Libri > Eragon
Segui la storia  |       
Autore: _Lalli    12/01/2015    2 recensioni
Arya Dröttningu, ambasciatrice degli elfi, protegge l'unico uovo di drago in possesso alla resistenza; Durza lo Spettro attende da anni l'occasione di impossessarsene e finalmente pare esserci riuscito, ma l'elfa riesce a rovinare miseramente i suoi piani. Allo Spettro non rimane che un'unica soluzione: torturare la sua prigioniera senza pietà, fino a che non confessi il luogo in cui l'uovo è stato trasportato.
Ma se, durante la prigionia, qualcosa di inaspettato fosse accaduto ad Arya? Qualcosa di cui nessuno, a parte lei e Durza, è a conoscenza?
Costretta ad un viaggio avventato e ad un'improbabile alleanza, Arya scoprirà lati insospettabili del suo nemico e si lancerà in una ricerca che getterà i semi del suo destino. Coinvolta in segreti incredibili, finirà per svelare alcuni dei molti misteri che ancora oscurano la bellissima terra di Alagaësia.
Genere: Azione, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Altri, Arya, Durza
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ciao
30. Climax

[Hillr]
Il siniscalco di Gil'ead si sentiva umiliato, piccolo e schiacciato come uno scarafaggio.
Quando Alba era venuta da lui, in piena notte, per informarlo del ritorno del suo padrone e dell'elfa, erano rimasti svegli per un'ora intera per macchinare un piano.
Il mattino seguente, lui avrebbe dovuto intrattenere il governatore Durza, mentre Alba avrebbe convinto l'elfa a seguirla fuori dalla città e lì l'avrebbe uccisa. A quel punto l'avrebbero accusata di essere fuggita di sua spontanea volontà e avrebbero sostenuto che Alba si era lanciata al suo inseguimento per fermarla, finendo poi per ammazzarla per difendersi da un suo comportamento aggressivo.
Non sembrava difficile da realizzare e aveva accettato di buon grado, anche perché quella soluzione gli avrebbe permesso di rimanere in qualche modo fuori dalla situazione, e quindi innocente agli occhi del suo signore. Era decisamente un'idea migliore di quella di farsi ammazzare pur di liberarsi di quella malefica creatura dai capelli neri come inchiostro e occhi di un verde così improbabile da risultare demoniaco.
Peccato che nulla fosse andato come avevano previsto.
Aveva bloccato Durza lo Spettro -ancora in malandati abiti da viaggio- all'ingresso delle prigioni e lo aveva tempestato di informazioni sull'andamento dell'ordinaria amministrazione di Gil'ead, riferendogli anche le più inutili piccolezze. Il suo padrone era rimasto immobile ad ascoltarlo, palesemente seccato, per qualche minuto, ma poi aveva inclinato la testa di lato e corrugato la fronte, per poi correre a tutta velocità in direzione delle sue stanze.
Se si fosse preso due minuti per riflettere avrebbe probabilmente abbandonato il piano e si sarebbe ritirato nelle sue stanze, ma si era ritrovato ad inseguirlo, d'istinto. Alba l'aveva coinvolto nel dibattito per metterlo contro l'elfa e in quel momento l'uomo si era reso conto che il suo signore era veramente infatuato di quell'essere, più di quanto avesse immaginato. E si era ripromesso di aprirgli gli occhi.
Ma poi Alba aveva detto qualcosa di sbagliato e lui era fuggito come un codardo di fronte allo sguardo vacuo e infuocato di Durza.
Era rimasto a lungo nelle sue stanze, a piangere il suo destino crudele, che lo voleva sempre implicato in situazioni troppo grandi, che lui non era in grado di affrontare.
Poi aveva visto Alba scendere in cortile e le era corso dietro.
La giovane indossava un mantello leggero e aveva i capelli biondi stranamente sciolti sulle spalle, impegnati a coprire la parte superiore di una sacca da viaggio stracolma.
«Alba!» l'aveva richiamata.
E lei si era voltata, con un'espressione addolorata e insieme risoluta stampata in volto.
Era bellissima, come al solito, e se ne stava andando.
«Abbiamo fallito» aveva dichiarato lei.
«E hai già rinunciato?»
«Ho parlato con Durza e so per certo che non ci sarà una seconda occasione per poterci liberare dell'elfa. Per questo me ne vado: ora non ho più nulla da fare qui».
«E dove andrai?»
«A sud, credo. A cercare un nuovo alleato e una nuova occasione».
La sua affermazione era così vaga da confonderlo inevitabilmente. «Che genere di occasione?»
Aveva sorriso innocentemente. «So che c'è un eremita nelle lande tra l’Helgrind e le Pianure Ardenti. Per il momento mi rifugerò lì. Non lo conosco, ma credo che non disprezzerà la mia domanda di diventare sua allieva. Se avrai bisogno di me potrai sempre mandare qualcuno a cercarmi».
«Mi sfugge il perché».
«Voglio perfezionare la mia arte magica. Non guardarmi così, mi è necessario, e potrebbe essere utile anche a te se in un futuro diventerai governatore di Gil'ead».
«Non lo diventerò mai» aveva obbiettato lui. «Il nostro signore è immortale, lo sai».
Sempre sorridendo ampiamente, la donna si era avvicinata a lui. «Durza non rimarrà a lungo a Gil'ead. Non so dirti cosa succederà esattamente, ma vedrai che in un paio di mesi qui ci sarà un posto vacante e, se saprai giocare bene le tue carte, potrai facilmente prendere il potere al posto di Durza».
«Non tradirò mai il mio signore!» aveva esclamato, indignato.
E sapeva che non avrebbe mai cambiato idea, né per tutto l'oro del mondo, né per qualsiasi seggio governativo. Durza lo Spettro gli aveva salvato la vita e dato un futuro e lui non sarebbe stato così ingrato da dimenticarlo.
Ma Alba era scoppiata a ridere sommessamente, coprendosi i denti bianchi con la mano.
«Non voglio che tu lo tradisca» gli aveva sussurrato. «Le cose stanno cambiando, gli equilibri di Alagaësia stanno vacillando e il re ha un punto debole che potrebbe essere sfruttato per sconfiggerlo».
«Non mi starai dicendo che il nostro signore complotta contro di lui, vero?» aveva chiesto con timore, riducendo la voce ad un sussurro, tanto che temette che lei non l'avrebbe nemmeno sentito.
E invece lo sentì alla perfezione. «Nel caso fosse così lo tradiresti?» lo aveva provocato.
«No».
«Allora fidati di me: rimani al servizio di Durza e mostrati disposto alla più cieca obbedienza, anche a rinunciare di mettere le mani sull'elfa. Tra qualche mese la situazione può aver preso due pieghe: o il re avrà ucciso Durza o i Varden avranno insediato un nuovo governo. In entrambi i casi potrai sfruttare le tue capacità e dimostrarti disposto a collaborare, magari scaricando tutte le colpe su Durza stesso, e sono certa che non ti sarà negato un posto di prestigio. Dimostra che nessuno possiede la tua fedeltà e chiunque siederà sul trono vorrà accaparrarsela. In ogni caso, ti prego, avvisami di come si evolvono gli eventi».
Un po' scosso, aveva annuito. «Va bene, ti ringrazio».
Lei gli aveva afferrato le mani. «Allora a presto, amico mio. Manda un messaggero a cercarmi con un qualche segno di riconoscimento -anche una lettera con le tue sigle- e se vedrò un uomo vagare tra l’Helgrind e le Pianure Ardenti saprò riceverlo e rimandartelo qua a Gil'ead con una risposta». Si era portata le sue mani sul petto, all'altezza del cuore. «In me avrai sempre una preziosa alleata, ricordati».
E poi era corsa via, bella come un sogno, con i capelli di seta che ondeggiavano dietro di lei. E lui l'aveva lasciata andare, un po' a malincuore. Quella ragazza era strana: inizialmente era stato spaventato da lei, perché sapeva che praticava la magia -e lo dimostrava il fatto che, nonostante la conoscesse da vent'anni non sembrava invecchiata affatto, forse grazie a qualche incantesimo- ma in fondo era sempre stata gentile con lui e, dopo la fuga dell'elfa dalla sua stanza, lo aveva avvicinato e gli aveva proposto una sorta di alleanza contro quella creatura. E lui aveva accettato volentieri, trovando in lei una degna confidente. In quel momento non si era sentito un traditore nei confronti del suo signore, si era sentito l'eroe che l'avrebbe salvato dal compiere errori di cui si sarebbe duramente pentito.
Ma aveva fallito e ormai aveva anche perso la sua alleata.
E come se non bastasse, Durza non aveva accettato di parlare con lui per tutto il pomeriggio e nemmeno il mattino dopo. Sapeva che era nella sua camera da letto con l'elfa e che lei doveva avergli detto qualcosa su di lui. Qualcosa che il suo padrone doveva aver preso sul serio, tanto da non volere nemmeno vederlo.
Così si rifugiò nel suo studio, dove svolgeva i doveri di governatore in sua vece. E si mise a riflettere sulla sua vita.
Aveva ormai superato la mezza età e non aveva combinato assolutamente nulla. Né di buono né di cattivo.
Era sempre vissuto all'ombra di qualcuno: sua madre prima e Durza lo Spettro poi. Non aveva mai potuto dimostrare a nessuno le sue abilità e nessuno gliele aveva mai riconosciute. Certo, il suo signore lo aveva salvato dalla morte, ma lo aveva sempre trattato alla stregua di un servo, nonostante facesse tanto per lui. Praticamente governava Gil'ead al posto suo, visti i numerosi viaggi che egli compiva per tutta Alagaësia, con brevi soste di non più di qualche mese nella città che gli era stata affidata dal re.
L'umiliazione che aveva sentito per l'atteggiamento del suo padrone si trasformò in rabbia. Ma poi la rabbia si spense e divenne determinazione.
Alba gli aveva detto il vero, ne era certo. Lei non gli avrebbe mentito mai. E se Durza lo Spettro avesse davvero abbandonato il suo seggio, allora lui avrebbe preso il suo posto e sarebbe diventato qualcuno, finalmente. Non il figlio bastardo, non il figlio della strega, non il leccapiedi del mostro.
Ma Hillr, il governatore di Gil'ead.
E quelle stesse persone che avevano condannato e arso viva sua madre avrebbero dovuto seguire i suoi comandi e concedergli il loro rispetto.
Non doveva nemmeno tradire il suo salvatore, doveva solo ubbidirgli e aspettare. E lui avrebbe aspettato. Non faceva altro da quando era venuto al mondo.

[Arya]
Il mio incubo era stato meno pesante del solito quella notte, così potei riposare più serenamente fino all'alba, quando Durza si spostò lievemente, ridestandomi.
Nonostante fossi ormai sveglia, giacqui accanto a lui per un'altra buona mezzora, con la testa posata sulla sua spalla nuda e la coperta imbottita sollevata fino al mento, fino a che non sentii il suo respiro diventare più forte, segno del suo imminente risveglio. E in effetti lo Spettro schiuse gli occhi cremisi un istante dopo e mi stampò prontamente un bacio sulle labbra.
«Apro le tende» decretò. E scattò in piedi per eseguire.
Scesi a mia volta dal materasso e mi stesi l'abito stropicciato sulle cosce, lisciandolo.
«Durza che ne dici di procurarmi un paio di pantaloni e una camicia?» domandai.
Lui spalancò le tende, inondando la stanza della lieve luce del sole non ancora sorto e mi squadrò da testa a piedi. «Così mi piaci, Principessa».
«Non ho chiesto il tuo parere» osservai.
«Diamine, come ho potuto credere di contare qualcosa per te!» rispose con sarcasmo, aprendo la porta della sala da bagno e sparendovi all'interno.
Sentii lo sciacquio tipico di una massa d'acqua in movimento e capii che si stava lavando il viso nel catino incastrato sul piedistallo accanto allo specchio, che ben conoscevo.
«Non capisco perché una donna non possa indossare i pantaloni, tra gli umani. Insomma sono decisamente più pratici di una gonna».
«Alla corte degli elfi li porti spesso?» mi gridò Durza dalla stanzetta.
«Poco» ammisi. «Ma sono in casa tua, non alla corte degli elfi».
Lo Spettro si sporse dalla porta e mi sorrise. «In ogni caso dovrò ridarti i vestiti che avevi addosso quando ti ho catturata, Arya. Lord Barst potrebbe avere la cattiva idea di ricordarli e non credo che ci sia nulla di sospetto nell'averti cambiato abiti, ma non si sa mai».
«Li hai conservati, vuoi dire?» mi informai dubbiosa.
Annuì. «Da qualche parte in una delle cassapanche lì dietro». E accennò al paravento.
Trovammo i miei vecchi vestiti -puliti- ammucchiati in una sacca di iuta, insieme ai miei vecchi stivali. Guardai il tutto presa da sentimenti e ricordi contrastanti: libertà, il fuoco, le torture, una vita così lontana che non sembrava nemmeno mia.
Durza pareva intenzionato a lasciarmi qualche istante per me e -aperta l'altra cassapanca- iniziò a vestirsi. Non serviva essere esperti per capire che gli indumenti che aveva indossato per tutto il nostro viaggio erano di qualità di gran lunga inferiore di quelli che stava estraendo in quel momento: una camicia morbida e una casacca che sembrava di velluto nero. Insieme ad un paio di stivali lucidi e decisamente più nuovi di quelli marrone scuro che aveva indossato per correre. Tuttavia ad attirare la mia attenzione fu una specie di piccola borsa che estrasse per ultima e indossò a contatto con la pelle.
«Cos'è?»
Lo Spettro mi guardò sorpreso, forse credendo che fossi intenta a rimirare i miei abiti, piuttosto che guardare lui vestirsi. Mi imbarazzai un poco e scostai gli occhi da lui per riportarli sui miei vecchi pantaloni neri.
«Si tratta di una protezione per il cuore, piccola Elfa. Vuoi vedere?»
Alzai lo sguardo e lo seguii incuriosita mentre si allacciava quella che a prima vista era sembrata una sacca, mentre in realtà doveva essere un cuscinetto imbottito e corazzato. Una metà andava sul torace e l'altra sulla schiena.
«Non mi protegge totalmente» mi informò Durza. «Una lama potrebbe passarmi dalle clavicole o tra le costole, sul fianco. E decisamente non mi salverebbe da un colpo di spada ben assestato. Ma in ogni caso potrebbe risparmiarmi una morte idiota».
Mi alzai e sfiorai la placca corazzata, picchiettando leggermente l'indice su di essa. «È una precauzione saggia» concessi. «Sei mai..?»
«Morto?» Ghignò.
«Esatto».
«No. E non chiedermi come funzioni il processo di rigenerazione perché non ne ho la più pallida idea. So solo che se anche mi spaccassero la testa non morirei totalmente».
«Quindi non sai nemmeno quando morirai di morte naturale?»
Scosse la testa. «Non sono nemmeno sicuro che morirò. Credo che comunque ci sarà qualche segnale del mio decadimento fisico prima di ritrovarmi nel nulla».
«Sembri ancora un uomo giovane» lo rassicurai. «Quando ti ho visto il giorno dopo l'agguato non ti avrei dato più di venticinque primavere. Umane, ovviamente».
«Effettivamente dovevo avere circa venticinque primavere quando sono diventato uno spettro» disse. «Mio padre sapeva contare, ma non credo che abbia mai seguito l'età mia e di mia sorella, quindi non ne sono certo».
Stavo per chiedergli di raccontarmi del suo passato e della sua famiglia, ed ero certa che in quel momento mi avrebbe risposto, ma a quel punto qualcuno bussò alla porta.
«Mio signore sono io» fece la voce di Hillr.
«Non ora!» lo cacciò lo Spettro aspramente.
«Forse ha visto qualcosa di troppo» osservai, ricordando lo sguardo acceso di odio che mi aveva lanciato.
Hillr mi detestava e mi aveva più volte minacciata. E non escludevo che si sarebbe abbassato a compiere qualche atto avventato pur di farmi sparire dalla sua vista. Già sospettavo la sua complicità con Alba vista la sincronia con cui aveva trattenuto lo Spettro in modo che lei potesse venirmi a parlare, da sola.
Ma forse era solo la mia immaginazione.
«Non mi tradirà» insistette Durza.
«Nemmeno Alba doveva tradirti».
Schioccò la lingua contro il palato. «Sarà meglio che faccia un discorsetto con Hillr, allora. Gli dirò di tenere la bocca chiusa su di te».
«E per quanto riguarda i miei abiti?» mi informai accennando alla pila che giaceva ai miei piedi.
«Tienili da parte. Non mi sembravano troppo malmessi e credo che dovresti indossarli quando ci sposteremo verso Uru'baen».
«D'accordo». Li raccolsi e li riposi nella cassapanca.
Lo Spettro finì poi di vestirsi -indossando lo stesso mantello di pelli di serpente che aveva indosso il giorno che aveva affrontato Lord Barst- e uscì, alla ricerca di Hillr. Per il resto del giorno lo vidi solo a pranzo, quando venne in camera con un vassoio ricolmo di cibo, e all'ora di cena, quando mi venne a prendere e mi trascinò con sé in una stanza poco lontana dalla sua camera da letto: il suo studio.
Era una stanza semplice, con una grande scrivania che ospitava pile di carte ordinate e una sola sedia, così che chiunque venisse ricevuto fosse costretto a rimanere in piedi.
Un candeliere con cinque candele era posato sul tavolo, ma la luce del sole morente illuminava ancora l'ambiente a sufficienza, nonostante l'unica e piccola finestra.
Durza sgomberò un angolo della scrivania e vi spostò il vassoio contenente la cena, facendomi cenno di servirmi. Poi occupò la sedia e picchiettò una mano sulle proprie gambe.
«Se vuoi ti ospito».
«Un'altra sedia, no?»
Sorrise sinistramente. «Proprio no».
Sedetti sul tavolo, accanto al vassoio e mi servii con appetito. Avevo passato la giornata rispolverando gli esercizi di Rimgar e mi sentivo piuttosto indolenzita, oltre che affamata.
«Non ti abbandonerò più per un giorno intero» disse lo Spettro. «Credo di aver convinto Hillr a stare al suo posto -anche se continuerà ad odiarti finché camperà- e ho incaricato un uomo di mandare un messaggio a Dras-Leona: voglio essere informato su tutto ciò che succederà, anche se purtroppo abbiamo perso Ditolesto».
«Ti riferisci a ciò che ti ha detto Alba prima di andarsene?»
«Alba mi ha detto che delle spie a Belatona hanno avvistato il figlio di Morzan. E a quanto pare Galbatorix in persona andrà a Dras-Leona per richiamare Tàbor all'ordine. Non sono sicuro che sia quello il vero scopo del suo viaggio, il re non abbandonerebbe mai il suo palazzo e la sua ricerca se non ci fosse un valido motivo di farlo» disse.
Non ci avevo pensato. «Hai una teoria?»
«Galbatorix sta inseguendo Murtagh, il figlio di Morzan».
Corrugai la fronte. «Che interesse ha il re per il figlio di Morzan?»
«Cosa sai del ragazzo?»
«Solo che esiste e che, per quanto ne sapevo, viveva alla corte del re. Quindi davo per scontato che fosse al suo servizio».
«Allora lascia che ti dia qualche ragguaglio». Si accomodò meglio sulla sedia. «Murtagh è stato abbandonato dalla madre e il padre è stato ucciso..»
«.. da Brom» completai.
Fece un cenno di assenso. «Il re non si è interessato a lui finché non è diventato un uomo e allora ha cercato di tirarlo dalla sua parte, ma il giovane non è mai stato molto convinto di una simile possibilità e alla fine ha cercato di fuggire».
«E ce l'ha fatta, a quanto pare. Ma non capisco il punto».
«Sai c'è una certa.. familiarità nell'ordine dei cavalieri».
«Cioè?»
«Che i figli di cavalieri hanno più possibilità di diventare cavalieri a loro volta» specificò.
Capii il nesso e smisi di masticare per qualche istante. Poi deglutii e tornai a parlare: «Vuole fare schiudere le altre uova, non è vero?»
«Ne ha ancora due» confermò. «E potrebbe dar loro una lieve spinta».
«Con la magia».
«Ovviamente».
«Forse avremmo dovuto cercare il figlio di Morzan e portarlo via con noi» dissi, scoraggiata. «Ma come sai che andrà a Dras-Leona?»
«Non lo so. Ma è una delle poche vere ragioni che spingerebbe il re a muoversi da Uru'baen. E inoltre sono sicuro che la notizia dell'avvento di un nuovo cavaliere si sta diffondendo. Un drago non passa inosservato e nemmeno i Ra'zac. Poche parole alle persone giuste e chiunque sarebbe capace di fare due più due».
Già. Passano i Ra'zac, poi passa un drago. Il drago sta inseguendo i Ra'zac.
E chi non vorrebbe l'amicizia di un giovane cavaliere, presumibilmente ancora libero da una qualsiasi affiliazione agli schieramenti di Alagaësia?
«Il re lo troverà?»
«Sì, se non sarà abbastanza furbo da scappare in tempo. Ma non escludo che si sia già aggregato al cavaliere e al suo drago».
«Brom non lo accetterebbe mai» lo smentii. «Prima di tutto perché non saprà mai se è degno di fiducia, visti i suoi natali e gli anni passati alla corte di Galbatorix, e poi perché gli attirerebbe solo ulteriori attenzioni addosso. E come hai già detto tu un drago non ha bisogno di essere annunciato».
Durza si ripulì le mani su un tovagliolo di stoffa e poi le incrociò sull'addome. «Speriamo che non venga preso e continuiamo per la nostra strada» tagliò corto. «Dai a Galbatorix un altro paio di settimane, non più di tre in tutto, e mi ordinerà di portarti ad Uru'baen. Forse ormai non gli interessa avere informazioni sull'uovo -che è decisamente schiuso- ma potresti comunque servirgli per fare pressione sugli elfi».
«Che le ignorerebbero» lo informai.
Posò il viso sulla mano e mi scrutò interessato. «Quindi dicevi sul serio quando sostenevi che gli elfi non avrebbero ceduto di un passo nemmeno per te che sei la loro principessa».
«Non sono l'erede al trono, Durza, mi sembrava di avertelo spiegato».
Si strinse nelle spalle. «Tra gli esseri umani è inconcepibile che il figlio del sovrano non sia anche l'erede. Tranne quando il legittimo re viene spodestato e la sua famiglia massacrata ovviamente. E se anche fosse rimasto un erede dei Broddring dubito che si farebbe avanti a questo punto».
«Già» confermai, afferrando la brocca d'acqua e versandone un poco nel suo bicchiere, che ingollai in un attimo.
Trovai gli occhi dello Spettro puntati sul mio collo e le sue labbra sottili atteggiate in un lieve sorriso.
«Ti ho mai detto che sei bella, Principessa?»
«No» replicai. «Hai detto che sono troppo piatta per essere una donna e mi hai proposto di tenere le curve di Alba».
Fece una smorfia. «Mi sa che già allora mi piacessi».
«Sei uno sfacciato bugiardo».
Si alzò dalla sedia. «E tu hai addosso un vestito di troppo.»
«Te l'ho detto che pantaloni e camicia sono più pratici».
Durza mi si parò davanti e separò dolcemente le mie ginocchia, facendosi spazio tra le mie gambe. «Non da togliere, Piccola Elfa». E mi scostò i capelli su una spalla, per poi depositare baci e morsi sulla mia pelle.
Gli strinsi il viso tra le mani e lo baciai.
«Questo è un sì?» si accertò ridendo.
A dire il vero non ero particolarmente entusiasta all'idea di ripetere l'intera l'esperienza: quella notte a Dras-Leona si era rivelata principalmente dolorosa per me, ma ricordavo anche che Durza ne era stato felice, quindi lo avrei lasciato fare volentieri.
Gli accarezzai il petto e sciolsi i lacci della sua casacca. «Sì» soffiai contro il suo collo.
«Siamo di nuovo su un tavolo, Arya. Non preferiresti un letto stavolta?»
E senza aspettare una mia risposta mi strinse la vita e mi tirò giù dalla scrivania. Il candelabro accompagnò i nostri passi nel corridoio, in direzione della camera da letto dello Spettro. Durza lo posò sul tavolinetto accanto al baldacchino e scostò le coperte dal materasso, poi si voltò verso di me e mi fece cenno di avvicinarmi, con un ghigno rapace stampato in volto.
Lo spogliai, gettando a terra la sua casacca, la sua camicia e la protezione che aveva sul cuore, sfiorando la sua pelle nuda, così pallida da sembrare trasparente contro quella scura delle mie mani. Disegnai con attenzione i contorni del suo corpo asciutto, che avevo conosciuto, ma mai esplorato; giocherellai con il sole d’argento e Durza mi guardò come un cervo dato in pasto ad un lupo, mentre la pelle d'oca gli spuntava addosso.
Lo Spettro mi piegò sul materasso e le sue labbra scesero indiscrete ad impossessarsi della porzione di pelle subito sotto le clavicole. Scivolai sul letto e sprofondai nel materasso sotto il peso del suo corpo, peso che accolsi con un sospiro di beato abbandono.
Se nello studio la mia testa era arrivata alle dovute conclusioni, in quel momento il mio corpo sembrava parlare una lingua diversa. Alle carezze frettolose e ai baci di Durza mi sentivo sciogliere, avvampare, precipitare in un pozzo oscuro senza fondo e quelle sensazioni si facevano solo più intense di minuto in minuto.
Ma quando sentii le sue dita muoversi agili sui lacci dell'abito mi sporsi bruscamente in direzione del tavolinetto e soffiai sulle candele, spegnendole. Peccato che il tramonto schiarisse ancora la stanza.
Lo Spettro ridacchiò, insinuando le mani sotto di me per sciogliere i nodi sulla schiena. «Ti vedo lo stesso, piccola Elfa».
«Allora faresti meglio a tirare le tende» lo informai.
Mi ero guardata nuovamente allo specchio, il giorno precedente, e avevo visto gli strati di cicatrici che deturpavano il mio corpo. Non le avevo cancellate, perché il nostro piano prevedeva di usarmi come diversivo con Galbatorix, che avrebbe sicuramente reputato strana la totale assenza di segni delle torture subite su di me, tuttavia sapevo di non essere particolarmente attraente in quelle condizioni.
Durza forse non le aveva viste, la notte al Covo, e doveva averle dimenticate perché sussultò, non appena mi ebbe sfilato il vestito di dosso.
«Chiudo le tende?» domandai gentilmente.
Lo Spettro mi guardò con occhi seri e ridotti a fessure, poi si chinò su di me, si liberò anche della fascia e tempestò la mia pelle offesa di lenti baci sensuali.
Restai rigida qualche istante, poi finii per abbandonarmi alle sensazioni piacevoli della sua bocca e delle sue mani su di me, mentre il respiro cominciava a mancarmi, trasformandosi in lieve affanno.
Ma l'abbandono lasciò presto spazio a qualcos’altro. Una sensazione di mancanza incredibile che pareva causata da quelle stesse mani e dalle labbra che all’improvviso mi sfiorarono la spalla sinistra, seguendo il disegno dello Yawë. Mi sembrava che in qualche modo Durza potesse saziare quel vuoto, ma più lo baciavo più quella sensazione sembrava aumentare.
Resa impaziente dalla frenesia che sentivo montarmi dentro, mi sfilai le brache con un paio di rapidi movimenti e lo tirai a me, accogliendolo tra le mie braccia.
Aspettai il dolore, ma non venne. Aspettai la bella sensazione che avevo provato la prima volta, ma le mie aspettative furono nuovamente sconvolte.
Fui totalmente e inaspettatamente travolta dal piacere. Gemetti sorpresa, artigliando le braccia dello Spettro e stringendo convulsamente le gambe intorno alla sua vita.
Durza si fermò di scatto, le mani ai lati della mia testa, e mi fissò allarmato. «Diamine! Ti ho fatto male?»
Ma davvero? La volta precedente mi aveva fatto male e non si era accorto di nulla, e ora che tutto sembrava andare bene mi guardava preoccupato.. e si riteneva anche un abile lettore dei sentimenti altrui?
Oh, non avevo tempo per pensare a simili sciocchezze!
«No» bisbigliai in tono quasi supplice, spostando le mani sulla sua schiena e tirandolo bruscamente verso il basso.
Lo Spettro cadde sui gomiti e le sue labbra urtarono con violenza contro le mie, ma quando ricominciò a muoversi mi ritrovai a gemere ancora e non certo per il dolore.
Ebbi caldo, poi freddo, poi caldo e freddo insieme, poi sparirono i suoni e i colori e poi si mescolarono in una confusa sinestesia. Le mie unghie troppo corte scivolarono sulla sua pelle, il mio corpo seguì le sue mosse e la mia mente sfiorò la sua.
E fui sommersa da una quantità tale di sentimenti e sensazioni che mi parve di essere sul punto di scoppiare.
«Durza» singhiozzai.
E poi mi sbriciolai in mille pezzi.

Dopo giacqui senza fiato, ancora avvinghiata a lui, tremando di emozione.
Qualche minuto più tardi lo Spettro si sollevò sui gomiti e mi guardò con espressione teatralmente sconvolta. «Ehi tu!» ansimò. «Che ne hai fatto della donna algida che ho incontrato cinque mesi fa?»
Gli diedi un colpo sulla nuca. «Idiota».
Con un sorriso arrogante, sprofondò di nuovo il volto nella curva della mia spalla.
«Non mi stavo lamentando!» puntualizzò un istante dopo, sollevando un indice.
Scoppiai a ridere.

Quando provai ad alzarmi, il mattino seguente, fui nuovamente trascinata giù dalle braccia forti di Durza, che mi spinse sotto di sé e iniziò a baciarmi. Inizialmente ne risi, poi finii per stringere a me il suo corpo bollente e cedere agli stessi brividi della sera precedente.
E lo stesso si ripeté molte volte nei giorni seguenti. Ancora, ancora e ancora.
Durza aveva il fuoco nelle vene e, fosse dipeso solo da lui, mi avrebbe spinta nel suo letto non meno di una volta al giorno. Io ero diversa e mi rendevo conto io stessa di essere più cauta e meno propensa a cadere nel vortice della passione, tuttavia solitamente lo lasciavo fare e provavo comunque sensazioni molto gradevoli, anche se non ero accecata dal desiderio. E quando ero io a volerlo non facevo certo la preziosa e non mi facevo problemi a cercarlo per strappargli anche solo un lungo bacio.
            Lo Spettro rimaneva con me per molte ore e un giorno mi portò anche fuori dalle mura interne di Gil'ead, dandomi sembianze diverse e facendomi indossare un mantello, ovviamente. Mi accompagnò da uno speziale e mi lasciò comprare l'occorrente per fabbricare dell'altro Nasgalk.
Fu in quell'occasione che ricordai delle spie dei Vardem che sapevo avere una base o due in città. Non dissi nulla a Durza, sia perché non vedevo come la cosa potesse ormai interessarlo, sia perché mi sentivo ancora molto vincolata all'organizzazione ribelle e non volevo rivelare nulla che avevo giurato di tenere per me. Nemmeno a quello che ormai era diventato il mio compagno.
Allo stesso tempo la farsa della mia prigionia andava avanti, e non era raro che Durza restasse qualche ora nelle segrete, a fingere di torturare la mia immagine-specchio, mentre io rimanevo nelle sue stanze a praticare esercizi di Rimgar ed esercitarmi con Ren.
        Tre giorni dopo il nostro rientro a Gil'ead, fui assalita nuovamente da una di quelle visioni ad occhi aperti, che già due volte mi aveva presa, a Dras-Leona. Vidi nuovamente il drago e il giovane cavaliere, ma il volto sfocato del ragazzo era inondato di lacrime e chiazzato di sangue.
Durza non seppe aiutarmi, ma era palesemente sollevato che la visione mostrasse i due ancora in piena libertà e non sotto il dominio del sovrano. Sempre che quelle immagini corrispondessero al vero.
I miei incubi notturni non erano scomparsi, anche se si erano fatti meno violenti e almeno quel problema divenne di importanza più marginale.
Ma l'idillio non poteva durare, ovviamente.
Una settimana dopo il nostro arrivo a Gil'ead vidi Durza sobbalzare al mio fianco e portarsi una mano al petto.
«Arya» soffiò con voce allarmata.
Guardai il medaglione che stringeva tra le dita e l'espressione affaticata che aveva in volto. «No..»
«Non può essere che il re» gracchiò. «Devi andartene».
«Dove..?»
«No aspetta.. resta qui. Io vado di là». E si trascinò in direzione della sala da bagno.
«Posso fare qualcosa?» mi offrii angosciata, seguendolo istintivamente.
Lo Spettro si appoggiò allo stipite della porta. «Se senti il re ordinarmi esplicitamente di farti del male..»
Scossi violentemente la testa.
«..scappa» concluse lui. «Corri fino a che non sarai arrivata in un posto sicuro. E non fermarti fino ad allora».
«Durza..»
«Non fare la sciocca e non buttare via la tua vita» mi rimbrottò bruscamente.
E poi scomparve dietro la porta, tirandosela dietro con violenza.
Mi afflosciai contro il muro, tremando, e mi lasciai scivolare a terra, imponendomi di rimanere concentrata sui suoni provenienti dal muro dietro alla mia schiena.
«Mio Signore» fece Durza, con un tono deferente che non gli apparteneva.
«Non ho tue notizie da mesi, Durza» gli rispose una voce persuasiva almeno quanto lo era stata la sua durante gli interrogatori.
Solo che essa non era fredda, suadente e pericolosa, ma calda, gioviale, familiare e paterna. Rassicurante.
Non era la voce di un pazzo e assassino.
«Ho dato per scontato che non avrei dovuto contattarti se non avessi avuto novità da darti».
«Quindi deduco che la situazione sia rimasta invariata, nonostante le mie raccomandazioni».
Raccomandazioni incise a sangue nella carne di Durza?
«Effettivamente sì, mio re».
«Oramai non è più così importante. Credo che tu abbia sentito le voci, dico bene?»
«Qualcuno mormora che un nuovo cavaliere calpesti il suolo di Alagaësia» disse lo Spettro quietamente.
«Ed è così. I Ra'zac si sono scontrati con lui, appena fuori da Dras-Leona, ma alla fine se lo sono fatto sfuggire. Tuttavia, se il loro racconto non sbaglia, pare che Brom sia rimasto gravemente ferito nello scontro».
Brom?
«Questa è una buona notizia».
«Non lo è abbastanza!» fece Galbatorix severamente. «Murtagh è stato visto con loro: a quanto pare ha provveduto lui stesso a liberarli e si è unito al cavaliere».
«Desideri che mandi gli Urgali a cercarli, mio signore?»
«No. Gli Urgali saranno molto utili ai nostri scopi, ma seminerebbero il panico più totale nel cuore dell'Impero. Tuttavia ti ordino di convogliarli a sud, tra Uru'baen e il deserto di Hadarac, dove potranno intercettare i tre nel caso cercassero di raggiungere i Varden».
Sobbalzai. Il re come sapeva dei Varden? Sapeva forse dove fosse collocata la fortezza sotterranea del Farthen Dur? O forse sapeva solo di voci, che sostenevano che i ribelli si trovassero a ovest?
«Come comandi» rispose Durza prontamente.
«E ora dovremo affrontare la questione dell'elfa.» Rabbrividii. «Manderò alcuni uomini della mia scorta personale a Gil'ead. Ti accompagneranno fino ad Uru'baen e ti aiuteranno a sorvegliare la prigioniera».
«Non è necessario» osservò lo Spettro umilmente. «Non è in grado di nuocermi in alcun modo».
«Lo spero bene per te. Ma voglio avere la certezza che Varden, Elfi o umani non si metteranno in mezzo. Una parte del drappello che verrà si fermerà a Gil'ead».
«Non abbiamo bisogno di altri uomini a Gil'ead».
«Il cavaliere è ancora in circolazione, Durza, e io non ho intenzione di lasciarlo a piede libero un giorno di più. Potrebbe andare a nord, a sud o a est e cercare rifugio tra Elfi, surdani o Varden e io non posso permetterlo. Ogni città abbastanza rilevante da essere segnata su una mappa avrà un drappello di uomini informati sul giovane e sul suo drago tra le sue mura, così da poter agire dove altri esiterebbero. Questi soldati hanno ricevuto miei precisi ordini e quindi ti prego di non contraddirli, come già facesti pochi mesi fa con Lord Barst».
«Ai tuoi comandi».
«Raduna i tuoi Urgali dalle terre del nord e conducili verso sud, ma senza fare tagliare loro il territorio di Alagaësia».
«Ordinerò loro di proseguire lungo la linea del deserto di Hadarc fino al punto che hai stabilito».
«Eccellente. Tra circa una settimana il drappello sarà a Gil'ead. A quel punto lascerò che scada il tempo che ti avevo promesso per strappare qualcosa alla prigioniera, ma tra non più di tre settimane, se non avrai ottenuto risultati, dovrai condurla a Uru'baen».
«Certamente».
«Aspetto presto tuo notizie, allora. Non vorrei vedermi costretto a punirti di nuovo per la tua leggerezza».
Ci fu un lungo silenzio. «Non ho dimenticato la tua lezione. Farò del mio meglio, hai la mia parola».
«Lo so».
E poi probabilmente chiuse il contatto.
Restai raggomitolata a terra per parecchi secondi, incerta, poi mi alzai cautamente e azzardai qualche passo verso la porta. Durza ne uscì e cercò rifugio tra le mie braccia.
«È andato tutto per il meglio» lo rassicurai dolcemente.
«Non avevo così tanta paura da decenni» confessò. E poi rise, cercando probabilmente di sciogliere la tensione che entrambi avevamo addosso dopo quei pochi minuti di contatto con il re.
Una domanda sbagliata avrebbe potuto mandare all'aria i nostri piani, invece il sovrano pareva ancora fidarsi di lui, nonostante disprezzasse evidentemente la sua incapacità di togliermi informazioni.
«Manteniamo integro il nostro piano?» mi accertai.
«Direi di sì. Ordinerò agli Urgali di radunarsi intorno a Gil'ead e solo quando saranno tutti qui li manderò verso sud. Non voglio che il cavaliere finisca nelle mani del re, piuttosto è meglio che raggiunga i Varden».
«A proposito dei Varden..»
«So cosa stai per chiedermi» mi precedette. «E ti rispondo subito: sì, abbiamo delle spie. Sono due individui ambigui, Galbatorix li chiama i Gemelli».
«Li conosco» dissi, freddamente.
«Non pensarci adesso. Una volta ucciso il re potrai fare una soffiata ai Varden e ci penseranno loro a farli morire male».
«Suppongo di sì» concessi. «Ma quanto sa il re del loro covo?» non riuscii a trattenermi dal chiedere.
Durza fissò gli occhi di brace nei miei. «Sa tutto, Arya. Se volesse potrebbe attaccarli in qualsiasi momento e distruggerli. Anche io ho delle mappe delle gallerie sotterranee dei nani nel mio studio, magari non tutte, ma quelle sufficienti per arrivare al Farthen Dur sì. Sono informazioni che possediamo da parecchi anni. A quanto pare Ajihad è molto diffidente nei confronti dei Gemelli, ma loro riescono comunque ad ottenere parecchie informazioni».
«Perché non me l'hai detto prima?»
Si strinse nelle spalle. «Non ci ho neanche pensato, a dire il vero. E poi meno penso ai Varden e al loro capo meglio sto. Magari ho rinunciato a farlo a pezzi, ma questo non significa che mi stia simpatico».
«No, certo» feci, addolcendo il tono.
E pensai automaticamente a ciò che io non gli avevo detto sui ribelli. In fondo era giusto che tra di noi rimanesse un argomento intoccato, almeno fino alla sconfitta totale del re. Del resto, finché fosse stato sotto il suo controllo, Durza non avrebbe nemmeno potuto garantirmi il silenzio sui miei segreti.
Sul filo di quel ragionamento mi raccapezzai di qualcosa che Galbatorix avrebbe potuto facilmente notare e reputare sospetto.
«Devo avere ferite recenti» dissi. «Il re crede che tu stia continuando a torturarmi e sarebbe alquanto insolito presentarmi al suo cospetto con vecchie cicatrici ormai guarite».
L'espressione già cupa di Durza si fece funerea. «Io non ti toccherò mai più con un ferro, Arya. E questo posso giurartelo».
«Ma devi, e lo sai. O dovrò farlo da sola e sarà solo più difficile».
Tentennò. «In ogni caso non ora. Abbiamo ancora una settimana prima che arrivi il drappello promesso dal re. Quando saranno qui sarò costretto a riportarti nella cella per evitare di venire scoperti e lì ti.. farò qualche segno».
«Va bene così».
«Tra una settimana..»
«Abbiamo ancora tempo» constatai.
Poi gli sorrisi e cercai le sue labbra ruvide.

E invece la settimana passò con la rapidità di un sogno, che si interruppe con un brusco risveglio.
Gli uomini preannunciati da Galbatorix arrivarono nel primo pomeriggio, un paio di giorni oltre alla settimana stabilita dal re.
Io e Durza eravamo pronti e, quando una pattuglia rientrò annunciando l'arrivo di venti soldati con le uniformi delle fiamme imperiali addosso, lo Spettro mi accompagnò nei sotterranei.
Avevo indossato nuovamente i miei vecchi abiti neri, ma ero ovviamente stata costretta a lasciare la mia spada, Ren, e il mio arco a Durza, che li avrebbe riposti nell'armeria per non destare sospetti, seppur con l'ordine esplicito che nessuno li toccasse. Mi aveva inoltre procurato una fascetta di cuoio per fermare i miei capelli come lo erano la notte della mia cattura.
Lo Spettro congedò le guardie e io, che mi ero celata sotto un incantesimo che respingeva la luce, rendendomi invisibile ad occhi umani, lo seguii in quella che era stata la mia cella. Non vi entravo da più di due mesi e la vista delle pareti spoglie, umide e prive di finestre mi catapultò indietro nel tempo, a ricordi decisamente spiacevoli, che cercai disperatamente di sopprimere in fretta prima che mi travolgessero.
Durza afferrò le mie mani e fissò i miei occhi per qualche istante.
«Inizia la recita, allora» disse tristemente.
Annuii, assumendo un cipiglio determinato. «Ci vediamo più tardi».
Avevamo stabilito che lo Spettro sarebbe venuto a prelevarmi dalla mia cella come aveva fatto nelle ultime settimane con la mia immagine-specchio e mi avrebbe portata con sé nella stanza delle torture, dove avrebbe dovuto procurarmi nuovamente ferite simili a quelle di qualche mese prima. E avremmo ovviamente sfruttato il tempo insieme anche per parlare delle ultime novità, di cui avrebbe dovuto tenermi informata. La notte avremmo lasciato una mia immagine nella cella, mentre io avrei riposato nel suo letto, dove avrebbe potuto riscuotermi. Al mattino, fingendo di andare a prelevarmi per torturarmi, mi avrebbe riportata nelle segrete.
Ci separammo a malincuore e dopo qualche minuto sentii le guardie prendere posizione davanti alla porta. Era una situazione strana. I soldati lì fuori erano convinti di avermi sorvegliata ininterrottamente anche per gli ultimi mesi, mentre in realtà io avevo viaggiato per Alagaësia insieme al loro padrone e passato le ultime settimane nelle sue stanze.
Tornare a sentire voci e respiri oltre alla massiccia porta di legno era.. Irreale.
E non mi ero ancora resa conto di ciò che avrei dovuto nuovamente subire di lì a poche ore, al più tardi il giorno seguente. Arrotolai le maniche del farsetto e della camicia e contemplai le brutte cicatrici stratificate.
Ricordavo il dolore alla perfezione e ogni più piccola parte di me si ribellava strenuamente all'idea di sottopormi volontariamente allo stesso trattamento che mi aveva spinta sull'orlo della pazzia, solo pochi mesi prima.
Ma era necessario. E sarebbe stato solo per poche settimane.
Dopo, con una buona dose di fortuna, avrei assistito alla caduta di Galbatorix, per la quale combattevo da più di settant'anni. Poi avrei abbandonato Alagaësia nel caos e sarei fuggita.
Ma forse sarei anche riuscita a temporeggiare, convincere Durza a prendere false sembianze e a seguire anche la sua rinascita, l'instaurazione di un governo equilibrato e il risorgere dell'antico ordine dei cavalieri.
O forse no, ma non era importante. Non avrei rischiato la vita del mio amante solo per il gusto di vedere compiuta l'opera a cui avevo partecipato con tanto entusiasmo. Ero fiduciosa: morto il re e annullata la misteriosa fonte del suo potere, gli uomini sarebbero riusciti a ristabilirsi con al massimo qualche scaramuccia e gli elfi avrebbero ottenuto probabilmente un patto vantaggioso per essere almeno lasciati in pace, anche grazie all'appoggio dei Varden.
Sedetti sul pagliericcio e chiusi gli occhi.
Sarebbe andato tutto bene e io avrei cominciato una nuova vita, ricca di avventure e amore e entusiasmo, lontano da tutto ciò di bello e brutto che mi era successo in Alagaësia.
Quella stessa sera non riuscii a mangiare il pane col formaggio che lo Spettro mi porgeva, colta dalla nausea e da una strana emozione che somigliava terribilmente a terrore per il futuro.
Quella notte strinsi a me Durza come se potesse dissolversi tra le mie mani.


______________________________________________________________________________________________
Salve a tutti! ^_^
In questo capitolo succede di tutto e di più e vi lascio solo due commenti:
-Per chi cerca sempre collegamenti con Eragon: la visione di Arya del cavaliere con il volto bagnato di lacrime e sangue corrisponde alla notte della morte di Brom. In seguito passano due settimane e sappiamo bene che Saphira, Eragon e Murtagh si muovono per Alagaësia, sfiorando Uru'baen e avvicinandosi a Gil'ead, alla ricerca di qualcuno che possa condurli dai Varden. Vi arriveranno tra una settimana abbondante e da lì ne parliamo al prossimo capitolo..
-Le guardie mandate da Galbatorix sono plausibili perché Durza litiga con il loro capitano dopo la cattura di Eragon, il quale sostiene di non volere disubbidire agli ordini del re, quindi suppongo che non fosse alle dipendenze dello spettro ma avesse ricevuto ordini diretti dal sovrano.
Vi lascio e ci vediamo alla prossima! ;)
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Eragon / Vai alla pagina dell'autore: _Lalli