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Autore: Dust Fingers    14/01/2015    1 recensioni
La donna però, che ancora raccoglieva la frutta caduta a terra, pareva aver udito la sua sottilissima risata per cui, raccolte ancora un paio di pesche, decise di dileguarsi...
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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009. Orchards
 
  Nell’aria fresca si propagavano gli odori della natura: l’erba appena tagliata, i fiori sbocciati e ancora imperlati di rugiada, la frutta che abbondava sui rami facendoli pendere e sfiorare il terreno, nei cesti a terra a prendere fresco all’ombra degli alberi.
Attento a non fare alcun rumore, si mosse rapido nelle macchie d’ombra degli alberi proiettate dal sole sull’erba che gli solleticava le caviglie e le mani.
Trattenne il respiro mentre una delle contadine passava accanto all’albero dietro il quale si era nascosto, emise un sospiro di sollievo appena la ragazza passò oltre. Si spostò dentro un’ombra più scura ed ampia e, una volta arrampicatosi su di un ramo che gli stava poche spanne sopra la testa, graffiandosi appena le palme della mani e le piante dei piedi scalzi sulla dura corteccia, allungò una mano, cauto, verso una pesca che pendeva turgida e rosea dal suo piccolo ramo.
Sotto di lui le rivolgeva la schiena una donna con un cuffia in testa e ciocche castane che da questa sfuggivano sulla nuca e sulle orecchie: sembrava una bella ragazza, giudicò Jeff, valutando la sua figura formosa e il profilo degli zigomi.
  Staccò la pesca dal rametto e lei parve accorgersene perché si fermò un istante intenta ad ascoltare suoni dissonanti dall’armonia che regnava nel frutteto, Jeff si ritirò nell’ombra delle fronde.
Non era bello rubare ma, come ogni anno, non poteva rinunciare alla sensazione della frutta fresca appena colta in bocca. Mai e poi mai.
  Ime adorerebbe essere qui, adesso, pensò divertito immaginando l’immenso animale addentare e strappare via l’intero ramo, o rotolarsi nell’erba solleticante.
La donna però, che ancora raccoglieva la frutta caduta a terra, pareva aver udito la sua sottilissima risata per cui, raccolte ancora un paio di pesche, Jeff decise di dileguarsi scendendo dal lato opposto dell’albero il più silenziosamente possibile per poi spostarsi di nuovo rapido di ombra in ombra fino al limitare del grande frutteto.
  Si sedette su di un piccolo crinale che scendeva in un campo sottostante che biondeggiava di cereali non stagionali. Finalmente, nascosto agli occhi delle braccianti, si concesse un momento di pura pace, prima che si accorgessero della sua assenza e lo richiamassero a pulire le stalle; la brezza leggera gli scompigliò icapelli vivaci e ribelli mentre osservava il cielo chiaro, senza una nuvola.
  «Che pace» sussurrò. Poi, ricordandosi delle pesche, ne prese una ed affondò i denti bianchi che spuntarono famelici tra le sue labbra nella morbida polpa. Il succo del frutto gli colò giù per il mento e il collo mentre il sapore gli esplodeva in bocca. Lanciò via il nocciolo e prese la seconda pesca; aveva le dita appiccicose, ma se le sarebbe leccate alla fine. Finito di sbocconcellare anche quella, presa la terza ed ultima pesca: si avvicinò il frutto al naso e tocco lieve la peluria che la ricopriva con le labbra mentre l’annusava.
  «Questa sembra la più buona» disse soddisfatto dando un grosso morso che toccò direttamente il nocciolo scuro e bucherellato. Fuoriuscì una tale quantità di succo che gli bagnò tutta la mano, scendendo lungo il braccio, e dovette recuperarlo leccandosi l’avambraccio, al costo di apparire come un cane che si lecca il pelo. Non l’avrebbe sprecato!
 
Rimase disteso nell’erba a lungo finché, a sera inoltrata, qualcosa non lo scosse: Imeughe con la punta del becco ricurvo gli stava tirando alcune ciocche di capelli.
  «Mi sono attardato troppo» mormorò accarezzando la testa del grifone mettendosi a sedere.
  
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