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Autore: Dust Fingers    14/01/2015    1 recensioni
"Non capisco, che sta succedendo? Non pensavo che sarebbe stato così...non immaginavo…"pensava cercando di riprendere il controllo del suo corpo, ma senza successo.
L’aveva vista così bella, la sua pelle lo aveva incantato, si era sentito chiamare, ma mai così forte e insistentemente, poi il suo viso e gli occhi...
Genere: Dark, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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008. First Romance
 
  Era stata questione di un attimo, pochi secondi, e tutto era andato a puttane e ora si ritrovava in uno stato confusionale e completamente fuori controllo: non ragionava, non riusciva a comprendere il vortice di sensazioni che lo travolgeva. Indomabile correva da un capo all’altro del suo corpo, prima alla testa, facendolo barcollare sulle sue sicurezze, poi alle mani, facendogliele tremare come mai era successo ed ogni cosa gli sfuggiva e finiva a terra in cocci, poi al ventre dove vorticava violento e dandogli il man di pancia e spostandosi per ultimo nelle gambe, dove gliele rendeva molli e instabili e facendolo cadere.
Non capisco, che sta succedendo? Non pensavo che sarebbe stato così...non immaginavo…pensava cercando di riprendere il controllo del suo corpo, ma senza successo.
L’aveva vista così bella, la sua pelle lo aveva incantato, si era sentito chiamare, ma mai così forte e insistentemente, poi il suo viso e gli occhi, oh com’era bella. Aveva immaginato come dovesse essere il suo corpo sotto quei vestiti sfarzosi, da festa che probabilmente aveva fatto arrivare da lontano, mandando i suoi schiavi a camminare per miglia e miglia perché le portassero proprio quel vestito. E quel vestito le aveva infine donato il tocco di bellezza esotica che le mancava e rendendola il fiore della serata. Oh, che bella che era stata, sotto le luci fioche delle candele, tra le ghirlande sgargianti appese un po’ ovunque.
E i suoi capelli corvini che volteggiavano seguendo le sue giravolte, passando di cavaliere in cavaliere.
  Le si era poi avvicinato. Era stato difficile, ma la sua pazienza era stata ripagata: si era infiltrato abilmente alla festa, non aveva nemmeno dovuto mentire quando gli avevano chiesto da cosa era mascherato e chi l’aveva invitato.
  «Sono un assassino, mi ha invitato la regina perché la protegga da tutta questa marmaglia insignificante come voi» aveva detto prima di passare oltre l’uomo che era rimasto interdetto, all’entrata dell’ampia piazza. Aveva per cui iniziato a girare a vuoto, facendosi appena scorgere dalla ragazza che si pavoneggiava dell’abito nuovo con le amiche i cui vestiti, per quanto preziosi e sfarzosi, non poteva minimamente competere con il suo.
Si era tenuto in disparte per la maggior parte dell’allegra serata, facendo finta di non provare interesse verso di lei, come invece facevano tutti gli altri invitati, che la riempivano di attenzioni esagerate. Piuttosto aveva continuato ad ignorarla, quasi del tutto, incrociando il suo sguardo indignato appena un paio di volte e sfuggendole quando invece era lei a cercarlo.
  Vi furono ancora danze e balli e banchetti sfrenati per gran parte della nottata; poi, ad un certo punto, era stata lei ad avvicinarsi all’uomo vestito di nero e che girava incappucciato per la festa.
Era stato oggetto di pettegolezzo, da quando era arrivato, con le altre ragazze presenti alla festa, ovviamente solo quelle da lei ritenute degne della sua considerazione. Aveva calamitato la loro attenzione, muovendosi come un felino tra le coppie danzanti ed evitando di scontrare persino un cameriere che aveva inciampato e stava cadendo nella sua direzione, anche se poi comunque non lo aveva aiutato a rialzarsi ed a raccogliere i cocci da terra, ma aveva proseguito per la sua strada. Era come se gli interessasse solo consumare le suole degli stivali, non faceva altro che girare per la piazza, come ad evitarla: aveva perfino rivolto la parola ad una ragazza a cui lei non aveva osato farlo!
Di quel volto che si celava sotto l’ampio cappuccio nero della casacca con un accenno di orlatura ricamata in fili argentei e brillanti e con fibbie di metallo vero, era riuscita a scorgere soltanto un angolo di un viso affilato ma con decisi tratti spigolosi, ed due occhi scuri come pozzi profondi e infiniti.
Iniziò a seguirlo insistentemente, cercando di farsi notare, cercando di fare in modo che fosse lui a rivolgerle la parole per primo, così che lei non sembrasse una disperata come le sue coetanee sempre alle ricerca di un possibile marito ogni qualvolta che si presentava l’occasione per mettersi in mostra.
Infine lo vide voltarsi ed incrociò finalmente il suo sguardo serio e fermo, deciso, prima che sparisse dietro l’angolo di una casa per abbandonare la festa.
  Era giunto il momento: era un chiaro invito a seguirla, le avrebbe rivolto la parola e forse le avrebbe detto qualcosa di importante, o le avrebbe fatto i complimenti per essere la più bella della festa.
  Svoltò l’angolo per seguire lo sconosciuto, ma egli era già sparito nell’ombra e la poca luce delle candele e delle lanterne, per quanto numerose, non riusciva ad illuminare anche quella viuzza. Si guardò attorno circospetta, quando si sentì sfiorare il collo.
Si voltò, spaventata ed incontrò i pozzi infiniti che aveva inseguito per tutta la serata, una ciocca chiarissima vi ricadeva davanti.
  «Avevo sentito parlare della vostra sublime bellezza» esordì lo sconosciuto prendendole una mano e baciandogliela, cortese; nei suoi occhi però non vi era quasi traccia di sentimento per la frase appena detta. La ragazza arrossi appena e si nascose dietro un ventaglio di piume che lei stessa si era confezionata durante le lezioni di cucito, sorridendo compiaciuta: finalmente anche lui era caduto ai suoi piedi, nonostante si fosse fatto desiderare tutta la durata della festa.
  «Da dove venite?» domandò, ma la domanda dovette suonare davvero irritante e scomoda allo sconosciuto perché questi si rialzò di scatto, lasciandole la mano. Poi le si avvicinò fin quasi a sfiorarla, e le sorrise: una linea bianca si disegnò improvvisamente nella pelle pallida e, sfiorandole il mento con un dito, aggiunse: «Non ha importanza, mia cara» prima di avvicinare la labbra alle sue e baciarla profondamente.
Lei le percepì fredde sulle proprie, ma non vi badò, quel bacio era troppo importante: troppo sfrontato, senza nemmeno presentarsi.
Il ventaglio le scivolò dalle dita e cadde a terra.
  Vexe la sentì che gli metteva le braccia attorno al collo e si lasciava andare, fidandosi completamente di lui, tra le sue braccia, sorrise tra sé e la trafisse al ventre con il coltello che aveva nascosto nella manica un attimo dopo aver svoltato l’angolo in attesa che la sua preda arrivasse, attirata nella sua ragnatela.
Ora la ragazza lo fissava con gli occhi spalancati, tradita. Oh sì, era stata tradita, ma non da lui, era stata tradita da sé stessa che si era fidata di uno sconosciuto incontrato solo quella sera.
Gli si irrigidì tra le braccia mentre la sua bocca si spalancava in un urlo muto che non riusciva ad oltrepassare la soglia della bocca e le mani che si aggrappavano disperate alla sue, cercando un appiglio di vita.
Infine cadde a terrà, nella pozza stessa del suo sangue che le aveva inzuppato e rovinato il prezioso vestito. Gli occhi vitrei ancora lo fissavano mentre si allontanava nella viuzza buia lasciando il corpo della ragazza, che era stata la più bella della festa, riverso a terra come un guscio vuoto, abbandonato dall’anima.
 
  Le mani gli tremavano mentre riponeva il coltello nella sua guaina attaccata alla cintura, non riusciva ad avere il completo controllo delle dita, infatti si procurò un paio di tagli superficiali prima di riuscire a riporlo ancora sporco di sangue blu, il sangue reale.
Si sentiva la testa girare, invasa da sensazioni che non sapeva esistessero, né pensava sarebbe stato in grado di provare un giorno: piacere, eccitazione, brama di altro sangue.
  Era stato come un colpo di fulmine.
  
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