Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: polvere di biscotto    10/01/2015    13 recensioni
DAL SECONDO CAPITOLO:
«Mi raccomando indossa qualcosa di sexy» mi sussurrò all’orecchio, facendomi rabbrividire.
«Sparisci, cretino!» imprecai.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Nonostante la folla cercai di raggiungere il gruppo di amici che stava dall’altra parte della stanza. Con il passare della notte la festa si fece più movimentata e numerose ragazze e ragazzi arrivarono e la stanza iniziò a riempirsi. L’odore di alcool e sudore impregnava l’aria. La musica echeggiava in tutta la casa e rimbombava nelle mie orecchie. Mi feci spazio fra la folla, allontanando con degli spintoni alcuni ragazzi ubriachi già ancora prima di cominciare. Fu allora, che fra i tanti volti riconobbi il suo, quello di Aaron Mayson. Capelli scuri, rasati ai lati, occhi verdi, un naso e delle labbra carnose e perfette, un sorriso da far innamorare tutte e ovviamente un fisico da paura. Un dilatatore nero a cono faceva capolino dal suo orecchio destro, sarà stato di 6 mm. Indossava una camicia scura e dei jeans aderenti alle sue gambe lunghe e muscolose. Catherine mi aveva raccomandato di stargli lontano ed io avevo sentito tre o quattro storielle su di lui. Si diceva che un giorno avesse picchiato un ragazzo, stendendolo al suolo e mandandolo addirittura al pronto soccorso. Non sapevo se quelle storie fossero vere, oppure le aveva inventate qualcuno, invidioso della sua bellezza; ma nonostante ciò decisi di fidarmi di Catherine e di tutti gli altri, quindi distolsi lo sguardo, quando i suoi occhi verdi inchiodarono i miei.
Senza nemmeno rendermene conto, l’altezza del ragazzo fece ombra su di me.
«Balli con me?» mi domandò all’improvviso. Fui spiazzata da quella richiesta. In quel momento pensai a quello che mi aveva detto Catherine e a tutte quelle chiacchiere che circolavano in giro riguardo al suo conto. Lo fissai per alcuni minuti, senza dire parola. Il suo profumo entrò nelle mie narici, era dolce.
«Allora?» ripeté, mentre mi offrì un sorriso, mostrando i denti dritti e perfettamente bianchi.
«I miei amici mi aspettano» dissi, indicando Catherine, Davis e Julia vicino al bancone. Catherine si voltò verso di me, con aria preoccupante, e mi fece segno di ‘no’ con la testa. Strinsi forte le dita intorno al bicchiere che avevo in mano. Forse Aaron notò il disappunto di Catherine, poiché mi sembrò infastidito.
«Andiamo, solo per un po’». Non mi diede il tempo di rispondere che la sua mano scivolò sul mio fianco e mi attirò a se, le sue dita si strinsero al contatto con il mio sedere. Feci cadere involontariamente il bicchiere di vodka alla fragola che tenevo in mano.
Infastidita dal modo rude con cui mi aveva presa per ballare, spinsi il mio palmo contro il suo petto, cercando di allontanarlo il più possibile da me. Lo sapevo, sarei dovuta andarmene.
«Come ti chiami?» mi chiese, facendomi l’occhiolino.
«Non penso che ti serva saperlo» risposi acidamente e mi voltai.
«Jordan!» mi chiamò. Come faceva a sapere il mio nome? Mi voltai di scatto, guardandolo preoccupata.
«Come lo sai?» domandai spaventata.
«La tua collana» rispose, indicando il gioiello. Mi ricordai della collana che indossavo al collo, era d’argento e c’era la scritta del mio nome, cioè Jordan.
«Sono Aaron» si presentò.
«Lo so». Mi girai verso i miei amici, ma vidi che si erano spostati e in mezzo alla folla non li riconobbi.
«Ti voglio!» mi disse all’improvviso, facendomi capovolgere lo stomaco.
«Cosa? Ma non mi conosci nemmeno!» quasi risi, quella scena era ridicola.
«Conosco il tuo nome. E poi, secondo me, sotto quel vestito nero si nasconde un corpo bellissimo! E questo mi basta per sapere che già mi appartieni» sorrise maliziosamente, cosa che m’infastidì parecchio.
«Maiale!» sputai, allontanandomi da lui.
Afferrò il mio polso, quando cercai di girare i tacchi e andarmene.
«Lasciami stare, stronzo!». Con gli occhi cercai i miei amici per tutta la stanza, ma non riuscii a scorgere i loro volti. Capitavano tutte a me, e ti pareva.
«Calmati, bellezza» ammiccò.
«Lasciami stare, e sarò calmissima» spiegai.
«Questo mai».
«Tu sei pazzo!» confessai.
«Mm. Forse» pronunciò. Roteai gli occhi al cielo. In quel preciso istante lui si avvicinò, diminuendo la distanza fra noi, si accostò al mio orecchio e un brivido percorse tutta quanta la mia schiena.
«Hai un culo stupendo!» sussurrò al mio orecchio. Fu allora che m’innervosii talmente tanto che gli mollai un ceffone in piena faccia. Alcuni si girarono a guardarmi, ero quella che aveva osato sfidare Aaron Mayson. Lui sorrise, quasi divertito, mentre si massaggiava la mascella arrossata.
«Violenta, eh!» scherzò. Alzò un sopracciglio, mentre alzò un angolo della bocca.
«Non mi lasciavi scelta».
«Vieni con me! Usciamo in giardino» m’invitò, porgendomi una mano. Io incrociai le braccia.
«Non vengo da nessuna parte con te, che sia chiaro» mi opposi alle sue avances. Lui non disse nemmeno una parola, e senza sforzi, con un’agilità quasi sorprendente, mi sollevò da terra come fanno i mariti con le loro spose il giorno del matrimonio e mi portò verso la porta di uscita di quella villa enorme. Mi trattenni dall’urlare.
Le mie scarpe col tacco toccarono l’erba fresca del giardino, mentre Aaron stava proprio di fronte a me. Il cielo stellato di fine agosto ci faceva da scenario.
«Ripeto: tu sei pazzo!» dissi, sistemandomi meglio il vestito sulle cosce. Rise. Si portò una mano fra i capelli scuri e poi riprese a fissarmi insistentemente. Le sue iridi verdi si rifletterono nel nocciola delle mie.
«Ripeto: forse» parlò.
Estrasse dalla tasca un pacchetto di Marlboro e con i denti ne prese una dalla scatola. Infilò l’altra mano in tasca e tirò fuori l’accendino per accenderla.
Alzai un po’ la testa, per guardarlo meglio. Mi costava ammetterlo, ma era proprio bello. I suoi occhi verdi, incorniciati dalle ciglia lunghe e scure, squadrarono tutto il mio corpo. Aspettavo che dicesse qualcosa, in modo da poter controbattere, ma l’unica cosa che fece fu sorridere solo con l’angolo destro della bocca. Ricambiai con un sorriso forzato, ma che mi pentii subito di aver fatto. Distolsi lo sguardo, e da quel momento lui iniziò a parlare.
«Quanti anni hai?» chiese, rigettando il fumo che aveva inspirato.
«Diciassette. E tu?»
«Diciannove».
«Immaginavo» mentii. Pensavo ne avesse di più.
«Possiamo vederci ancora?» mi domandò.
«Perché vuoi vedermi?» risposi con un’altra domanda.
«Frena, principessa! Qui le domande le faccio io» si atteggiò.
«Principessa a chi?» feci ancora un’altra domanda.
«Ehi. Ehi. Cosa ti avevo detto? Le domande le faccio io!».
«Scusa» risi, sorprendendomi di me stessa per averlo fatto.
«Quindi? Possiamo vederci anche domani?» ribatté. Rimasi seria.
«No» dissi piano. Lui non sembrò molto turbato, lo capii dal suo sorriso malizioso.
«Bene. Vuol dire che domani sera passerò a prenderti alle otto» si fece serio.
«Cosa?» quasi urlai, «Non sai neanche dove abito!» aggiunsi.
«Ah, pensavo avessi capito che stasera ti accompagno io a casa». Il suo caratteristico sorriso malizioso si disegnò sulle sue labbra piene.
«Tu sei pazzo». 
  
Leggi le 13 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: polvere di biscotto