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Autore: Aladino    16/01/2015    0 recensioni
Questa che vi racconterò è una storia vissuta nell'anno 1942 da una bambina di dodici anni, di nome Ester, sopravvissuta alla crudele guerra e al massacro degli Ebrei.
Mentre il mondo assisteva alla seconda guerra mondiale, in Germania, treni merci carichi di Ebrei venivano trasportati nei campi di concentramento polacchi a nord di Cracovia. Uno tra questi era il campo di sterminio di Birkenau, a circa tre chilometri dal campo di Auschwitz. Nelle vicinanze di quest'ultimo passava una linea ferroviaria, dove gli Ebrei venivano fatti scendere e poi divisi nei vari campi.
Quello che avvenne al loro interno è noto a tutti.
Genere: Avventura, Drammatico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era buio e faceva un gran freddo.

Non sapevo dove ci stavano portando, ma vedevo le persone intorno a me preoccupate, qualcuno piangeva. Mia madre mi teneva la mano e mi diceva che ci avrebbero portati da papà, partito qualche giorno prima.

Ero piccola, ma non ero stupida!

Non le dissi nulla, avevo capito che mentiva per non spaventarmi.

Si sentiva un grande silenzio.

Nessuno parlava, si udiva soltanto il rumore del treno che correva sui binari e la luce della luna piena che penetrava dalle assi di legno del vagone, dove ci avevano rinchiuso prima di partire.

Mi sedetti ad osservare, tramite quelle fenditure, ciò che correva veloce all'esterno.

Non conoscevo quel posto, ma si riusciva a comprendere di cosa si trattava.

Le sagome buie di grandi alberi non lasciavano dubbi: era una foresta!

In quel momento, il mio desiderio più grande era quello di correre libera tra quegli alberi e nella foresta sconosciuta.

Lo chiesi con tutto il mio cuore, rivolgendomi alla luna e qualcuno ascoltò le mie preghiere!

Il treno si fermò di colpo e tutti i presenti si guardarono tra loro per capire cosa stesse succedendo.

Io mi avvicinai alla porta, spostandomi lungo le fessure e sbirciando nel mezzo, verso il vagone guida.

Non si vedeva niente, sentivo solo alcuni soldati tedeschi che parlavano tra loro, senza però capire cosa stessero dicendo.

Ad un tratto sobbalzai, sentendo un forte ululato molto vicino alla nostra posizione.

Era talmente potente quell'urlo, che persino i soldati smisero di parlare.

Così portai la mia attenzione davanti a me, nell'ombra più scura, dove si intravedevano soltanto le forme degli alberi.

In quel momento, un uomo alle mie spalle disse a mia madre di spostarmi che avrebbe provato a rompere alcune assi per tentare di fuggire.

Io ero spaventata a morte e anche le altre donne lo erano.

Gli uomini, tutti insieme, iniziarono a tirar calci contro la porta, riuscendo a rompere un paio di assi.

Quello che bastava per la fuga.

Fui la prima ad uscire e subito dietro mia madre.

Con noi altre dieci persone decisero di provare a scappare, le altre rimasero nella carrozza.

Poi ci indicarono di entrare nel bosco davanti a noi, con il massimo silenzio.

A due passi dal bordo di un fosso, che divideva i binari dalla nostra libertà, sentii dei colpi fortissimi e assordanti di mitra.

Mi tappai le orecchie e chiusi gli occhi, da un momento all'altro mi aspettavo di essere colpita.

Ma mia madre ebbe la prontezza di lanciarmi violentemente all'interno della selva, salvandomi la vita!

Sentivo grida strazianti alle mie spalle e quando mi voltai verso il treno, vidi alcune persone a terra che non davano segni di vita.

Le stesse persone che pochi attimi prima, condividevano con me i pensieri, le preoccupazioni e forse anche dei sogni.

Era assurdo e non mi capacitavo di tanta crudeltà, ma non c'era tempo per pensare.

Un volta che mia madre mi raggiunse, iniziammo a correre più veloce che potevamo.

Mi tirava per il braccio cercando di velocizzare il passo.

Purtroppo però spesso cadevo per la troppa velocità e quindi li rallentavo tutti.

Così un uomo, che giunse alle mie spalle, mi prese tra le braccia e corse più veloce del vento; mi sembrava di volare!

Ricordo che mentre cercavano di metterci in salvo, i soldati ci inseguivano e ci sparavano contro.

Era il caos più totale e piangevo perché avevo paura di morire!

Fortunatamente non uccisero più nessuno, almeno per quella notte.

Riuscimmo a seminarli e quando tutto sembrava più calmo, guardavo la foresta intorno a me.

Era buio e la visibilità era scarsa, così osservai la luna.

Sembrava padroneggiare la notte con tanta sicurezza, quasi a volermi dire: <>

E io credevo alle sue parole, era stata lei ad esaudire i miei desideri, poco prima.

La notte passò in fretta e la mattina seguente ero felice, mi sentivo libera.

Ma ogni libertà ha un suo prezzo e noi lo pagammo duramente.

Eravamo riusciti a scappare in cinque, due donne, due uomini ed io.

Passarono molti giorni, non ricordo quanti e la fame ed il freddo erano devastanti.

Ognuno cercava di darsi da fare in qualche modo per sopravvivere.

Gli uomini andavano a caccia di qualche animale, ma il più delle volte tornavano senza niente.

Noi donne invece ci recavamo ad un fiume vicino, in cerca di cibo, ma senza fortuna.

La fame era davvero brutta, non riuscivo neanche a dormire per i forti crampi allo stomaco e oltre a me, sentivo lamentarsi anche gli altri.

Anche se ero solo una bambina, ero molto forte e cercavo di resistere il più possibile per evitare che mia madre si preoccupasse.

C'erano ben altri problemi che stavano arrivando!

Un pomeriggio, uno dei nostri, andando in perlustrazione aveva avvistato alcuni soldati distanti pochi isolati da noi.

Allora decisero che sarebbe stato meglio spostarsi da quel posto e cosi facemmo.

Ogni notte dormivamo in luoghi differenti, ma l'inverno era sempre più rigido e ogni giorno sempre peggio.

Per cercare di resistere al freddo, iniziammo a scavare delle fosse nella terra che servivano come riparo.

Dormivano vicini e abbracciati.

Per coprirci usavamo delle grandi foglie, che in qualche modo, riuscivano a riscaldarci.

Mi sentivo al sicuro quando stavo li con loro!

I giorni seguitavano tutto allo stesso modo, fino a quando cominciarono i veri problemi.

Una mattina, una donna non si svegliò più.

Era morta…morta di freddo!

Mi sentivo in colpa, maledettamente in colpa.

Erano tutti gentili e premurosi con me a tal punto che la notte ero quella più al caldo di tutti, mentre loro, rimanevano più vulnerabili al freddo dell'inverno.

Fu un episodio molto doloroso, era come aver perso una parte di noi.

Con il passare del tempo e la mancanza di cibo, decidemmo di nutrirci di altro.

Non riuscivamo a cacciare gli animali, non ne eravamo capaci.

Mangiavamo molto poco o quasi nulla da parecchio tempo e di conseguenza eravamo deboli.

Le prede semplici erano gli insetti e così diventarono il nostro unico sostegno per la sopravvivenza.

Dicono che ogni cosa avviene per una ragione e la mia decise di svelarsi da li a breve.

Ero intenta a lavarmi in un fiume con mia madre, quando vidi qualcosa che cambiò radicalmente il corso degli eventi e dalla mia stessa vita.

Un cucciolo di lupo stava affogando in balia di una corrente molto forte.

Dall'altro lato della sponda, un altro lupo molto grande, cercava di scendere con affanno.

Immaginai fosse il padre, vista la grandezza dell'esemplare.

La collina che lo divideva era troppo ripida e ogni tentativo andavo perduto.

Senza pensarci due volte presi l'iniziativa.

Mi gettai nel fiume per cercare di salvarlo, con le grida di mia madre, terrorizzata, che mi spaventarono ancora di più del gesto incosciente che avevo fatto.

Ma riuscii nel mio intento, prendendo il cucciolo e riportandolo a riva, sano e salvo.

Era bagnato fradicio e mi faceva tanta tenerezza che lo strinsi forte a me.

Temevo avesse freddo, lo stesso che stava uccidendo tutti noi, così cercai di riscaldarlo in qualche modo.

Il grande lupo rimase immobile a guardarmi per alcuni secondi, era imponente e stupendo, con occhi fieri e penetranti come la notte.

Sotto consiglio di mia madre, lo lasciai sulla riva, ma prima di andarmene mi ringraziò leccandomi dappertutto.

Era stato un giorno felice quello, tra i tanti tristi e disperati.

Nonostante la presenza del grande lupo, temevo rimanesse solo e quindi, mi assicurai che il suo “papà” lo venisse a prendere.

Mi nascosi dietro un grande albero, per non farmi vedere, assieme a mia madre.

Dopo qualche minuto arrivò a prendere il suo piccolo.

Era una scena che non dimenticherò mai, era bellissimo vedere con quanta cura tentava di rassicurarlo.

Lo leccava di continuo, passando la testa contro la sua.

Mi venne in mente un aneddoto di quando avevo cinque anni e dopo una caduta su alcune pietre, mi sbucciai le ginocchia.

Il mio papà mi prese in braccio per rassicurarmi, accarezzandomi la testa.

Mi sentivo protetta tra le sue braccia e vedendo quella scena così bella ebbi un tuffo al cuore, mi mancava così tanto.

Rimasi ad osservare ancora per un po' con le lacrime agli occhi.

Prima di riprendere il loro cammino, il grande lupo si voltò guardandomi dritta negli occhi.

Rimasi pietrificata dalla paura, temevo volessi attaccarci.

Poi riprese il suo cammino con il tenero cucciolo, che correva a slalom tra le sue gambe.

Ce ne andammo anche noi, per la nostra strada.

Durante il cammino, chiesi a mia madre come avesse fatto a vederci.

Con molto dolcezza, come sempre aveva avuto nei miei confronti, mi rispose che i lupi sono animali nobili e solitari, niente gli sfugge e non si dimenticano mai di nulla.

Fu profetica la frase di mia madre!

Alcuni giorni dopo, dei soldati tedeschi, escogitarono un metodo per catturarci.

Quell'imboscata costò la vita a tutti quanti.

Una notte, misero dei pezzi di carne e di pane lungo il bosco e il profumo che emanavano ci fece uscire allo scoperto.

Sapevamo che era una trappola, ma la fame era troppa.

Ci lanciammo in una corsa sfrenata, verso la zona da dove proveniva quel magnifico profumo di carne cotta.

Era l'ultima, essendo la meno veloce e rimasi più indietro di tutti.

Fu la mia fortuna!

Ricordo che prima di capire cosa stesse succedendo, vidi dei piccoli bagliori davanti a noi e poi il rumore assordante e mostruoso dei mitra.

Mia madre cadde a terra e con lei, uno dopo l'altro, tutti gli altri.

Rimasi paralizzata, vedendo la mia povera mamma a terra con gli occhi sbarrati verso il vuoto.

Non avevo nemmeno la forza di piangere, ero scioccata!

Era rimasta la sola in vita, ferma in piedi a fissare i cadaveri.

Non sapevo cosa sarebbe successo, ma in quel momento era l'ultimo dei miei problemi.

Il silenzio successivo all'esecuzione, sentii un soldato dire ad un altro:

 

Occupati di lei, fallo in fretta!

 

Mentre si allontanava assieme agli soldati.

L'uomo mi si avvicinò, portandosi a poco meno di un metro da me.

Mi guardava con uno sguardo quasi fiero di quello che aveva fato e che stava per fare.

Non dimenticherò mai i suoi occhi!

Poi prese la pistola, dal cinturone e me la puntò in testa.

Chiusi gli occhi, in attesa della sparo.

La sola speranza che avevo, era di provare meno dolore possibile.

 

Mi dispiace ragazzina, questa è la guerra!

 

Furono queste le parole che mi disse, prima di premere il grilletto.

Ma qualcuno decise che, quella notte, nessun altro doveva morire.

Un rumore di foglie calpestate con veemenza e un ringhio simile a quello di un cane, mi fecero riaprire gli occhi.

Vidi il grande lupo che stava sbranando il braccio del soldato.

I suoi compagni, sentendo quel fracasso, accorsero in suo aiuto.

Io iniziai a correre nella foresta, senza sapere dove andare, correvo ancora e ancora e lo feci fino a perdere il fiato.

Mi fermai soltanto quando non avevo più la forza di continuare, sedendomi dietro una grande pietra.

Non sapevo dove mi trovavo e avevo paura che mi scovassero.

Passata l'adrenalina del momento scoppiai a piangere, pensando a mia madre e al fatto che era rimasta sola dentro una foresta.

Quanto tempo sarei resistita? Mi domandavo.

Poi iniziai a pensare cosa avessimo fatto di male da meritarci tutto questo, senza trovare risposte plausibili.

La sola che mi venne in mente, forse per cercare qualche spiraglio nel sofferenza che provavo, erano le parole di quel soldato:

 

Questa è la guerra!

 

Una guerra che non capivo e che spesso viene pagata con la vita di persone innocenti.

Improvvisamente smisi di piangere, come se le lacrime dentro di me fossero finite e mi addormentai.

Quella notte feci degli incubi tremendi. Sognai di essere presa dai soldati e vidi la mia morte in un esecuzione.

Ricordo anche che mi guardavo intorno, mente attendevo la morte, nella speranza di vedere il lupo che correva a salvarmi.

Ma non arrivò in quel sogno.

Ad un tratto mi svegliai, guardandomi intorno nel buio della notte e a qualche decina di metri di distanza, vidi un'ombra.

Cercai di rialzarmi il più rapidamente possibile ma, mentre la sagoma avanzava verso di me, notai che si trattava del mio amico lupo.

Nonostante fosse felicissima di vederlo, avevo paura.

Avrei voluto abbracciarlo e ringraziarlo per avermi salvato la vita, ma forse non serviva.

Avevo salvato la vita del suo piccolo e lui l'aveva salvata a me.

Come diceva mia madre: I lupi non si dimenticano mai di nulla!

Più si avvicinava e più sembrava enorme.

Arrivò a pochi centimetri dal mio volto, sentivo il suo respiro sulla pelle e mi fissò negli occhi per parecchi secondi.

Sembrava quasi volermi studiare, vedere dentro di me.

Poi fece un piccolo passo all'indietro, chinando lievemente il capo, e socchiudendo gli occhi, cantò verso la luna con un grande ululato.

Per un attimo sussultai, ma infine rimasi ad ascoltarlo... era stupendo!

La sua voce, aveva cadenze e rialzi profondamente melodici ed era quasi rassicurante.

Lo immaginai come se volesse dirmi: Non avere paura!

Con il tempo scoprii che quel lupo, aveva tanto amore dentro di sé e avrebbe potuto insegnare a tanti uomini il vero significato della tolleranza.

Al termine del canto si voltò alle sue spalle e con immenso stupore, vidi il cucciolo spuntare dall'alto della collina, tra gli alberi e correre verso di noi.

Il piccoletto si ricordava di me, perché non appena mi vide, mi saltò tra le gambe mordicchiandomi i vestiti.

Ridevo e piangevo allo stesso momento, ma erano lacrime felici.

Per un attimo avevo dimenticato la fame e tutto il resto.

Erano tanti giorni che non sapevo cosa volesse dire essere sereni e quel lupetto, mi aveva fatto tornare il gioia di vivere.

Lo presi tra le braccia e lo avvicinai alle mie guance, come facevo con la mia bambola di pezza

quando ero a casa, prima di addormentarmi la sera.

Era caldo il suo corpo, tanto che mi mi sembrava di essere tornata a casa per un istante.

Nel frattempo il grande lupo si voltò ed iniziò a camminare lentamente.

Io non sapevo cosa fare e avendo paura di rimanere sola, lo seguì con il suo piccolo tra le braccia.

Ci inoltrammo nella foresta e camminammo a lungo.

Credevo di vivere in una favola; in una foresta da sola con un lupo e il suo cucciolo.

Dopo molto tempo arrivammo a destinazione

Il grande lupo si fermò davanti a una rientranza di terriccio che si intuiva andare oltre, ma il buio non permetteva di vederne la profondità.

Il piccolino corse deciso verso l'interno fino a scomparire dalla mia vista.

Guardandomi intorno vidi un piccolo fiume scorrere a poca distanza da noi e immaginai dunque, che quella fosse la loro casa.

Mi aveva portato fino a li per salvarmi dal freddo e al solo pensiero mi commossi.

Quanta umanità c'era in quell'essere! Mi dissi.

La mattina seguente, dopo essermi svegliata, mi sentivo stranamente riposata.

Era la prima volta che succedeva, da quando mi trovavo nella foresta.

Il grande lupo non c'era, mentre il mio amichetto, dormiva beatamente al mio fianco.

Rimasi ad osservarlo per lungo tempo...era cosi bello!

Poi lo stomaco iniziò a brontolare e così uscii all'esterno della tana.

Era una splendida giornata di sole, l'acqua scorreva leggera ed il vento soffiava freddo, ma non troppo.

Mi inginocchiai ai piedi del fiume per rinfrescarmi il viso e mentre portavo l'acqua al volto, sentii un movimento strano, a pochi metri da me.

Alzai subito la testa e vidi il grande lupo avanzare in mezzo al fiume con qualcosa in bocca.

Non appena mi si avvicinò, vidi che era un animale morto, completamente sventrato.

Lui si che sapeva cacciare!pensai.

Mi passò accanto guardandomi appena, poi proseguì verso la cavità.

Il cucciolo si era svegliato e zampettava simpaticamente verso suo padre, il quale mollò il boccone a terra.

Rimasi seduta ai piedi del fiume, guardando il piccolo divorare con forza quello che sembrava una faina o cosa ne restava.

Dopodiché mi voltai di nuovo verso il fiume, sia per la fame, sia per il disgusto di vedere un animale sventrato.

Il coraggioso lupo si avvicinò alla carcassa e con un morso violento e poderoso, staccò un pezzo di interiora, gettandomelo davanti agli occhi.

Il cucciolo alzò la testa per un attimo, guardando in direzione del padre, quasi dispiaciuto per avergli tolto del cibo.

Infine portò la sua attenzione su di me, spostando la testa di lato con un orecchio in su e l'altro che penzolava in basso e come se niente fosse, tornò sulla sua preda.

Mi faceva sorridere, era buffo vedere i suoi gesti impacciati.

Tornai dunque sulle interiora, rimanendo impassibile ad osservarle.

Avevo il volta stomaco solo all'idea di mangiarle.

Ogni volta che mangiavo gli insetti, chiudevo gli occhi immaginando qualcos'altro, mentre quella volta non sarei riuscita a farlo.

A quel punto, il saggio lupo notando il mio rifiuto, chinò la testa e con il muso spinse il cibo verso di me, invitandomi a mangiare.

Aveva ragione in fin dei conti, non sarei durata a lungo se fossi rimasta a digiuno.

Feci un sospiro e presi coraggio, cercando di non pensare a niente.

Lentamente e a piccoli morsi, iniziai a mangiare.

Tanta era la fame che lo divorai rapidamente e appena finito mi sentivo molto meglio.

I giorni passavano e la mancanza dei miei genitori era devastante.

Una notte, mentre i miei amici dormivano, ripensavo in continuazione a loro.

Piangevo silenziosamente cercando di farlo più in silenzio possibile, ma il grande lupo era molto vigile e al minimo rumore si svegliava.

Difatti, sentendomi singhiozzare ripetutamente, si svegliò e si voltò verso di me.

Ero davvero dispiaciuta per averlo svegliato e chiusi la bocca per non far altro rumore.

Era sempre stato molto premuroso nei miei confronti, ma non mi sarei mai aspettata una cosa del genere.

Dopo quel gesto non riuscii più a trattenermi, lo abbracciai e scoppiai in lacrime.

Il mio pianto svegliò anche il piccolo che, senza pensarci due volte, mi saltò in braccio scodinzolando dolcemente.

In quel preciso momento appresi che ormai era quella la mia famiglia.

I giorni che seguirono furono difficili ma, con loro al mio fianco, tutto sembrava più leggero

Io e il cucciolo eravamo inseparabili; avevo sempre desiderato avere un fratellino e lui per me lo era.

Decisi di dargli un nome e lo chiamai: Baku!

Mi ricordava tanto un cagnolino che aveva mio nonno e così scelsi di dargli lo stesso nome.

Mentre per il grande lupo non avevo nomi, ma convinzioni!

Nutrivo un grande rispetto e ammirazione, gli dovevo tanto per quello che stava facendo per me.

Lo vedevo come un angelo che il mio Dio aveva mandato sulla terra quella notte, per permettermi di vivere ancora.

Lui era mio padre, mia madre, il mio popolo, tutta le persone che erano morte e che non avevano avuto la fortuna di trovarlo nel loro cammino.

Era ognuno di queste cose e non smetterò mai di rendere grazie alla sua anima.

La sua grandezza andava oltre ogni cosa e una notte ne ebbi la prova.

Io ero vicino al fiume a guardare il cielo, non avevo sonno e lo vidi allontanarsi dalla sua casa.

Era molto solitario, come tutti i lupi, però capitava di rado che lasciasse il suo piccolo da solo e quella volta mi incuriosii particolarmente.

Così lo osservai camminare verso l'ignoto e rimasi colpita dalla fierezza che aveva.

Il suo passo era calmo e lo sguardo spietato di chi conosce le cicatrici del cuore, di chi sa cosa vuol dire amare qualcuno e perderlo per sempre.

Dopo alcuni minuti dalla sua assenza, sentii un ululato fortissimo e ripetuto.

Era molto diverso dai soliti ululati, sembrava quasi gridare di dolore o almeno era quella l'impressione mi dava.

Alzai la testa verso il cielo e notai che la luna era piena e quella notte, sembrava gigantesca.

Successe altre volte ed ogni volta che il grande lupo si allontanava, era sempre durante una notte di luna piena.

Una notte decisi di seguirlo.

Fece molta strada, camminando lentamente e ad un tratto si fermò.

Rimase seduto vicino a qualcosa che si intravedeva appena, poi sali su un cumulo di pietre, alte circa tre metri e ululò poderosamente il suo grido di dolore.

In quel momento decisi di avvicinai.

La mia curiosità era troppa e non riuscivo a resistere.

Volevo sapere, volevo conoscere i misteri del mio grande eroe.

Mi si fermò il respiro quando vidi quello che stava a terra: Il corpo senza vita di una lupa!

Doveva essere la sua compagna e la madre di Baku, pensai.

Metteva tanta passione, mentre cantava alla sua anima gemella il suo grido di amore.

Improvvisamente alle mie spalle, sbucò il cucciolo.

Io avevo seguito il suo papà e a mia volta, era stata seguita dal figlio.

Il grande lupo si voltò, notandoci.

Baku mi passò accanto, annusando a terra e iniziando a girare intorno al corpo privo di vita.

Ero stata una stupida!

Mi sentivo malissimo per aver permesso al mio piccolo amico di vedere la sua mamma morta, che con tanta cura suo padre gli aveva nascosto.

Iniziò a guaire copiosamente...l'aveva riconosciuta!

Il grande lupo scese dal cumulo e si avvicinò a suo figlio, io rimasi immobile a guardare il

tutto...vergognandomi di me stessa.

La scena che vidi mi fece scoppiare il cuore in mille pezzi.

Baku, si mise ad ululare sul corpo della madre e il grande lupo fece altrettanto, entrambi gridavano la loro sofferenza in perfetta sintonia.

Era la prima volta che lo sentivo ululare e oltre quello si capiva molto bene il dolore straziante che provava.

Mi misi a correre, piangendo come una matta e li abbracciai entrambi.

Per cinque lunghi minuti il pianto fu continuo... per tutti e tutti guardavano la luna piena sopra di noi.

Eravamo uniti, uniti come una famiglia!

 

Forse il destino aveva scelto quel momento per legare i nostri cuori per sempre.
Forse era proprio la luna a prendere le decisioni più importanti, quelle immortali.
Mentre il Sole riposava, illuminandola, lei decideva i legami che sarebbero rimasti eterni, inscindibili.
Forse era davvero lei che sceglieva a chi regalare un sogno.
E quello era il motivo per cui i lupi cantavano i loro desideri verso la luna piena, perché lo sapevano.”

 

Qualche istante dopo la mia riflessione, cercando di farmi perdonare per l'accaduto, iniziai a scavare a terra con le mani, vicino al corpo.

Scavai con forza e con tanta rabbia.

Avevo in mente la mia mamma e sapendo di non poter recuperare il suo corpo, desideravo almeno far riposare in pace quello della madre di Baku.

Il grande lupo inizialmente mi guardò, cosi come il suo piccolo, poi sembravano aver capito cosa volessi fare ed iniziarono anche loro a scavare.

Subito il grande Lupo e poi il dolce Baku che, con le sue zampette, dava colpi forti e profondi alla terra, ma riusciva solo a formare piccoli solchi.

Dopo circa dieci minuti era pronto.

Il Lupo osservava, fermo e saggio, mentre il piccolo Baku spostava la sua testa a sinistra e a destra, come se non capisse cosa volessi fare.

Presi il corpo per le zampe e lentamente lo posizionai nella buca.

E infine ricoprii nuovamente il tutto.

Cercavo qualcosa, come un simbolo e lo trovai in un piccolo ramo, spezzato, che assomigliava ad una “S”con una solo foglia ancora attaccata.

Lo presi tra le mani e lo posizionai in cima alla sepoltura.

Infine feci qualche passo indietro per lasciarli da soli, davanti a chi aveva diviso il proprio tempo con due meravigliosi esempi di umanità.

Passarono molte stagioni dopo quella notte, ma non so dire quante.

Avevo perso la cognizione del tempo.

Baku cresceva a vista d'occhio ed era diventato un giovane lupo, bello e forte come il padre.

Eravamo insieme in ogni secondo della giornata, come fratello e sorella...indivisibili.

Per quanto riguarda invece il grande lupo, lo seppellimmo a distanza di qualche mese dal ritrovamento della sua compagna.

Trovammo il suo corpo, privo di vita, sul letto del fiume.

Gli avevano sparato in testa!

I soldati erano sulle mie tracce e il mio eroe, ancora una volta, aveva difeso la mia vita.

Prima di morire aveva combattuto, affianco al suo corpo trovai un brandello di uniforme tedesca.

Ora non potevano più avermi!

Qualcuno diceva che l'anima di alcuni esseri viventi è composta da due cuori, mentre solo alcuni di noi, quelli più cari a Dio, ha nella propria anima tre cuori e Io credo di essere una di quelle. Dio mi ha fatto vivere una favola magica in questa foresta, con i miei fratelli lupi e una vita bellissima con la mia famiglia di un tempo.

Se quella persona diceva il vero, quei soldati si erano portati via tutto, mi avevano ucciso l'anima.

Avevano  preso i miei tre cuori, i più preziosi: mia madre, mio padre e il mio Eroe!

Presi il suo corpo e lo portai in quel luogo magico.

Poi preparai la buca, in fianco a quella della sua amata.

Baku era agitato, andava su e giù per la roccia , dove suo padre cantava alla luna.

Il suo corpo era dentro quella buca ma, probabilmente il suo spirito era lì che si trovava e Baku lo sentiva.

Staccai un pezzo del piccolo ramo, proprio nel mezzo, che giaceva sulla sepoltura della sua compagna e lo la misi sul tumulo del valoroso lupo.

Le due parti erano simili e ognuna di loro formava un semicerchio, una mezza luna.

In quel modo i loro corpi uniti avrebbero formato un cerchio perfetto, la luna piena.

Così facendo le loro anime si rincontreranno in un'altra dimensione, in un luogo dove nessuno potrà separarli mai più.

La sola foglia, che un tempo era su quel ramo, non c'era più, come se avesse atteso la sua morte per andarsene.

Era una strana notte quella, la luna era coperta di nuvole che le impedivano di risplendere.

Ma un d'un tratto, un forte vento si alzò.

Mi vennero i brividi per quello che i miei videro.

Le nuvole si diradarono lievemente, lasciando spazio a un solo fascio di luce che illuminò i due corpi sepolti.

In quel preciso momento, Baku ululò, con un suono lungo e profondo.

Le loro anime stavano salendo verso il cielo, insieme.

Mi inginocchiai e piansi...piansi tanto, ma di gioia, di felicità.


“Mi piace pensare che a volte l'amore prende delle strade diverse, per metterti alla prova, per vedere se è amore vero. Solo allora fa rincontrare due anime gemelle al fine di lasciarli uniti per

l'eternità.”


Successivamente ci spostammo a nord della foresta, dove costruii una casa di legno e dove tutt'oggi vivo.

Baku mi lasciò dieci anni dopo, morì di vecchiaia.

Ancora oggi, ogni notte di luna piena vado nel bosco a pregare sui corpi del grande Lupo, della sua compagna e del mio Baku.

Mi sembra di sentire i loro canti, mentre sono in quel luogo e spesso li immagino tutti insieme, felici, che corrono e giocano al mio fianco.

Non ho visto molto della vita, ho vissuto quasi l'intera esistenza con i lupi e in quella foresta.

Ma quello che posso dire con certezza è che ho avuto la fortuna di conoscere qualcosa che pochi hanno realmente conosciuto: L'amore, l'amore vero!

 

   
 
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