c’è’?
Un topo si
affaccia guardingo da un buco nel muro. Gli occhi gialli, vagano
frenetici a
destra e sinistra, alla ricerca di cibo. Illuso. Lascio la presa sul
bicchiere,
e afferrò la bacchetta.
“Crucio”.
Un sussurro. Un istante di silenzio.
E poi gli squittii disperati della povera bestia, si mischiarono al
rumore di
vetro infranto. Tutto
quel buon vino
sprecato, Bella non si fa. Mi also.
Regina senza trono di un
impero di dolore. E rido ancora, e ancora. Follia? Forse. Ma in fondo
che c’è
di male? Non sono
nata così. Non l’ho
deciso io, cosa sarei diventata. Tante piccole cose, tanti piccoli
momenti,
hanno fatto di me un assassina. Un amante. Una moglie. Me. E non me ne
pento.
Non pensate di potermi guardare dall’alto in basso, non
pensate di poter essere
meglio di me. Perché non sapete nulla. Non conoscete
l’intensità del mio odio, o
quella della mia passione. Chissà come mai, ho smesso di
ridere. Il topo è
morto. Gli occhi riversati all’insù, mi fissano
accusatori. Non me ne curo. Mi
avvio verso l’uscita della stanza, passando sopra i resti del
bicchiere. Non me
ne curo. Esco. E
inizio a correre. Le
mie gambe corrono. Tutto corre. E la mia mente corre ad
allora… Ridi ancora
Bella?