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Autore: musike    12/01/2015    6 recensioni
Evangeline è una ragazza sempre sulle sue, una strega provetta che però non è benvoluta nella sua casa. Abbandonata ancora in fasce dalla madre, un padre adottivo assente, Evangeline finisce per rinchiudersi dentro una corazza, un muro che sembra proteggerla dai mali esterni, ma che in realtà non riesce a proteggerla dalle tenebre e dall'odio che l'accompagnano come ombre fin da quando era bambina. Una profezia rivelata da un logoro cappello, ma rimasta inascoltata rimescola le carte in gioco, le vite dei nostri eroi cambiano... e con esse anche la vita di Evangeline, anche se lei non lo sa.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus, Silente, Fred, Weasley, George, e, Fred, Weasley, Nuovo, personaggio, Severus, Piton
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
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Slytherin Tales:

The Elected
        
 
PROLOGO

Una bambina se ne stava lì, vicino al cancello dell’istituto, a guardare il sole scendere per lasciare il posto alla luna e alle stelle. L’aria iniziava a raffreddarsi, non scaldata più dai quei tiepidi raggi solari che c’erano prima, ma la piccolina sembrava non curarsene… anzi strizzava di più i suoi occhietti color dello smeraldo per vedere sempre più lontano.

Robert, il giardiniere, continuava ad osservarla.

La direttrice gli aveva detto di portarla dentro per la cena, ma lui ogni volta che la vedeva restava imbambolato: rispetto a tutti gli altri bambini Evangeline era quella più silenziosa e solitaria; ultimamente, non appena finivano le lezioni, la piccolina andava fuori di corsa e si metteva lì, davanti al cancello e aspettava.

Chi o cosa per il momento nessuno lo sapeva.

Lui conosceva la sua storia… la piccolina ancora in fasce era stata portata lì da una ragazza dai capelli rossi e abbandonata, non ne voleva sapere nulla di lei. Un sacco dei bambini lì dentro avevano avuto la stessa identica storia di Evangeline, eppure riusciva a ricordarsi solo di lei. Solo quella piccola era riuscita ad entrargli maggiormente nel cuore.

Non che non volesse bene anche agli altri bambini è che Evangeline era semplicemente speciale.

Mai una volta aveva pianto, mai una volta l’aveva sentita urlare, fare i capricci. Era strana, tropo calma e tranquilla per la sua età. Troppo razionale per una bambina di soli quattro anni. Faceva quello che le veniva detto senza emettere fiato, sempre attenta a ciò che le veniva chiesto. Ma ciò che l’aveva colpito di più era stato il suo sguardo: quegl’occhi  smeraldini che ti scrutavano l’anima, che ti guardavano con una tale intensità da farti sentire fuori posto, da parti sentire nudo davanti agli altri. Quegl’occhi che riuscivano a capire le paure, i segreti delle persona. Come se ti stesse leggendo nel pensiero.

Con passo lento e deciso si avvicinò alla figura della bambina e, mettendole una mano sulla testolina di un nero come la notte, le chiese, con voce dolce : “Scricciolo cosa ci fai ancora qui ? Gli altri sono già dentro per la cena e qui fuori inizia a far freddino”

Evangeline, sentendosi chiamata, si girò e, gonfiando le sue guance pallide, impuntò i piedi per terra e con sguardo accigliato rispose all’uomo, stupito di una reazione normale da parte sua.
“Ma Signor Robert! Sa benissimo che non posso muovermi da qui! Sto aspettando” Disse la bambina con voce seria e -forse?- un pizzico divertita, come se stesse facendo la cosa più naturale e normale del mondo, anche se non c’era nulla di normale nello stare fuori di sera attaccati ad un cancello, mentre la notte e il gelo scendevano inesorabili.

“E chi staresti aspettando?” chiese cautamente l’uomo mentre la prendeva per mano e la riaccompagnava dentro. Ci era riuscito anche questa volta.

“Ma i miei genitori no ?!? Mi hanno detto che verranno a prendermi” disse con un sorriso innocente la piccola, mentre si avviava un pochino indispettita verso la mensa dell’istituto, nella quale si sentivano le voci bianche di quei bambini dimenticati dal mondo intonare la preghiera serale, come ringraziamento del cibo che ricevevano.

Era dolcissima in quel momento.

A Robert si attorcigliò il cuore; sapeva che lei, come altri bambini, nutriva la speranza che un giorno sarebbe ritornata tra le braccia di mamma e papà, ma puntualmente questi non arrivavano mai. O perché erano stati abbandonati o perché ci avevano lasciato le penne, come diceva sempre il vecchio Robert. Sta di fatto che per un motivo o per un altro le speranze e i sogni di quei bambini non si avveravano mai. C’era chi per Natale desiderava una macchinina, un nuovo giocattolo, chi invece, come loro, desiderava solamente avere una mamma e un papà.

Ti prometto , piccola Evangeline, che non appena finirà quest’anno ti porterò via con me e saremo una famiglia. Sarò il padre che mai hai avuto la madre che non ti abbandonerà mai. Non meriti tutto questo, non meriti di vivere questa vita, nessuno di loro lo merita.

Un pensiero nobile, quello suo, che purtroppo non sarebbe mai stato portato a termine: infatti dopo neanche un mese il vecchio Robert si spense, colto da un infarto, e con lui anche il cuore e la speranza della piccola Evangeline.

Al funerale tutti piansero, tutti volevano bene a quel vecchio giardiniere che quando le maestre non guardavano, portava sempre le caramelle ai quegli orfanelli che aveva sempre un consiglio e una parola dolce per loro. Tutti versarono lacrime di dolore per quell’uomo tanto buono che non meritava la morte.

Eppure una bambina se ne stava in disparte e guardava il tutto da lontano, con gli occhi smeraldini velati di tristezza, un tempo i suoi occhi brillavano, ora semplicemente diventavano sempre più opachi, più scuri, meno umani.

Una piccola lacrima le solcava la guancia paffuta, ma lei non volle fermarla.

Si sentiva abbandonata la piccola Evangeline, si sentiva come se le avessero negato la famiglia per una seconda volta.

Perché non posso essere normale? Cosa ho fatto di male?

Continuava a chiedersi la piccola, come fosse stata lei la causa di tutto, quando in realtà non era che una vittima innocente. Una pedina del destino, un burattino nelle mani di qualcuno più potente di lei.

Il suo cuore era in tumulto, quel piccolo cuoricino ne aveva passate tante, troppi traumi lo avevano segnato, troppe promesse non mantenute, troppe speranze lo avevano offuscato. Troppa fiducia aveva riposto in un futuro migliore, un futuro che andava al di là dei cancelli dell’istituto.

Chiuse la mano pallida a pugno e strinse forte; talmente forte che le unghie iniziarono ad entrarle nella carne, lasciando dei piccoli segni rossi sul palmo della mano. Non le faceva male, anzi, sentiva come una forza scorrerle nelle vene, un fluire di tristezza e disperazione.

Un fluire costante di odio.

Sentì un lieve bruciore nella zona del collo, ma non era spiacevole o doloroso; era come ci fosse un pizzicorio, come se stesse andando a fuoco senza però sentire le fiamme dilaniarle la carne, come se fossero solamente appoggiate in quella zona senza farle alcunché di male.

Gli occhi smeraldini si chiusero istintivamente, mentre l’energia sembrava andarsene da sola dal corpo, come se avesse trovato da sola la via d’uscita, come se fosse stata una cosa normale, che accadeva tutti i giorni. Come se stesse semplicemente dormendo.

Non si accorse che il vento inziò ad ululare sempre più forte, che nuvole nere e dense si avvicinavano minacciose e roboanti nella radura dove stavano seppellendo il caro vecchio Robert. Non si accorse che gli ombrelli iniziarono a volare in tutte le direzioni, che i salici piangenti agitavano le loro foglie come se stessero danzando, come se anche loro stessero urlando dal dolore. Non si accorse che i fulmini arrivarono insieme alla pioggia, sempre più fitta e insistente e che la gente iniziava a spaventarsi. Non si accorse di nulla la piccola Evangeline, nemmeno che lei era asciutta da capo ai piedi e che era lei a provocare tutto quello che stava succedendo, che i suoi capelli iniziavano a fluttuare in aria e che si era leggermente alzata di qualche centimetro da terra, con lo sguardo chiuso e la testa reclinata verso il basso.

Non si accorse che dei tizi vestiti di nero avevano tirato fuori dei bastonci di legno puntandoli verso il cielo e contro la gente, cercando di arrivare a lei anche se i fulmini lo impedivano in tutti i modi, come se volessero proteggerla, come se le intenzioni di quelle persone fossero cattive.

Non si rese conto, in quell’istante, di essere magica.



Angolino autrice: Ehm .... Salve popolo di efp! Dopo mesi di silenzio torno, approdando in un nuovo fandom! Questa storia è da un bel po' che mi ronza in testa e alla fine mi sono decisa a scriverla e a pubblicarla. Vi ringrazio se siete riusciti ad leggere fino a qui, è il mio primo esperimento di long. Vedremo cosa ne uscirà fuori! Vorrei sapere cosa ne pensate, insomma se è una schifezza immonda, se è passabile oppure se c'è qualcosa di buono su cui lavorare. Mi piacerebbe sentire vostre opinioni, sia che siano positive, che negative in modo anche da potermi migliorare. Le critiche sono bene accette, ma solo se costruttive e non offensive ....
Beh è quasi mezzanotte, dire che vi lascio in pace per il momento!
Grazie di tutto e a presto (spero!).
Con affetto,
Musike

Ps: Per gli aggiornamenti ... causa esami e impegni vari penso che saranno ogni due o tre settimane, cercherò di essere il più regolare possibile, parola di scout!

 
  
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