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Autore: InsurgentMusketeer    13/01/2015    7 recensioni
- “Non intendevo offendervi”, replicò il moschettiere rispettosamente, “ma ognuno ha il suo posto nel mondo e, in tutta sincerità, non credo che quello dei moschettieri sia il vostro.”
- "Vi è mai successa una cosa come questa? Rifiutare il distacco da una persona cara, rifiutarlo al punto da non renderle neanche una visita. Ma lei sarebbe stata d'accordo. E' qui che preferisco ritrovarla.”
- “Con chi credi di parlare, brutto idiota?!” esplose la ragazza spingendolo indietro con tutta la sua forza. L'uomo dondolò all'indietro e cadde a terra come un sasso, lasciando al suo posto un rumore sordo e cupo.
Una ragazza, quattro moschettieri, una Parigi stretta nella morsa di mille segreti e strategie. Tra gli inganni orditi dal Cardinale Richelieu e il Conte di Rochefort, questa volta, i valorosi soldati di Tréville non saranno soli: il capitano ha ingaggiato per loro un aiuto molto, molto speciale.
Genere: Avventura, Azione, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Al mattino andava sempre più o meno così.

Parigi era sormontata da un'alba che sorprendeva di giorno in giorno. Avresti desiderato che tutto il giorno potesse passare in quel modo, con quel rosso sfumato sulla reggia, il giallo lungo i vicoli silenziosi dei bassifondi e l'arancione che spingeva più in là il grigio tetro delle finestre vuote della Corte dei Miracoli.

L'alba rendeva tutto migliore, pensò Aramis in uno slancio di poesia per il quale Porthos, Athos e D'Artagnan lo avrebbero sbeffeggiato fino alla morte.

Osservando la notte che lasciava il posto al colore sui tetti della città, Aramis strinse più forte la croce che usava per pregare.

“Il mio Dio è per l'amore, non per la morte”, aveva detto tempo prima alla contessa Ninon de Larroque, quasi divertito alla reazione incredula della donna. Un uomo, un moschettiere, un soldato che parla in toni così gradevoli di Dio? Certamente non ne avrebbe visti molti altri ancora, si vantò Aramis sorridendo tra i suoi pensieri.

Parigi sembrava essere rimasta in piedi tutta la notte e del resto, anche il suo sonno era stato ben poco proficuo.

Si recò silenziosamente al Quartier Generale e non c'era ancora nessuno. Gli sembrava sempre strano non sentir parole o rumori di qualunque genere in quel posto a quell'ora, vivo com'era durante il giorno. Pensò che forse la notte serve un po' a morire, in fondo, e il giorno dopo a rinascere da capo, dal niente del buio notturno. Gli sembrò la più stupida delle riflessioni romantiche che si potessero fare.

La stanza del Capitano Tréville era chiusa ma la candela accesa all'interno che scaldava il vetro della finestra lasciava intendere facilmente un'altra notte passata in bianco che le occhiaie del capitano avrebbero rivelato senza che lui ne facesse parola. Si tolse di dosso il pesante mantello blu legato sotto la spalla destra e impugnò la pistola. Caricò lentamente, puntò il bersaglio esattamente al centro

Aramis e la pistola sono l'uno il prolungamento dell'altro, è il miglior tiratore, il migliore in assoluto

E sparò

Centrato, come sempre, vecchio mio

con un rombo che sembrò buttar giù l'intera struttura. I cavalli nitrirono con forza e il vecchio stalliere spuntò da dietro una bella giumenta nera ancora spaventata dal rumore.

“Vi sembra forse l'orario adatto per cominciare gli allenamenti, Aramis?”
Aramis soffiò sulla canna della pistola e non rinunciò a lisciarsi i baffi rispondendo:
“Ogni minuto è quello buono per esercitarsi a proteggere Sua Maestà!”

“Peccato farlo quando Sua Maestà non si trova nel posto in cui spari.”

Si voltò riconoscendo la voce di D'Artagnan che sorrideva sotto il portico, affiancato dall'imponente figura di Porthos e Athos poco più lontano.

“Vedo che per stavolta siete riusciti ad arrivare a un orario abbastanza consono” intimò sorridendo Aramis.

“Eppure, sai, la tua faccia non è il massimo da vedere, in prima mattina” rispose Athos pronto.

“Hai fatto spaventare i cavalli”, osservò Porthos carezzandone uno, che sbuffò un po' di fieno dalla bocca.

“Mi spiace, prima o poi si sarebbero imbizzarriti comunque.”
“Già”, rispose dall'alto la voce forte del capitano Tréville, “ma sappi, Aramis, che se il cavallo spaventato era il mio, chiamerò le Guardie Rosse perchè portino la tua galante falcata davanti al Cardinale Richelieu.”
Porthos, Athos e D'Artagnan scoppiarono in una fragorosa risata che cominciò a riempire la vita del Quartier Generale dei moschettieri. Forse la riflessione sulla vita e la morte di poco fa non era poi così idiota, pensò Aramis.

Il più giovane dei moschettieri si ravviò i lunghi capelli castani sguainando la spada e cominciando ad esercitarsi. Forza di volontà e coraggio da vendere erano i tratti identificativi speciali di D'Artagnan. Era stato insignito del titolo di moschettiere da poco: aveva sconfitto il criminale Labarge in gara e non avrebbe mai dimenticato il tocco della spada di Re Luigi XIII sulla sua spalla al momento della nomina. Era deciso a mettere tutto l'impegno possibile e tutte le forze a sua disposizione per dimostrare di non essere più soltanto “D'Artagnan, l'apprendista moschettiere”. Non era più divertente, anche se Aramis continuava a sostenere che lo fosse.

Athos osservava con attenzione la gestualità concentrata del giovane guascone diventato moschettiere in così breve tempo e il sibilo della sua spada che fendeva l'aria lo affascinava. Del resto, Athos era nato per combattere. Prima con sé stesso e poi con tutti gli altri.

Athos era giovane, forte, di bell'aspetto. Una folta barba castana come i capelli, lasciati in disordine dal cappello, riusciva a mascherare qualunque suo accenno di sorriso: era la sua arma migliore contro le emozioni. Aveva grandi e tondi occhi azzurri come il mare, profondi al punto che spesso confondevano i suoi avversari. Era di poche parole e alla vista appariva sempre tormentato, in tempesta, in conflitto con se stesso e in fuga da chissà cosa. Il suo fascino era tutto racchiuso nei suoi stessi silenzi. Era il miglior soldato di Tréville, lo spadaccino più preciso, intelligente, misurato, scaltro e concreto. La macchina da guerra perfetta. Nessuno sapeva che Athos riversava tutti i suoi silenzi nel combattimento: annegare pensieri in altri pensieri. Una filosofia di vita che forse non avrebbe attecchito ancora per molto. Al collo portava un ciondolo con un fiore di lavanda. Milady DeWinter non era mai troppo lontana da lui, neanche fosse stata in capo al mondo.

Il sole era ormai alto quando il Quartier Generale aveva cominciato a riempirsi: Porthos si divertiva come non mai ad esercitarsi nella lotta con gli altri moschettieri, che puntualmente se la davano a gambe nel tempo limite di qualche secondo. Sollevava anche due uomini per volta scaraventandoli contro balle di fieno lontane almeno tre metri da lui. Di tanto in tanto ridacchiava rivolgendo uno sguardo vanitoso ai suoi compagni, i denti perfetti e dritti a celebrare la sua forza, il suo punto migliore e una garanzia speciale per la sua squadra.

“Perchè non vieni a divertirti un po' anche tu, eh?” Chiese ad Aramis trascinando via per i piedi un compagno svenuto dopo un pugno in piena faccia.

“Se l'atmosfera è questa, arrivo in un lampo, fratello!”

Aramis si lanciò presto nella mischia, ma il divertimento fu stroncato dall'arrivo di un preoccupato Tréville che radunò i quattro moschettieri.

“Abbiamo un problema”, disse solenne, le rughe della fronte corrugate profondamente.

“Ne abbiamo sempre”, commentò sarcastico D'Artagnan.

“Riguarda il Cardinale.”
“Riguarda sempre il Cardinale”, rilanciò Aramis.

Tréville guardò severamente i moschettieri.

“Posso andare avanti?”
I moschettieri fecero un eloquente cenno di sì e il capitano tirò fuori dalla tasca del giaccone una lettera chiusa con la ceralacca, strappata via da un po'.

“I miei contatti inglesi hannoconfermato un mio dubbio. E' tutta la notte che cerco una soluzione. Richelieu sta attentando alla vita della Regina per destabilizzare il Re.”
Porse la lettera ad Athos che la fece girare tra i suoi compagni. Tréville continuò velocemente.

“Stanno giungendo a Parigi alcuni assassini professionisti, probabilmente mercenari dell'est. Richelieu si è premurato di assoldare gente che non conoscesse neanche una parola di francese: non vuole essere coinvolto, non stavolta, neanche per sbaglio, e incastrarlo sarà difficile. Ho saputo che si sono fermati per qualche giorno a Londra e sono stato informato dei loro movimenti.”
“Quanti sono?” Domandò Athos.

“Almeno otto. Se si muovono in un numero così elevato, hanno chiaramente stilato un piano efficace. Dobbiamo fermarli prima che arrivino in città. Se ce ne facciamo sfuggire anche uno soltanto, potete star certi che non riusciremo a evitare che entri alla corte del Re.”

I moschettieri incrociarono gli sguardi, poi Aramis chiese:

“Dove tenderemo l'imboscata?”

“Si sono appena messi in viaggio. Il solo modo per arrivare a Parigi senza destare sospetti, è attraverso la foresta. L'uscita del bosco corrisponde alla zona ovest di Parigi, cioè..”
“..la reggia.” sussurrò Porthos.

“Precisamente. Non c'è tempo da perdere.”
“Capitano”, avanzò D'Artagnan, “dovremo partire con equipaggiamenti più pesanti del solito. Dovremo rimanere accampati per giorni, forse, e..”
Tréville alzò una mano per zittire D'Artagnan.

“Non avrete problemi di rinforzi. Vi consegno un aiuto di grande efficienza.”

I moschettieri si guardarono insospettiti. Athos pensò subito che Tréville non aveva mai accennato ad aiuti esterni. Ma forse la situazione si profilava di gran lunga più complessa di quanto non sembrasse, ed era plausibile che volesse proteggere i suoi uomini. Ma in che modo?

Tréville girò loro le spalle e gridò in direzione della sua stanza:

“Vieni pure avanti!”

Athos, Porthos, Aramis e D'Artagnan rimasero di sasso e non osarono fiatare. Dalle scale cominciò a scendere una figura minuta, addirittura quasi fragile, ma dalla camminata decisa. Aveva una camicia di lino bianca dalle lunghe maniche che nascondevano di poco le mani piccole e affusolate. Non portava la spalla distintiva col giglio, simbolo dei moschettieri, e questo confuse Athos ancor più profondamente: se non era un moschettiere, non ci si poteva fidare, pensò ancora Athos che, osservando i suoi amici, non capiva come potessero essere così entusiasti, nonostante lo stupore, di quella specie di sorpresa.

Athos sudò freddo quando notò che la grossa giacca di pelle che il misterioso ospite portava addosso era nera e incredibilmente stretta in vita. Cominciò a sospettare qualcosa per cui si diede del pazzo da solo: non era possibile.

Il viso del nuovo arrivato era completamente nascosto da un cappello a tesa larga e, non facilitando il riconoscimento, egli camminava a testa bassa, e il dubbio rimase fino a che non si fermò accanto al capitano, che affianco all'individuo misterioso sembrava più alto e imponente di quanto non fosse in realtà.

Un fuscello, pensò Aramis, Tréville ci fa già così vecchi e inutili da doverci affiancare un ragazzino aspirante moschettiere?

Non che abbia qualcosa contro gli aspiranti, riflettè D'Artagnan, senza sapere di aver incrociato i pensieri del suo compagno, sono stato uno di loro fino a ieri. Ma adesso? Perchè altri apprendisti, se costui è uno di loro?

Porthos ridusse gli occhi a fessura e indagò a fondo l'esile corporatura del tipo. Non sarà mai in grado di aiutarci, pensò preoccupato, se subissimo un attacco, ci sarebbe solo d'intralcio.

Tréville ruppe il silenzio carico di pensieri dei moschettieri.

“Immagino sarete sorpresi.”
“Lo siamo”, rispose duro Athos prima degli altri, “con tutto il rispetto, signore, io non credo che in questa circostanza avremo bisogno di aiuti dall'esterno. Come non ne abbiamo mai avuto.”

“Athos, questa non è mancanza di fiducia nei vostri confronti.”

“Non lo avrei mai insinuato, eppure comincio a farlo.”

“Vi ricrederete presto. Qui al mio fianco c'è un elemento incredibilmente prezioso per missioni di questo genere.”
“Non è un moschettiere” osservò Aramis.

“No, non lo è.”

“Dunque?” incalzò Porthos.

Tréville fece un respiro profondo.

“Non sottovalutate le facoltà di chi è accanto a me. Possiede doti altamente sviluppate che potrebbero esservi utili. Concluderete voi la missione. Lei starà soltanto al vostro fianco.”
“Lei?!” ruggì Athos vedendo materializzarsi il terrore di qualche minuto prima.

Il misterioso ospite tolse via il cappello a tesa larga che gli nascondeva il viso e l'attimo dopo esplosero su quel volto due enormi occhi blu incastrati ciascuno in due paia di ciglia nerissime che creavano un contrasto quasi artico sul volto piccolo e la pelle bianca della ragazza che avevano davanti. Portava capelli biondi inusualmente corti per le donne di Parigi, che sfioravano appena la nuca, ma con un lungo ciuffo folto sulla destra della fronte. Le sue labbra erano di un rosso acceso che completava il pungente sbilanciamento di colori sul viso della sconosciuta. Il pallore delle guance, il blu intenso degli occhi, il biondo forte dei capelli, il rosso della bocca e poi il bianco splendente del sorriso quando essa si presentò, illuminando l'aria con una voce squillante e alta che difficilmente si sentiva al Quartier Generale.

“Ciao, ragazzi!” fu tutto ciò che disse.

Tréville osservò i moschettieri ancora inebetiti e increduli. Vi fu silenzio completo finoa che non fu il capitano a prendere la parola.

“Lei è Elly. Come potete vedere, è molto giovane. Ha ventitrè anni compiuti da poco e..”
“..E' una donna.” concluse D'Artagnan.

“Qualche problema con le donne, monsieur?” disse ancora quella voce dolce come lo zucchero.

“Oh.. N-no, madame, ecco.. Io.. Semplicemente non..”
“Non siete abituato a veder combattere delle donne, suppongo.”

Gli occhi blu e penetranti della ragazza confusero D'Artagnan.
“E..Esattamente.”

“Problema comune a molti uomini. Compresi i vostri compagni, suppongo. Eppure conosco decine di donne che preferirebbero duellare con le Guardie Rosse alle calcagna anziché far il quotidiano via vai per andare a prendere l'acqua al pozzo oppure rimanere in casa come fossero inferiori.”
Aramis sollevò il cappello e sorrise.

“La superiorità della donna è la benvenuta nei nostri rudi pensieri battaglieri, madame. Siamo gentiluomini.”
“Non ne dubito. E' facile a vedersi, sapete? Voi, per esempio: guardandovi, deduco che siate un ottimo tiratore. Sparate con abilità e precisione. Lo si vede dal fatto che caricate poco spesso la pistola. Avete un'ottima mira e una vista quasi infallibile. Siete molto atletico ma tendete a non dormire molto. Scrivete molto. Cosa scrivete? Lettere? Oh, no, forse preghiere. Noto dai simboli che portate indosso che siete molto religioso. Potremmo discuterne un po', io ho una fede piuttosto barcollante, sapete. Oh, spero che la prossima volta che andrete a trovare la vostra amata – che deduco abiti in Rue du Fleur de Lis - non dobbiate scivolare giù per il muro sottostante la finestra. E' pericoloso, potreste ferirvi.”

Ancora una volta, il silenzio piombò ferreo tra i sei. Poco più avanti, i cavalli nitrivano più tranquillamente e qualcuno si esercitava con il moschetto.

Aramis aveva gli occhi spalancati, ma finse di non essere impressionato. Sorrise e domandò:

“In.. In nome di Dio, madame.. I miei complimenti! Posso.. Posso sapere soltanto come avete fatto a..”

“Il lato della vostra mano destra è macchiato. Si possono notare macchie più vecchie e asciutte e macchie più fresche. Da qui si nota che a lei piaccia scrivere.”

“Bè.. Esatto.”

“Avete dei piccoli pezzi di intonaco ancora attaccati ai pantaloni. Ridotti quasi in polvere, ne deduco che siate scivolato giù da un muro. La vostra amata, se non vuole esser scoperta come tale, dovrebbe evitare di lasciar segni del suo rossetto sul bordo del vostro mantello. Sicuramente non l'avrà fatto di proposito, s'intende. E Rue du Fleur de Lis è facilmente riconoscibile dall'odore di ciclamino che avete addosso. O la vostra acqua di colonia ha un tocco prettamente femminile, oppure frequentate spesso quella zona. Mi hanno raccontato che mia madre adorasse i ciclamini, andava spesso a comprarne qualche mazzetto al banchetto in quella via.”

Tréville osservò divertito e gongolante gli sguardi assenti dei moschettieri. Porthos fu il primo a mostrare di apprezzare ciò che aveva udito.

“Madame, mi accodo con partecipazione ai complimenti che vi sono stati porti dal mio compagno. Non avevo mai udito niente di simile!”
Elly sorrise e a Porthos si sciolse il cuore.

“Nulla di speciale, Porthos, credetemi. Potrebbe farlo chiunque.”
“Io non ne sarei affatto capace, madame.”
La ragazza scrollò le spalle senza smettere di sorridere.

“Ciascuno di noi ha delle qualità. Voi, per esempio.”
“A cosa vi riferite?”
“Giocate d'azzardo e a quanto pare vi diverte molto. Spesso barate, si nota dalle piccole grafie delle carte che avete scritte sulla mano. Probabilmente spesso riuscite anche a vincere, altrimenti non sareste qui, ma morto suicida in casa vostra, suppongo. Credo vi faccia male la schiena, immagino siate costretto ad ambienti poco consoni alla vostra altezza. Frequentate Lo Scricciolo? Il locale poco lontano da qui? Oh, ha un soffitto così basso. Alle volte, guardandomi, mi dico che è così semplice non essere alti, dico bene?”
Rise come se conoscesse i moschettieri da sempre e continuò esaminando D'Artagnan.

“Siete moschettiere da poco, vedo.”
D'Artagnan annuì.

“Il vostro giglio sulla spalla è integro. Nessuna bruciatura, nessuna usura, nessun taglio. Mi congratulo con voi per la nomina.”
“Molte grazie, madame.”

“Vi prego, sono soltanto una ragazza. Siete tutti invitati a chiamarmi col nome che porto. Che, di per sé, in realtà non è neppure un vero nome. Il mio chissà dov'è andato perduto.”
“Perchè?” avanzò incuriosito Aramis.

“Bè..” cominciò la ragazza, ora visibilmente imbarazzata, quando Tréville la fermò di scatto.

“E' una lunga storia, Elly potrà raccontarvela senza alcun problema durante il viaggio che vi apprestate ad intraprendere.”
“Capitano, siete legittimato a farmi arrestare e impiccare per ciò che sto per dire ma tutto questo è assolutamente oltraggioso”, sibilò Athos rabbioso. “Non siamo degli sprovveduti inesperti, signore. Sono esterrefatto dalle abilità di costei, ma non vedo come potrebbe mai esserci di aiuto in una situazione estremamente pericolosa come quella che ci prepariamo ad affrontare.”
Tréville era sul punto di rispondere quando Porthos e Aramis lo precedettero all'unisono.

“Athos, è sveglia e intelligente. Non diamo tutto per scontato.” Disse deciso il primo.

“Lo penso anch'io” gli fece eco il secondo, “mettiamola alla prova.”
Gli occhi azzurri di Athos fulminarono entrambi. Non riusciva a spiegarsi perchè all'improvviso dovesse essere lui quello sbagliato, lui quello in torto. Quella situazione aveva dell'assurdo. Quattro moschettieri del Re affiancati da una fanciulla così giovane che forse non era ancora neanche in età da marito. La rabbia e l'indignazione gli bollirono violente in corpo.

“Signore, noi partiremo da soli. Sono affranto dal dovermi imporre, ma non vedo altra via d'uscita per salvare la vita alla nostra Regina.”
Incrociò per la prima volta lo sguardo della misteriosa ragazza. I suoi occhi lo incantarono e lo negò a se stesso fino a doverlo quasi dire a voce. Rimase fermo a fissarla non per studiarla, ma perchè non riusciva a toglierle lo sguardo di dosso. Era rimasto incatenato a quegli occhi che non volevano lasciarlo andare e che, forse, in quel momento, stavano pensando ogni male di lui. Un brivido gli percorse la schiena prima di distogliere lo sguardo e insistere.

“Questa ragazza non ha forza fisica, è piccola, esile e non ha abilità in combattimento. Non mostra freddezza, il che è sintomatico di poca capacità pratica.”
“Magari sono soltanto socievole, monsieur” lo interruppe dolcemente ma con decisione la ragazza. D'Artagnan accennò una risatina e così anche Porthos. Athos rilanciò immediatamente.

“Non intendevo offendervi, Elly” replicò il moschettiere rispettosamente, “ma ognuno ha il suo posto nel mondo e, in tutta sincerità, non credo che quello dei moschettieri sia il vostro.”
“Vi sorprenderà sapere che non voglio affatto diventare un moschettiere”. La voce di Elly cominciava a farsi ruvida.

“Bene, quindi perchè vi trovate qui?”
“Il capitano Tréville mi ha ingaggiata soltanto perchè conosco molto bene la foresta. Potrei aiutarvi a localizzare i mercenari in un tempo più ristretto, così da non dover spendere troppi giorni lontano da Parigi.”

“Preferisco fare da me, credetemi.”

“Non crediate che io sia entusiasta di tutto questo.”
“A me sembra quasi il contrario, in realtà.”
“Vi sembra male. State giudicando dalle apparenze e non è ciò che mi aspettavo da voi.”
“Cosa vi aspettavate, esattamente? Ci siamo forse già incontrati?”
“Ho sentito molto parlare di voi, Athos. Il moschettiere duro come la roccia, infallibile soldato e uomo devoto al Re fino alla morte. Mi avevano detto che foste di buon cuore, ma finora ho potuto notare soltanto freddezza e scortesia, da parte vostra.”

Athos tacque imbarazzato e lei proseguì.

“Ho provato più volte a declinare l'offerta del capitano Tréville, fino a che la sua offerta non si è tramutata in un ordine. Non ho bisogno di moschettieri per dimostrare il mio valore, Athos. Spero che tutte le donne che passino sotto i vostri occhi non vengano giudicate come adesso state facendo gratuitamente con me.”

“Non partirete con noi.”
“Non è a me che dovete dirlo. Io sarei ben contenta di rimanere in città.”

“Bene, rimaneteci. E' per il vostro bene. Non sapete lottare, e per quanto possiate esser astuta e conoscere la foresta, non sareste in grado di sopravvivere.”

Elly si zittì per un momento e quando Athos le voltò le spalle, fece un gesto che continuò a stupire i moschettieri. Mentre sguainava una spada lucente e appuntita, Tréville se ne stava in un angolo ad osservare.

“La forza fisica non è tutto, Athos. Fatevi avanti. Misuriamoci con un metro di giudizio imparziale.”

Athos rimase colpito da come la ragazza così piccola ed esile che aveva davanti maneggiava quella pesante spada. La faceva volteggiare come fosse un fuscello di salice, con una grazia tale che quasi sembrava di vedere l'albero stesso cedere con pazienza ai colpi del vento.

“Non sono solito combattere contro le donne.”

“Questa è una sfida, non un invito. Coraggio. Giusto per ingannare un po' il tempo e magari conoscerci di più.”

Athos diede un'occhiata ai suoi compagni, ormai completamente conquistati dalla ragazza.

“Vai”, lo incitò Porthos, “con calma, ma vai.” Aramis e D'Artagnan annuirono. Athos li detestò per essere cascati come dei polli in quella assurda pagliacciata. Bastava una bella ragazza con gli occhi grandi per farli capitolare. Pensò che la missione stesse fallendo in partenza. No, non avrebbe lasciato che accadesse. Avrebbe tenuto banco nel duello che aveva proposto la ragazza e avrebbe dimostrato coi fatti che Tréville fosse momentaneamente impazzito. Poi sarebbero partiti e si sarebbero lasciati alle spalle questo ridicolo episodio.

“D'accordo, madame”, sussurrò guardandola con quella spada più imponente di lei. Per un attimo la sua determinazione lo confuse, ma riprese il controllo in un istante. Non avrebbe lasciato che i suoi sentimenti prendessero piede in quel modo sul duello.

Sfoderò la spada e andò incontro alla ragazza. Due colpi semplici, lei resistette. Non avanzò alcun altro colpo, lei lo fece, attaccando. Athos respinse con maestria e il clangore delle spade si confuse nell'aria. Buona resistenza, pensò, ma non basterebbe neanche a un uomo.

La ragazza aumentò la velocità dei suoi colpi. Athos fece una finta a destra e poi scattò velocemente a sinistra colpendo la spada di Elly. Lei resistette a fatica. Athos pensò che si stava indebolendo. Una ragazza così giovane non avrebbe mai potuto resistere a troppi colpi di un moschettiere allenato e in forze.

La giovane sorrise e gli parlò mentre si giravano attorno come due leoni.

“Athos come il monte greco inaccessibile alle donne. Il vostro nome, se non altro, è quello adeguato.”

Athos non rispose e attaccò senza infierire. Una frazione di secondo gli fu sufficiente a realizzare l'errore che aveva fatto sottovalutando la ragazza: in pochi attimi Elly sferrò un colpo dopo l'altro con una potenza ingestibile e una velocità mai vista prima, un colpo, poi due, poi il terzo, senza neanche l'ombra di una goccia di sudore sulla fronte.

“Mio.. Dio..” commentò Aramis esterrefatto. Cercò lo sguardo del capitano Tréville che gli rivolse un'occhiata rapida per tornare al combattimento.

“Non ho mai visto una donna combattere.. Così.” avanzò D'Artagnan.

“Io non ho neanche mai visto una donna combattere. Nè Athos in difficoltà” aggiunse Porthos concentrato sulle mosse della giovane.

Athos continuò a tenere testa a Elly per qualche minuto, ma lei sembrò instancabile. Strategie da duello che lui conosceva bene, le stava vedendo in mano a una donna. La velocità e la forza della spada di Elly contro la sua aumentavano ancora e si decise a fare sul serio. Le inferse un colpo forte, ma lei lo parò con prontezza di riflessi. Si scansò eterea come un fantasma e colpì ancora con decisione. Dopo qualche esitazione, inaspettatamente, come se non avesse dovuto finire così, Elly disarmò Athos facendo cadere la sua spada a terra. Il giovane moschettiere si ritrovò con una lama lucente puntata sul petto e due occhi alla base di essa che volevano ancora torturarlo senza pietà. Subì il fascino di quella donna così minuta che aveva appena il fiatone e contemporaneamente provò per lei un odio concentrato in tutte le sue ossa.

Gli occhi della ragazza si addolcirono immediatamente. Athos, nel silenzio che lo circondava, rimase stordito dal cambiamento, sembrava di aver avuto a che fare con due donne diverse. Quella che adesso sorrideva, aveva gli occhi tondi e amichevoli, così diversi da quelli stretti e induriti dalla concentrazione di qualche minuto prima.

Mise giù la spada e gli parlò.

“Siete davvero il migliore, Athos. Le voci avevano ragione. Potrei imparare molto, da voi.”

Athos non la degnò di uno sguardo, fece l'accenno di un inchino svogliato e le voltò le spalle. Porthos, Aramis e D'Artagnan esplosero in un sincero e stupito applauso.

“Potrebbe esserci sul serio d'aiuto, se conosce anche così bene la foresta come dice il capitano” riflettè D'Artagnan con i suoi compagni.

“Già”, confermò Aramis a bassa voce, “è in gamba. Anche se temo che Athos non ne sarà felice.”

La ragazza era rimasta in fondo al campo mentre Athos camminava verso i suoi compagni. Sembrava essere offesa per la scortesia del moschettiere, ma si decise a lasciar perdere.

Aveva imparato a maneggiare la spada giocando coi suoi amici maschi del rifugio per gli orfani. Non ricordava neanche quanto tempo fosse passato, ma le era piaciuto sin dall'inizio. Era diventata così brava che i ragazzini non vollero più giocare con lei, temendo di venire sconfitti da una donna. Aveva continuato ad allenarsi da sola, migliorando sempre di più. Non aveva ancora smesso di perfezionarsi.

Si avvicinò timidamente al gruppo, dove incontrò i sorrisi partecipi degli altri tre moschettieri e del capitano Tréville.

“Sei maledettamente brava”, commentò Porthos, accorgendosi di essere passato all'informalità senza curarsene. Elly ne fu estasiata e lasciò correre, poiché la formalità la metteva in imbarazzo.

“Niente di eclatante. Athos era soltanto distratto, immagino” disse. Ma Athos non si voltò neppure e si rimise addosso la giacca di pelle senza pensarci due volte. Si girò dopo qualche istante e il suo viso era furente. Fu allora che Elly notò una cicatrice sul suo labbro superiore, quasi impercettibile perchè nascosta dalla barba. Provò uno strano tremore incontrando il suo sguardo e non potè non restarne rapita.

“Sei convinto della mia scelta, adesso, Athos?” domandò dispettoso Tréville, le mani dietro la schiena a mo' di lezione.

“Potrò anche esserne convinto, ma non condivido affatto, capitano.”

Tréville annuì.

“E comunque, ero soltanto distratto. Non ho mai attaccato una donna né mai lo farò, signore.”

Rivolse un ultimo sguardo a una Elly imbarazzata e intimorita, a dispetto della sicurezza dimostrata.

“Non sarete d'accordo, spero” chiese ai suoi compagni.

I moschettieri sospirarono.
“Più spade abbiamo e meglio sarà”, sentenziò Aramis, “non tutto il male viene per nuocere, Athos. Vedrai che..”

“Andate al diavolo, ragazzi.” concluse Athos furente.

Uscì dal portico senza voltarsi. Qualche secondo più tardi, Elly riponeva la sua spada nel fodero.

“Dove hai imparato?” le chiese curioso D'Artagnan.

Lei spalancò gli occhi.

“Oh bè..in orfanotrofio.”
“Oh, perdonami, sono un idiota, non avrei dovuto..”
“Nessun problema. Ognuno ha le proprie radici, D'Artagnan.”

La ragazza continuò a sorridere dolcemente a tutti e tre.

“Ascolta, non preoccuparti per Athos. Gli passerà, vedrai.”

“Già. Mi spiace averlo offeso, ma odio quando mi si giudica solo perchè sono una ragazza. Lo trovo.. poco moderno.”

“Quindi adesso sei dei nostri?” domandò Porthos.

Lei scosse le spalle.

“Pare di sì.”

Tréville sorrise a Porthos, Aramis e D'Artagnan e salì le scale che portavano alla sua stanza.

“Si parte domattina. Riposate e radunate le forze, soldati!”

I moschettieri annuirono.

Si parte domattina.


 

 

 

 

   
 
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