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Autore: Maryleescence    15/01/2015    1 recensioni
Alexander Brown è un ricco aristocratico che vive nella Londra vittoriana del 1859. Non tutti sanno che dietro quel bell'aspetto e occhi incantevoli, si nasconde in realtà il volto di un assassino. L'uomo uccide le donne con cui riesce ad avere rapporti e in seguito, taglia loro una ciocca di capelli, tenendola come ricordo nel libro delle sue malefatte. Amori, ossessioni e passioni carnali contraddistinguono la sua vita, ma ciò porterà lui stesso alla morte, che fatalmente infligge alle donne che incontra.
Genere: Drammatico, Horror, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Violenza
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Capitolo 22°: La verità fatale.

 

Appena aprì gli occhi, notò quanto in realtà fosse confuso e quanto fosse coinvolto da pericolosi capogiri. Cercò di mettere a fuoco la sua vista, strizzando più volte i suoi occhi, ma continuava a risultare sfocata. Si maledisse profondamente per questo particolare, poiché voleva sapere a tutti i costi dove si trovasse.
Improvvisamente, però, vide del fuoco.
Cercò di muoversi, ma le sue mani erano bloccate e così anche le sue gambe. Urlò, ma questo gesto fu vano, poiché la sua voce era come un eco sordo in un oceano silenzioso. Ben presto si accorse di essere sdraiato su qualcosa di duro e freddo, ma non sapeva, in realtà, dove si trovasse.
Ebbene sì, Alexander Brown era legato da numerose catene, attorcigliate agli arti, a quel tavolo di ferro su cui più volte aveva squarciato cadaveri innocenti ed era posto davanti a quel forno dove più volte li aveva bruciati. Esso era acceso e trasmetteva inquietudine nello stesso assassino fatale.
Cercò nuovamente di muoversi e urlare, ma era completamente bloccato in quella trappola infernale. Avvertiva il cuore battere forte a causa dell’agitazione e il respiro farsi sempre più affannoso. La paura e il terrore presero il sopravvento su di lui, come non era avvenuto mai.
Proprio in quell’istante, sentì una risata provenire dal corridoio buio che spesso lui aveva attraversato con timore; era maligna e perfida, tanto da squarciare quel silenzio angosciante.
Con disinvoltura entrò nella stanza, strisciando quei piedi sul suolo. Aveva il volto coperto dal cappuccio di un mantello nero e teneva le mani in grembo, mentre avanzava lentamente verso quel corpo inerme. Alexander deglutì dalla forte paura, la quale faceva scorrere velocemente l’adrenalina nelle sue vene.
Lei rise ancora, ma di puro gusto e toccò con avidità il suo petto. Il ragazzo fu percorso da brividi profondi che s’incanalavano in ogni parte del suo corpo.
La donna si tolse il cappuccio, svelando la sua vera identità. Proprio in quel momento Alexander rimase scioccato da ciò vide davanti ai suoi occhi; anzi per lo più deluso e ferito.
<< Miriam! Ma cosa fate qui?! Perché mi avete legato?! >> chiese urlando.
La figura femminile posta davanti a lui era proprio l’amore della sua vita di cui si era innamorato follemente. Fissava con attenzione quei capelli biondi, i quali emanavano ancora un profumo delicato, e in seguito, i loro sguardi profondi s’incrociarono. Era ancora confuso sulle azioni che la ragazza voleva compiere proprio in quel luogo, ma forse aveva capito che qualcosa di orripilante stava per accadere.
<< Io non mi chiamo Miriam, sciocco! >> urlò, infilzando le unghie nella carne del ragazzo e godendo delle sue urla di dolore. << Per tutto questo tempo, hai creduto alla mia falsa identità. Non pensavo eri così stupido, Alexander! >> continuò, affondando sempre di più quelle dita nella carne, per poi estrarle e leccare quel sangue con avidità.
<< E allora chi sei?! >> chiese, ansimando dal forte dolore.
<< Non mi riconosci? Sono tua sorella, Jane Brown… >> rispose, afferrandogli i capelli con forza. << Tu non sei un demone, sei solo un pazzo che crede di esserlo! Pensi di essere davvero il figlio di Satana? Mi dispiace contraddire le tue idee, ma io sono sua figlia. Te l’ho solo fatto credere affinché tu uccidessi più vittime e t’imprigionassero anche per delitti non commessi da te personalmente, ma che erano i miei! Ebbene sì, Alexander. Io sono l’assassina che puntualmente ti faceva trovare sul luogo del delitto. Manipolai la mente di Alya e le ordinai di attaccarti, tu vincesti e lì osservai la tua vera forza che probabilmente avevi acquistato con la fatica. Quando, però, ti vidi in quella cella, capì che dovevi morire per mano mia, perché solo così avrei messo in atto la mia efferata vendetta. Tu hai ucciso nostra madre ed è questa la fine che ti meriti! Pensavi davvero che ti amassi? No; Ti ho preso solo in giro, poiché sapevo che adulandoti avrei ricevuto in cambio la tua vulnerabilità, facendoti diventare un debole sentimentale. Ora ti ho in pugno e non mi puoi scappare! >> continuò, strattonandolo e facendogli sbattere la testa contro il muro.
Mentre Alexander ansimava dolorante e allo stesso tempo piangeva, contemplando il male procuratogli con quell’orrida notizia, Jane estrasse un lungo coltello affilato dal suo mantello. Lo baciò con foga e il ragazzo si lasciò trascinare, proprio mentre lei le conficcò il coltello nel cuore con forza e malignità.
Quello che era stato l’assassino in grado di far tremare la Londra vittoriana, spalancò gli occhi blu e con le ultime forze cercò di esprimere i suoi sentimenti a quella che era, in realtà, l’artefice della sua morte.
<< Sappiate che io vi ho amata davvero, Jane… >>.
Detto ciò spirò e calò un silenzio tetro sulla scena circostante. Proprio in quel momento, la ragazza si mise a piangere davanti al corpo inerme di suo fratello. Forse anche lei, in fondo, aveva creduto a quell’amore incestuoso, ma l’aveva nascosto a se stessa, accecata dall’ira e dalla spudorata vendetta. Si ricordò del loro bacio e della loro notte d’amore passata proprio in quella casa; avrebbe potuto amarlo, ma grande sarebbe stato il prezzo da pagare. Rinunciare a una vendetta così importante, l’avrebbe fatta soffrire; condividere giorno per giorno il proprio amore con l’assassino di sua madre, l’avrebbe fatta soffrire. Eppure in quel momento, non riusciva a smettere di pensare ai dolci occhi blu di Alexander, mentre i suoi erano ricoperti da putride lacrime amare. Si accasciò su quel lurido pavimento e avvicinò al suo volto la mano fredda del cadavere, accarezzandosi e cercando un po’ del suo calore umano, ma invano. Loro erano simili. Prima commettevano l’atto criminale e in seguito, se ne pentivano profondamente, come se due metà contrastanti vivessero in uno stesso corpo.
<< Tu devi restare con me! >> urlò in lacrime.
In quel momento estrasse il coltello dalla ferita sanguinante e incominciò a squarciare quel corpo, senza alcun pudore. In seguito, divorò quegli organi che tanto reclamava, sporcando quelle dolci labbra – le quali una volta avevano incontrato quelle del fratello – di sangue amaro. Mentre lo faceva, piangeva, ma era sicura che Alexander volesse questo.
No; era la sua mente malata che le diceva di fare ciò. Era il desiderio di poter addentare della carne succulenta che la spingeva all’uccisione. Pareva che l’avesse ammazzato ben due volte, ma lei si sentiva ferita dentro; come se la coltellata avesse trafitto il suo cuore e non quello di suo fratello.
Sempre con quell’arma sporca di sangue, tagliò una ciocca riccia e la guardò con uno sguardo profondo. Si sarebbe dovuta sentire vittoriosa in quel momento, era parte del piano; avrebbe dovuto sentirsi vittoriosa mentre reclamava il suo ruolo di Collezionista di Capelli. Eppure, quella sensazione che si sarebbe aspettata di sentire, non arrivò mai. Alexander si era spento e così anche il suo coraggio e la sua forza. Si sentiva inutile e vulnerabile, mentre pensava al suo sorriso e al suo amore.
Jane liberò il corpo del fratello da quelle pesanti catene e in seguito lo gettò nel fuoco, osservandolo bruciare. Proprio in quell’istante, però, entrò anche lei in quelle spudorate fiamme, le quali incenerirono quello che fu un amore profondo tra due fratelli. Fin dalla nascita erano stati legati da un solo filo conduttore: il controllo di una passione ardente, dissipata dall’odio.

 

Fine.

   
 
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