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Autore: HellWill    13/01/2015    0 recensioni
(Ho visto questa challenge (goo.gl/XBoRTK) e non potevo non farla.)
"«Io.. io non credevo che.. io.. non volevo…» balbettò la ragazza, senza sapere a cosa appellarsi, mentre la consapevolezza di tutte le vite innocenti che aveva mietuto quella notte si faceva strada nella sua anima. Ororo calpestò il terreno secco e freddo, crepitante sotto i suoi piedi scalzi, e si chinò su di lei con espressione fredda e furiosa al tempo stesso, gli occhi che le ardevano di rabbia.
«Tu non volevi, eppure lo hai voluto. Tu non credevi, eppure hai agito. Ed ora, eccone le conseguenze» mormorò, facendo un ampio gesto con le mani per mostrarle la cenere e i tronchi anneriti dal fumo e dalle fiamme; Zylia si sentì attanagliare dall’angoscia e chiuse gli occhi, scuotendo il capo. «Centinaia di animali, vittime innocenti e inconsapevoli, sono morte in poche ore questa notte. Scoiattoli, lepri, conigli, cervi, lupi, pantere, serpenti ed uccelli sono periti sotto o sopra le fiamme, divorati nelle più atroci sofferenze senza nemmeno sapere cosa stesse accadendo loro. Creature innocenti uccise dalla furia rabbiosa di un’adolescente arrabbiata con i nonni e gli zii» Ororo sputò quella sentenza con ironia e disprezzo (..)"
Genere: Drammatico, Sovrannaturale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie '365 DAYS WRITING CHALLENGE'
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13 gennaio 2015
Consequences

Nel momento in cui si fermò per riprendere fiato, appoggiandosi al tronco di un enorme albero, e si voltò indietro, vide la donna bianca avanzare verso di lei ed impallidì, muovendo un altro passo, un altro ancora, attraverso la foresta in fiamme; il calore non le aveva mai dato alcun problema, dopotutto era quello il suo potere: infondere calore nelle cose e nelle persone, spingerle al limite dell’autocombustione, far superare quel limite. Mentre tutto sfrigolava attorno a lei, tuttavia, non si sentiva appagata come avrebbe pensato: la morte marciava veloce sulle creature che abitavano il bosco, e a poco serviva l’intervento pacificatore di sua madre, che aveva invece la capacità di abbassare la temperatura di qualsiasi cosa e di far quindi estinguere le fiamme in pochi secondi.
I passi inesorabili della donna dietro di lei la tormentavano, gettandola in un’ansia e in uno sconforto terribili, e il fatto che fossero lenti e misurati, mentre quelli che muoveva lei erano scomposti e disorientati, non faceva che accrescere la sua angoscia.
«B-Basta!» ansimò, inciampando in una radice ridotta a brace pulsante e incespicando per qualche secondo, tentando di riprendere l’equilibrio: finì rovinosamente a terra e rotolò di lato, tossendo per il fumo. Sua madre le fu addosso in un istante: dedicò prima le sue energie a domare il fuoco, abbassando la temperatura del terreno e del legno, e quando i tronchi e le foglie furono cenere e carbone, dopo pochi secondi, si volse verso di lei: gli occhi verdi fiammeggiavano d’ira e il suo vestito nero rendeva la pelle e i capelli ancora più pallidi, soprattutto ora che le ricadevano scompostamente sul viso e non raccolti come la figlia li aveva sempre visti. La ragazza restò immobile, con il batticuore, a fissare la madre con occhi spalancati.
«M-Madre» mormorò, tentata di invocare clemenza, ma la donna fece un gesto stizzito e Zylia si portò una mano al petto, livida dal freddo.
«Taci! Guarda cosa hai fatto» le sibilò, e a Zylia salirono le lacrime agli occhi: in un attimo fu in piedi, animata da una furia cieca.
«Io volevo solo vendicarti! Volevo riprendere ciò che ci apparteneva di diritto!» urlò la ragazza, rabbiosa, mentre la temperatura del suolo cresceva, ma con un solo gesto della mano la madre la riportò alla normalità, isolandola in una coltre di gelo che a Zylia sembrava impossibile superare: cinquecento anni in più di lei valevano molto, per quanto riguardava il controllo delle proprie capacità.
«Ho rinunciato volontariamente, a ciò che era di mio diritto!» le disse la madre, fredda, e Zylia rimase immobile, sbigottita.
«Tu.. Tu cosa?».
Ororo socchiuse gli occhi e le puntò un dito contro; Zylia si sentì afferrare il petto in una morsa gelida, ma sapeva bene che sua madre non poteva uccidere un altro Sayn, non con il suo potere almeno.
«Sì, io ho rinunciato volontariamente al trono, perché ero la sesta in linea di successione e avevo ucciso un essere umano, una creatura vivente che non mi aveva fatto nulla di male se non spaventarmi nel momento meno opportuno, ho rinunciato volontariamente al trono perché non mi sentivo degna di tale onore ed onere, e me ne sono andata dove, non essendoci creature viventi a sangue caldo, non avrei potuto gelare nessuno. Grim, tuo padre, è venuto con me.. e abbiamo vissuto insieme per cento anni, prima di dare alla luce te. Ho rinunciato volontariamente al trono, e tu non mi hai mai voluto ascoltare quando volevo fermarti e stavo per dirtelo» la donna, fredda, guardò l’orrore crescere negli occhi verdi di sua figlia, gli stessi occhi di sua madre e sua nonna. «Ora capisci quanto sei stata stupida, avventata ed inutilmente crudele? Quanto tu abbia ordito piani ai danni della tua stessa famiglia per un fantasma inesistente?» ringhiò Ororo, e il terreno crepitò sotto i suoi piedi, spaccandosi per il gelo improvviso; chiuse gli occhi, si calmò e quando li riaprì la sua calma era glaciale. «Non ho nulla da dirti, se non che potevi pensarci molto bene, prima di coinvolgere i tuoi figli, i miei nipoti, nella tua sete di vendetta. Ti aspettavi che Soraya, vedendosi ignorata da sua madre, non andasse a cercare gli unici affetti che conosceva? Ti aspettavi che non dicesse nulla a Grim, e che Grim non dicesse nulla a me? Guardati intorno, Zylia. Cosa ti ha portato la tua sete di vendetta? Null’altro che distruzione».
«Io.. io non credevo che.. io.. non volevo…» balbettò la ragazza, senza sapere a cosa appellarsi, mentre la consapevolezza di tutte le vite innocenti che aveva mietuto quella notte si faceva strada nella sua anima. Ororo calpestò il terreno secco e freddo, crepitante sotto i suoi piedi scalzi, e si chinò su di lei con espressione fredda e furiosa al tempo stesso, gli occhi che le ardevano di rabbia.
«Tu non volevi, eppure lo hai voluto. Tu non credevi, eppure hai agito. Ed ora, eccone le conseguenze» mormorò, facendo un ampio gesto con le mani per mostrarle la cenere e i tronchi anneriti dal fumo e dalle fiamme; Zylia si sentì attanagliare dall’angoscia e chiuse gli occhi, scuotendo il capo. «Centinaia di animali, vittime innocenti e inconsapevoli, sono morte in poche ore questa notte. Scoiattoli, lepri, conigli, cervi, lupi, pantere, serpenti ed uccelli sono periti sotto o sopra le fiamme, divorati nelle più atroci sofferenze senza nemmeno sapere cosa stesse accadendo loro. Creature innocenti uccise dalla furia rabbiosa di un’adolescente arrabbiata con i nonni e gli zii» Ororo sputò quella sentenza con ironia e disprezzo, e Zylia spalancò gli occhi.
«No! Io non sono..» provò a dire, ma l’occhiata che Ororo le rivolse, così furiosa e glaciale da fermarla sul posto, le fece cambiare idea e alla rabbia subentrò il senso di colpa, che le fece abbassare lo sguardo.
«Tu hai un dono speciale, Zylia: puoi infondere il calore della vita in qualsiasi cosa. Potresti fare mille cose per il bene, e invece usi questo dono per distruggere… ma cosa ti porta, la distruzione?» mormorò Ororo, prendendo le mani della figlia e sollevandole il viso con le dita. «Cosa ti porta, l’uccidere? Null’altro che dolore. Null’altro che vuoto. E allora perché? Perché cercavi vendetta per qualcosa che non hai nemmeno conosciuto?».
«Io.. io volevo solamente che tu fossi fiera di me. Che potessi dire “mia figlia si è presa ciò che le spetta”» mormorò lei, sconfortata, rifuggendo lo sguardo della madre e sottraendosi al contatto fisico. E invece, Ororo la attrasse in un abbraccio, e Zylia singhiozzò.
«Non c’è mai stato un solo momento in cui io non sia stata fiera di te, quando eri con noi, figlia mia. Solo dopo ho dovuto ripensarci, ed ammettere che non mi stavi rendendo fiera di te, perseguendo questi scopi distruttivi… in nessun modo questo mi avrebbe resa fiera di te, e tu lo sapevi benissimo».
Zylia rimase immobile, mentre i singulti la scuotevano, ed annuì.
«Ora devi infondere la vita a tutte le piante che hai danneggiato, e dar loro la forza di riprendersi».
«Ma mamma» Zylia sollevò gli occhi, stupita. «gli alberi non hanno sangue caldo».
«Il calore è energia, e ci sono io a regolare la temperatura. Hai fatto una cosa irreparabile, hai tolto delle vite innocenti, stanotte; cercare di riparare non è una punizione, bensì una semplice conseguenza» le disse, grave, poggiando la mano sul tronco di un albero. Zylia prese un respiro tremante e guardò l’albero carbonizzato, sentendosi improvvisamente piccola in confronto alla maestosità di quel vegetale; con la mano che le fremeva, poggiò il palmo sulla corteccia e si concentrò: un pacato bagliore iniziò a trasferirsi da lei all’albero, mentre anche Ororo raffreddava il calore emanato dalla figlia e ne faceva una temperatura più mite, tropicale.
E lentamente, mano nella mano, si mossero fra alberi ed arbusti, ristabilendo la vita lì dove non ce n’era più.
   
 
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