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Autore: Lost In Donbass    13/01/2015    1 recensioni
Londra, 1888. Midford High School, istituto maschile per nobili rampolli.
Viole MacMillan è uno strano ragazzo; pittore senza pari e genio sconclusionato, malinconico ma deciso, curioso ma riservato, oscuro e dannato.
Edgar Cole è bello come il sole; intelligente e aggraziato come pochi, poeta e sognatore, idealista e innamorato del bello e del perfetto, popolare e avventuroso.
Queste due diverse personalità si fonderanno l'una con l'altra, si incendieranno a vicenda, si amalgameranno nonostante le diversità seguendo il tenebroso e sanguinario filo del destino. Filo che li conduce in un mondo maledetto, nascosto nel giardino interno della scuola. I due ragazzi si lasceranno trascinare in un mistero più grande di loro, dove demoni e dei della morte, streghe e corvi parlanti si dilettano in un banchetto senza fine, in cui gli umani non sono altro che pedine e biscotti da sgranocchiare nell'attesa.
Viole e Edgar intraprenderanno il viaggio nel baratro dell'orrore più nero, cercando di uscirne vivi e tagliare il filo sanguinolento del destino.
Ora loro sono gli scacchi, e la scuola la scacchiera.
Genere: Avventura, Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Se la regina Vittoria avesse saputo dei misteri che albergavano alla Midford High School, ci avrebbe pensato due volte prima di considerarla “Scuola migliore dell’anno”. Se solo avesse avuto la più pallida idea di quello che succedeva dentro quel severo istituto fuori Londra, non si sarebbe arrischiata ad iscriverci uno dei suoi tanti nipoti. Ma cosa succedeva di tanto inquietante in quella vecchissima e prestigiosissima scuola maschile, dove venivano iscritti tutti i rampolli dell’Inghilterra, e dove le tradizioni erano d’obbligo?
Beh, siamo qui riuniti attorno al fuoco per scoprirlo, per addentrarci nei misteri che nascondeva la Midford High School. È ora di tacere e ascoltare, è l’ora di rivelare tutto quanto. Silenzio, ragazzi, che la storia abbia inizio
 
Midford High School, Aprile del 1888. Venticello fresco, i fiori cominciano a sbocciare.
Viole MacMillan era uno dei ragazzi più dotati e ricchi di tutto l’istituto. La sua famiglia poteva vantare il supremo rispetto della regina Vittoria, in quanto la sua casata si era sempre distinta per essere stata di grande aiuto alla regina nei momenti più fragili, per aver sventato vari attentati alla Corona e, si diceva in giro, per aver sempre protetto la nazione da misteriosi “attacchi malefici”. Su quel punto, nessuno aveva mai precisato niente, ma nei salotti si parlava spesso di una famiglia capace di interagire con le forze del Male. Però quelle erano solo storie.
Comunque fosse la verità, Viole, terzogenito e ultimo maschio della stirpe dei MacMillan, era un ragazzo particolare. E non solo perché portava i capelli lunghi e scompigliati e usava truccarsi il viso dai tratti androgini. Oh, fosse stato solo quello a determinare la particolarità del giovane! A scuola era considerato quasi un demonio; ammirato e temuto dai più, era uno dei preferiti dall’austero rettore. Ciò non faceva che aumentare la paura mista a ammirazione degli studenti più giovani e l’odio di quelli della sua età. Dotato di un’intelligenza fuori dal comune, riusciva in ogni disciplina con il massimo dei voti, se ovviamente escludiamo lo sport, settore in cui Viole preferiva astenersi. I suoi ritratti e i suoi disegni parevano dotati di vita propria, e non raramente le amiche della madre lo pregavano di ritrarle per conservare per sempre la loro giovinezza in un cassetto.
Viole era solito starsene per conto suo, a disegnare, a pensare. a cosa pensasse, nessuno lo sapeva. Si sapeva che aveva un cuore di pietra, freddo come lo può essere il ghiaccio nelle gelate invernali. Era risaputo che non andava d’accordo con nessuno, ma che non era combattivo. O, perlomeno, nessuno lo aveva mai visto partecipare ai battibecchi che usualmente si accendevano tra gli allievi.
Insomma, c’era chi concorreva per farselo amico e chi cercava in tutti i modi di sabotarlo e di rendergli impossibile la vita scolastica. In entrambi i casi, il fallimento era assicurato.
Viole, dal canto suo, non desiderava legami di alcun tipo con nessuno. Gli andava bene così, nella sua solitudine colorata dai disegni.
Se nell’Istituto vi erano personaggi ambigui e misteriosi come MacMillan, non potevano mancare individui che erano il suo esatto contrario. Fra questi, il più esimio e il più osannato era Edgar Cole, figlio del cugino di terzo grado della regina, e in assoluto il più ricco fra tutti gli allievi. Mai si era visto ragazzo più bello, orgoglioso e arrogante in tutta la scuola. Non era simpatico, ma quando parlava tutti pendevano dalle sue labbra sottili. Non era generoso, ma quando la sua voce vellutata ordinava qualcosa, erano in molti, soprattutto fra i più giovani, ad obbedirgli senza battere ciglio. Se la sua intelligenza, grazia, e beltà erano l’esempio per tutti i ragazzi della Midford, non lo erano per la persona verso la quale Edgar provava più attrazione : ovvero, come avrete già inteso, Viole MacMillan.
Questo Edgar non se lo era mai saputo spiegare, ma sin da quando era entrato in quella scuola, a 13 anni e aveva visto quel suo strano coetaneo, aveva sempre desiderato conoscerlo a fondo, scavare in quella psiche contorta ma non vi era mai riuscito. Lo stuzzicava sempre, certo. Gli parlava spesso e volentieri. Lo tormentava da anni, oramai. Ma niente sembrava scalfire la scorza dura e insensibile di Viole. Il che era strano, per Edgar, abituato a sottomettere chiunque con il suo fascino carismatico.
Come ogni giorno da cinque anni, oramai, Viole era raggomitolato sul divano del dormitorio. La scuola era suddivisa in quattro dormitori. Uno a ovest, uno a nord, uno a sud e uno a est. Solitamente a est ci stavano i novellini, a sud quelli del secondo e terzo anno, a nord quelli del quarto anno e a ovest quelli del quinto anno. A prima vista poteva sembrare una disposizione casuale, ma nulla alla Midford era casuale. Se i novellini erano a est, vi era un perché; infatti a est sorge il sole, “sorgono i nuovi allievi”. A sud quelli di mezzo, come a nord, zone di transizione come gli studenti dal secondo al quarto anno. A ovest, quelli che dovevano uscire, verso il sole morente. Una poetica rappresentazione delle fasi solari.
Viole quindi abitava nel dormitorio ovest, e passava gran parte delle sue serate o chino sui libri, o a disegnare sul divano blu oceano della Sala Comune della Zona Ovest. Quel giorno, aveva optato per la raffigurazione dei giovani studenti che passeggiavano ridendo per il cortile. Vederli dall’alto era particolarmente divertente, anche se si sentiva un po’ come una di quelle vecchiette curiose che spiano la gente dalle finestre dei loro salotti. Viole trovava spassoso osservare le abitudini delle nuove matricole della scuola. Si ricordava quando la matricola era lui, e ogni volta giungeva alla solita conclusione “questi nuovi arrivati sono particolarmente idioti. Io alla loro età era molto più astuto”. Ma non bisogna considerare Viole MacMillan una persona boriosa e egocentrica. Semplicemente, era realista.
-Viole, caro, quanto tempo!
La mano ben curata che si appoggiò sulla spalla del pittore e la voce suadente non potevano che annunciare l’arrivo di Edgar Cole. E con lui, una bella quantità di seccature per Viole.
-Ci siamo visti stamane alla lezione di latino, Cole.
La risatina frivola e frizzante si ripercosse nella Sala Comune, per l’occasione vuota. Edgar scostò il cappuccio del mantello di tweed scuro che copriva la testa del giovane MacMillan, costringendolo a voltare il viso. Viole squadrò il sorriso brillante del compagno d’istituto. Trovava irrimediabilmente stupido l’atto del “sorriso perenne”. Cosa c’era da sorridere?! Cosa poteva mai ispirare la gente al sorriso?
-Hai la luna storta?- il buonumore di Edgar era sicuramente contagioso. Ma non attecchiva su Viole, neanche a dirlo. Anzi, non faceva che innervosirlo ancora di più di quanto già non fosse per conto suo. E poi quegli occhi azzurri … tanto azzurri da parere zaffiri puri e splendenti, così volubili e celestialmente blu. E i capelli biondi come il sole estivo, lunghi, raccolti morbidamente in una coda, i ciuffi sul viso come raggi di un sole esuberante. La pelle color porcellana, paragonabile alle porcellane cinesi. Sicuramente, per quanto Viole si ostinasse a considerare Edgar una mosca fastidiosa e stupida, consisteva nella sua fonte di ispirazione. Se avessero perquisito i quaderni del pittore, avrebbero trovato centinaia e centinai di ritratti di Edgar Cole in ogni posizione e con qualsiasi luce. Era indubbiamente un perfetto modello per Viole, che amava la bellezza ideale da poter ritrarre alla ricerca della perfezione. Peccato che il modello per quegli anni della sua adolescenza avesse dovuto essere Edgar, l’odiato, intrigante personaggio che amava stuzzicarlo da una vita.
Edgar, dal suo punto di vista, trovava Viole un personaggio affascinante. La sua intelligenza lo rendeva uno splendore per il biondo marchese, abituato alla noiosa ignoranza e stupidità degli allievi che frequentava. E poi, quest’aria dannata e misteriosa, quest’aura di inquietante fascino attirava Edgar come un’ape è attratta dai fiori. I capelli corvini che gli ricadevano sul volto pallido (Edgar amava i visi pallidi, che parevano baciati dalla luna), così lunghi e fluenti … e gli occhi verdi, verdi come il muschio che ricopriva le pareti della loro magione in campagna (ogni qualvolta faceva visita nella casa di campagna con la sua famiglia si soffermava a paragonare gli occhi del compagno di scuola al muschio). Il trucco pesante che ricopriva i tratti androgini del ragazzo faceva da sempre sorridere il giovane Cole. A modo suo trovava irrimediabilmente tenero Viole, ma si guardava bene dal farglielo presente. Non era sicuro della reazione …
- Cos’hai, Viole? C’è qualcosa che non va?- a dirla tutta, Edgar sapeva di essere stressante, ma non conosceva altro modo per attirare l’attenzione del pittore.
-Hai notato che tonalità ha assunto il cielo in queste ultime sere?- Viole si scostò e rindossò il cappuccio tossicchiando.
-Posso dirti che pare decisamente il sipario di un teatro … rosso come la tela che cela la scena, leggere tonalità del giallo e del blu, delicate inflessioni violacee e indaco coronate dall’arancione del sole che tramonta come fossero i lembi dei vestiti dei protagonisti che si scoprono man mano che il sipario si alza.
Edgar era rinomato per la sua vena poetica, ed era per questo che Viole chiedeva spesso dei suoi pareri sulle cose. Aveva un modo di descriverle che evocava sentimenti talmente profondi nel pittore che a volte lo privava del sonno per una notte o due, troppo impegnato a riprodurre su carta le parole del marchese.
Annuì distrattamente, cercando la luce ideale da utilizzare per il suo acquerello e non poté fare a meno di notare di come gli ultimi raggi rosso sangue del sole tingessero di un colore inimmaginabile i capelli di Edgar. Fu quasi tentato di chiedergli di posare per lui, ma si trattenne. Che figura ci avrebbe fatto a chiedergli una cosa simile? Avrebbe semplicemente tentato di fotografare con gli occhi il colore e avrebbe provato a riprodurlo dopo cena. Anche se era sicuro che se avesse avuto il modello sarebbe stato decisamente meglio.
-Dai, Viole, ci conosciamo da tanti anni oramai! Un ritrattino potresti anche farmelo, che dici? Magari ora, con questa luce paradisiaca …
Viole rimase per un secondo spiazzato. Cosa alquanto strana per lui, che non rimaneva sconvolto davanti a nulla. Però avere il modello perfetto che ti chiedeva addirittura di fargli un ritratto … sarebbe stato da idioti lasciarsi sfuggire un’occasione simile, un dipinto che già si prospettava meraviglioso. Nonostante si trattasse di Cole, decise di obbedire e di fare il ritratto.
Silenziosamente andò a recuperare gli acquerelli e una tela di piccole dimensioni e si sedette sul bracciolo del divano intento a sciogliere i colori.
-Lo sai che è vietato usare acqua nella Sala Grande, vero?- disse Edgar, sciogliendosi la coda e rassettandosi la divisa.
Viole mugolò qualcosa di poco gentile in risposta e passò a dedicarsi al suo modello. Doveva trovare la posizione ideale …
-Siediti sul davanzale, lascia una gamba penzolare e l’altra stringila al petto. Volta lo sguardo verso l’esterno e non sorridere.
Ordinò perentoriamente Viole. Quando dipingeva voleva il massimo silenzio, la massima attenzione e assolutamente nessuno che sorridesse. Com’era fastidiosa la gente che sorrideva!
Edgar obbedì e si posizionò come era stato richiesto. Eppure era una posizione scomoda … sospirò, ma d’altronde se voleva avere un suo ritratto da mettersi sopra al letto e da rimirare poteva rivolgersi solo ed esclusivamente a MacMillan. Edgar era molto egocentrico, e decisamente vanitoso. Provava una gioia unica a essere circondato di specchi e suoi piccoli ritratti nei quali potersi rispecchiare, visto che a scuola era vietato avere specchietti personali. Niente specchi, riparava con i disegni di Viole. Quest’ultimo si mise celermente all’opera. La luce, doveva coglierla a tutti i costi. La luce, i riflessi dorati, le ombre che si allungavano sinuose sul pavimento di legno scuro, lo sfondo della finestra gotica di ferro in contrasto con la pelle candida di Edgar. Perfetto, assolutamente un dipinto perfetto … la mano scivolava flessuosa sulla tela, gli acquerelli si scioglievano languidamente assecondando i movimenti leggeri ed effimeri del pennello.
Più Viole osservava il suo nascente dipinto, più si compiaceva. E badate bene, non era di sicuro un tipo presuntuoso. Semplicemente, la cosa che più lo emozionava, a volte a tal punto da commuoverlo, era l’arte in ogni sua forma ed espressione. L’arte e i suoi significati nascosti, l’arte che dai primordi fino ad allora era il mezzo di espressione più diretto ed essenziale, l’arte che pulsava di vita dal primo momento di esistenza del pianeta Terra. A pensare a certe cose, la mano di Viole ebbe un singulto. Un tremito impercettibile ma riscontrabile sulla tela, dove un occhio attento avrebbe potuto notare un leggero e quasi invisibile, ma pur sempre presente, tratto più spesso e grezzo rispetto agli altri.
-Pensi di doverci stare ancora tanto? Avrei un certo languorino e come ben sai, la cena te la servono solamente a partire da ora. Voglio andare a mangiare- mugolò Edgar, tentando di non muovere i muscoli del collo e della mascella.
-Un ritratto ha bisogno del suo tempo- ribatté acido Viole, indispettito dal tratto scoordinato e impegnato a recuperare l’errore compiuto.
-Mi si stanno intorpidendo le membra … - si lamentò il marchese, sperando che gli fosse concesso almeno di poter muovere il collo dolorante. Insomma, a casa sua i pittori facevano esattamente quello che voleva e se si scocciava di posare lo facevano riposare. Perché Viole no? Perché il conte MacMillan era così complicato?
Siccome non gli arrivò risposta, decise di smuovere un po’ il collo e distendere i muscoli formicolanti. Neanche il tempo di voltare la testa, che un paio di mani gelide gli afferrarono il collo e glielo rimisero violentemente nella posizione originaria, strappandogli un gemito di dolore.
-Ahio, Viole, che modi per un conte!
-Immobile ha un solo significato, Cole. Cioè, non muoverti. Un poeta come te dovrebbe avere una buona padronanza della lingua, no? Sai che vuol dire immobile. Perciò, non azzardarti a cambiare posizione.
Viole non sopportava quando il modello si prendeva delle libertà non consentite. Stessa cosa facevano le amiche di sua madre quando faceva loro dei ritratti. Solo che lui non poteva sgridare le dame, era disdicevole. Anche se le avrebbe strigliate volentieri a dovere.
Edgar sbuffò sonoramente. Trovava molto poco carino il modo di comportarsi del suo compagno d’istituto. Era poco educato.
-Senti Viole, apprezzo il fatto che tu mi stia facendo un dipinto senza aver chiesto nulla in cambio però … magari ora non ti sembrerebbe ora di andare? Sarebbe ora di cena, e se i prefetti ci beccassero qui con colori, acqua e arrampicato sul davanzale non penso sarebbero molto contenti. E’ vietato oltretutto, e di punizioni ne farei volentieri a meno …
-Me l’hai chiesto tu- ribattè l’interessato, senza alzare lo sguardo.
-Lo so, infatti ti ho ringraziato, ma facevo solo presente che il rischio è alto in questo momento e sai bene quanto sia intransigente il nostro college per quanto riguarda la disciplina, l’osservazione delle regole e le tradizioni.
Edgar non voleva affatto essere colto in flagrante perché il suo “status scolastico” ne avrebbe nuociuto. A quanto pareva, a Viole non poteva importarne di meno. Ma tanto Viole era un ribelle, si era sempre saputo. Un ribelle silenzioso e oscuro, un rivoluzionario tutto speciale che non cercava mai di proteggersi quando lo beccavano e non si preoccupava minimamente delle punizioni. Un tipo strano il conte MacMillan …
-Beh, ho quasi finito, stai tranquillo ancora due minuti- fu la secca risposta. Viole capiva benissimo l’agitazione che in quel momento tartassava Edgar e da un lato se ne doleva perché comunque avere davanti uno che soffriva e che aveva paura non gli rendeva semplice ultimare il dipinto. E proprio per quello lo tratteneva. Doveva concluderlo ad ogni costo. Sarebbe potuta andare a fuoco la scuola ma lui non si sarebbe staccato da lì.
Persi in quegli esistenziali pensieri, i due si presero un colpo, quando, con un tonfo sordo, la porta della Sala Comune si spalancò di scatto e quattro prefetti dall’aria arrabbiata si stagliarono sull’uscio
-Cole e MacMillan si può sapere che state combinando?!
  
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