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Autore: PeNnImaN_Mercury92    14/01/2015    1 recensioni
Fu solo quando John e io ci trasferimmo a Londra, nel 1970, che lui entrò a far parte della band che gli avrebbe cambiato la sua vita e in qualche modo stravolse anche me, perché mi fece innamorare di una persona che non avrei mai concepito essere il mio tipo di ragazzo ideale.
E' infatti una storia d'amore che non mi sarei mai aspettata, e ora che lo racconto a te posso dimostrartelo...
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brian May, Freddie Mercury, John Deacon, Nuovo personaggio, Roger Taylor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buio.
Buio totale.
È una sensazione abbastanza strana non vedere nulla.
Si può pensare e sognare un mucchio di cose.
Ma non riuscire ad aprire gli occhi per rivedere le persone che ami è un po' assurdo.
E fu proprio quello che successe a me: non riuscivo a svegliarmi dal coma.
Ma poi, un giorno, i miei occhietti verdi decisero di aprirsi.
All'inizio non vidi niente, solo una luce intensa e forte. E mi sentivo stesa su un letto.
Poi mi accorsi che c'era qualcosa che non andava nel mio braccio destro. Come se ci fosse qualcosa inficcato dentro.
Ed è proprio questo il primo movimento che feci, avvicinarmi, gemendo abbastanza forte, alla parte dolorante del corpo.
Ma anche muovermi del tutto era difficile.
Grazie al cielo, davanti a me, incontrai lo sguardo allarmante di mia madre.
In quel momento mi rassicurò, ma allo stesso tempo mi posi la domanda sul perché era lì.
—Si è risvegliata!—urlò, mentre io dimenavo dal dolore.
La mia attenzione catturò la figura di John precipitarsi fuori dalla stanza in cui mi trovavo.
Mia mamma si avvicinò alla mia fronte, posandone una mano su.—Rose, calmati. Va tutto bene, ci sono io.
Non fui capace di piangere perché non ne avevo le forze necessarie, ma in quell'attimo morivo dalla voglia di farlo, perché mi vennero in mente tutte le cose orribili che erano successe.
Ero stata tradita da un amico. Avevo sbattuto la testa. Queste erano le due cose che mi gironzolavano in testa.
Mia madre si allontanò quando vide un medico alto, dai capelli brizzolati e con gli occhiali, piombare nei miei occhi una luce nuovamente forte e molto luminosa.
—Rosalie, sono il dottor Berrett. Sei cosciente?—mi chiese.
—S…sì.—dissi strozzata.
—E' tutto apposto, sono tutti qui. Riesci a parlare?
Non risposi, ma continuai a respirare affannata.
Capii che se fossi appena uscita dal coma, non potevo già aver acquisito quelle doti cerebrali.—Quando sono uscita dal coma?—chiesi infatti al medico.
—Due giorni fa. Teoricamente sei stata incosciente solo per un giorno intero. Rosalie, comprendo che ti sei appena svegliata e puoi trovarti in uno stato un po' di disorientamento, ma hai il dovere di sapere alcune cose che la tua famiglia è già a conoscenza. Mercoledì sera sei tornata a casa con Roger, non è così?—non lo vidi in stanza con noi, ma sicuramente doveva esser stato lui a dare l'allarme e a raccontare tutto.
Annuii.—Bene.—proseguì il dottore.—quella stessa sera tu hai frequentato un certo ragazzo di nome Liam. Parlane con noi, perché puoi star tranquilla: abbiamo dovuto farti degli accertamenti nel tuo corpo e abbiamo osservato che tu hai acquisito un overdose di eroina, talmente forte che non hai neppure potuto percepire gli effetti che essa causa. Ora dimmi, è stata una tua scelta assumerne?
Ero demoralizzata. E allo stesso tempo mi vergognavo.
Perché avevo assunto della droga.
Sì, senza saperlo, ma talmente tanta che ero entrata in coma.
E avevo offeso tutti, a cominciare dalla mia famiglia.
Come ci si sente in questi casi? Puoi solo scoppiare a piangere.
Mia madre cercò di consolarmi, ma io la scostai.—No! Vi giuro che io non…sapevo nulla! Vi prego, credetemi!—urlai.
Ebbi l'impressione che anche mia madre stesse singhiozzando.—Mamma, mi vergogno così tanto! Non avrei mai voluto fosse accaduta una cosa del genere!
—No, Rosalie. Noi ti crediamo. Abbiamo solo avuto il bisogno di fare degli accertamenti. Quando ti sentirai un po' meglio ne riparleremo, ora hai solo bisogno di rilassarti.
Si avvicinò poi a Sid, anche lui presente accanto al mio letto.—Se avete necessità di qualcosa, chiamateci.—gli disse, prima di lasciare la camera.
Non appena se ne fu andato, rimasi impassibile, a fissare le lenzuola del misero letto dell'ospedale su cui mi trovavo.
Poi mia mamma ritornò accanto a me.—Rose, noi abbiamo la tua piena fiducia. Sappiamo che tu non hai colpa di niente.
—No, mamma, devo assumermi per forza tutte le responsabilità.
—Rose, non dirlo nemmeno per scherzo, perché ti assicureremo che questo bastardo non proverà nemmeno a pensare di rincontrarti,va bene?
Le mamme. Hanno quella determinatezza che nessuno riuscirà a levargliela.
Ormai rinfrancata, le feci senno di sì.
Vidi John avvicinarsi a me e abbracciarmi.
—Rose, eravamo così preoccupati.—mi disse, anche lui sul punto di non trattenere le lacrime.
Lo strinsi con il braccio libero che avevo, quello sinistro. Per l'altro non ebbi neppure il desiderio di protenderlo a causa della flebo.
—Ah, fratellino mio!—lo rincuorai.
Quando si fu staccato, gli tirai il naso a patata che aveva.
—Oggi pomeriggio ti porto la radio , così puoi migliorare le tue condizioni di benessere.
Ridacchiammo.—Oh, grazie, John.
—Ma siete impazziti? Non vorreste di certo farvi reclamare da tutto l'ospedale?—soggiunse mamma, riferendosi alla radio.
—Ma che dici?—rispondemmo in coro io e John.
—Ah, voi due siete così strani, ma siete sicuri di essere figli miei?—scherzò lei.—Io vado un po' fuori, visto che ora c'è John a farti compagnia.
—Avete bisogno di qualcosa.—chiese poi Sid.
—No, sei libero di farle compagnia.—risposi io.
—Ah, perfetto.—e uscì dalla stanza insieme a mia madre chiudendosi dietro la porta non appena mi ebbe dato una carezza sulla guancia. 
John mi diede un bacio sulla fronte, che era avvolta in una fascia.
—Ci sei mancata a tutti. Bel casino che hai combinato. E non aspettarti che in tre giorni i Queen avessero provato qualcosa.
—Oh, mi sento così in colpa. Aspetta un attimo, dov'è Roger?
—E' arrivato un'oretta fa. Non sai quanto mamma abbia dovuto combattere per convincerlo a farlo tornare a casa. È probabile che  l'abbia incontrato fuori…
La porta si spalancò un centesimo di secondo dopo, lasciando intravedere un Roger incredulo.
—…Ora.—concluse John.
Roger non rimase a lungo lì. Infatti, dopo che mi ebbe visto, piombò al lato sinistro del mio letto, dove in quel momento si trovava John.
—Tesoro…—mormorò, prima di affondare le sue labbra sulle mie in un bacio.
Quando mi tenne stretta a lui prendendomi tra le braccia, mi rasserenerai  più di prima.—Roger, io non ho fatto nulla.
—Zitta, Rose. Io lo so.
Cominciò a baciarmi teneramente le guancie.
—Sì, ma devi perdonarmi, ora avrai perso la fiducia in me.
—Se fosse stato così, non avrebbe passato le ultime settantadue ore in questo benedetto ospedale.—interruppe John.
—No, Rog. Così non va bene, hai bisogno di riposarti.
—Ma cosa dici mai? Ieri sera tua madre mi ha costretto a tornare a casa! Sai, anche gli altri sono molto preoccupati. Ah, John, di là c'è Veronica.
Quest'ultimo non esitò a lasciarci per uscire dalla porta.
—Che disastro che ho fatto, eh?—dissi a Roger, accarezzandogli una guancia.
—Che hai fatto? Tu non hai nessuna colpa.
—E' quello che mi state dicendo tutti, ma io non credo sia così.
—Andrà tutto bene, vedrai. Non appena darai ufficialmente la colpa a Liam dell'accaduto, verrà arrestato e tu potrai stare tranquilla.
A sentire quelle parole, mi mancò il respiro.
C'era davvero il bisogno di farlo mettere in carcere?
No, non volevo. D'altra parte mi aveva drogato, era inevitabile giustiziarlo.
—Rog, ma è proprio necessario?—mormorai.
—Non vuoi sia arrestato? Perché mai? Rose, hai idea di quel che ti ha fatto?
—Lo so, Roger, ma…
—Eccoti qui!—urlò qualcuno da fuori.
Veronica si precipitò accanto al mio letto e mi stritolò.
La sentii piangere.
—Eravamo così preoccupati!—disse.
—Veronica, smettila di fare la bambina, sei ridicola!
—Vedo che il tuo atteggiamento amaro non l'hai dimenticato, non è così?
—Non ho avuto un'amnesia cerebrale.—ribattei.—Qualcuno sa che ore sono?
—Le due di pomeriggio.—mi rispose John, anche lui giunto nella camera.
—Sapete se posso mangiare qualcosa? Ho una fame.
—E le proteine che hai nel braccio a che ti servono?—disse Roger, ticchettando il contenuto in vetro della flebo. Si accorse poi la mia faccia dispiaciuta.—Va bene, vado a chiedere a tua madre.—ed uscì dalla stanza.
Guardai John e Veronica che mi sorridevano.—E a voi due come va?—chiesi.—Non mi dite che non vi sbaciucchiate da quando ho avuto l'incidente perché non vi crederei mai.—aggiunsi sfacciata.
—Oh, Cristo. Rose, è mai possibile che i tuoi argomenti siano sempre gli stessi? Quasi quasi avrei voluto che avessi dormito un altro paio di giorni in più—si lamentò Veronica, mentre John era viola.
—John, arrossisci anche quando ci sono solo io?
—Ah, vai al diavolo, Rose.—disse lui, sedendosi su una poltroncina di fronte il mio letto.
—E a lavoro come va?—chiesi a Veronica.
—Mike dice che da quando non sei venuta più il negozio non è lo stesso.
—Ma ci ritornerò presto, digli di stare tranquillo.
Intanto, arrivò Roger con un vassoio di plastica blu.
—E' arrivata la pappa!—annunciò, mentre lui e Veronica mi aiutarono a sollevarmi.
Sul vassoio, c'era una sorta di fettina di carne con piselli.
Non era molto, ma mi accontentai di quelli.
—Sai che con queste fasce bianche sulla fronte assomigli ad una hippy?—ironizzò Roger.
Ridacchiammo tutti.—No, davvero, sei molto carina.—soggiunse, fissandomi amorevolmente.
—Rose, vuoi che ti togliamo la flebo? Così potete far casino quanto volete.—disse John.
—Ecco, se non l'avessi, molto probabilmente mi sarei alzata e dopo un attimo ci saresti finito tu in coma.—dissi io.
Continuai a mangiare, mentre gli altri non si decisero a parlare molto.
Proprio quando ebbi finito il mio pranzo, qualcuno bussò alla porta.
Roger andò ad aprire.—Ah, era ora! Credevo che un autobus vi avesse investito.
Entrarono Brian, Freddie e Mary che non tardarono a venirmi incontro.
—Rose, sei sveglia! Sono così contento!—disse Brian, inginocchiandosi di fianco me.
—Ehi, Bri! Anche io sono molto contento di vederti.—gli risposi, sorridendogli.
Fu poi il turno di Mary.—Rose! Ci hai fatto prendere un bello spavento.—mi lasciò un bacio sulla guancia.—Ci sono mancate così tanto le tue frecciatine a tuo fratello e a Veronica.
Tutti i presenti risero.
Era incredibile come Freddie l'avesse contagiata.
Ah, Freddie.
Lui mi raggiunse subito dopo.—Ciao, cara. Come ti senti?
—Che tu ci creda o no, Freddie, sei stato il secondo a chiedermelo dopo il medico. Comunque, bene, grazie.—risposi.
—Oh, il mio tesorino!—aggiunse il cantante, prendendomi la testa e premendola contro il suo petto.
Finii di ridere, non appena sentii Mary schiarirsi la voce, riuscendoci anche male.
Cercai di apparire la meno sorpresa possibile, ma non riuscii a nascondere i miei dubbi  a Roger, che mi sorrideva, e anche io feci lo stesso.
—Sai quanto ti dimetteranno?—mi distrasse Mary.
Altro shock ci fu quando la vidi tenere il braccio di Freddie.
—Io? Cioè…In realtà, no.—bofonchiai.
Tutti mi guardavano come se fossi un alieno, peccato che solo io si era accorto di quel particolare tra Mary e Freddie.
Ma, nonostante tutto, passai un'altra oretta insieme a loro.
Per mia grande sfortuna, anche John, Roger, Veronica e mamma dovettero andarsene nel tardo pomeriggio.
Purtroppo, infatti, avrei dovuto trascorrere la notte da sola.

 Ma durante la notte, improvvisamente, mi svegliai.
Un rumore assordante proveniva dalla finestra, un fruscio di foglie più denso di quello provocato dal vento, come se qualcuno stesse arrampicato sul muro.
Cominciai ad agitarmi, mi misi in posizione eretta, ero sul punto di chiamare l'infermiera di turno.
Ma fortunatamente sul davanzale mi ritrovai un Roger dai capelli più arruffati del solito.—Shh! Calmati, Rose, sono io.—liberai un sospiro di sollievo, poi sgranai gli occhi.
—Roger? Ma come hai fatt...—si avvicinò a me.
—Non preoccuparti, l'ho fatto tutte le notti. Ho capito che non c'era nessuno che rimanesse con te tutto il tempo, così scavalcavo il cancello della clinica e venivo qui, senza contare che siamo solo al primo piano.—mi aiutò a risistemarmi nel letto, anche se non poteva fare nulla per la fiala dolorosissima nel braccio destro.
—È sempre il primo piano, no? Come cazzo hai fatto a non farti male?—dissi io, incapace di comprendere da dove prendesse tutta quella forza per valicare un ospedale.
—È semplicissimo scavalcare, il problema è che c'è solo un albero attaccato all'edificio.—ecco spiegato perché avesse i capelli tutti fuori posto.
Risi.—L'avevo intuito.—gli sfilai una fogliolina infilata nei suoi capelli biondi.  Lui per tutta risposta mi lasciò un bacio sulla fronte.
—Ho passato tutte le notti accanto a te.—cominciò ad accarezzarmi amorevolmente il viso.—Credici. Non ti ho lasciata un secondo. Sono costretto però ad andarmene alle sei, quando ti cambiano la fiala.—lo guardai sbalordita.
—Sai anche l'ora in cui mi cambiano la fiala?—lui annuì.
—Beh, visto che è la prima notte in cui sei cosciente, che ne dici di fare qualcosa di... Come dire... Cosciente?—cominciai a ridere talmente forte che l'ago nel braccio mi dava dolori tremendi.
—Cosa intendi per cosciente?—chiesi, aggrottando il naso.
—Parlare con me ti interesserebbe?—si avvicinò a me, sedendosi ai piedi del letto.
—Ascoltare la radio non è lo stesso? John prima di andarsene mi aveva detto che quest'area del piano dell' ospedale è quasi vuota.
.—Tecnicamente dovrei dirti di no perché volevo farmi due chiacchiere con te, ma sono felice di accontentarti.
Si avvicinò allora alla radio che John aveva lasciato sul tavolino della stanza e l'accese.
Ci guardammo raggianti quando sentimmo le prime note di "Drive My Car" dei Beatles sprizzare nella camera.
—Che ne dici di un duetto?—io annuii, divertita della proposta.
Cominciò a cantare i primi versi, con la mano chiusa in un pugno per imitare un microfono:

Asked a girl what she wanted to be
She said baby, "Can't you see
I wanna be famous, a star on the screen
But you can do something in between"

Baby you can drive my car
Yes I'm gonna be a star
Baby you can drive my car
And maybe I love you

Avvicinò il suo "microfono" alla mia bocca e intonai i versi seguenti.

I told a girl that my prospects were good
And she said "baby, It's understood
Working for peanuts is all very fine
But I can show you a better time"

Avevo la voce tremolante, probabilmente perchè ero ancora debole, così io Roger cantammo insieme i versi successivi.

Baby you can drive my car
Yes I'm gonna be a star
Baby you can drive my car
And maybe I love you
Beep beep'm beep beep yeah.

Continuammo ad ascoltare la radio.
Roger andò a prendere una sedia e la pose abbastanza vicino a me.—Come va?—mi chiese, prendendomi il braccio senz'ago.
—Bene. Merito di John, Paul, Ringo e George.—risposi.
—Giusto, io non ho fatto un cazzo.—mise il broncio.
—Ah, sì. Grazie per avermi acceso acceso la radio.— scherzai.
—A proposito di John, in questi giorni stava sempre azzeccato a Veronica che era impressionante. Erano da vomito.
Ripensai a quello che avevano combinato una settimana prima. —E pensare che l'hanno anche fatto.—mi scappò. Mi coprii la bocca con la mano del braccio dove era impegnato l'ago.
Inutile descrivere il dolore.
—Che cosa?—chiese sbalordito, quando l'urlo che avevo emesse fu scomparso.
—Ehm…Niente.
Quando si parlava di sesso, alle volte sembrava un cane da tartufo.—Allora tutto quello che diceva Freddie era vero, e io da imbecille non gli ho creduto. Quando?—urlò.
 Sospirai, sorridendo.—Qualche giorno prima dell'incidente.—mi scappò dal ridere, e contagiai anche Roger.
—Oh, cazzo! Tutto ciò e irreale.—fu il suo commento.—John e Veronica che lo fanno è impensabile!—risi ancor di più.
—Ma dai, lasciali stare, almeno mi sono resa conto che John non è così chiuso come pensavo.
—Oh, non lo è per niente!—smise un momento di ridere e si alzò.—Adesso capisco tutti quei chiacchiericci quando eri in coma. "Oh mio Dio, John. Sono così preoccupata!"—si alzò e imitò la voce di Veronica con il falsetto, cosa che non gli era difficile fare.—"Anche io, Veronica, ma andrà tutto bene!"—mi stavo letteralmente sentendo male dalle risate.—"Oh lo spero, John." Smack, smack!—e baciò una persona immaginaria.—E non ti dico le facce disgustate di Brian, me e Freddie! Erano da diabete, più dei soprannomi di Fred.
—Oh, lo credo bene. Senti un po', mi spieghi cosa c'è sotto tra lui e Mary?
—Stanno insieme! Me l'hanno detto come due pesci lessi. Hai visto come si tenevano per mano?
—Devi ringraziare me, tesoro. Sono io che ho spinto Mary a farsi avanti.
—Sì, ora dovrei anche crederti.
—Domandalo a lei stessa.
—Ah, e poi in tutti questi giorni ho dimenticato di dirti che anche Brian ha una sottospecie di relazione in corso.
—Brian? E con chi?
—Con una certa Morgana.
—Chi cazzo è questa Morgana?
—Non lo so. Non voglio farti ingelosire, ma penso di essermela fatta un annetto fa.
—Ah, non dovrei preoccuparmi? E hai pure il coraggio di dirmelo.
—Te l'ho detto perché non mi fido di lei, ma Brian non vuole capirlo.
—Beh, se solo prova a baciarlo, ci penso io ad eliminarla. Il mio dolce Brian si merita di meglio.
—Il tuo dolce Brian? Quindi la gelosa dovresti essere tu?—risi.—Beh, ora tocca a me darti una notizia che ti farà impazzire. Pronta?—annuii, curiosissima.—Bene, ti rimettono domani sera.—rimasi allo stesso modo di Roger poco prima.
—Stai scherzando?
Scosse la testa.—Per niente. Ho sentito i medici parlare con tua madre prima che me ne andassi. Peccato che non posso più venire qui di nascosto.
—Oh, beh. Lo puoi fare tranquillamente a casa. Tanto ti riesce più semplice, visto che abitiamo al piano terra.
—Bah, scavalcherei anche l'Everest se necessario.—risi nuovamente.—Ti faccio ridere?
—Per queste battute da Romeo, sì.—gli diedi un lieve pugno sul suo braccio muscoloso.
—Beh, si dà il caso che lo scemo in questione non vede l'ora di baciarti.
—Oddio, ci siamo dati tutti quei baci, forse siamo più da diabete noi che Johnny e Ver.—dissi.
—Oh, non dirlo nemmeno per scherzo.—mi diede una pacca sulla coscia.—E poi io e te siamo due personalità toste, quei due sono più sdolcinati del caramello. Comunque io tua madre ci siamo fatti una bella chiacchierata. Secondo me ha capito che stiamo insieme.
—Oh, porca puttana.—mi misi una mano sulla fronte.
—Cosa c'è di male?
Ridemmo.
Dopo un po' gli chiesi se potesse spegnere la radio, visto che cominciava a girarmi la testa e lui si rialzò per rimetterlo a posto, dopodiché si avvicinò a me e mi lasciò un dolce bacio sulle labbra, dopodiché si risedette sulla sedia.
—Che ore sono?—chiesi.
—Credo le tre.—feci un mezzo sbadiglio.—Hai sonno?—annuii.
Benché priva di forze, ero terribilmente stanca. Roger si alzò dalla sedia e si stese accanto a me, ma doveva stare davvero scomodo, perché io già prendevo parte buona del letto.—Oh no, Rog. Non c'è bisogno, davvero.—mi pose un dito sulle labbra.
—Riposati finché vuoi, io non mi muovo da qui.—mi baciò nuovamente e gli diedi una carezza sulla guancia prima di chiudere gli occhi.

Spazio Autore: già, Rose, chi cazzo è questa Morgana?
La risposta è…Nessuno, avevo solo bisogno di creare un personaggio da diversivo per Brian, il perché lo scoprirete quando avrò finito questa storia, muahahaha…
Ma la vera domanda è: che cazzo ho scritto?
No, sul serio, credo che nessuno peggio di me sappia come funziona un ospedale.
Beh, un po' di fantasia non guasta mai, ma questa non è fantasia, è ignoranza.
Okay, la smetto di dare di matto per le cazzate che scrivo e vi saluto, sperando di riuscire a toccare il pc presto…

 

 

  
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