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Autore: InsurgentMusketeer    16/01/2015    6 recensioni
- “Non intendevo offendervi”, replicò il moschettiere rispettosamente, “ma ognuno ha il suo posto nel mondo e, in tutta sincerità, non credo che quello dei moschettieri sia il vostro.”
- "Vi è mai successa una cosa come questa? Rifiutare il distacco da una persona cara, rifiutarlo al punto da non renderle neanche una visita. Ma lei sarebbe stata d'accordo. E' qui che preferisco ritrovarla.”
- “Con chi credi di parlare, brutto idiota?!” esplose la ragazza spingendolo indietro con tutta la sua forza. L'uomo dondolò all'indietro e cadde a terra come un sasso, lasciando al suo posto un rumore sordo e cupo.
Una ragazza, quattro moschettieri, una Parigi stretta nella morsa di mille segreti e strategie. Tra gli inganni orditi dal Cardinale Richelieu e il Conte di Rochefort, questa volta, i valorosi soldati di Tréville non saranno soli: il capitano ha ingaggiato per loro un aiuto molto, molto speciale.
Genere: Avventura, Azione, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Le Guardie Rosse del Cardinale Richelieu non erano solite affrontare lunghe esercitazioni ed allenamenti sfinenti. Il Cardinale, tempo addietro, aveva sostenuto che loro non erano fatti della stessa pasta dei rozzi ed umili moschettieri del capitano Tréville: il loro compito non era il teatro di strada, ma l'ordine della città ed il bene della Francia tutta.
E il Cardinale sapeva fin troppo bene dove cominciasse il bene della Francia e terminasse quello di tutti gli altri.
Affacciato alla finestra della sua stanza, osservò con mestizia la povertà e la miseria della gente poco al di sotto della reggia. Mio Signore, creatore del cielo e della terra, pensò, chiama a te questi figli sventurati che nulla di buono possono apportare alla mia tanto cara Francia. Il Re dovrebbe essere solo entusiasta del mio patriottismo e della mia devozione così pulita, così totale, riflettè passandosi le dita sui ruvidi baffi imbiancati dall'età.
Farei di tutto per questa Nazione. Di tutto. Del resto, del Cardinale Richelieu si parla solo in termini di ammirazione. E timore, s'intende. Senza timore non si conquista nulla. Come diceva quel poeta latino? Oderint dum metuam. Ma certamente: mi odino, purchè mi temano.
Quei sudici moschettieri imbastarditi dai loro trascorsi ignoranti e violenti non avrebbero mai compreso il profondo senso di tutto ciò. Il bene della Francia e il suo buon nome erano nelle sue mani.
La Regina Anna riposava tranquilla nelle sue stanze.
Si chiese, con non poca malizia, che aspetto avesse una sovrana addormentata per sempre.
Sorrise all'ombra della finestra ormai richiusa e le sue occhiaie violacee esultarono al pensiero di gesta epiche che tutta la Francia avrebbe per sempre ricordato.
Pregò con disprezzo che il Signore provvedesse agli sfortunati poveri della Francia con tutta la sua misericordia e tornò al silenzio della sua scrivania, perdendosi ad osservare grani di polvere librarsi e danzando nell'aria.




***








“Porthos! Porthos! Buon Dio, dove accidenti si è cacciato?”
“Scommetto dieci libbre che sta provvedendo al rum da portare nella foresta.”
“Rum? Nella foresta?”
“La permanenza si prospetta lunga. Hai mai visto Porthos convivere contemporaneamente con una lunga permanenza e l'assenza di rum?”
Aramis stava per rispondere alla serafica domanda di D'Artagnan quando Porthos spuntò da sotto il portico della guarnigione allegro come non mai e con in braccio alcuni barili.
“Avevate bisogno di me?” domandò propositivo. I barili che portava erano quattro.
D'Artagnan fece il gran sorriso del “te l'avevo detto” ad Aramis.
“Porthos, cos'è quello?” chiese Aramis in un sospiro.
Porthos lo guardò come se la risposta fosse scontata.
“E' rum.”
“...”
“Forse preferivi del vino?” Disse risentito.
“Lascia perdere.”
“Perchè se preferisci del vino, io..”
“Il rum andrà benissimo, Porthos.”
Rasserenato, Porthos sistemò con cura i barili sul carro assicurandosi che non cadessero. Diede loro un bacio e tornò a sellare i cavalli.
Athos arrivò con il solito anticipo e la faccia di uno che aveva dormito poco e niente. Caricò qualcosa di ingombrante sul carro e agganciò un sacco al lato sinistro del suo cavallo.
“Abbiamo preso tutto?” chiese marmoreo.
“Non ancora!”
La voce squillante e allegra di Elly proruppe nella guarnigione. Sotto il portico il suo sorriso allegro spiccava su tutto il resto. Portava su entrambe le spalle due grossi sacchi che producevano un rumore metallico. Aramis sorrise pensando che quella ragazza era piena di risorse e fu sicuro che i suoi compagni stessero pensando lo stesso.
“Ehi!” esclamò Porthos sorridendo, “ti sei portata dietro tutta la casa?”
Elly scaraventò i sacchi sul carro e sospirò.
“Giusto qualche regalino per voi. Ma ce ne serviremo nella foresta, quindi è il caso di non aprirli, adesso.”
Athos si insospettì: “Cosa c'è lì dentro?”
Elly roteò gli occhi seccata.
“Niente che ti uccida, Athos. Al massimo, ci rimetterà qualcun altro.”
Si arrese e aprì i sacchi. I moschettieri diedero un'occhiata incuriositi e non poterono trattenere un verso di stupore. Nei sacchi Elly aveva raccolto otto pistole, sei pugnali e perfino un arco provvisto di frecce.
“Diamine!” esclamò D'Artagnan, “dove..dove hai trovato tutta questa roba?”
“Roba ottima, peraltro”, aggiunse Aramis impugnando una pistola, “guarda un po' qui. Perfette.”
Elly alzò le spalle:
“Ho buoni amici alla Corte dei Miracoli. Qui ci sono i proiettili”, disse sollevando un grosso sacchetto pieno di bossoli. Lo lanciò ad Athos.
“Tienilo tu. Così non penserai che voglia usarli per farti saltare le cervella.”
Athos la fissò e di nuovo non riuscì a resistere a quel viso così dannato e angelico allo stesso tempo, che adesso osava anche sorridergli. Era una strana sensazione, pensò, strana quanto orribile, trovare attraente come poche una ragazza, ma allo stesso tempo esserle ostile. Forse aveva ragione lei: era inaccessibile alle donne, come il monte di cui portava il nome senza troppo orgoglio.
Una punta di dolore gli si conficcò nel cuore senza preavviso, quando sovrappose inconsciamente e senza colpa il volto di Milady deWinter a quello di Elly: erano così diverse. Entrambe spregiudicate, sapevano ciò che volevano ed erano intenzionate a prenderselo, a qualunque costo. Eppure, Elly sembrava semplice. Sua moglie, o quello che in realtà ne era rimasto, era intrisa di crudeltà e meschinità sino alla punta delle dita. Gli sembrava di scorgere in quegli occhi verdi come i prati in primavera tutta la furbizia crudele che una donna potesse mai contenere in un gradevole corpo e in un armonioso profumo. Il disprezzo che provava per lei non riusciva mai a cancellare un intero castello di domande che non aveva potuto fare a meno di porsi, sin dal primo giorno in cui si erano separati.
Inganno era la parola che l'avrebbe descritta meglio al mondo.
Non amore, non per sempre, ma inganno.
La voce grossa di Porthos lo riportò alla realtà e la fitta al cuore si ridusse all'improvviso, come la pioggia d'estate:
“In sella, si parte!”
Uscirono da Parigi senza dare nell'occhio. D'Artagnan si accorse che Elly teneva il cappello ben calato sul viso. Con una punta di malinconia maschile, pensò che fosse un peccato privarsi di quegli occhi gentili per quasi tutto tutto il tragitto.
Quando giunsero all'entrata della foresta, Elly scese rapidamente dal cavallo e, senza che i moschettieri ne capissero il perchè, cominciò ad annusare l'aria.
“Cosa cerchi?” le chiese Aramis.
“La sorgente. Dovremo riempire le borracce e rimanere in zona. La foresta è grande e i mercenari avranno bisogno di acqua. C'è una sola, piccola cascata in tutto il bosco. Non potranno fare a meno di passarci. Seguitemi.”
Si addentrò nella foresta con gran disinvoltura. I suoi occhi schizzavano guardinghi ora a destra, ora a sinistra. Seguì sentieri ai moschettieri sconosciuti come se fosse stata lì appena il giorno prima. Mentre i cavalli trottavano spezzando il silenzio della foresta, la curiosità di Porthos sgusciò fuori con insolita insolenza.
“Come mai conosci così bene la foresta?” le chiese, affiancandosi al suo cavallo bianco.
Lei sorrise e si tolse il cappello.
“Ci ho vissuto.”
“Ci hai cosa?”
Annuì.
“A quattordici anni scappai dall'orfanotrofio con Heléne, la mia migliore amica. Il trattamento che ci veniva riservato non era esattamente dei migliori: eravamo le più piccole e circondate da maschi che, col passare degli anni, come è normale per qualsiasi uomo che cresce, mutavano l'approccio nei nostri confronti in modo rapido e.. E spaventoso.”
Porthos capì, tacque e lei continuò.
“Per farla breve, vagammo per giorni alla ricerca di un posto dove stare. Ci trasferimmo qui e costruimmo una piccola capanna con quel che avevamo sottratto all'orfanotrofio. Con il tempo riuscimmo ad orientarci bene qui dentro, al punto che riuscivamo ad entrare ed uscire dalla città anche più volte in un giorno senza difficoltà. Qualche tempo dopo, e per un paio di anni, trovammo rifugio alla Corte dei Miracoli. E' lì che ho conosciuto persone davvero straordinarie, piene di risorse, dalle quali ho imparato moltissimo.”
Porthos le sorrise:
“Vengo anch'io dalla Corte dei Miracoli, sai.”
La bocca della ragazza si spalancò in una O tondissima di stupore.
“Dici sul serio?!”
“Già. Magari ci siamo incrociati qualche volta, e non l'abbiamo mai saputo.”
“Già, probabile. Ho saputo che eri lì, quando Charon è morto.”
Porthos si morse il labbro inferiore e da qualche parte nel suo possente corpo, sentì come riaprirsi una cicatrice che ricominciò a sanguinare ma di cui, come al solito, non si preoccupò.
Elly l'aveva nominato con un candore e un'indifferenza tale che non seppe come spiegarlo a se stesso.
“So che era tuo amico”, aggiunse lei, “mi dispiace se ho detto quella frase con leggerezza.”
Porthos scosse la testa comprensivo:
“Sta' tranquilla. Charon ha pagato per ciò che ha fatto. Un moschettiere può pensarla solo in questo modo.”
“Bè, non sono un moschettiere, ma sono d'accordo con te.”
Dopo qualche minuto di silenzio, Aramis cominciò a fischiettare alla ricerca di uccelli da impallinare. Si tormentava le orecchie per il fastidio e stava con lo sguardo fisso in alto e la pistola a portata di mano.
“I proiettili ci servono”, lo informò Athos. “non sprecarne inutilmente per gli uccelli.”
“Petulanti. Petulanti e invadenti, ecco cosa sono.”
“Loro cantano come tu parli. Magari per loro sei irritante allo stesso modo.”
Aramis fece un sorriso beffardo:
“Ma io ho una pistola.”
Mentre Athos si decideva a lasciar perdere, D'Artagnan si accostava a Elly nella cavalcata.
“Quanto manca per la cascata?”
“Ancora un po'. Se volete riposare, possiamo fermarci.”
“No, va tutto bene.”
“Perfetto.”
“Credi che incontreremo i mercenari prima di raggiungere la cascata?”
“Ne dubito. Se si sono incamminati da poco come ha detto Tréville, sempre che i suoi informatori siano precisi, ci metteranno almeno mezza giornata da laggiù, ad arrivare alla cascata.”
D'Artagnan annuì e da quel momento parlarono molto poco.
Elly continuava a far strada nel bosco senza spendere troppe parole. Athos cercava di non perderla di vista, ma preferì comunque rimanere in coda al gruppo, per coprire loro le spalle in qualunque evenienza. La osservava guardingo per imparare ogni suo movimento, scoprendo però che nessuno di quelli che aveva visto fino a quel momento era uguale a quelli successivi. Concluse arrendevolmente che, se non altro, non era una compagnia noiosa.
Elly guardò con attenzione D'Artagnan che era ancora al suo fianco e il ragazzo provò un lieve imbarazzo.
“C'è.. qualche problema?” le chiese.
“No, ma spegni la candela quando vai a dormire. Finirai per bruciacchiarti tutta la fronte.”
Istintivamente il moschettiere si portò la mano sulle sopracciglia e lei rise. Alla fine, rise anche lui.
“Sei in affitto dal signor Bonacieux, non è vero?”
“Già.”
“Non è esattamente il massimo degli albergatori, immagino.”
“Lo conosci?”
“Purtroppo sì. L'ultima volta che ho avuto a che fare con lui è stato qualche mese fa, mi servivano alcune stoffe da portare in orfanotrofio. La stagione era fredda e le suore dovevano provvedere a cucire altre coperte per i bambini.”
“Non dirmi che non te le vendette.”
“Al contrario, fu molto cortese al momento dell'acquisto. Qualche giorno più tardi, invece, venne a urlarmi in faccia che un “mostriciattolo pulcioso” dell'orfanotrofio gli aveva rubato altre stoffe, accusandomi di averlo istruito per andare a rubare in casa sua.”
D'Artagnan alzò gli occhi al cielo. Bonacieux riesce a non smentirsi neanche con gli sconosciuti.
“Non ci posso credere. E tu cos'hai fatto?”
“Gli ho detto che non avevo idea di cosa stesse parlando, e che se avesse continuato ad accusarmi ingiustamente, gli avrei fatto ingoiare tutti i denti spaccandogli il calcio della pistola in bocca. Per fortuna, poi, intervenne quell'angelo di sua moglie, Constance.”
A D'Artagnan si fermò il cuore. Si immaginò il sorriso di Constance e il pensiero della sua voce riempì l'aria della foresta. Sorrise alla sua compagna di viaggio e lei proseguì.
“Gli disse che era stata lei a prendere le altre stoffe e a portarle all'orfanotrofio. Voleva fare un regalo agli orfani.”
Constance.
Constance.
Constance.
“E' una donna meravigliosa. L'unico modo con cui riuscii a ringraziarla fu un abbraccio, ma spero di avere occasione in futuro, per ringraziarla meglio. Oh, non so proprio come faccia a respirare la stessa aria di quello lì.”
D'Artagnan fece un mezzo sorriso sardonico.
“Idiota”, dissero insieme.
Si guardarono increduli per un secondo e poi scoppiarono a ridere entrambi.
Un'ora e mezza più tardi avevano raggiunto il torrente con la cascata. Lo spettacolo era unico. Athos si fermò a guardarlo incantato: sembrava un angolo di paradiso. Lo scroscio dell'acqua era piacevole e armonico e la vegetazione verdissima. Le rocce attorno al torrente erano lisce come pietre preziose e da lontano riuscì a scorgere una volpe che si allontanò rapidissima dopo averli notati.
Elly scese dal cavallo e si tolse gli stivali felice come una bambina.
“Bentornata a caaaaasa, Elly!” urlò gettandosi con i piedi nel fiume.
I moschettieri la osservarono giocare con l'acqua, bere a più non posso e andare a zonzo attorno alla cascata e ne rimasero contagiati.
“Sembra una ragazza così entusiasta”, osservò Aramis togliendosi il cappello. “Ah, le donne! Sempre pienie di sorprese!”
“Sapete, ho come l'impressione che abbia sofferto molto”, disse mesto Porthos, “voglio dire, è un'orfana. So come si sente.”
“Qui sembra felice”, notò Athos senza smettere di guardarla, “magari ha solo messo da parte il dolore. Alcuni ci riescono.”
D'Artagnan e gli altri annuirono e cominciarono a montare le tende. Qualche ora più tardi, era scesa la sera.
I grilli e il fuoco che scoppiettava furono una compagnia deliziosa accompagnata dagli ottimi pesci che Aramis aveva pescato e cucinato poco prima.
“Dove hai imparato a pescare a mani nude?” gli aveva chiesto Elly. Lui aveva risposto che aveva fatto pratica con suo padre per anni, che accanto alla distilleria di famiglia c'era un torrente e suo padre si divertiva un mondo ad insegnarli a pescare.
“E' una gran bella serata”, osservò Porthos con un sorriso, “scommetto che il cielo è pieno di stelle, peccato si vedano poco. Gli alberi sono molto fitti.”
“Dietro la cascata c'è un punto in cui alcuni alberi sono più distanti tra loro”, rispose Elly incrociando le gambe davanti al fuoco, “le stelle si vedono meglio. Heléne ed io ci andavamo spesso.”
“Già, la tua amica. Dove si trova, adesso?”
Elly fece un sorriso malinconico e Athos avrebbe potuto giurare che i suoi occhi si fossero improvvisamente spenti. Sentì come se un vuoto avesse riempito tutta la foresta in un solo momento e gli sembrò che anche i grilli cantassero meno forte.
“E' morta lo scorso anno.”
I moschettieri si guardarono tra loro e vi fu qualche istante di silenzio
“Mi dispiace tanto. Non ne avevo idea.” mormorò Porthos gettando altri legnetti nel fuoco.
“Non preoccuparti. Non ho mai neanche saputo esattamente come fosse successo.”
“Come mai?”, avanzò timidamente D'Artagnan.
Lei alzò le spalle e prese a tormentarsi le dita sottili e delicate, rispondendo:
“Non ero a Parigi, in quei giorni. Mi assentai per una settimana. Avevamo preso in affitto due stanze in centro e finalmente sembrava andare tutto per il meglio. Le dissi di aspettarmi, perchè al mio ritorno saremmo tornate qui per una passeggiata. Quando tornai a Parigi non la trovai in casa. La cercai dappertutto, chiesi a chiunque lì nel vicinato, ma nessuno seppe dirmi dove fosse. Alcuni pensavano che fosse chiusa in casa da giorni, altri dicevano di averla vista uscire come tutte le mattine e di non averla più vista tornare. Qualche giorno più tardi, un ragazzo dell'orfanotrofio venne a trovarmi e mi disse che avevano trovato il suo corpo nella Senna. In molti ipotizzarono un suicidio, ma io non ci ho mai creduto. Magari un incidente, quello era probabile e lei non aveva nemici, ma un suicidio, quello mai. Era una ragazza troppo felice, troppo intelligente per morire in quel modo ingrato.”
“C'è chi sostiene la nobiltà del suicidio. Alcuni la considerano una morte..onorevole”, spezzò Aramis.
“Già. Molti poeti hanno inneggiato al suicidio come atto coraggioso: privarsi volutamente della propria vita. Ma io non la vedo così. Per me è codardia. Rinunciare non è coraggio, è anche fin troppo semplice. Affrontare qualcosa, battersi; quello sì che è coraggio.”
Si interruppe per un attimo, poi continuò.
“Il mio amico aveva provveduto al riconoscimento. Poi l'avevano seppellita nel giardino dietro l'orfanotrofio. Da quel giorno, non sono mai andata a portarle dei fiori. Vi è mai successa una cosa come questa? Rifiutare il distacco da una persona cara, rifiutarlo al punto da non renderle neanche una visita. Ma lei sarebbe stata d'accordo. E' qui che preferisco ritrovarla.”
Il crepitìo del fuoco riempì il doloroso silenzio che si era costruito attorno a Elly e i moschettieri. Lei riuscì a nascondere una lacrima fingendo di indicare una costellazione ai suoi compagni di viaggio. Quando tutti alzarono gli occhi al cielo per vedere, soltanto Athos restò con lo sguardo fisso su di lei, che si passò furtivamente il dorso della mano sugli occhi inumiditi. Vide brillare la lacrima sulla sua mano pallida alla luce rossa del fuoco, poi più nulla.
“Spesso la gente mi conosce e crede che io sia sola al mondo e che non abbia niente da perdere. In realtà, bè, non è che sia proprio totalmente sola.”
“Che intendi?” chiese Athos dopo un lungo silenzio.
Lei si sorprese che fosse stato lui a chiederglielo. Gli porse un sorriso che sperò che lui non avrebbe notato nella penombra. Arrossì leggermente e Athos finse di non averlo notato.
“Prima di finire in orfanotrofio, una famiglia mi aveva adottata. Ero appena nata e qualcuno, probabilmente mia madre, che non poteva crescermi, mi lasciò davanti una casa. Ricordo molto poco di quel periodo: rimasi lì fino a tre anni. Ricordo tanti sorrisi sbiaditi e un amore così grande da poter essere toccato. Poi scoppiò una guerriglia in quella zona, e nella confusione della fuga, la mia famiglia adottiva si sparpagliò e io mi persi. Mi ritrovò quello stesso giorno una suora, sorella Renée, che mi portò con sé in orfanotrofio.”
“E non hai mai provato a cercare la famiglia che ti aveva adottata?” le chiese Porthos. Da dietro di lui spuntò una lucertola di un verde brillante che sparì rapida nell'erba l'attimo dopo.
“Ci ho provato, ma sorella Renée non seppe dirmi molto.”
“Una guerriglia”, riflettè D'Artagnan, “forse si perdettero e non tornarono più lì.”
“L'ho pensato anch'io. E qualche anno dopo, invece, seppi che i miei genitori adottivi erano morti, ma che i due miei, mh..”fratelli”, invece, erano ancora entrambi vivi. Da allora li sto cercando per Parigi, anche se è come cercare un ago in un pagliaio, lo ammetto. Certe volte mi chiedo se loro abbiano mai provato a cercare me. Bè, non abbiamo lo stesso sangue, ma sarebbe, uhm..carino.”
“Quando tutto questo sarà finito, potremmo aiutarti a trovarli”, propose D'Artagnan.
Elly scoppiò a ridere.
“Oh, sarebbe fantastico. Ma credo di partire per la Spagna, tra qualche giorno. Proverò a trovare lì la mia strada.”
D'Artagnan annuì e lei, con un gesto improvviso gli battè un'amichevole pacca sulla spalla che gli infuse uno strano calore.
“Ma grazie, sul serio.”
“Allora, hai detto che non ti piace combattere”, osservò Aramis, “quindi, cos'è che vuoi fare?”
Gli occhi di Elly si illuminarono di nuovo.
“Studiare.”
Aramis le sorrise.
“Studiare?”
“Sì.”
“Non ho conosciuto molte donne che volessero studiare.”
“Oh, se solo sapessero quanto sia bello.”
“Ti piace molto?”
“Tantissimo. Quando ero in orfanotrofio, soltanto i maschi ricevevano libri. Quindi diventai una di loro: è per questo che porto i capelli così corti. Per entrare e uscire dalle biblioteche! Ovviamente non danno in prestito i libri alle donne. Ho un'indole molto curiosa, ma ho sempre dovuto prestare attenzione a non venire scoperta. Ho imparato così tante cose: botanica, astronomia, filosofia, anatomia umana, letteratura. Spesso rimanevo così entusiasta di un racconto, che lo rubavo e lo portavo con me in camera in orfanotrofio.”
Fece una pausa.
“..E poi, dopo qualche mese, lo riportavo al suo posto.” scoppiò a ridere e scosse la testa: “non sono mai riuscita a rubare un solo libro!”
I moschettieri risero all'unisono con lei. La notte, all'improvviso, sembrò farsi più fredda.
“Vado in Spagna per studiare. La contessa De Larroque mi ha conosciuta durante uno dei miei, ehm..tentati furti in biblioteca e da lì mi ha sempre spinta a studiare. So che è stata costretta ad espatriare, mi si è spezzato il cuore quando l'ho saputo. Ma soltanto con lei posso sperare di continuare ad imparare tutto ciò che voglio, e non vi rinuncerò. Potrei diventare medico, magari.”
“Potresti tornarci utile, in tal caso”, ridacchiò Porthos.
“Mi ricorderò della guarnigione, allora!”
Il fuoco perse lucentezza e calore dopo qualche ora. Athos si alzò e imbracciò la pistola, circondato da cicale che non smettevano di cantare.
“Sarà meglio che cominciamo i turni di guardia”, disse.
“Posso cominciare io, se siete stanchi”, si propose Elly.
“No, è meglio che riposi. Conosci meglio di noi la foresta e se dovessimo avere un'emergenza, è meglio che tu sia in forze.”
“Oh. D'accordo.”
Athos e Aramis cominciarono la guardia e D'Artagnan e Porthos si preoccuparono di caricare quante più pistole possibili. Elly fissò il soffitto della tenda e giocò ad indovinare le ombre prodotte dal fuoco. Senza nemmeno accorgersene, si addormentò con il sorriso.








***






Credette di stare sognando, ma il rumore fu troppo improvviso per poterci sperare. Le penetrò con violenza nelle orecchie e le scoppiò nel cuore che cominciò a battere all'impazzata. Come un soldato addestrato da anni, si alzò di scatto e corse fuori imbracciando una pistola.
I moschettieri erano in piedi e facevano guizzare gli occhi ovunque.
“Cos'è stato?” chiese.
“Non ne ho idea”, rispose Aramis.
Elly riflettè.
“Non credo che si tratti dei mercenari. Non sparerebbero mai a vuoto senza motivo.”
“Cacciatori?” domandò Porthos.
“Probabile. Ma non diamolo troppo per scontato. Aspettatemi qui.”
Mise su il cappello e corse via come una freccia nella direzione opposta. I moschettieri la guardarono finchè non sparì dal loro campo visivo.
“Ho paura che le succeda qualcosa. Qualcuno avrebbe dovuto andare con lei”, disse D'Artagnan.
“Non le succederà niente”, rispose Athos tranquillo, “conosce questo posto come le sue tasche.”
“Carina, eh?” ammiccò sorridente Aramis.
Tutti e tre lo fissarono severi.
“Cos'ho detto?”
“Quello che dici sempre prima di cominciare quello che cominci sempre con qualsiasi donna.”
“E io che credevo di condividere i miei pensieri con i miei fratelli!”
“Oh, che cuore grande, mi commuovi”, ribattè laconico Athos.
Aramis cercò di ribattere, ma Elly era già di ritorno. Aveva gli occhi spaventati e col fiatone disse loro:
“Sono qui.”
Athos, Porthos, Aramis e D'Artagnan agganciarono le pistole alle fodere sui fianchi e avanzarono verso Elly. Fu Athos a spezzare il silenzio.
“Non è il caso di procedere con i cavalli. Dove sono?” chiese a Elly.
“Qui sotto c'è un secondo livello della foresta, quello più vicino al confine opposto. Lo sparo che abbiamo sentito era il loro. Hanno ucciso un compagno.”
“Non ne rimarrà vivo neanche uno”, ringhiò Porthos liberando il grilletto della pistola, “troviamo un modo per stroncarli tutti insieme.”
“Ne abbiamo uno soltanto”, disse Elly. Si avvicinò a un albero e vi si arrampicò su velocemente.
D'Artagnan fischiò per lo stupore.
“Forza, salite ciascuno su un albero. Da qui c'è una visuale perfetta e in questa stagione le chiome degli alberi sono molto fitte. Non ci vedranno, ma dobbiamo fare in fretta.”
I moschettieri non se lo fecero ripetere. Dalla cima degli alberi, il gruppo di mercenari appariva ben compatto: erano vestiti con abiti scuri e lunghi, parlavano ad alta voce fra loro in una lingua che nessuno dei cinque riusciva a comprendere. Il loro compagno morto era steso poco lontano dal gruppo, avevano intenzione di disfarsene. Portavano sulla testa degli strani copricapi che nascondevano anche la loro bocca e disponevano di una grande quantità di armi. Questo tolse ogni dubbio circa il loro fine.
Quando tutti furono pronti, Elly li guardò e fece un sorriso a trentadue denti:
“A te l'onore, Aramis!”
Aramis si lisciò i baffi con teatralità e baciò la pistola. Puntò su uno dei mercenari che aveva di fronte e sparò centrandolo in pieno. Nei secondi che seguirono, si mossero tutti come formiche coinvolte nella distruzione del loro formicaio. Spararono a caso urlando nella loro lingua e Porthos cominciò a seguire Aramis, atterrandone altri due.
“Mi piace, questo tiro a segno!” ghignò entusiasta.
Elly, Athos e D'Artagnan presero la mira e spararono finchè tra le urla e la confusione non furono tutti stesi. Scesero dagli alberi e tirarono un sospiro di sollievo.
“Andiamo a dare un'occhiata giù”, propose D'Artagnan, “se siamo fortunati, troveremo una prova della colpevolezza di Richelieu.”
Scesero scivolando lungo il terriccio morbido ricoperto di erbe e tirarono su un gran cumulo di polvere. Porthos ne era completamente coperto.
I cadaveri erano ancora più misteriosi da vicino. Dietro il collo di ciascuno di loro c'era un tatuaggio identificativo dei criminali, rappresentante una piccola mano tesa. Niente di speciale, pensarono, ma continuarono a non capirne la provenienza. Frugarono nei loro abiti, osservarono le loro armi. Elly cercava rapidamente nella giacca di un uomo enorme che sembrava essere il doppio della sua stazza. Incontrò un foglio di carta e lo prese. Era un pezzo di carta ripiegato in quattro al cui interno era disegnata la pianta della reggia.
“Ehi, ragazzi”, disse correndo verso i moschettieri, “date un'occhiata qua.”
Athos osservò il foglio con attenzione e in basso sulla sinistra notò lo stesso simbolo tatuato sul collo dei mercenari.
“Non sarà sufficiente a incriminare il Cardinale, ma la pianta della reggia deve avergliela fornita qualche francese, di certo. Se torniamo in città, forse riusciremo anche a capire chi è stato.”
Stavano facendo ritorno all'accampamento quando a Elly scoppiò il cuore in gola. Una figura scura prendeva la mira su Athos dalle rocce della cascata.
Con le mani che tremavano imbracciò arco e frecce.
“Athos, STA' GIU'!!
Con una sincronia quasi melodica, Athos si chinò, il colpo partì e la freccia incrociò la sua stessa direzione. Andò a piantarsi dritto nel petto dell'assassino che gemette e cadde all'indietro urlando a pieni polmoni.
I moschettieri rimasero in silenzio per qualche istante. Athos si rialzò e guardò Elly con tutta la pienezza che uno sguardo potesse contenere.
“Grazie. Mi hai salvato la vita.”
Elly rimase zitta per qualche secondo, incredula e con gli occhi spalancati. L'arco sembrava enorme nelle sue mani minuscole e rapide.
“Oh. Di.. di niente.” riuscì soltanto a dire. Athos le diede un'ultima occhiata, poi la precedette per arrivare all'accampamento.
“Bè, sembrava molto più difficile di così”, riflettè Porthos raccogliendo le tende e le bottiglie vuote di rum.
“Non lo è stato perchè li abbiamo preceduti”, rispose D'Artagnan.
“Già”, fece loro eco Athos, “se fossero riusciti a raggiungere la città, li avremmo persi di certo. Tréville aveva ragione: sarebbero entrati senza alcun problema a corte, il loro equipaggiamento sarebbe stato sufficiente per un esercito.”
“Avremmo potuto lasciarne uno libero”, osservò Porthos, “così, giusto per portarlo a corte e magari saperne qualcosa in..”
La frase gli morì in gola. Quando i suoi compagni si voltarono, lo videro con sgomento nella morsa di un altro di quei mercenari che adesso gli serrava le braccia. Aveva un pugnale in mano e Porthos grugnì per la rabbia. Non riuscendo ad opporsi alla forza di Porthos, il mercenario lo ferì al braccio col pugnale e il moschettiere gridò di dolore.
Porthos!” urlò D'Artagnan. Ma non fecero in tempo a sguainare le spade che Porthos si liberò dalla stretta rompendo il braccio all'uomo che urlò isterico dal dolore. Il moschettiere si girò rapidamente, lo tenne fermo per le spalle e gli piantò un pugno dritto in faccia talmente forte che Elly potè quasi sentirne il dolore su di sé.
Porthos si chinò su di lui e gli scoprì il volto seminascosto dalla maschera:
“Questo era di sicuro il più brutto di tutti. Portiamoci lui, a corte.”
“Ti capitano tutte a fagiolo, fortunello”, sbottò altezzoso Aramis.
Porthos sghignazzò pomposo e lanciò con poco garbo il malcapitato sulla schiena del cavallo, dopo avergli legato mani e piedi.
Strinse gli occhi per il dolore al braccio ed Elly gli si avvicinò togliendogli la giacca fino al gomito. Da vicino, Porthos era ancora più alto e imponente di quanto sembrasse da lontano.
“Sta' fermo qui”, gli disse. Tirò fuori da una tasca una boccetta di vetro con dentro un liquido giallastro, poi corse verso la sponda del torrente e raccolse un fiore giallo e vistoso. Si strappò un lembo della sottile camicia che portava sotto la giacca e, mescolando l'acqua, i petali del fiore e il contenuto della boccetta, applicò il risultato sulla ferita di Porthos che sussultò per il bruciore.
“Fa un po' male, lo so.”
“Che cos'è?”
“Iperico. Ho letto che viene usato per le ferite e le ustioni. Dovrebbe cicatrizzarsi a breve.”
“Oh, fantastico. Bè.. Grazie.”
“Di nulla. Ne porto sempre una boccetta con me. Non faccio il moschettiere, ma sottraendo libri un po' qui e un po' là, corro sempre il rischio che qualcuno voglia uccidermi.”
Strinse il bendaggio meglio che potè e lo aiutò a rivestirsi.
Aramis, Athos e D'Artagnan la guardarono in silenzio. Athos pensò che quella ragazza fosse una continua sorpresa. Aveva detto che sarebbe partita per la Spagna da lì a qualche giorno. Una fitta gli colpì il fianco al pensiero, ma la soffocò immediatamente, facendola morire lì dov'era nata, prima che lui se ne potesse vergognare.
“Ve lo avevo detto, che era carina”, sussurrò saccente Aramis.
“Pensate che ce ne siano altri?” chiese Elly guardandosi attorno mentre battevano la strada del ritorno.
“Ne dubito”, rispose Athos, “probabilmente quei due erano stati mandati a fare un sopralluogo qui attorno.”
“Si saranno accorti del nostro accampamento e ci avranno aspettati lì.”
“Esatto. Non avrebbero rischiato di rimanere coinvolti anche loro nella sparatoria. Forse speravano di prenderci di sorpresa.”
“A me le sorprese non piacciono”, borbottò Porthos, “tranne se si tratta di denaro. Quella sì che è una bella sorpresa.”
Arrivarono alla guarnigione che era quasi sera. Le candele lungo le strade di Parigi sembravano sospese in aria come fiammelle mai spente e mai zittite, le voci schiamazzanti riempirono le orecchie e le anime dei moschettieri e strapparono loro un sincero sorriso di nostalgia: il caos della città, il mescolarsi di odori, sapori e risate diverse era la loro dimensione. Si sentirono al sicuro, felici. Scaldati dall'aria di casa.
Tréville li aspettava in piedi oltre il portico, con un gran sorriso di soddisfazione.
“Vi aspettavo più tardi.”
“Siamo stati fortunati, capitano”, disse allegramente Elly saltando giù dal cavallo, “più che essere stati noi a trovare loro, si può dire che siano stati loro a trovare noi.”
“Mi compiaccio, soldati. Spero che Elly vi sia stata d'aiuto come avevo prospettato.”
La ragazza arrossì leggermente e si calò il cappello sul viso per non farlo notare. La voce che rispose non era quella che si aspettava di sentire.
“Molto, capitano”, rispose Athos. “Le porgo le mie scuse per quanto è accaduto ieri. La diffidenza che mantengo per svolgere il mio compito nel modo migliore mi ha portato a provarla anche nei suoi confronti. Mi sbagliavo.”
“Confermo”, si accodò solennemente Aramis, “da adesso in poi non sarà soltanto l'angelico ritratto della donna ad aver posto nel nostro cuore, ma anche il suo aspetto più valoroso e coraggioso.”
Porthos e D'Artagnan annuirono compiaciuti e la giovane accennò a un sorriso. Non seppe bene cosa provare. Si era ormai affezionata a quei soldati così valorosi e pronti a tutto, eppure era già tempo di salutarli. Avrebbe potuto imparare molto, da loro. Ma il rimpianto non faceva per lei, che già così tanto aveva perso nella vita. Ingoiò un groppo di argentea emozione e si affiancò ai quattro moschettieri.
“Ecco il bottino di guerra”, annunciò Porthos scaricando dal cavallo l'ostaggio ancora addormentato.
“Non sappiamo da dove provengano”, aggiunse Athos, “ma nella tasca di uno di loro abbiamo trovato questa.”
Mostrò il foglio al capitano che annuì e trasse la stessa conclusione dei moschettieri: “qualcuno ha tradito.”
“Sarà difficile stabilire se sia stato il cardinale a tradire”, disse Elly, “ma forse, appena questo qui aprirà gli occhi, riusciremo estorcergli qualcosa.”
Athos osservava per intero il corpo del mercenario alla ricerca di qualcosa che tradisse il cardinale. I discorsi dei suoi compagni si fecero sempre più lontani e ovattati alle sue orecchie mentre frugava in ogni angolo del suo vestiario. Nella tasca interna del giaccone incontrò un piccolo oggetto di forma rotonda che attirò la sua attenzione.
Quando lo tirò fuori, un piccolo ciondolo con un lungo fiore violaceo gli bloccò il cuore di colpo.
Tutto ritornò in un solo, malevolo istante.
Strinse il ciondolo con rabbia nella mano e con il cuore altrove e la voce in corpo, sentenziò:
“Abbiamo un problema.”
   
 
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