Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: deniefn    11/01/2015    0 recensioni
[Song Fic]
[Song Fic]" - Chi sono io? Nessuno.
Sono solo una povera vittima del suo amore, il narratore della storia, colui che vuole ricordarla e farla ricordare alla gente scrivendo di lei su fogli di carta"
Genere: Generale, Sentimentale, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
asdsfdsf Quella volta ero sicuro di rimanerci secco. Il battito cardiaco dal momento della separazione (se non prima) era accelerato e non dava segni di tranquillizzazioni. Era più o meno mezzogiorno: mancavano ancora circa 6 ore al tramonto. 6 ore. 6 ore di tortura. “ Perché ho accettato?” pensavo. ‘ Perché sennò ti saresti lamentato più di quanto stai facendo adesso!’ mi fece notare il mio “simpatico” subconscio che ogni tanto ricompariva. Dovevo parlare con qualcuno! Stavo impazzendo. Pensai subito a Fred, il mio amico pescatore. (Tra l’altro si trovava anche nei pressi del porto quindi sarebbe stato facile, in seguito, raggiungere il luogo di ritrovo). Avrei avuto tutto il tempo per calmarmi. Con passo accelerato arrivai al porto e con sguardo allarmato cominciai a cercare Fred. Il vento marino era congelato e forte, le barche oscillavano tra le onde. Iniziai a dubitare di trovarlo li quel giorno. Diedi un ultimo sguardo al paesaggio: il cielo era grigio chiaro, il mare un grigio piombo, le onde erano alte e al contatto con gli scogli si trasformavano in minuscole gocce che mi bagnavano il viso. La sua barca sembrava vuota. No, non l’avrei trovato li quel giorno, avrei dovuto provare a casa sua. Feci per allontanarmi quando improvvisamente un urlo mi fece trasalire. Proveniva dal mare. Mi girai di scatto e cercai di scorgere da dove provenisse quel rumore. Ma non vedevo nessuno.

<< Aiuto! >> di nuovo quella voce soffocata. Mi sembrava di conoscerla. Ma no.. non era possibile. Cominciai a correre verso la barca di Fred. Nessuno. Ma notai la pedana abbandonata sull’orlo del molo. Fred non avrebbe mai lasciato la pedana là.

<< Freeed!! >> ero spaventato. Feci un salto e salì sulla barca che oscillava tanto da farmi perdere l’equilibrio. Più volte stavo rischiando di scivolare in quanto il suolo era molto bagnato. Pregavo in un altro piccolo rumore per cercare di capire dove fosse. Nella cabina non c’era, né sul ponte, né ai lati.. non c’era, non c’era! Pensai che forse mi ero impressionato, me l’ero immaginato. Improvvisamente, però, vidi delle corde fuori posto tendersi verso l’esterno della barca.

Mi avvicinai lentamente. Porsi lo sguardo verso la direzione delle corde e vi trovai.. un paio di gambe. “ Oddio! “ la metà del corpo si trovava nell’acqua. Non si muoveva, oddio non si muoveva! Cercai di tirare le corde con tutta la forza che avevo in corpo. Lo sforzo che facevo era immane, le corde quasi mi tagliavano le dita, il cuore mi batteva, la paura mi bloccava il respiro! Non ce la facevo, ero troppo debole, non ero uno di quei tipi palestrati e muscolosi! Io ero magrolino, esile! Ma lottavo contro tutto me stesso. Avvolsi la corda ad un piolo per semplificarmi il lavoro e diminuire il peso. Tirai, non ci riuscì. Tirai ancora, feci uscire il bacino. Feci un respiro, tirai e tirai. Le vene quasi mi esplodevano per lo sforzo, i denti erano serrati. Non riuscivo a respirare. Tirai ancora, uscì metà petto. Pregai dio di aiutarmi, tirai. Ora il corpo era più pesante, l’acqua sui suoi indumenti non aiutava. Tirai fino ad urlare, pian piano uscirono prima le spalle, poi il collo ed infine la testa. FRED! Era proprio lui! Non si muoveva, era diventato bianco. Io non ce l’avrei fatta oltre. Avvolsi quanto potevo la corda intorno al piolo e cominciai a correre per chiedere aiuto. Arrivato quasi alla fine della barca, il mio piede scivolò ed io sbattei la testa contro una panca. Ebbi qualche secondo di smarrimento. Che dolore, la testa mi faceva malissimo ed una parte di stava gonfiando. “ Fred, Fab!” Mi ricordò la mia coscienza. Senza nemmeno capire quello che stava succedendo, d’impulso, mi alzai e cominciai a correre per cercare aiuto. Ci vedevo sfocato, ma le mie gambe mi reggevano. Alzai lo sguardo, un’ombra. Qualcuno! Cercai di correre più veloce. L’ombra mi aveva notato. Era un marinaio.

<< Aiutami ti prego! C’è un uomo che ha bisogno di aiuto! >> riuscì a vedere lo sguardo allarmato dell’uomo.

<< Chi? Dove? >> mentre mi chiedeva, già stava avanzando seguendomi. Non capivo molto, la testa davvero mi girava e continuavo a tamponarmi la botta con le mani congelate per evitare che si gonfiasse ancora di più. Raggiungemmo la barca correndo, subito gli indicai la corda dov’era appeso il mio povero amico. Riuscì a vedere il marinaio sollevare la corda con abbastanza forza. Respiravo velocemente anzi mi era quasi diventato impossibile farlo. Mentre guardavo la scena sentì le mie mani come bagnate, le scostai e le osservai: sangue. Ovunque. Svenni al momento.

Mi svegliai su un letto dell’ospedale. La testa mi scoppiava, le mie narici permettevano ad uno strano odore di entrare nei miei polmoni. Ero in una camera con altri 3 uomini. Ma ero solo. Cosa era successo? Perché ero li? Cercai di ricordare e subito nella mia mente risuonò un nome “Fred!” .. Dio mio! Che fine aveva fatto?! Che era successo? Stavo per alzarmi e raggiungere il corridoio, quando un dottore entrò e mi bloccò.

<< No, no non ci siamo! Deve rimanere sul letto.. è ancora debole.. >>

<< Ma io devo andare ad informarmi su una questione importante.. >>

Il dottore mi bloccò nuovamente. << Le consiglio vivamente di rimanere a letto >>

<< Va bene.. posso avere solo un informazione? >>

<< Certo, mi dica >>

<< Fred.. il pescatore, lo conosce giusto? Ecco.. come sta? >> Susseguirono un paio di secondi di silenzio.

<< Purtroppo non ce l’ha fatta. >> Fu una notizia shock. Non ci potevo credere. No, non era vero. Il mio amico.. uno dei pochi veri amici della mia vita.. non c’era più. Era morto. La mia mente cercava una risposta all’unica domanda che in quel momento percorreva il mio cervello: Perché? Perché ora? Perché a lui? Perché, perché.. Pretendevo da Dio una risposta e ,mentre dentro di me mi contorcevo in questo conflitto interiore, vedevo gli occhi degli uomini, con cui condividevo la stanza, guardarmi straniti. Ero sudato, spaventato e spaesato. Volevo una risposta! Lui non aveva fatto niente di male nella sua vita, mai e poi mai! C’è sempre stato per tutti e per quei pochi errori che aveva commesso, sempre si era pentito e aveva chiesto il perdono. Era una persona pulita, una delle poche nel mondo.. Mi scendevano le lacrime. La ferita che avevo in testa cominciò a farmi ancora più male. E capì tutto: era stata colpa mia. Era tutta colpa mia.. avevo sbagliato tutto, non ci avevo messo tutta la forza, non avevo dato il meglio di me. Lo sapevo, me lo sentivo. Non riuscivo a perdonarmi. Mi odiavo, iniziai a tirarmi i capelli, a prendermi a schiaffi, a dimenarmi. Ma che diavolo, io lo volevo bene! Intanto, un paio di infermieri cercarono di farmi ragionare ma io ero proprio partito. Non riuscendomi a frenare, infine, m’iniettarono qualcosa e man mano mi calmai sempre più fino a rimanere disteso, immobile: stanco di muovermi e perfino di pensare.

Verso sera, entrò un signore vestito di nero.

<< Buonasera. Sono il dottor Enrico Menotti, sono un giudice.. >> Riuscì a malapena a muovere il capo in segno di saluto.

<< Ho qui il testamento del Signor Fred Wolfgang ed il suo nome è stato menzionato. Non vi ha lasciato granché.. a parte una cosa.. >> Mi guardò cambiando espressione, da seria a compassionevole.

<< A mio parere, penso sia la cosa più importante che possedeva questo povero uomo..>> Rimasi ad ascoltare con il fiato sospeso.

<< Suo figlio. >> E così, mi aveva lasciato il suo unico tesoro, il suo piccolo Marco. Non sapevo come reagire. Troppe notizie insieme. Uno dei migliori amici che abbia mai avuto era appena morto e in più ora mi trovavo responsabile di un bambino.. e poi c’è lei.. Lei! ‘Che ore sono?’ mi chiese il mio subconscio. Guardai il Dottor Menotti con aria allarmata e interrogativa, come se avesse sentito la domanda. Il Dottore sorrise scherzoso e disse:

<< Suvvia, non è poi la fine del mondo un bambino>> Non aspettandomi quella risposta, lo guardai con fare interrogativo. Il Dottore copiò la mia espressione:

<< Va tutto bene? >> mi chiese. In quel momento il mio cervello ragionò e si ricordò che il mio subconscio non era un essere vivente e che lo potevo sentire solo io. Cercai di fingermi tranquillo:

<< No, no mi scusi..sa comunque è una notizia che tocca un po’, sa.. dopo questa giornata.. >>

<< Si, si.. capisco perfettamente. Oibò, ci vedremo in questi giorni per scambiarci ulteriori documenti.. >> Si stava allontanando:

<< Dottore! Sa per caso l’ora? >> Il Dottore prese l’orologio tascabile dal suo taschino della giacca e poi rispose:

<< Sono le 8 e mezza >> Poi, con un cenno del capo mi salutò e se ne andò. Le 8 e mezza! Avevo perso l’appuntamento che avevo desiderato fino ad autodistruggermi interiormente! Ma ormai ero distrutto per tutto, niente scorreva dalla mia parte! Mi sentivo solo e privo di forze, non mi ero mai occupato di un bambino, non sapevo come comportarmi. Avevo bisogno di una mano, ma a chi potevo chiedere? Ritornò il pensiero alla mia solitudine.. Per carità, gente ne conoscevo ma non possedevo quel rapporto di fiducia così profondo da chiedere aiuto. Una mano. Un supporto. Qualcosa. “ Oh Luna.. perché continui a burlarti di me? Perché ti sei dimenticata di me..?” Ora volevo solo una persona vicino, volevo Lei. Solo Lei sarebbe riuscita a tirarmi su il morale, sarebbe bastata la sua presenza. Il silenzio nella camera si era interrotto, due dei tre pazienti nella camera incominciarono a discutere su quale partito dovesse salire al potere. Cose che per me, in quel momento, non avevano senso. Li guardavo, ma non li ascoltavo. Ero completamente assente mentalmente. Incantato nel mio mondo di casini e sconfitte. Improvvisamente si aprì la porta, tutti si girarono di scatto, io lo feci più lentamente. Mi venne da piangere, davanti a me il bambino che avrei dovuto crescere e proteggere. Marco non era lo stesso di sempre: il corpicino , la statura magari potevano sembrare di un bambino ma.. quegli occhi, gonfi per le lacrime.. nessun bambino dovrebbe avere quello sguardo, come se la sua voglia di vivere fosse stata distrutta sul nascere. Lo sguardo di un uomo che ne ha viste e passate.. Aveva 9 anni, ma dentro era già maturo. Corse verso di me e mi abbracciò, ricambiai l’affetto senza pensarci.

<< Mi dispiace.. >> riuscì a dire con voce strozzata. Lo scostai guardandolo in faccia e asciugandogli le lacrime con le dita, poi cercai di sorridere:

<< Non ti preoccupare, ci divertiremo un mondo insieme>> Lui non ricambiò il sorriso, ma con aria triste e malinconia si sedette sul divanetto e poco dopo si addormentò.
 

In fondo anche Fred era solo.. anche lui aveva solo me.. ed io non l’avrei mai abbandonato, nemmeno dopo la morte.
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: deniefn