Videogiochi > Assassin's Creed
Segui la storia  |       
Autore: Goran Zukic    12/01/2015    1 recensioni
"Più volte abbiamo chinato il capo, accettato la sconfitta, issato bandiera bianca, mentre i nostri nemici diventavano forti e prendevano il potere. Mai come oggi siamo stati così deboli, così umiliati, figli di un paese segnato dalla corruzione, dalla violenza e dalla dittatura. Ebbene sì siamo deboli, ma quando guardo quella bandiera bianca io non vedo un simbolo di resa, io vedo un simbolo di rivalsa. Siamo ancora qua! Siamo parte di questa grande e bella terra ed è nostro compito proteggerla dal nemico, proteggere le persone che amiamo e le generazione future da quello che potrebbe accadere. Ora sventola una bandiera bianca, ma ora io vi dico che ben presto si tingerà di sangue e allora...sarà l'inizio della rivoluzione" disse Nikolai quasi urlando davanti a tutti i superstiti.
........................................................................................................................................
Nella Russia lacerata dalla fame, dall'ingiustizia e da una situazione politica delicata, si rinnova lo scontro secolare tra Assassini e Templari, sullo sfondo della rivoluzione più sanguinosa del XX secolo.
Genere: Azione, Guerra, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Risposte d'acciaio

Il treno viaggiava veloce tra le immense e sterminate steppe della Siberia Occidentale. Omsk era ormai alle loro spalle, anche se le cupole della cattedrale si vedevano ancora, in lontananza, scintillare nella notte scura.
Nadia non era mai salita su un treno, ne mai aveva pensato che esistesse un treno capace di percorrere tutta la Russia, da Mosca a Vladivostok, l’ultima città russa.
La ferrovia Transiberiana era il più grande ferrovia esistente, presentata nel 1900, all’esposizione universale di Parigi, e terminata nel 1905, collegava le maggiori città dell’impero e Omsk era una delle più importanti.
Non era riuscita a trattenere le lacrime quando dovette salutare suo padre e suo fratello. L’avevano accompagnata alla stazione, per passare ogni secondo possibile insieme e l’avevano affidata a Boris.
Faceva freddo, molto freddo, Nadia era avvolta nel suo cappotto pesante, che le arrivava sotto le ginocchia e il cappello di lana di suo fratello le continuava a cadere sopra gli occhi.
“Almeno non ti si vede quell’orribile frangia. Tagliati i capelli a Mosca mi raccomando” le aveva detto Sergey, scherzando, tentando di nascondere un po’ la tristezza.
Lei lo aveva abbracciato come mai aveva fatto e le erano scese delle lacrime.
Poi aveva abbracciato suo padre: tra le sue braccia il freddo sembrava allontanarsi e le sembrava come quando la prendeva in braccio per portarla le prime volte nei boschi, o per cullarla quando aveva la febbre.
“Sei con l’uomo di cui più mi fido” le aveva detto lui vedendola molto nervosa per la partenza “Io e lui siamo stati grandi amici in passato e non ti succederà niente di male con lui, ha giurato di proteggerti”
Le aveva dato un po’ di coraggio, ma erano rimaste la tristezza e le lacrime.
Si era sentito un fischio che segnalava l’imminente partenza del treno. Aveva guardato un’ultima volta i suoi familiari, ma questa volta senza piangere, sapeva che non li avrebbe più visti per molto tempo, ma sapeva anche non li avrebbe dimenticati e che sarebbero stati sempre con lei.
Poi il treno era partito e con il treno si erano allontanati sempre di più, per poi scomparire nella nebbia gelata.
Boris l’aveva ringraziata per avergli salvato la vita e si era presentato.
Si chiamava Borislav Klimenko e non era un uomo molto socievole o almeno non lo sembrava. Era molto impacciato quando cercava di attaccare discorso con Nadia e la prima parte del viaggio fu abbastanza silenziosa, anche se fu piacevole per Nadia dato che poteva osservare gli altri passeggeri della carrozza.
Amava guardare le persone, leggere i loro sguardi, cercare di capirli, era un passatempo che adorava e che più volte le aveva riempito le giornate in città.
Due posti davanti a lei c’era un uomo che leggeva il giornale, un giornale che non aveva mai visto, intitolato Pravda, aveva un colbacco grigio in testa e indossava un cappotto pesante ed aveva ,come Boris, un bel paio di baffi neri.
Dall’altra parte della carrozza c’erano due coniugi che litigavano, erano borghesi e la moglie insultava il marito perché non aveva comprato i biglietti per la prima classe.
Dietro di loro c’era un giovane uomo con un grande cappello nero che fumava il sigaro e proprio in fondo alla carrozza un altro uomo, pelato e con degli occhiali sottili, che leggeva un libro.
All’improvviso Boris interruppe i suoi pensieri dicendole: “Penso che avrai molte domande, la notte sta scendendo in fretta”
La sua voce era un po’ rauca, ma forte e risoluta.
Nadia, come uscita da un sogno, annuì e i due si guardarono per la prima volta negli occhi.
Boris si mise in ascolto, pronto a rispondere alle domande di Nadia.
Nadia non sapeva da dove cominciare, ma le venne in mente una domanda, alla quale non aveva ancora avuto risposta.
“Chi è Lenin?”
Boris rimase colpito da questa domanda e non sapeva da dove cominciare per risponderle, per comprendere Lenin avrebbe dovuto spiegarle tutto quello che stava succedendo in Russia e non pensava che sarebbe stata pronta per conoscere tali informazioni.
“Vedi Lenin è…ecco…Lenin è…” ma venne interrotto da una voce, una voce forte e di basso tono.
“E’ un grand’uomo” disse l’uomo due sedili davanti a loro, che aveva posato il giornale e si era avvicinato a loro.
Nadia e Boris lo guardarono straniti, ma subito l’uomo sorrise, sotto quei suoi grandi baffi e si presentò: “Iosif Vissarionovic Dzugasvili, piacere”
“Io sono Nadia” disse la bambina e Boris la gelò con lo sguardo; non amava gli sconosciuti, ma qualcosa in quel nome non gli era nuovo.
“Posso sedermi?” disse indicando il posto accanto a Nadia “Sapete, fare il viaggio in solitaria, può essere noioso”
Nadia annuì sorridendo e l’uomo si sedette.
“Vuoi sapere chi è Lenin Nadia? Lenin è la più grande speranza che la Russia ha per uscire da questa dittatura” le disse lui.
Boris emise un piccolo gemito, sapeva che questa frase avrebbe causato una valanga di domande e sapeva anche che quell’uomo le avrebbe dato le risposte, ma all’improvviso la figura dell’uomo lo colpì, lo aveva riconosciuto.
“Lei è Stalin, non è vero?” chiese Boris.
L’uomo lo guardò confuso, ma incuriosito e rispose: “Sì, ma…solo i miei…più cari amici, mi conoscono come Stalin. Come mi conosce? Ci siamo incontrati? Ah, forse ricordo! A Tbilisi, vero, all’assemblea? No, no. Forse eri quell’uomo taciturno che non parlava mai…quello della baracca 33, a Tubolsk, si devi essere lui. Ti facevo più magro”
“No, niente di tutto ciò. L’ho riconosciuta dalla foto di un giornale ed è un onore poterla conoscere di persona” disse allora Boris.
Stalin, inorgoglito dall’elogio, dimenticò i suoi sospetti e sorrise.
Boris lo conosceva, lo conosceva di fama e sapeva che non c’era da scherzare con un uomo come Stalin, il cui appellativo significa appunto acciaio, sottolineando il suo carattere, duro come l’acciaio.
“Che cosa fate qui allora?” chiese Stalin.
“Porto mia nipote a Mosca, sa è la prima volta per lei, siamo di Novorossibisk” rispose Boris.
Nadia lo guardò confusa, ma Boris le fece segno di stare al gioco.
“E’ bella Mosca piccolina. Vado là anche io…torno meglio dire” disse a Nadia.
Nadia allora sorrise nervosamente e disse: “Sì non sono mai stata a Mosca e ho così tante domande”
Boris la guardò storto, quasi spaventato, spaventato da quello che avrebbe potuto chiedere a Stalin, non aveva un fama di uno che perdonava e se solo avesse avuto dei sospetti, non poteva sapere quale sarebbe stata la sua reazione.
“Puoi chiedere qualsiasi cosa. Sono qui” disse Stalin toccandosi il baffo sinistro.
Nadia pensò un attimo e poi chiese: “Com’è lo zar?”
Stalin sembrò sul punto di esplodere quando sentì quel nome, ma si tranquillizzò subito e le rispose: “Lo zar è un tiranno, un omicida. Nessun’altra parola per descrivere un uomo del genere”
Nadia ebbe un sussulto, che significava omicida? Non sapeva a cosa credere, si immaginava un uomo diverso dalla descrizione di Stalin e a giudicare dal suo tono quasi di disgusto, si sarebbe detto fosse un uomo orribile.
Stalin comprese l’inquietudine di Nadia e continuò: “Ti sei accorta mai della povertà, magari celata che c’è in Russia?”
Nadia ripensò a quelle giornate a Omsk, la gente che elemosinava per strada, le schiere di barboni senza casa e senza cibo; guardò Stalin e annuì.
“Se ti dicessi che Nicola è la causa di tutto ciò tu come lo definiresti?” le chiese Stalin.
Nadia lo guardò e rispose timidamente: “Un uomo cattivo”
Stalin scoppiò a ridere e la cosa infastidì Boris, che cominciava a sentirsi a disagio.
“Hai ragione Nadia, hai ragione” disse Stalin sorridendole.
Poi girò lo sguardo verso Boris e gli chiese: “E lei? Non pensa che sia così?”
Boris notò negli occhi di Stalin un grande sospetto, come se potesse pensare che fosse un realista.
Stalin faceva infatti parte dell’opposizione se così si può chiamare il partito bolscevico, fondato sulle idee del filosofo Marx, basato sul socialismo e sul potere operaio. Il loro leader era Vladimir Ilic Iulianov, meglio noto come Lenin e nel corso degli anni aveva reclutato parecchi sostenitori, così tanti che lo zar aveva deciso di prendere posizioni drastiche nei confronti dei continui scioperi operai a Mosca e San Pietroburgo, sparando sulla folla nel 1905 e imprigionando in Siberia i maggiori esponenti del partito, tra cui lo stesso Stalin.
Non era un caso che Stalin avesse questi sospetti, i bolscevichi erano molto contrari alla politica dello zar Nicola II e puntavano al rovesciamento del sistema tramite la rivoluzione proletaria.
Boris ebbe un attimo di esitazione, ma sapeva che doveva cauto.
“A Novorossibisk non siamo così informati sulla politica, ma vedo come vanno le cose e se c’è un responsabile, quello è lo zar” rispose lui.
“Parole Sante Compagno!” esclamò Stalin, non curandosi che era ormai notte e la gente dormiva e tirando una pacca sulla spalla di Boris.
“E’ bello sapere che anche in Siberia c’è gente con la testa sulle spalle”
Boris sorrise e anche Nadia, nonostante non capisse molto di quello che stava succedendo, aveva ancora tantissime domande, ma sapeva che doveva parlare con cautela, dato che più volte Boris le aveva fatto segno di stare attenta.
“Vi lascio ora, anche un uomo come me…ha bisogno di dormire, non sempre sono Stalin, a volte sono semplicemente Iosif” disse Stalin, alzandosi, salutando i due e lasciando la carrozza in cerca di un bagno.
Nadia guardò Boris confusa, ma poi si mise a ridere.
“Perché ridi?”
“Perché avevi paura, tremavi come un cervo prima di essere colpito da una pallottola” rispose lei.
Boris lo guardò stupito e le disse: “Non è vero…e poi che ne sai tu di pallottole?”
“Sparo da quando ho otto anni. Me l’ha insegnato Alexandr, ma da quanto ho sentito ieri penso tu lo sappia già”
La risposta colpì molto Boris, si chiedeva come facesse una bambina così piccola ad essere così intelligente.
“E’ giunto il momento di darti delle risposte…sappi che alcune cose non potrò dirtele, ti porto a Mosca per insegnarti la cultura e ho fatto una promessa a tuo padre” disse lui, leggermente nervoso.
“Quell’uomo chi era?” chiese Nadia, riferendosi a Stalin.
“Come ha detto lui, in Russia…c’è una grande povertà e lo zar non fa niente per evitarla. Stalin fa parte di un gruppo rivoluzionario che cerca di rendere migliore la Russia, non sempre nel modo giusto, ma cerca di cambiare le cose”
“Anche mio padre era amico di Stalin?” chiese allora lei.
Boris ebbe un attimo di esitazione, sapeva che questa era la pastiglia più dura da digerire per Nadia e un’informazione che non sarebbe autorizzato a darle.
Boris scosse la testa e si strizzò gli occhi, assonnato, erano infatti ormai le 10 di sera e nel vagone c’era ormai un gran silenzio. Si guardò intorno come vedere se qualcuno lo stesso sentendo e poi iniziò a parlare.
“No, non è un rivoluzionario, è un assassino, ma non giudicare la parola e solo il nome della nostra confraternita, mia e di tuo padre. Il nostro compito è garantire la giustizia e la libertà, tuo padre è un grand’uomo”
Nadia lo guardò, molto confusa, ma non troppo; aveva già sentito tante verità che non conosceva e non pensava potessero essere vere.
“So che può essere difficile credere che esista una tale organizzazione, ma questo siamo noi, assassini di nome, ma uomini di fatto, uomini prima di tutto”
“Anche la mamma lo era?”
Boris annuì, quasi piangendo, ma sapeva che aveva già detto troppo, gli assassini dovevano rimanere segreti, come sempre e non poteva andare oltre.
Nadia ora era sul punto di piangere, ma riuscì a trattenersi, guardò Boris, uno sguardo diverso, intenso, due grandi occhi marroni che sembravano dirgli grazie.
“Grazie” disse lei, ma non riuscì a dire nessun’altra parola, stava piangendo, ma non era triste, era felice, solo un po’ stanca.
Boris la abbracciò e per la prima volta si sentì davvero protetta.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Assassin's Creed / Vai alla pagina dell'autore: Goran Zukic