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Autore: Kaimy_11    16/01/2015    2 recensioni
Si può scoprire come una guerra possa unire, invece che dividere.
In un mondo tanto attento alle regole, alle leggi, una trasgressione può diventare bella e importante quanto un fiore nel deserto.
Forse amare significa trasgredire, forse per un capofazione degli Intrepidi proteggere qualcuno per lui importante potrebbe essere un rischio troppo grande.
Ma come rinunciare ad una persona capace di essere forte e testarda quanto lui, ma che al tempo stesso sa come dare pace al suo cuore tormentato?
Sarà davvero il fuoco che scioglie il ghiaccio, o il ghiaccio a spegnere il fuoco?
In guerra e in amore tutto è permesso...
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eric, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The reason '
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24. Logica e forza

 

 

Gli iniziati erano stati radunati e chiusi in una stanza scarsamente illuminata e non troppo grande, in cui tutti erano vicini fra loro e il chiacchiericcio copriva ogni altro suono. Aria si portò indietro i ciuffi ribelli di capelli corvini, si passò una mano sulla fronte e sospirò, fino a quando una porta venne aperta e fece il suo ingresso il capofazione.

Ovviamente, il capo in questione era Eric.

Gli altri ragazzi, soprattutto gli iniziati interni, si zittirono all’istante e si voltarono verso di lui per prestargli attenzione, ed Aria si chiese se fosse per paura o per rispetto.

-Verrete chiamati in ordine, dal primo all’ultimo, in base alla classifica finale del primo modulo!- Esordì Eric, schietto e letale come suo solito.

-Perché in base alla classifica del primo modulo e non del secondo?- chiese qualcuno.

-Dato che il primo in classifica ci ha lasciati…- continuò Eric, riferendosi all’incidente capitato ad Edward. –Il primo è Peter. Uriah? Preparati per dopo.-

Aria si voltò, individuando subito la massa di capelli neri lucidi che identificava Peter, e lo guardò con disprezzo. Dopo il loro ultimo scontro, e dopo aver saputo che aveva fatto la spia su di lei ed Eric, non si erano più rivolti la parola.

Non si erano nemmeno guardati per sbaglio, era come se si fossero trasferiti su fronti opposti della città.

Uriah, poco distante, fece un sorriso e piegò la testa da una parte all’altra per stendere i muscoli del collo. Il ragazzo che si era classificato terzo, tremava da capo a piede.

E, dopo loro tre, Aria sapeva che sarebbe stato il suo turno.

Tutti gli altri iniziati si spostarono da un lato mettendosi in fila, mentre lei, avvolta nei suoi pensieri, si era distratta ed era rimasta ferma davanti alla porta.

Per un attimo guardò Eric che stava uscendo, era pronta ad abbassare lo sguardo per non farsi vedere da nessuno, ma lui si girò verso di lei e la guardò a sua volta.

Le lanciò uno sguardo penetrante, era già nel corridoio, solo lei che gli era davanti poteva vederlo. Così, prima di chiudersi dietro la porta, Eric fissò i suoi occhi grigi in quelli di Aria e avvicinò una mano alla testa indicandosi la tempia, picchiettando tre volte il dito indice.

Per un attimo la ragazza piegò la testa senza comprendere, ma poi capì che non era solo un gesto con cui le diceva di usare la testa e, soprattutto, che le stava comunicando qualcosa.

Qualcosa di importante.

Le altre persone, normalmente, si sarebbero indicate la testa per invitare qualcun altro a ragionare, ma gli Eruditi avevano un segreto. Ogni fazione aveva un suo codice nascosto che permetteva ai suoi componenti di indentificarsi fra di loro.

Eric non si era solo indicato la fronte, l’aveva toccata con il dito per tre volte ad un ritmo particolare, prima due colpi veloci e poi, dopo un attimo, il terzo tocco.

Quello era il gesto identificativo fra gli Eruditi, veniva anche usato come suggerimento ad usare la testa e la logica fino a risolvere ogni problema.

Non gli davano solo il significato comune, era inteso come un ragionamento più profondo.

Indicando la logica e la sua forza.

Era una cosa da Eruditi.

In un attimo le ritornarono alla mente frammenti di ricordi, come il giorno del suo compleanno in cui Eric le aveva medicato con cura la schiena e fasciato la caviglia con maestria. Quando erano andati in infermeria, la donna che si sarebbe dovuta occupare di lei aveva lasciato tranquillamente il compito al ragazzo, dicendo che sapeva benissimo che era in grado di farcela da solo.

Ma perché mai un Intrepido avrebbe dovuto intendersene di medicina, quando solo gli Eruditi ricevevano un istruzione generale che li rendeva in grado di affrontare qualsiasi circostanza, e  che comprendeva principalmente le nozioni scientifiche e le tecniche di primo soccorso medico?

E come dimenticare il modo in cui Eric si era messo a ridere? Quello stesso giorno, Aria gli aveva espresso il suo personale risentimento per gli Eruditi, accusandolo di non essere in grado di capire cosa volesse dire crescere per sedici anni in quella fazione.

Poi, come un fulmine a ciel sereno, si ricordò del metodo con cui il ragazzo le aveva confidato di aver affrontato le sue paure durante la sua iniziazione, anni a dietro. Le aveva detto che anche lui usava la logica per ristabilizzare il battito cardiaco e per superare la simulazione, ma come era possibile che un Intrepido convinto e spietato come lui, si fermasse a ragionare?

Persino il modo in cui portava i capelli era sospetto, si era in parte rasato la testa certo, ma teneva in ordine i ciuffi più lunghi pettinandoli all’indietro come gli Eruditi.

Incredibilmente, in quel momento, tutto aveva trovato una spiegazione.

Eric era stato un Erudito.

Proprio come lei, era nato nella fazione degli astuti per poi trasferirsi fra gli Intrepidi.

Quando spalancò gli occhi per lo stupore, Eric sogghignò divertito e si chiuse finalmente la porta alle spalle.

 

Quando chiamarono il suo nome, Aria avanzò in silenzio a testa bassa, fino a quando il corridoio non si aprì su un salone enorme. Era una stanza circolare con ampie vetrate in alto e guardie che supervisionavano ovunque. Grandi monitor quadrati erano sistemati a semicerchio di fronte a lei, con gruppi di persone dietro ogni schermo, pronti ad analizzare la sua allucinazione della paura.

Al centro della sala, su un piano rialzato, l’attendeva una poltrona come quella su cui si era già seduta durante le sue precedenti simulazioni. Ma questa non era imbottita, era rigida ed emanava una luce propria tra il giallo e l’arancione.

Ed era decisamente più spaventosa.

La metteva in agitazione e le faceva tremare le mani.

Avanzò decisa, rifiutandosi di guardare il gruppo di capifazione radunati dietro ad un monitor, per paura di incrociare lo sguardo di Eric, fino a quando non raggiunse la pedana e si avvicinò alla poltrona.

-Siediti pure!- la invitò Tory.

Sapere che quella donna era la stessa che le aveva tatuato il collo e parte della schiena, le diede una certa tranquillità, d'altronde una persona capace di decorarle con maestria la pelle, non poteva certo farle del male.

Ma sapeva che non era di lei che doveva preoccuparsi, ma del siero che le sarebbe stato iniettato.

Si sedette sulla poltrona e si distese in pozione, rimanendo il più immobile possibile, ma le scappò un sussultò quando venne punta dall’ago e chiuse gli occhi mentre le veniva fatta l’iniezione.

Si concentrò sul proprio respiro, aspettando che accadesse, mentre cercava con tutta sé stessa di non perdere la calma.

Ma perse coscienza e si ritrovò fra i suoi peggiori incubi…

 

La sedia su cui era adagiata era rimasta, ma era diventata di sabbia, sotto ad una distesa d’acqua che le copriva gli arti e parte del busto fino ai fianchi.

Strinse i pugni e si sforzò di respirare con calma, quando si accorse di tutte le siringhe che aveva conficcate sulla pelle delle braccia e delle gambe.

Voleva liberarsi, quando si accorse della siringa che era appesa sopra la sua testa. Penzolava lentamente, luccicando minacciosa.

Forse, se avesse trovato il coraggio di usare contro di lei quella siringa pericola, Avrebbe ottenuto qualcosa.

Ma non riusciva a toccarla.

Scosse la testa, aveva paura delle iniezioni di sonnifero che le faceva sua madre, non degli aghi di per sé.

Prese di scatto la siringa e se la conficcò in gola, il secondo dopo tutte le altre erano scomparse.

Ma accadde qualcosa di altrettanto spiacevole, la poltrona di sabbia su cui sedeva iniziò ad assorbirla e il livello dell’ acqua salì lentamente.

Stava affondando, ma le importava veramente?

A quel punto capì che non aveva paura di sprofondare nella sabbia, ma nei suoi tormenti interiori.

E l’acqua che rischiava di soffocarla non era niente, non era quello il problema, ma i suoi stessi sentimenti.

Chiuse gli occhi, riportò il battito cardiaco ad un livello nella norma e capì che quella paura era del tutto immotivata. In un attimo, quando fu capace di accettare il suo destino con coraggio, la sabbia e l’acqua sparirono.

Riaprì gli occhi ritrovandosi su un letto comodo, con la trapunta color lavanda. Sentì il rumore di una porta che si chiudeva e di una serratura che scattava.

Saltò giù dal letto e corse verso la porta, ma non ci fu verso di aprirla. Si guardò intorno, era nella sua cameretta quando viveva ancora con la sua famiglia, riconobbe le pareti azzurre, il tappeto e lo scaffale stracolmo di libri.

Poi vide la finestra aperta e si avvicinò.

Oltre non si vedeva nulla, non si scorgeva il terreno, né i dintorni e tanto meno il cielo. Si vedeva solo una massa di bianco sconfinato.

L’ignoto.

Aria guardò un’ altra volta la porta chiusa, non voleva rimanere lì dentro, schiava delle follie dei suoi genitori che potevano decidere di tenerla chiusa nella sua camera per ore. Non c’era niente di peggio, il nulla fuori dalla finestra non le faceva per niente paura.

Si arrampicò sul davanzale e saltò fuori, perdendosi nella nube bianca.

Atterrò su un pavimento liscio senza farsi alcun male, ritrovandosi in una stanza buia. Agli angoli erano accese fiaccole che emanavano la luce rossastra del fuoco, che illuminarono i tre scheletri che avanzarono dinoccolati verso di lei.

Storse il naso, ricordava gli scheletri raffigurati sul suo libro di biologia. La faceva sentire estremamente vulnerabile il pensiero che dentro, sotto gli strati di pelle, tutti quanti fossero uguali e così disgustosamente fragili.

Prese a calci il primo che le si avvicinò, poi avanzo verso il secondo e gli diede un pugno all’altezza delle costole mandandolo in frantumi. Al terzo decise di staccargli la testa.

Le ossa distrutte sparirono ma la stanza rimase buia.

Davanti a lei, adesso,  c’era un’ urna funeraria.

Il pensiero che le poche persone a cui voleva bene potessero venirle sottratte dalla morte le toglieva il respiro. A chi potevano appartenere le ceneri racchiuse in quell’urna argentata sistema sul pavimento?

A sua sorella, a Sasha? a Will? Pensò alle braccia forti di Eric che l’abbracciavano e si sentì mancare.

Strinse i pugni, non poteva permettere che la sua vita venisse interrotta da una perdita.

La solitudine non doveva farle paura, dato che l’aveva già combattuta e superata.

Si chinò a raccogliere l’urna cineraria e la scagliò lontano, vedendola andare in mille pezzi mentre le ceneri si spargevano nell’aria.

Al posto dell’urna, ormai distrutta, comparve uno specchio.

Aria si ritrovò davanti il suo stesso riflesso, ma la sua immagine nello specchio sembrava avere vita propria e non rispondeva ai suoi movimenti.

Piegò la testa da un lato, ma la ragazza riflessa non fece altrettanto.

Il sorriso della ragazza che aveva davanti era arrogante e i suoi abiti erano blu ed eleganti.

Era intimorita da quella versione anomala di sé stessa, sarebbe diventata fredda e crudele come tutti gli Eruditi se non avesse cambiato fazione.

Ma l’Erudita sicura di sé che aveva il suo stesso viso, non aveva certo una pistola appesa alla cintura.

Lei sì.

La estrasse, la caricò puntandola verso la versione distorta di sé stessa, e fece fuoco infrangendo lo specchio.

Quando riaprì gli occhi dopo lo sparo, si ritrovò in una stanza dalle pareti totalmente bianche che emettevano luce propria.

Non aveva più la pistola, ma i palmi delle mani sudate.

Le cedettero le gambe e si ritrovò in ginocchio.

Iniziò a sentire la gola restringersi, le mancava l’aria. I polmoni bruciavano poiché non riusciva a respirare.

Sentì il battito del suo cuore aumentare, lo sentì rimbombarle nel petto, nelle orecchie, nei polsi, in gola.

Iniziò a tremare da capo a piede, a sudare per le forti vampate di calore che la soffocavano, e sentiva la testa che girava vorticosamente.

Era tremendo. Insopportabile.

Si portò le mani ai lati della fronte, era come morire.

No, stava bene. Era solo un attacco di panico.

Le capitava da piccola, quando si sentiva sola e prigioniera, priva dell’affetto dei genitori e di veri amici.

Aveva sempre avuto paura di perdere il controllo.

Nella sua mente rivide una bambina bionda che correva in suo aiuto. Le copriva le orecchie con i propri polsi e, sentire il battito cardiaco rilassato dai polsi  di sua sorella, era la chiava per vincere.

Poiché era da sola, si tappò le orecchie con i polsi e ascoltò il proprio battito fino a quando non lo sentì nuovamente stabile e tranquillo.

 

Con uno schiocco sordo si ritrovò cosciente ed aprì gli occhi. Il suo scenario della paura si era concluso, aveva superato il test finale.

Batté più volte le palpebre e si mise a sedere di scatto, era nuovamente al centro dell’ampia sala tonda, accanto a lei Tory le sorrise e la invitò a tornare dagli altri iniziati con un gesto della mano.

Saltò giù dalla sedia e si sforzò di non correre, dirigendosi a passo spedito verso la stanza in cui erano radunati i suoi compagni, senza voltarsi neppure per un istante verso gli altri supervisori e verso i capifazione.

Tanto sapeva benissimo che Eric la stava guardando e che aveva seguito, con particolare attenzione, tutte le sue paure sullo schermo del monitor.

 

 

 

 

 

Continua…

 

 

Ciao a tutti! Volevo consigliarvi, se lo desiderate, di andare a dare un’occhiata al primo capitolo della storia (che definirei un prologo) perché vi sarà utile ricordarlo per comprendere meglio i prossimi aggiornamenti...

Inoltre approfitto dell’occasione per ringraziare di cuore tutti quelli che leggono questa storia, spero che i capitoli vi piacciono. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate, e scusarmi per gli aggiornamenti così poco frequenti e per questo capitolo un po’ breve.

Grazie ancora davvero. Baci. : )

   
 
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