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Autore: polvere di biscotto    12/01/2015    8 recensioni
DAL SECONDO CAPITOLO:
«Mi raccomando indossa qualcosa di sexy» mi sussurrò all’orecchio, facendomi rabbrividire.
«Sparisci, cretino!» imprecai.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Aaron insistette per riaccompagnarmi a casa con la sua macchina blu, ed io, alla fine, esasperata, accettai.
Il tragitto fino a casa mia non fu per niente silenzioso come avrei di gran lunga sperato, io dettavo le indicazioni per arrivare a casa mia, ma lui sbagliava sempre, probabilmente lo faceva di proposito.
«Gira a destra» gli indicai, ma lui voltò a sinistra.
«Avevo detto a destra!». Rise.
«Tranquilla principessa, ora torniamo indietro» disse con la sua solita nonchalance.
«Non chiamarmi principessa!» alzai gli occhi al cielo.
«Come vuoi, principessa» rise. Sbuffai. Ci furono alcuni minuti di silenzio. Si sollevò leggermente dal sedile, per pigiare il tasto per accendere la radio, che trasmetteva 21 guns dei Green Day.
«Lay down your arms
Give up the fight
One, 21 guns
Throw up you arms into the sky
You and I» cantò. Non era stonato, anzi era quasi piacevole sentirlo cantare.
Intanto, eravamo ritornati sulla giusta direzione.
«Quella là in fondo» dissi, indicando una casa dal prospetto giallo in fondo alla strada.
«When it’s time to live and let die
And you can’t get another try» cantò, prima di parcheggiarsi e spegnere il motore.
«Grazie» dissi piano, mentre aprivo la portiera per scendere dalla macchina.
«Di niente, principessa. A domani!» strizzò l’occhio. Roteai gli occhi e scossi la testa, mentre lo vedevo scomparire in fondo alla strada.
Infilai la chiave nella serratura, la girai e aprii la porta. Appesi la giacca all’attaccapanni e mi tolsi le scarpe, per non fare rumore e non svegliare i miei genitori.
«Something inside this heart has died
You’re in ruins» continuai a cantare sottovoce la canzone, nel punto in cui Aaron l’aveva interrotta.
Il mattino seguente non mi svegliai molto presto. Scesi di sotto a fare colazione e quasi non credevo a ciò che avevo davanti agli occhi.
«Buongiorno» la sua voce roca echeggiò in tutta la cucina.
«Cosa diamine ci fai qui? Chi ti ha fatto entrare?» domandai stupita e allo stesso tempo spaventata. Ero anche imbarazzata dato che ero in pigiama e avevo i capelli scompigliati. In quel preciso istante entrò mia madre.
«Io. Chi altrimenti?» rispose. Guardai mia madre con uno sguardo omicida, che subito dopo rivolsi ad Aaron.
«Perché?» chiesi, mettendomi le mani in testa.
«È carino» ammiccò mia madre, portandosi una mano alla bocca per non farsi sentire da Aaron. Roteai gli occhi.
«Signora Darren, vorrei portare sua figlia a cena se mi permette» s’intromise Aaron. Guardai mia madre con la speranza che dicesse di no, ma ovviamente mi negò questo piacere.
«Per me va bene, ma la decisione non spetta a me» rivolse lo sguardo su di me e poi su Aaron. I suoi occhi m’incoraggiavano ad acconsentire e le sarebbe piaciuto se avessi accettato l’invito. Lei ci teneva al fatto che avessi un ragazzo e teneva anche al fatto che questo ragazzo fosse carino e educato, peccato che non conoscesse per niente quel che era in realtà Aaron Mayson.
«Okay» risposi, scrollando le spalle. Il volto di Aaron s’illuminò, come se aspettasse questa risposta da tutta la vita. Mia madre sorrise e facendomi l’occhiolino si diresse nella sua camera.
«Non smetterò mai di ripetere che sei completamente pazzo!» dissi, non appena mia madre se ne andò.
«Ed io non smetterò mai di ripetere che sei bellissima» disse lui. Sbuffai. Come m’infastidiva quel suo essere così sfacciato, insomma, come poteva pretendere che cadessi ai suoi piedi se poi faceva lo stupido?
«Cerca di non farti trovare più qui senza invito, siamo intesi?» puntai il dito.
«Mm» mormorò.
«Puoi anche andare» lo informai, facendo cenno con la mano verso la porta.
«Noi ci vediamo stasera» alzò un sopracciglio. La sua mano destra sfiorò la mia guancia, le sue dita mi solleticarono il mento.
«Mi raccomando indossa qualcosa di sexy» mi sussurrò all’orecchio, facendomi rabbrividire.
«Sparisci, cretino!» imprecai.
Quando Aaron uscì dalla porta, mi precipitai correndo in camera mia, salii gli scalini a due a due per fare più in fretta. Mi catapultai sul morbido letto a due piazze e presi il telefono sul comodino.
A: Catherine ♥
Ore: 11:27
Oggetto: Catherine, stasera ho un appuntamento. Aiuto!
 
Da: Catherine ♥
Ore: 11:32
Oggetto: Oddio! Con chi? :)
 
A: Catherine ♥
Ore: 11:36
Oggetto: Ehm …
 
Da: Catherine ♥
Ore: 11:41
Oggetto: Sto arrivando … Ti ammazzo.
Andai di corsa a darmi una rinfrescata e mi vestii. Indossai un paio di jeans sbiaditi e una camicia a quadretti rossa.
Dopo circa mezzora il campanello suonò. Aprii la porta e davanti a me trovai Catherine con le braccia incrociate. Indossava una gonna nera e una canotta gialla. Le sue ballerine calpestarono il tappeto con la scritta Welcome che si trovava all’ingresso.
«Ehi!» accennai a un sorriso, «Non pensavo saresti venuta sul serio» aggiunsi, facendola entrare. Lei non mi degnò di nessuno sguardo.
«Come diamine ti è saltato in mente di uscire con uno come Aaron Mayson?» strillò. Le feci cenno di abbassare la voce, poiché c’era mia madre nella stanza accanto.
«Andiamo a fare due passi» dissi, afferrando la giacca dalla spalliera della poltrona. Lei mi seguì, ancora con le braccia conserte.
L’aria fresca mi entrò nelle narici e la respirai a pieno. Mi voltai verso Catherine, cosa avrei fatto senza quella ragazza. Non riuscivo ad immaginare una vita senza di lei, chissà come avevo fatto prima di conoscerla. So che è scontato dire che è speciale, ma lei lo è e basta.
Camminammo per un po’, nessuna delle due esitò ad iniziare un discorso.
«Jordan» mi chiamò. Si fermò di scatto, lasciandomi perplessa.
«Sì» le rivolsi lo sguardo.
«Perché hai accettato? Ti ha forse minacciata? Lo ammazzo quel ragazzo, lo giuro! Se solo ti ha toccata… io... io giuro…» s’innervosì.
«Ehi. Ehi. Catherine, calmati! Nessuna minaccia. Mia madre ha insistito» spiegai, agitando nervosamente le mani.
«Cosa c’entra ora tua madre? Tu sei malata!» farfugliò.
«Certo. Si è presentato a casa mia e mi ha chiesto di uscire davanti a mia madre. Non potevo dirgli di no» mi giustificai. Iniziavo ad odiare veramente quel ragazzo.
«Adesso mi spieghi come cazzo fa a sapere dove abiti?» s’informò.
«Ehm, ieri, dopo la festa, mi ha accompagnata»  mi morsi il labbro per il nervoso.
«Stai scherzando? Ecco perché eri sparita!» mi guardò in cagnesco.
«Scusa. Ti prometto che uscirò da questo casino. Hai la mia parola».
«Jordan, non ne uscirai così facilmente, lo sai. Ti avevo detto di stargli alla larga. È pericoloso» mi rimproverò.
«Io non volevo, lui mi ha costretta» mi coprii gli occhi con le mani.
«Vuole portarti solo a letto. Come fa con tutte. E poi è violento» disse, «Non pensavo ci cascassi anche tu» aggiunse.
«Non ci sono cascata» sussurrai. 
  
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