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Autore: Alcione    14/01/2015    4 recensioni
“Vedo che ti sei ripresa completamente” disse Thor sorridendomi bonario
“Si Altezza. E vi ringrazio infinitamente per la vostra gentilezza.” Loki mi guardò storto,
“Non sei stata cosi gentile con me” mi sillabò mentre dava le spalle al fratello
“Non l’hai meritato, se non erro” sillabai a mia volta, facendogli una linguaccia dispettosa
Cosa succederebbe ad Asgard se i suoi principi si vedessero improvvisamente piombare tra capo e collo, un guerriero proveniente da un mondo a loro sconosciuto?
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il dolore all’occhio fu talmente improvviso da cogliermi completamente impreparata. Non mi diede strani formicolii o pizzicori, niente di niente, solo un dolore tremendo e avvilente, cosi tutto d’un tratto. Sarebbe schizzato fuori dall’orbita quella volta ne ero certa, ma invece di trovarmelo rotolare sulla mano, rimase al suo posto, pulsante e dolorante come se una manciata di coltelli infuocati venissero infilzati in continuazione. Crollai a terra carponi incapace di controllare il dolore, il vomito arrivo quasi subito, rigettai tanta di quell’acqua che non sapevo nemmeno da dove diavolo venisse fuori. La voce di Gurvarth mi arrivava come un eco lontanissimo, i battiti accelerati del mio cuore erano, insieme ad un boato che non riuscivo a distinguere, gli unici suoni che avvertivo con precisione. La vista dell’occhio buono mi si offuscò quasi completamente, non distinguevo più i contorni di chi era piegato sulle ginocchia in mio soccorso, vedevo solo una massa di ombre affannarsi a destra e a manca. Un mondo ovattato, era quello che il mio cervello mi lasciava percepire stordito dal dolore. Poi la visione mi arrivò addosso inaspettatamente: ero sott’acqua, la luce del giorno filtrava sotto la superficie, feci per risalire ma una forza mi tirava giù, più tentavo di risalire più quella mi attirava a se. Guardai giù un enorme vortice d’acqua mi stava risucchiando senza che io potessi fare nulla per contrastarlo. Poi improvvisamente mi ritrovai fuori, il sole era sparito, al suo posto una tempesta con i fiocchi era in atto, venivo sommersa da onde alte almeno cinque metri, mi sentii improvvisamente avvilita e senza forze, in lontananza, tra le enormi masse d’acqua potevo vedere una nave inclinarsi su un lato e sfiorare appena l’acqua con i suoi pennoni. Udì un urlo terribile, un urlo di guerra prima di voltarmi e vedere che i Nuotatori arrivavano a rotta di collo. Trattenni quel poco di fiato che mi rimaneva prima di vedere la figura di Kirara che fissava con sguardo sconcertato qualcosa che la visione non mi mostrò. D’un tratto qualcuno rialzò il volume, bagnata fradicia mi ritrovai sul pavimento lucido della sala del consiglio,  il dolore era sparito cosi com’era venuto, di quello era rimasta solo la vista annebbiata, Gurvarth mi reggeva per la vita tenendomi la fronte con la mano libera, eravamo immersi in una pozza d’acqua macchiata di sangue scarlatto, con l’occhio buono che lentamente rimetteva a fuoco le immagini riuscì a vedere le mani e le punte dei capelli sporche di sangue, Emmi mi fu subito vicina aiutandomi a mettermi seduta, subito dopo senti la sua mano calda premermi sull’occhio che continuava ancora debolmente a sanguinare
“Che diavolo è successo?” chiese Gurvarth in tono rabbioso. Non riuscivo a rispondergli, mi mancava il fiato, e perciò gli strinsi un braccio ma quel gesto sembrò spaventarlo ancora di più
“Sanna, Sanna che succede? Vedi di non crepare proprio ora eh!” disse scuotendomi un po’
“Datti una calmata idiota.” Disse Aghyla dandogli uno scappellotto dietro la testa “Che cosa è successo Emmi?” chiese ancora. Aghyla era un  ragazzo alto sul metro e novanta sottile e spigoloso a tal punto che i suoi lineamenti sembravano essere stati tirati con una riga, i piccoli occhi neri trasmettevano una sicurezza che l’aspetto non gli attribuiva, i capelli corti e scuri erano sparati in tutte le direzioni, e gli abiti disordinati poco si confacevano ad un futuro membro del consiglio reale. Emmi accanto a lui e inginocchiata vicino a me era una bella ragazza dai corti capelli castani e occhi nocciola, le labbra erano dipinte di viola scuro, colore tipico del suo ordine, indossava un aderente abito di pelle marrone chiaro che le fasciava il busto e lasciava completamente scoperta le spalle e le braccia lunghe e nervose, che in quel momento andavano su e giù per il mio corpo a tastarmi ovunque
“Dev’essere un refuso di magia” sentenziò la ragazza
“E che cosa sarebbe?” chiese Gurvarth mentre mi aiutava a non morire soffocata tra i miei capelli
“E’ una delle ultime scintille di potere magico. La magia sta definitivamente morendo.” Un silenzio tombale calò sui presenti, e io mi sentii tutti gli occhi puntati addosso. Se la Stella si stava privando della sua forza più grande, la colpa era mia, ma non avevo nessuna intenzione di sentirmi in colpa, non dopo tutto ciò che avevo perso. La Stella come i suoi abitanti avrebbero dovuto imparare a cavarsela con le loro sole forze comuni, chissà forse il tempo della pace, ora che sarebbero stati tutti alla pari, sarebbe giunto davvero. Mi rimisi in piedi a fatica, sostenendo fiera gli sguardi dei presenti, che cambiarono subito espressione,
“Credo che Kirara farà un po’ tardi.” dissi riprendendo il mio temporaneo posto al tavolo del consiglio. Avevo voluto a tutti i costi continuare la riunione nonostante le proteste di Gurvarth ed Emmi, mi ero riposata abbastanza dissi, e mi sentivo esattamente come prima della visione, l’occhio non sanguinava più e la vista era tornata normale, non vedevo motivo di rimandare ulteriormente quell’incontro di cervelli. 
Il mattino seguente vennero a svegliarmi Gurvarth, Emmi e Ektor, per accertarsi di come avevo passato la notte. Non avevo chiuso occhio, - ma a loro non lo dissi-  pensando alla tempesta che avevo visto, alla preoccupazione per Kirara, e ovviamente pensando a Loki. Erano passati mesi ormai, ma continuava a mancarmi come se ci fossimo lasciati il giorno prima. Avevo passato giorni a pensare a come ritornare ad Asgard, e tra le tante idee improbabili, una sensate mi era venuta, aveva solo bisogno di una conferma da una persona non proprio facile da reperire.
“Pare che tu stia benissimo, il mio infuso ti ha fatto bene a quanto vedo” disse Ektor ergendosi in tutta la sua statura, Emmi emise uno sbuffo scettico che fu la miccia che accese il nano
“E con questo che vorresti dire?” scattò subito il megi
“Perché non la smetti di appiopparle quegli intrugli e non te ne torni a giocare con le tue provette da chimico?” disse la ragazza mettendo la mani sui fianchi
“Sempre meglio dei tuoi rimedi da fiera di paese, fattucchiera da quattro soldi che non sei altro!”  Con Gurvarth seduto accanto a me, ridemmo di gusto alla scenetta comica dei due: non si erano mai potuti soffrire Ektor e Emmi, lui era un megi un misto tra un medico, un mago e un alchimista, lei era una strega a tutti gli effetti che ripudiava qualsiasi mezzo che non fossero i rimedi magici; avevo sempre pensato che la loro, era una faida se alcun senso, la magia, la medicina e l’alchimia erano tre rami di uno stesso albero, era tutte e tre governate dalle stesse leggi, e loro discuteva da anni su chi fosse la migliore, bè almeno ti regalavano qualche minuto di spensieratezza
“Sei sicura di stare bene?” chiese Emmi dopo che ebbero messo fine alla discussione
“Si sto bene. E’ stato solo un refuso come dicevi tu. Presto scompariranno del tutto. Tornate alle vostre faccende. Vi raggiungo tra qualche minuto.” I tre presero congedo e si avviarono verso la porta,
“Gi, tu resta un secondo” dissi. Gurvarth inarcò un sopracciglio prima di tenere la porta aperte affinché gli altri due potessero uscire, poi la richiuse alle sue spalle
“Hai notizie di Kirara?” chiesi mentre mi alzavo dal letto e filavo nella stanza da bagno, lo sentì spalancare la finestra prima di rispondere
“Karaya ha mandato in giro un paio dei suoi e dice che avrebbe dovuto essere a Kalè due giorni fa, ma non si è vista ne lei, ne la Moon.”
“La tempesta deve averle fatto saltare il cancello di Kalè, se partiva da Zanirya, la città galleggiante è quasi una tappa obbligata. Spero che stia bene.” Dissi uscendo dal bagno
“Sta bene, ne sono certo. Le brutte notizie non tardano ad arrivare!” Solo in quel momento vide che ero vestita di tutto punto per uscire
“Vai in città?” chiese con un leggero sorriso
“No, ho voglia di fare una corsa con Karev. Se rimango ancora chiusa nelle mura di questo palazzo con la nonna impazzirò per davvero” dissi allacciandomi la cintura e assicurandovi vicino le spade
“Vuoi che venga con te?” domandò ancora l’uomo senza fare altri commenti
“No, preferisco andare da sola” dissi avanzando verso la porta.
Erano diverse settimane che non cavalcavo, ed è inutile dire che Karev era piuttosto scorbutico nei miei confronti, si sentiva abbandonato ma riuscii a farmi perdonare abbastanza velocemente promettendogli una razione doppia di biada, quel cavallo sarebbe sceso a patti con il diavolo in persona per del cibo in più. Il colore del manto di Karev era ciò che mia aveva fatto innamorare di lui al primo sguardo. Ricordavo molto bene quando Sabira e Kanahaan me lo regalarono, era il giorno del mio ventesimo compleanno, e ci trovavamo per una serie di eventi nella magione del padre dei due. Varth  era un allevatore di cavalli da generazioni, tutti i re della Stella si erano serviti da lui, e lui era riuscito a estendere il suo impero ben oltre i confini delle Terre delle Stagioni. Karev trottava in un recinto vicino a quello dove noi ci allenavamo, lo scintillio che il suo manto grigio perla emanava, anche colpito da un flebile raggio di sole invernale, mi colpì a tal punto che lasciai la guardia completamente scoperta e permisi a Elania di colpirmi senza alcuna difficoltà. Ma la vista di quel cavallo dal manto lucido, e dalla criniera scura come ebano valeva tutti i colpi del mondo. Chiesi dell’animale per tutto il giorno, a tal punto che i ragazzi decisero di regalarmelo poco prima di ripartire per l’Accademia: averlo letteralmente rubato dalle scuderie, è un dettaglio irrilevante. Tornare a correre sulla groppa del destriero, mi diede un senso di pace che non sentivo da tempo, avevo come la sensazione che correre a rotta di collo per la Valle mi avvicinasse un po’ di più a Loki, se avessi saputo che uscire dalle mura del palazzo mi avesse fatto sentire cosi bene, sarei uscita molto prima in barba alle raccomandazione di Ektor e ai strepitii della nonna, per fortuna Alyse aveva avuto il buon senso di tenerla occupata con i preparativi per l’incoronazione, altrimenti ci saremmo fatte fuori a vicenda. Adoravo mia nonna, era per merito suo se ero diventata quello che ero, ma dopo la fine della guerra aveva preso a trattarmi come una bambina di cinque anni, avrei quasi preferito che mi trattasse come salvatrice del mondo come tutti gli altri, mi sarebbe bastato farle una carezza sulla testa per togliermela di torno, invece improvvisamente si era ricordata che ero anche io fatta di carne e ossa come tutti, e pensava che avessi bisogno di cure come  un neonato. Certo, non che mi dispiacesse essere coccolata da lei, era quella dalla quale da bambina avevo ricevuto meno gesti affettuosi, ma la poverina aveva completamente sbagliato i tempi.
Avvistai la mia meta dopo mezza giornata di cammino nella brughiera, il vento fresco sulla faccia spazzava via la stanchezza, e il sole caldo e luminoso dava nuovo vigore alle mie membra stanche dalla lunga convalescenza, feci rallentare Karev e smontai dalla sella per proseguire a piedi. Mi era sempre piaciuto quel tratto di landa, in quella particolare stagione dell’anno poi i fili d’erba alta fin quasi alle ginocchia erano di un verde davvero stupefacente, le sterminate macchie di lavanda viola, facevano un contrasto meraviglioso con il colore del prato, qua e la gruppi di rocce bianche facevano capolino, i pendii dolci davano movimento al panorama che perdeva la sua monotona linearità, e al di la di quelle il mare. La scogliera di Piaf era uno degli spettacoli naturali della Stella. Pareti di roccia alte più di cento metri, bianche di un bianco che rifletteva la luce del sole, scendevano in picchiata per tuffarsi nel mare, al di sotto di quelle, decine di piccole insenature e spiaggette inaccessibili per chi veniva da terra, o meglio, inaccessibili per chiunque non sapesse dove mettere i piedi.
“Non metterti nei guai mi raccomando” dissi a Karev prima di avvicinarmi al ciglio del burrone, e cominciando a scavare sotto i piccoli cespugli e tra la polvere; cercai per circa dieci minuti prima di trovare ciò che cercavo, una pietra piatta e liscia con incise due strane ali, sorrisi e presi a scavare intorno al contorno della pietra fino a quando il solco non fu abbastanza profondo da poterci infilare le dita e spostare cosi la pietra, dovetti sedermi per riuscire a spostarla ma alla fine ce la feci
“Mi Dea, non ricordavo che fosse cosi pesante!” imprecai. La pietra rivelò delle piccole e strettissime scalette scavate nella roccia, sorrisi, eravamo davvero in pochi a conoscere quel passaggio. La scala scendeva talmente in verticale che era impossibile percorrerla nel verso giusto, rotolai cosi sulla pancia e scesi lentamente uno scalino alla volta, le sferzate di vento lassù erano tali che avevo quasi paura di volare via, i capelli misi infilavano dappertutto e rischiavano ogni volta di farmi inciampare, maledetta me che non avevo pensato a legarli, inoltre la pietra era talmente bianca in quel punto che dovevo scendere con la testa china tra le braccia per non rimanere accecata da tutta quella luce. Non ero nemmeno a metà della discesa quando un possente battito d’ali arrestò la mia discesa, un enorme ombra era proiettata sulla parete bianca
“Guarda un po’ chi si vede. Sei ancora viva!” un alito di vento bollente mi arrivò dietro le spalle e mi voltai appena per vedere il paffuto drago che dietro di me era sospeso a mezz’aria
“Ehilà Rok, come ti va la vita?” dissi sorridendo cercando al tempo stesso di non mollare la presa
“Ah le solite cose, ci si annoia da morire qui. Sei venuta a fare una visita?” chiese ancora cominciando a svolazzare a pancia all’aria
“Più o meno” dissi cercando di scendere un altro gradino
“Ti occorre un passaggio fin giù?” chiese avvicinando il suo muso enorme al mio fondoschiena
“Bè se non ti è troppo disturbo …” non fini nemmeno la frase che sentì il suo muso umido spingermi verso l’alto con un colpo secco e, non ho mai capito come facesse, mi ritrovai seduta sul suo dorso
“Un giorno o l’altro mi dovrai spiegare come diavolo fai a farlo” dissi mentre mi aggrappavo alla meno peggio sul suo dorso, Rok aveva la spiacevole abitudine di partire in picchiata
“Oh, è tutta questione di muso!”  e ovviamente la picchiata arrivò. Fu talmente violenta che pensai di aver lasciato lo stomaco sulla parete del costone. Rok con una capriola elegante all’indietro si gettò giù dalla scogliera che ormai vedevo sfrecciare sotto di noi in verticale, chiusi gli occhi appena prima di toccare il suolo, il volo acrobatico dei draghi non mi era mai piaciuto, soprattutto se si trattava di quello di Rok, l’aspetto del drago infatti non era proprio garanzia di agilità: il suo corpo era piccolo e rotondo come quello di una botte di vino, e invece di essere ricoperto di scaglie come gli altri draghi, la sua pelle era liscia e viscida come quella delle tartarughe, anche il collo spropositatamente lungo per quel corpicino tanto piccolo, sosteneva una testolina dal musetto tondeggiante come quelli che si vedono in alcuni fumetti della terra, un ciuffo di peluria blu ricadeva davanti agli occhi d’ametista allegri e vivaci, le piccole e corte ali di sottile pelle erano molto diverse da quelle degli esemplari classici, avevano prima di tutto una struttura molto più resistente, e dalla forma simile a dei remi, cosi come le zampe e la possente coda. Se in aria Rok era di una goffaggine che rasentava il ridicolo, in acqua era l’apoteosi dell’eleganza, non per niente la sua specie solcava gli abissi da più di mille anni.
 C’è stato un tempo in cui la lotta tra le varie famiglie di draghi aveva avuto ripercussioni anche sugli uomini, ogni razza proteggeva una determinata regione della Stella, e i draghi venivano venerati dagli uomini come vere e proprie divinità protettrici. Ma le faide tra gli animali arrivarono al punto tale che vennero presi di mira interi villaggi umani, radendoli al suolo. Dopo anni di distruzione gli uomini stanchi del continuo spadroneggiare sulla terra delle bestie alate si coalizzarono tra di loro, e diedero inizio a quella che è passata alla sotria come “La caccia degli idei”. Furono anni durissimi in cui i draghi furono quasi totalmente sterminati, i pochi esemplari che sopravvissero capirono che, come gli uomini, anche loro avrebbero dovuto unirsi per non estinguersi, e cosi fecero. Si unirono in una sola grande famiglia, e si nascosero nei posti più remoti della Stella, e li vi rimasero fino a che una ragazzina dai lunghi capelli rossi, per sdebitarsi dell’aiuto non promise loro la libertà
“Guarda un po’ che cosa ha portato il vento”  Una voce calda e profonda si alzò dal fondo della baia dov’eravamo atterrati. Mi tolsi immediatamente gli stivali per sentire la sensazione della sabbia calda sotto le dita dei piedi e mi diressi nella direzione dove proveniva la voce. Oltre un muro fatto di rocce bianche, e tronchi di alberi trasportati dal mare si aprì ai miei occhi uno spettacolo fantastico, una ventina di draghi dal colore che andavano dal rosso, blu, viola e verde bivaccavano allegramente, intorno a loro dei cuccioli giocavano a rincorrersi sulla riva e quando mi videro mi presero letteralmente d’assalto
“Non vi azzardate a mordermi le chiappe, che vi uso per accendere il camino eh!” dissi completamente sommersa dalla cucciolata festante
“Quella è stata una mia idea” riemersi dalla baraonda, e mi ritrovai faccia a faccia con Allen, il cucciolo che mi aveva lasciato in suoi amorevoli dentini sul fondoschiena, anche se ormai di cucciolo aveva assai poco: era diventato un esemplare adulto di un bel rosso scarlatto e scintillanti occhi gialli, le zanne che all’epoca erano dalla punta arrotondata ora era appuntiti come fusi di un arcolaio, le grandi e diafani ali erano richiuse ai lati di un corpo possente e muscoloso, le corna d’avorio che aveva sulla fronte era doppie e lucide come si confaceva a un maschio adulto. Gli sorrisi e lui allungò il collo in modo che io potessi abbracciarlo
“Che cosa ci fai qui?” chiese guardandomi negli occhi
“Sono venuta a portare i miei omaggi a Ballast.” Dissi facendo un piccolo inchino
“Ti sta aspettando” Un po’ isolato dal gruppo, acciambellato come una specie di enorme gattone rosso sbiadito, attendeva Ballast il decano dei draghi dell’Inverno.
“Avvicinati Comandante, fatti guardare” mi avvicinai lentamente scavalcando l’enorme coda e mettendomi davanti a lui affinché potesse guardarmi per bene
“Pensavo che fossi ancora in coma etilico, per non essere ancora venuta a salutarci.” Disse sghignazzando, gli occhi chiarissimi e il manto non più rosso fuoco tradiva gli anni del drago,
“Non sono stata a molte feste ultimamente, sono …”
 “Stata molto occupata a guarire dalla tua parte demonica. Dimentichi che abbiamo lo stesso dono Sanna?” chiese guarda nomi fisso negli occhi. Il colore dei suoi occhi quasi non si distingueva per via delle iridi sbiadite, ma ad un attento esame si poteva vedere come l’occhio sinistro fosse molto più bianco di quello destro che continuava a mantenere un leggero tono giallo. Ballast deteneva il potere dell’Occhio Onniveggente da più di mille anni, aveva imparato a gestirlo, non era più l’Occhio che usava lui, ma esattamente l’opposto. Ballast poteva vedere il presente, il passato, e sbirciare le infinite ramificazioni del futuro
“No, non lo dimentico, ma ultimamente tendo al vittimismo.” Dissi sedendomi sulla coda che lui mi offriva. Potevo percepire il calore dell’animale anche attraverso la spessa pelle fatta di scaglie molto simile ad un armatura
“Bè l’universo s’è messo d’impegno per fartelo credere, ma il fatto che tu sia uscita fuori dal guscio vuol dire che qualcosa sta cambiando, o sbaglio?” chiese con lo stesso tono di un nonno che chiede alla nipotina che cosa la preoccupasse
“Da quando la guerra è finita, ho passato ogni singolo giorno a farmi la stessa domanda..”
“Vuoi sapere se c’è un modo per tornare ad Asgard senza la magia. Ti manca cosi tanto quel ragazzo?” chiese lasciandomi di stucco
“Riuscivi a vedermi fin là?” chiesi sopresa
“Non ti ho mai persa di vista. Ne ad Asgard, ne nel regno demoniaco, il cruccio più grande è stato poter vedere ma non poter intervenire. Ma dimmi un po’ com’è questo principe di Asgard? Ne vale davvero la pena di affrontare un'altra prova?” chiese
“Ne vale altre mille!” risposi arrossendo ma a testa alta,
“Ti manca come credevi che non ti sarebbe mai mancato, pensavi di essere ormai invulnerabile a una cosa superficiale come l’amore, che quello non spettasse a persone come te che avevano disseminato sulla propria strada più morti che vivi. Non credevi di poterti innamorare di una persona dal destino cosi diverso dal tuo, eppure l’hai fatto, contro ogni regola, contro ogni ragionevole dubbio, contro ogni pensiero sensato, l’hai fatto. E adesso ti manca, ti manca a tal punto che sei pronta a qualunque cosa pur di rivederlo, e so benissimo che l’unica cosa che ti lega ancora a questa vita è quella piccola possibilità che hai di tornare da lui.”
“Pensi che debba rinunciare a lui? Lui cosi profondamente diverso da me? Cosi profondamente malvagio? Credi anche tu che sia sbagliato per chi come me ha sacrificato tutto per gli altri, provare un sentimento tanto forte per una persona che ha sempre pensato a se stesso?” chiesi in tono di sfida,
“Tu che cosa credi?” chiese abbassando il muso al mio livello
“Credo che devo dare a me, e a lui la possibilità di credere in un noi. Ho fatto tutto ciò che dovevo, ho concluso il mio compito, ho compiuto il mio destino di essere umano e di demone. Ho rispettato le regole, ho percorso la strada che mi era stata tracciata, e l’ho fatto senza protestare, in lacrime, distrutta, ma l’ho fatto senza lamentarmi, forse perché dentro di me ho sempre saputo che non avevo altra scelta. Adesso sono padrona del mio destino, e della mia felicità, adesso posso uscire dagli schemi. E per farlo devo trovare l’unica persona che mi ha amato senza sapere chi fossi, e poco m’interessa se lui non è un eroe, non m’interessa se è uno psicopatico asociale diseredato, non m’importa nemmeno se in lui c’è tanta di quell’oscurità da poter mettere sotto sopra l’universo, io so cosa c’è sotto tutta quella malvagità, c’è lo stesso sentimento che ha portato me a divenire un mostro, e adesso che lo so, non lo lascerò da solo.”
“Ti sei risposta da sola. Chi sono io per impedire a un cuore puro come il tuo di salvare l’ennesima anima con il tuo amore?”
“Sei l’unico che non mi ha dato della pazza!”
“Non sei pazza. Sei umana.” Sorrisi, e io che mi ero sempre sentita un mostro
“Esiste un modo per ritornare?” chiesi
“Il Gorgo, a largo di Zanyrya nel centro esatto dell’oceano, quello è il passaggio per Asgard, ma fa attenzione il vortice è pieno d’insidie anche dopo averlo superato. Occorre una grande decisione per giungere alla meta!” dissi senza tanti giri di parole
“Non ho mai avuto problemi con la decisione!” dissi alzandomi “Partirò immediatamente!” Ballast si agitò un po’ e non capii il perchè
“Non puoi, hai promesso ad Alyse di rimanere per l’incoronazione, non puoi abbandonarli ora che hanno più bisogno del tuo sostegno. Resta fino alla grande festa, poi potrai andare con Kirara, lei ti porterà fino al Gorgo.”
“L’hai vista, sta bene?” chiesi preoccupatissima
“Sta benissimo, e …. no, niente!” disse sorridendo.
“Verrete all’incoronazione?” chiesi
“Se il mondo è di nuovo pronto per noi …”
“Lo sarà. Sarei morta quel giorno nella neve se non fosse stato per te.” Dissi accalorata
“Saresti sopravvissuta comunque, il tuo destino non era morire quel giorno.”
“Qual è il mio destino adesso che non ho più la vita del mondo delle mie mani?”
“Adesso hai tutto ciò che ti occorre per deciderlo da sola.”
 
“Un grande Bene e un grande Male che si uniscono. Ci sarà da divertirsi”

 
La tempesta era passata, il vascello anche se seriamente danneggiato stava ancora a galla, le vele erano state strappate in più punti dalla furia dei venti, ma erano state ricucite alla meglio. Lo scafo era miracolosamente rimasto intatto sotto gli attacchi dei nuotatori, lo stesso non si poteva dire delle murate che erano state profondamente ferite a colpi d’ascia e morsi, le funi e i rampini avevano lasciato solchi sulle impavesate, il sangue e la sabbia si erano infiltrati nelle fessure dei paioli colando sottocoperta o lasciando il ponte macchiato e appiccicoso. Molti uomini era stati gravemente feriti, dieci erano già morti e i loro corpi affidati al mare, ma per gli standard di una battaglia navale era un prezzo più che accettabile, anche se Kirara a guerra finita, avrebbe preferito non pagare. Ma ora, un altro pensiero assillava la mente del Comandante della Flotta dell’Estate, un pensiero che prendeva la forma dell’uomo che aveva salvato la situazione due giorni prima e che in quel momento dormiva tranquillo nella sua amaca. Kirara lo fissò a lungo, quella dormita di quasi due giorni se l’era meritata, ma l’immagine che la donna aveva davanti agli occhi continuava a non piacerle: dopo aver ucciso il nemico che lo aveva azzannato, Loki quasi come se fosse in preda a una trance omicida si era gettato come una furia addosso al nemico che batteva in ritirata, anche se in guerra non c’erano molte regole, Kirara aveva sempre preteso, prima da se stessa e poi dal suo equipaggio, una certa etica nel combattimento, altrimenti loro che combattevano per la pace e la libertà non sarebbero stati diversi da coloro che combattevano per il male e  per il semplice piacere di uccidere, e inveire sui cadaveri, attaccarli o ucciderli quando si erano arresi, o ucciderli nella fuga, era qualcosa che andava contro tutto ciò in cui Kirara credeva.  Quello non era un naufrago, e soprattutto  non era un uomo normale, Kirara aveva visto troppe cose in quella vita, per non riconoscere un guerriero, anche quando quello si nascondeva sotto le spoglie di un viaggiatore solitario: i tratti distintivi di chi aveva combattuto venivano sempre a galla. Loki si muoveva in maniera troppo sicura, le sue mosse erano troppo precise, i suoi colpi erano andati tutti perfettamente a segno, sapeva leggere i movimenti del nemico, anticiparne le mosse, e rispondere con fantasia e celerità, l’uso della magia poi era ciò che più aveva sconvolto la donna. La magia doveva essere sparita dalla Stella, e anche se i più riuscivano a fare ancora un po’ di trucchi con i loro abracadabra, l’incantesimo evocato da Loki era troppo sofisticato per non richiedere un grande utilizzo di potere magico. Come diavolo aveva fatto? Quanto era potente in realtà quel ragazzo taciturno e dall’aria truce, che pareva avere come unico scopo rivedere Sanna? E soprattutto Sanna, sapeva chi egli fosse in realtà? Era stata forse ingannata, presa alla sprovvista in un momento di scoramento? E se era cosi, lei Kirara stava gettando il lupo nel gregge. Mentre elucubrava su questi pensieri, Loki si risvegliò lentamente, era sudato, sfinito e letteralmente in mutande: la gamba fasciata gli dava un prurito incredibile e sentiva la pelle tirare dandogli fitte simili a pizzicotti, abbassando lo sguardo notò che almeno le bende che lo fasciavano erano relativamente pulite, segno che la ferita non doveva essere poi tanto grave, almeno quella sottospecie di cerusico preso con i saldi non gli aveva staccato la gambe come un macellaio
“Buongiorno” disse Kirara avvicinandosi con aria grave, che altro era successo ancora? Penso il dio un po’ sconfortato, ma strinse il pugno attorno all’anello di Sanna, che miracolosamente non gli era stato portato via
“Come ti senti?” chiese il Comandante sedendosi su una cassa ai lati dell’amaca
“Sono sopravvissuto a giganti verdi, che vuoi che sia sopravvivere a un po’ di pesci.” Disse il ragazzo cercando di raddrizzare la schiena,
“Allora ho una notizia buona e una cattiva, quale vuoi sentire per prima?” chiese Kirara con noncuranza, Loki alzò gli occhi al cielo
“Prima la cattiva” disse sperando che non fosse niente di peggio dei nuotatori
“La cattiva notizia è che la tempesta ci ha portato fuori rotta, e abbiamo saltato il cancello di Kalè, di conseguenza non potremmo attraccare in porto e non abbiamo nessun modo per comunicare con la terraferma.” Era meglio di quanto si aspettasse, ma il tuffò al cuore si fece sentire lo stesso, continuava a non poter avvertire Sanna del suo arrivo. Si sentiva più lontano da Sanna da quando era arrivato sulla Stella che non quando era ad Asgard.
“E la buona notizia?” chiese cercando di dissimulare il dispiacere stropicciandosi la radice del naso
“La buona notizia è che siamo incappati in una corrente direzionale che ci accompagnerà fino al porto di Angora. Stimiamo l’arrivo in una quindicina di giorni, arriveremo in tempo per l’incoronazione e per farti fare un entrata in grande stile!” Il sorriso sinistro che si allargò sul volto di Loki mise ancor più in allarme il capitano che decise di passare subito all’attacco. Si avvicinò al corpo seminudo di Loki con una sinuosità che il ragazzo riconobbe immediatamente, lo sguardo del comandante perse la sua espressione dura e si ammorbidì, indossava un attillato pantalone marrone e una camicetta che lasciava assai poco all’immaginazione, un bottone particolarmente strategico si sbottonò proprio mentre la donna si chinava sul ragazzo
“Sei cosi carino, cosi indifeso, cosi …nudo …” disse lei con una voce sottile e tremendamente sexy che gli soffiava in un orecchio, prese a giocare civettuola con una ciocca di capelli che Loki aveva dietro un orecchio, lui rimase immobile,
“Dimmi un po’, è cosi importante per te arrivare ad Angora? Credi davvero che lei ti stia aspettando ancora?” chiese facendo scendere la mano e accarezzandogli il collo, Loki continuò a rimanere impassibile
“Si” fu la risposta ferma, la ragazza non demorse e con uno scatto si mise a cavalcioni del dio cominciando ad andare su e giù con le mani sul suo torace.
“Oh andiamo, che cosa può mai volere un uomo come te da una mocciosetta come lei?” chiese prendendo a baciarlo sul collo, baci caldi, umidi, Loki ebbe un fremito
“Posso darti molto di più mio caro. Io ho ciò che vuoi.” Disse facendo scendere ancora di più la mano per andare a stringerla sul sesso di lui
“Non hai niente che m’interessi veramente” rispose lui facendo uno sforzo sovraumano per rimanere impassibile. Kirara strinse la mano più forte e s’incollò alle labbra fredde di Loki. Durò meno di un secondo, la mente di Kirara fu sconvolta da una serie di ricordi che non le appartenevano, e per questo  più dolorosi, erano i ricordi di Loki: vide Sanna in una prigione sconquassata dalle convulsioni, la vide riposare serena in un enorme letto dalle coperte di velluto verde, mentre sbocconcellava una pigna d’uva con quel suo solito sorrisetto strafottente, la vide ridere a crepapelle di qualcosa di buffo, vide il suo viso rigato di lacrime e gli occhi infiammati dal bagliore di un fuoco. La vide con il volto schizzato di sangue, e come si faceva avvolgere dallo sguardo protettivo di Loki ancor prima che dalle sue braccia, e sentì, potè sentire tutto ciò che aveva sentito Loki in quei momenti, in quegli istanti vissuti con lei. Il ritorno al presente fu talmente duro che la ragazza crollò a terra, e Loki non si scapicollò per darle una mano a rialzarsi, la guardava fisso senza battere ciglio, era bella, attraente, era Donna, si chiedeva se fosse stato al gioco quanto in la lei si sarebbe spinta, ma non aveva la forza di creare un'altra illusione, già la bravata della nebbia gli era costata un sacco di energia, e a dirla tutta nemmeno voleva sapere se Kirara ci sarebbe stata davvero oppure no, Kirara non era Sanna.
“Come diavolo hai fatto?” chiese la donna rialzandosi
“A fare che?” chiese il ragazzo
“Quelli erano i tuoi ricordi!!” gridò Kirara prendendolo per le spalle
“Si”
“Come hai fatto a trasferirli a me?” Il tono del comandante era sempre più alto, mentre quello di Loki sempre più impercettibile
“Non ne ho la minima idea”
“Chi diavolo sei?”
“Sei sicura di volerlo sapere?”
“Come hai fatto a utilizzare la magia se questa sta svanendo dal mondo?”
“Me lo sono chiesto anche io, e sono giunto alla conclusione che vi state sbagliando di grosso, per quanto mi pare di capire, la magia non sta morendo. Forse, si sta evolvendo.” Kirara strizzò gli occhi
“Che cosa vuoi veramente da Sanna? Il suo potere, cosa?”
“I miei ricordi non ti hanno mostrato abbastanza?” Ci fu un lunghissimo attimo di silenzio
“Sanna una volta mi disse che lei poteva far vedere i suoi ricordi, ma c’era bisogno di un contatto intimo.”
“Io non ho quel potere!”
“Se tu non hai quel potere, allora è l’Occhio di Sanna che lo ha fatto per te. Ti ha messo addosso uno scudo, e se lo ha fatto vuol dire una sola cosa.”
“Cosa?” chiese Loki improvvisamente interessato.
“Che tu la stai cercando per lo stesso motivo per cui lei cerca te.”

Buongiorno, ecco qui il capitolo 20. Spero vi piaccia. Un abbraccio!
  
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