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Autore: mattmary15    14/01/2015    2 recensioni
Aeris chiuse gli occhi celesti e allargò le braccia prendendo un respiro. Lo sentiva. Non era più sola. Tra lei e l’ombra, preannunciato da un poderoso battito d’ali, comparve Bashenian.
Lei aprì gli occhi e sorrise, sinceramente estasiata dalla bellezza della creatura. Bashenian era la bestia sacra di Strifen, il suo regno. Il mito narrava che fosse nato dalla preghiera di Serian, il canto che diede vita al creato. Il grifone atterrò nel suo nido e chinò il capo verso di lei affinché potesse ricevere una carezza. Aeris non si capacitava mai della maestosità di quell’enorme animale magico. Le sue piume erano morbide e dotate del potere di alleviare il dolore. I suoi occhi avevano lo stesso colore del cielo, più chiari nelle giornate assolate e ingrigiti in quelli di pioggia. Il corpo possente metà aquila e metà leone, era interamente piumato. Con due colpi di coda plaudì alle carezze di Aeris e si accoccolò nel nido.
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo VI
-La principessa imperiale-
 

Aeris sgattaiolò fuori dalla sua camera. Di notte le stelle che si potevano vedere dal nido erano meravigliose.
Per qualche motivo, da giorni, era nervosa. Di certo aveva a che fare con il viaggio che stavano preparando. Mancava ancora del tempo. Durante i sessantacinque giorni che intercorrevano tra il solstizio oscuro e il giorno della Prima Luce, non si intraprendevano peregrinazioni d’alcun genere. Erano i giorni più freddi dell’anno. Tutta la piana di Erbaverde gelava. I carri scivolavano lungo le strade sterrate e i cavalli si stancavano più in fretta. I contadini lasciavano i campi per radunarsi nelle poche grandi città come Lindon o Quercialta. Faceva buio molto presto e, con gli yomi in circolazione, la gente preferiva luoghi cinti da mura e ben illuminati.
Raggiunse il giardino pensile cercando di fare meno rumore possibile e prese la via per il nido.
Bashenian era là. Aprì per un istante gli occhi ma decise di non fare caso a lei e tornò a dormire. Aeris sollevò una delle grandi ali della bestia sacra e vi si accucciò sotto. Il calore che proveniva dall’animale la scaldò e lei puntò gli occhi al cielo.
Poteva riconoscere facilmente le costellazioni delle divinità nate da Serian e quelle raffiguranti le bestie sacre. Vide la fenice, la tigre e cercò il grifone. Le stelle erano splendide nelle notti d’inverno. Sembravano brillare più forte. Forse anche loro dovevano resistere al freddo. Cercando alcune di esse, finì per individuare la grande costellazione del drago. Era quella formata da più stelle. Guardò versò nord. Nonostante fosse buio, la sagoma della grande ombra si distingueva perfettamente. Le sembrò di vedere, poco più a sud, una luce, come se qualcuno avesse acceso un fuoco fra le montagne. Congiunse le mani e fece una preghiera a Serian. Chiunque fosse lassù con quel freddo, di certo ne aveva bisogno.
Si addormentò così, pregando. Sognò. Era vestita con un abito semplice e di un lieve viola. Anche nel sogno pregava. All’improvviso, il cielo intorno a lei si scuriva. La grande ombra assumeva forma di un guerriero nell’atto di impugnare una grande spada. Poi dal mantello dell’ombra vedeva fuoriuscire una sorta di grande lupo nero con un paio di occhi cobalto. Lei non riusciva a muoversi mentre il lupo avanzava e, di scatto, le saltava contro. Si svegliò di soprassalto. Bashenian aprì gli occhi e mosse l’ala per consentirle di alzarsi. Era l’alba.
Scese di corsa verso il giardino. Non poteva rischiare che qualcuna delle guardie troppo zelanti di Grifis la scoprisse a spasso per i corridoi del palazzo. Quando imboccò quello per la sua camera era troppo tardi. Due grifoni dorati venivano nella sua direzione. Non ebbe altra scelta che intrufolarsi nella stanza di Marine.
La fanciulla aprì gli occhi cercando di capire che ora fosse.
“Aeris che ci fai qui? E’ ancora presto?”
“Shh. Perdonami. Sì è presto. Gli uomini di tuo fratello sono già di ronda.”
“E tu non sei dove dovresti essere come tuo solito, giusto?” chiese Marine completamente sveglia e  divertita dal comportamento indisciplinato di Aeris.
“Dai vieni qui! Se ci scoprono, potrai sempre dire che non hai resistito alla tentazione di avermi!” disse lei battendo una mano sul posto vuoto nel letto.
Marine era cresciuta con Aeris. Erano come sorelle. Di fratelli ne aveva già uno ma Grifis non aveva mai amato giocare con lei. Le piaceva dire che Grifis fosse nato già adulto. In effetti, tutto ciò che suo fratello aveva fatto per lei era proteggerla con la lama della sua spada. Sapeva che le era legato. La colpa del suo atteggiamento tanto rigido era da attribuire alla morte prematura del loro padre. Era morto in battaglia facendo da scudo a Kalendis Strifen. In suo onore era stata eretta una statua nel centro della piazza dell’armeria. Grifis era convinto che, per essere all’altezza del genitore, avrebbe dovuto fare la stessa fine. Era cresciuto allenandosi al sacrificio, alla sopportazione del dolore, adeguandosi all’idea della morte. L’unica cosa bella che si era concesso era di amare in segreto Aeris. Agli occhi del mondo Aeris era un principe per cui, il suo, era un amore senza speranza. Così come senza speranza sarebbe stato qualunque amore Aeris avrebbe provato. Finanche avesse ricambiato Grifis. Quando aveva compreso quale triste destino attendesse le due persone che amava di più al mondo, aveva deciso di legare al loro anche il suo. Se Aeris doveva diventare imperatore, lei gli sarebbe rimasta accanto come sua regina.
Sorrise divertita e Aeris si fiondò sul letto con lei.
“Ora mi dici dove sei stata? No, aspetta, lascia che indovini. Al nido!”
“Esatto. Ero inquieta, avevo bisogno di Bashenian.”
“Ogni scusa è buona per rifugiarti lassù.” Disse osservandola un po’ meglio e notando le occhiaie ad appesantirle il viso. “Stai bene?” Aeris si guardò le mani poi parlò.
“Ho sognato. Credo. O forse ho avuto una visione.”
“Davvero? Un presagio per il nostro viaggio a Cattedra?”
“Non lo so. Ho visto una donna. Pregava.”
“Forse Lady Asaline?”
“Non credo. Era giovane e aveva lunghi capelli neri. Però il suo abito era viola.”
“Come quello delle sacerdotesse?” chiese di nuovo Marine.
“Credo di sì. Poi arrivava un guerriero fatto di ombra e c’era un lupo. Marine avessi visto che occhi aveva il lupo! Sembrava volermi leggere dentro!”
“Non mi sembra un sogno molto attinente alla nostra destinazione.” Fece lei dubbiosa “L’ombra ha a che fare con Zarandal, però niente draghi o fenici! Non sembra una visione che faccia pensare ad un pericolo imminente. Il lupo sembrava molto cattivo?”
Aeris si stupiva continuamente di come Marine arrivasse sempre e comunque al succo delle cose. In effetti, nella sua visione, solo il lupo la minacciava direttamente.
“Non saprei dire. Mi attaccava ma i suoi occhi sembravano tristi, come se fosse costretto a farlo.”
“Direi che dovresti parlarne con Albered. Lui potrebbe provare ad interpretare il sogno.”
“Preferirei di no. Se Grifis lo venisse a sapere, penserebbe di certo che sia una delle mie premonizioni e farebbe di tutto per annullare il viaggio!”
“Non ci avevo pensato. In effetti è così. Ve bene, per il momento ce lo terremo per noi. Devi farmi una promessa però. Se dovessi vedere qualcos’altro, me lo dirai e ne parleremo con Albered. Non voglio che ti accada qualcosa e sentirmi in colpa per non avere fatto nulla.” Aeris sorrise e si strinse all’amica.
Si alzarono entrambe solo un paio d’ore dopo. Il sole già splendeva in un cielo azzurro e terso. Ormai il tempo del solstizio oscuro stava terminando. Le giornate si facevano sempre più lunghe e calde. I soldati andavano incontro al turno di guardia alle mura con maggiore serenità.  Anche gli incidenti con gli yomi andavano diminuendo e i contadini passavano più tempo nelle campagne.
Prima della festa della Prima Luce ci sarebbe stato il grande Mercato di Strifen e la via dei pellegrini tra Lindon e la capitale si sarebbe riempita di commercianti.
Tutte le fanciulle di corte cominciavano a preparare, in questo periodo, lunghe liste di oggetti da comprare un po’ per allentare la noia del periodo del solstizio oscuro, un po’ per fare a gara a chi avrebbe sfoggiato l’abito più bello alla festa della Prima Luce.
Aeris si rattristava sempre un po’ al pensiero che non avrebbe mai preso parte a questi rituali. Lei avrebbe indossato l’alta uniforme come al solito. Tuttavia Marine la coinvolgeva nella scelta del proprio abito, dei nastri per i capelli e di un sacco di ninnoli. Non di rado passavano intere serate a decorare abiti che non avrebbero mai indossato.
Raggiunsero la sala da pranzo dove i nobili si inchinarono all’unisono appena la coppia fece il proprio ingresso.
Grifis andò loro incontro e scortò principe e principessa al tavolo per la colazione.
“Buongiorno fratello. Non sembri godere del buonumore generale che ha invaso il palazzo!” disse Marine osservando il piglio contrariato di Grifis.
“Sono di ottimo umore!” rispose lui piuttosto nervoso ma subito il suo viso si rilassò vedendo sorridere Aeris.
“Che é successo?” gli chiese la fanciulla in abiti maschili.
“Ho sorvegliato le mura stanotte. Sono solo stanco.”
“Sono sicuro che c’è qualcos’altro. E non sto leggendo i tuoi pensieri.”
Grifis si inginocchiò al lato destro di Aeris e sussurrò poche parole per non farsi udire dagli altri commensali.
“Ci sono i cavalcatori di unicorni a corte. Sono passati per la porta maestra stanotte. Li ha fatti passare Albered.”
“Se sono venuti per Albered, dov’è il problema?” chiese Aeris addentando una fetta di pane e marmellata.
“Sono fuorilegge. Non dovremmo ospitarli a corte.” Rispose il cavaliere.
“Albered sa quel che fa.”
Marine sorseggiava un te fumante e sorrise divertita dalla conversazione. Grifis si alzò e la guardò in malo modo.
“Cos’hai da ridere?” chiese senza allontanarsi da Aeris.
“Rido perché mi stupisce la tua ingenuità senza fine, fratello.”
Aeris capì che stava per cominciare l’ennesima lite tra i due Alteron e intervenne.
“Grifis perché non vai a chiamare Albered? Ho bisogno di conferire con lui.”
Il comandante dei grifoni dorati, la guardia personale dell’imperatore, si allontanò controvoglia. Aeris si rivolse alla compagna.
“Perché lo provochi? E’ preoccupato per la nostra incolumità!”
“I cavalcatori di unicorni sono fuorilegge? Certo, per ordine del viceré Valentine.”
“Lo dici col sarcasmo che usi quando non sei d’accordo su qualcosa.”
“Puoi ben dirlo, Aeris. Conosci la storia della guerra della Doreria contro la Faleria. Non trovi sbagliato che i Valentine abbiano usato la violenza per appropriarsi del controllo della via dei mercanti?”
“Sai come la penso, le guerre sono sempre ingiuste, anche quando cominciano per giustificabili motivi. Tuttavia non dimenticare che i cavalcatori di unicorni sono diventati fuorilegge per loro volontà. Ora che ne dici di finire la nostra colazione e di parlare con Albered per capire come mai sono qui?”
Marine annuì e il vocio degli altri commensali coprì il resto delle loro chiacchiere. Non smise però di pensare alle parole di suo fratello e al fatto che i raminghi di Torreterra fossero a corte. Marine li aveva sempre ammirati e, quando Grifis ritornò con l’intenzione di accompagnare Aeris da Albered, lei si defilò con una scusa e raggiunse la corte bassa da dove si accedeva alla zona militare. Riconobbe subito i cavalli dei raminghi. Erano bruni e molto più alti di quelli che cavalcavano i grifoni dorati di Strifen.
Una delle cavalcature sbuffò e strisciò uno zoccolo sul terreno vedendola arrivare.
Marine allungò una mano verso il muso dell’animale e sorrise.
“Non avere paura di me. Sei una creatura meravigliosa.”
“Fossi in te non mi avvicinerei tanto incautamente a Saltafosso!”
Marine si voltò di scatto e ritirò la mano. Il ragazzo alle sue spalle non sembrava molto più grande di suo fratello, forse era addirittura più giovane. Nell’udire il tono di quelle parole si era voltata aspettandosi di incrociare lo sguardo di una persona allegra e ben disposta verso di lei. In realtà si ritrovò occhi negli occhi con un uomo dal cipiglio duro e scostante. I capelli castani cascavano disordinati su una fronte decisa e un paio di occhi verdi e densi. Su una guancia, una profonda cicatrice gli attribuiva una severità in forte contrasto con il resto dei suoi tratti quasi infantili. Marine non aveva mai visto un ramingo. I suoi abiti di pelle e nappa odoravano di terra bagnata e le sue mani sembravano callose e ruvide. Alla cintola portava legata una frusta che però sembrava non essere stata srotolata da tempo e sulle spalle aveva un arco di legno ben levigato.
Marine non si fece intimidire.
“Non direi di essermi avvicinata senza cautela.” L’uomo sorrise e la cicatrice si allungò verso l’alto.
“Saltafosso non ama le donne.”
“Che sciocchezza! Queste sono cose che dicono gli uomini. Sono certa che quell’animale non abbia davvero nulla contro di me.” Rispose Marine scuotendo l’orlo del proprio abito.
“Chi sei tu?”
“E’ educato chiedere il nome di una nobildonna solo dopo aver detto il proprio, cavaliere.”
“Io sono un ramingo. L’educazione dei cavalieri mi manca, signora.” Disse il ramingo avanzando verso di lei e raggiungendo il cavallo.
“Io invece sono una nobildonna e vi dirò comunque il mio nome. Mi chiamo Marine Alteron, cavaliere.”
“Ho già detto di non essere un cavaliere.” Ripeté l’uomo per non mostrare di trovare interessante l’aver appreso di trovarsi di fronte alla principessa imperiale.
“Credo di non sbagliare neppure stavolta poiché siete un ramingo della Doreria e pertanto, signore, voi siete un cavaliere. Di preciso un cavalcatore di unicorni.”
Il ramingo strinse più forte le briglie di Saltafosso ma continuò con il suo tono sarcastico.
“Vedete unicorni da queste parti? L’ultimo è morto molti anni orsono e con lui il mito dei cavalcatori della Doreria.”
Marine giocò ancora un po’ col vestito poi, con un gesto lento e circospetto, allungò di nuovo la mano verso il cavallo. L’animale mostrò di gradire il tocco gentile della fanciulla e questa sorrise.
“Visto? Forse il cavallo ha più giudizio del cavaliere!”
“Giudizio non credo, gusto senz’altro!”
A quelle parole Marine sorrise e parlò senza smettere di carezzare il destriero.
“Siete venuto a conferire con il mio re o con il suo primo ministro?”
“Chi vi dice, mia signora, che io sia qui per conferire con alcuno? Se il mio padrone lo ha fatto con qualcuno in qualcuna delle stanze di quel bel palazzo laggiù, non è affar mio. Io sono pagato per proteggerlo durante i suoi spostamenti.”
“Visto, che se lo desiderate, siete in grado di adoperare un linguaggio appropriato a conversare con una nobildonna?”
“Può darsi. Non capita spesso a noi raminghi di conferire con principesse del vostro rango. Frequentiamo solo donne che non chiedono riguardi diversi dal rispetto nel migliore dei casi e solo denaro nel peggiore.”
“Concedetemi allora solo il vostro rispetto, cavaliere. E con questo intendo dire di non prendermi in giro come se, per il fatto di indossare begli abiti e preziosi monili, io non sia dotata di cervello.”
“Non l’ho fatto, mia signora.” Marine sorrise maliziosamente e si allontanò.
“Per stavolta fingerò che sia così. La prossima volta che ci rivedremo, cavaliere, mi auguro che vi sentiate libero di dirmi il vostro nome poiché ho solo finto di non notare che, dopo tutte le vostre chiacchiere, non lo avete detto.”
La fanciulla fece un gesto del capo e sparì dietro un arco di pietra. Il ramingo guardò il suo cavallo e gli diede una pacca sul muso.
“Bella figura che mi hai fatto fare Saltafosso! La prossima volta, per cortesia, almeno un nitrito contro l’estraneo che ci avvicina indesiderato!”
Il cavallo sbuffò e chinò un paio di volte il capo ciondolando su se stesso.

Marine raggiunse le stanze di Albered in cui suo fratello aveva condotto Aeris. Bussò ed entrò prima che le dessero l’assenso.
“Allora? Tutto bene qui?” disse notando l’aria pesante che si respirava nella stanza del primo ministro. Suo fratello camminava avanti ed indietro e strofinava il palmo della mano destra contro l’elsa della sua spada.
“Grifis, perché sei così nervoso?” Aeris rispose al suo posto.
“Albered sta usando i raminghi per prendere informazioni sul consiglio e tuo fratello non approva.”
“Sono dei fuorilegge!” Sbottò Grifis “Se si sapesse che l’imperatore li riceve nella propria corte, che si penserebbe di lui?”
“Non sono peggio delle spie rosse del viceré.” Disse il primo ministro carezzandosi la folta barba.
“Non mi piacciono le spie di Valentine ma almeno agiscono sotto una bandiera. Obbediscono agli ordini di un comandante!” rispose sempre più seccato Grifis cui non piaceva essere contraddetto se si trattava di valutazioni su corpi armati.
“Guarda che anche i raminghi obbediscono ad un comandante, non è vero Albered?” disse Marine intromettendosi nella discussione. Il primo ministro sorrise ma la redarguì.
“Quante volte ancora ti dovrò dire che tra i tuoi doveri di principessa imperiale non c’è quello di occuparti di questioni politiche?”
“Oh andiamo!” esclamò Marine che aveva preso a giocare con una ciocca di capelli di Aeris “Come se non fossi nata con un paio d’occhi per vedere, un paio d’orecchie per sentire e un cervello per comprendere tali e quali a quelle di Grifis!”
“Almeno la lingua, la dea avrebbe potuto dartela meno tagliente!” le disse Albered chiudendo un vecchio libro che teneva poggiato sullo scrittoio.
“Smettetela di discutere.” Provò a dire Aeris “Ormai manca poco alla festa della Prima Luce e il consiglio supremo si avvicina. Ogni aiuto è bene accetto.”
Il primo ministro si alzò con lo sguardo fiero. Aveva visto nascere Aeris e aveva promesso a suo padre che l’avrebbe seguita e protetta a costo della propria vita. Aveva messo tutte le energie che possedeva nell’istruirla e renderla più forte. Non dubitava di essere riuscito in entrambi gli scopi. Inoltre Aeris dimostrava una naturale inclinazione a fare o dire sempre la cosa giusta e questo per lui era fonte di enorme soddisfazione. Certo, a volte, era impulsiva o eccessivamente determinata ma queste doti non costituivano necessariamente un difetto della sua forte personalità. Albered la raggiunse e le mise entrambe le mani sulle spalle.
“Altezza, credo che siate davvero pronto ad aprire le danze.” Concluse il vecchio.
Le ragazze si sorrisero a vicenda e considerarono la frase del ministro come il congedo a quella riunione. Si allontanarono velocemente dallo sguardo vigile di Grifis e si chiusero nella stanza di Marine.
“Non credere che i complimenti ad Aeris mi abbiano distratto dal fulcro della questione.” Disse il comandante.
“Cosa vuoi sapere?” chiese Albered puntando i suoi occhi in quelli di Grifis.
“Che notizie hanno portato i cavalcatori di unicorni?”
“Mi hanno fornito informazioni circa i presenti al consiglio.”
“E i presenzianti sono di nostro gradimento?” chiese il soldato sottolineando marcatamente la parola ‘nostro’.
“Lo sono tutti tranne quelli che parteggiano apertamente per Lady Asaline.”
Il comandante dei Grifoni dorati raggiunse la porta e l’aprì. “Mi auguro davvero che tu abbia fatto bene i tuoi conti, Albered. C’è in gioco molto più che la sola vita di Aeris.” Concluse uscendo.
Grifis non vide l’uomo strofinarsi la barba con soddisfazione. Raggiunse un passaggio segreto che dava direttamente nella stanza di Marine e rimase nascosto dietro ad uno specchio. Non voleva spiare le fanciulle. Voleva solo accertarsi che avessero raggiunto la loro destinazione e fossero serene.
Anche se non glielo riconosceva mai, Grifis sapeva quanto la presenza della sorella minore fosse di conforto ad Aeris e quanto i suoi modi di fare spesso tenessero insieme tutti i pezzi di quel mosaico complicato che era la loro vita. Grifis amava sua sorella e in qualche modo la invidiava poiché, nonostante tutto, sapeva che era migliore di lui. Le guardò ridere su un buffo aneddoto che stava raccontando Marine e che riguardava un cavallo. Le avrebbe difese entrambe. Finchè avesse avuto fiato in corpo, le avrebbe protette a qualunque costo. Le sue due principesse.

  
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