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Autore: Ae Chan    15/01/2015    2 recensioni
La storia di Oh Sehun e di Lu Han ha inizio durante una normalissima giornata di sole. Il loro primo incontro avviene con sottofondo la canzone dei Big Bang, Blue. Entrambi non si conoscono, eppure sembrano uniti da una strana forza a loro sconosciuta.
Da una parte abbiamo Lu Han, ragazzo dolce, timido ed estremamente sensibile; dall'altra invece abbiamo Oh Sehun, un bulletto dal pessimo carattere e dalla strana mania per il buble tea. Totalmente diversi l’uno dall'altro, eppure così uguali.
[Prima la storia si chiama "E se...", ma ho deciso di cambiare il nome, grazie di tutto]
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Lu Han, Lu Han, Sehun, Sehun
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti, questa forse è l’unica storia seria che abbia mai scritto in tutta la mia vita, ma non credo che riuscirò nell’intento, ma proverò ugualmente.
Sono poche le cose che vi chiederò ma spero che non siano troppe:
  1. vi chiedo perdono per gli errori ortografici, ma per quanto io tenti di non farli, essi mi perseguitano (anche in queste poche righe sicuramente ci saranno), se ci dovessero essere voi ditemelo.
  2. I personaggi di questa FF non sono famosi.
  3. Il titolo sarà provvisorio, poi quando me ne verrà in mente uno più bello lo cambierò.
  4. Spero di non avervi annoiato, ma mi sembrava giusto scrivere tutto questo.
Buona lettura ragazze e ragazzi (se ci siete anche voi), un bacione
 
*** Quinto capitolo ***
 
Sono le 20.30
Ha paura, non vuole assolutamente tornare in quella casa ed affrontare quello stronzo di suo padre. Non vuole sentire nuovamente le sue mani sul suo corpo. Non vuole sentire mentre urla dalla rabbia e lo pesta a sangue, proprio come era successo qualche mese prima. Non vuole rimare a casa, a causa delle contusioni e dei forti dolori, con quella troietta rifatta della sua matrigna.
Sehun vuole semplicemente essere lasciato in pace, vuole cambiare vita e lasciarsi tutto alle spalle. Desidera scappare, trovare una nuova sistemazione e qualcuno che in qualche modo lo apprezzi e che lo ami per quello che è; ma questo è semplicemente impossibile, quelli come lui non hanno il diritto di essere felice, di avere un po’ di pace e di tranquillità. Quelli come lui devono solo pensare alla loro sopravvivenza e a nient’altro.
Il moro si sentì mancare l’aria, quando intravide la strada invasa da ciliegi che portava irreparabilmente a casa sua. Tremò quando a soli sette metri notò il cancello di casa sua in ferro nero. Tremò quando notò porche rossa fiammante di suo padre parcheggiata sul vialetto.
Era tornato a casa e questa decisamente non era una buona notizia per il povero Sehun, che ancora non era del tutto guarito dall’ultimo incontro con l’uomo che da anni terrorizzata la sua vita.
Era arrivato il momento dei conti e per quanto sentisse il bisogno di scappare, purtroppo non lo poteva fare, perché così facendo avrebbe semplicemente peggiorato la situazione. Facendo arrabbiare ancora di più il padre che lo avrebbe, con altrettanta furia, rimandato all’ospedale.
Sehun non avrebbe voluto citofonare a quella casa, più volte gli era passata la malsana idea di fuggire, cambiare città, anzi prendere un aereo e magari trasferirsi in Italia, a Milano e rimanere lì fino alla fine dei suoi giorni. Ma non lo poteva assolutamente fare, non poteva permettersi una cosa del genere. Era minorenne, come avrebbe fatto a sopravvivere senza un lavoro e una casa?
Sospirò pesantemente una.
Due.
Tre.
Quattro.
Cinque.
Sei.
Sette volte.
Poi lentamente aveva alzato il dito, premendo il minuscolo bottone che gli avrebbe permesso di entrare nell’inferno. In poche parole: citofonò.
Non dovette aspettare nemmeno cinque minuti poiché il cancello si aprì cigolando, facendo un rumore estremamente inquietante, spaventoso.
Prese a camminare lentamente, percorrendo il lungo vialetto che portava alla porta principale di quell’imponente villa.
Quando si avvicinò alla porta, non fece in tempo ad aprirla che si spalancò e una grassa mano lo afferrò per giacca con violenza, trascinandolo dentro.
Era arrivata la sua ora.
In un breve lasso di tempo si ritrovò letteralmente sul pavimento, con un labbro spaccato e con del sangue che aveva preso a bagnarli la camicia della divisa scolastica, macchiandola di rosso.
- Pezzo di merda! – urlò suo padre con rabbia.
- È così che ti comporti dopo tutto quello che ho fatto per te?
Mi sono rotto i coglioni Sehun di tirati fuori dalla merda in cui ti cacci ogni volta. No mio caro, questa volta non la passerai liscia; hai bisogno di una bella lezione, hai bisogno di imparare come funzionano le cose in questa casa coglione – aggiunse, prima di prenderlo a calci nello stomaco, facendolo gemere dal dolore.
Sehun rivolse lo sguardo dolorante verso la matrigna, che guardava la scena dal divano con i soliti popcorn tra le gambe e un sorriso di puro divertimento sul volto.
Odiava quella troia, la odiava con tutto il suo cuore. Lei non sarebbe mai stata sua madre, non avrebbe mai preso il suo posto, di questo non era certo.
- Sei un debole. Sei esattamente come tua madre: inutile!
Ti odio coglione che non sei altro, sei esattamente il figlio che non volevo avere.
Sei una delusione, una merda – continuò a riempirlo di insulti il padre.
Sehun rimase lì, sul freddo pavimento a subire le violenze del padre, finché sollevato da chissà quale forza, afferrò il padre per le gambe facendolo cadere, dopo di che scappò via.
Corse più che poté, ignorando le urla disumane di quel folle di suo padre.
Aveva preso a piovere quella sera.
L’acqua era fredda e gli dava un tale sollievo sulla pelle ferita.
Stanco, si fermò alla fermata di un pullman che non aveva mai preso prima d’ora. Non gli importava dove andava, l’unica cosa che contava il quel momento era scappare il più lontano possibile da quello stronzo di suo padre.
Sospirò di sollievo quando il pullman arrivò, aveva troppa paura che quell’uomo potesse raggiungerlo da un memento all’altro, riportandolo in quella casa e continuando ciò che aveva bruscamente  interrotto. Salì velocemente e con altrettanta velocità occupò il posto più lontano possibile, quello che dava meno nell’occhio, quello più isolato e poco illuminato.
Pioveva a diritto.
Dove sarebbe andato ora che era scappato di casa?
Se fosse tornato indietro, sicuramente suo padre lo avrebbe massacrato di botte, rendendolo in fin di vita. Sehun rabbrividì al solo pensiero delle suo mani sul suo corpo.
Il pullman si fermò, le sue porte si aprirono lasciando entrare uno ragazzo che stringeva tra le mani un ombrello di un colore irriconoscibile. Magari era un grigio sporco oppure un giallo scolorito, bho, non sapeva cosa pensare.
Sehun spalancò gli occhi, quando notò che si trattava esattamente del cameriere del bar vicino a scuola, il ragazzo che gli aveva chiesto gentilmente il nome e che gli aveva sorriso dolcemente.
Nemmeno lui seppe per quale motivo decise di farlo, ma si alzò immediatamente dal suo posto e si sedette vicino a Lu Han.
Il cameriere, quando sentì che qualcuno si era seduto al suo fianco sussultò poiché troppo distratto dal libro che pochi secondi prima aveva estratto dal proprio zaino beige.
Sehun tenne lo sguardo rivolto verso le proprie scarpe bagnate, non voleva che
Lu Han lo riconoscesse.
Chissà cos’avrebbe pensato di lui in quel momento?
Sospirò nuovamente.
Era proprio uno stupido, perché solo uno stupido si sarebbe seduto vicino ad uno conosciuto, aspettando con pazienza che gli rivolgesse la parola. Si, Sehun avrebbe voluto assolutamente che Lu Han gli rivolgesse almeno un…
- Ciao Sehun –
Alzò di scatto la testa, quando sentì improvvisamente la sua voce.
Stava parlando con lui?
Proprio con lui?
A quanto pare si!
- Ciao Lu Han – rispose con un filo di voce.
- Oddio! che è successo alla tua faccia? – domandò il più basso con voce all’armata.
- N… niente –
Certo, niente!
Come se essere picchiato dal proprio padre non fosse “NIENTE”!
- Come niente! Guarda com’è ridotta la tua faccia!
Ti sei per caso azzuffato con qualcuno?
Perché se è così guarda che non approvo la violenza Sehun, nulla si risolve con calci o pugni –
Sehun abbassò nuovamente la testa. Si sentiva così indifeso e… debole in quel momento. Lui odiava essere debole, non poteva farsi vedere così dalle persone, perché sicuramente essi ne approfitterebbero.
- Dimmi che ti è successo? – domandò nuovamente il più basso.
 - Perché confidarmi con uno sconosciuto?
Io e te non ci conosciamo!
Dimmi perché? –
Era frustrato ed arrabbiato!
Perché mai uno come Lu Han aveva così a cuore di sapere quello che gli era successo?
Lu Han gli sorrise dolcemente.
- Perché da quello che vedo, so che ne vuoi parlare con qualcuno e vuoi raccontarmi quello che ti è successo io sono qui, ti ascolto –
Sehun per la prima volta in tutta la sua vita, si lascò scappare un singhiozzo.
Si sentivo così tremendamente solo in quel momento. Desiderava semplicemente che sua madre fosse, insieme a lui e che lo stringesse tra le sue braccia cullandolo e dicendogli parole di conforto.
In realtà, quando sentì le braccia di Lu Han che lo circondavano, non si stupì per niente, poiché in qualche modo sapeva che lui avrebbe fatto quella mossa.
 
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Scusate se finisco i capitolo sempre in questo modo, ma proprio non riesco a finirli diversamente. Allora, in questo capitolo finalmente incontriamo il padre di Sehun!
Naturalmente lo incontreremo in altri capitolo, mica finisce qui la questione “botte”.
Sehun rincontra nuovamente Luhan, ma cosa succederà tra questi due?
Hunnie gli racconterà quello che gli è successo?
Non vi anticipo nulla del prossimo capitolo sia chiaro ;)
Spero che sia venuto abbastanza lungo, anche perche il prossimo non lo sarà per niente. Vi chiedo scusa per gli errori, ma più di così non posso fare, anche se rileggo e rileggo purtroppo non riesco a vedere tutti gli errori di distrazione ^^
Comunque, ora vi lascio.
Buona serata a tutti :3

 
  
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