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Autore: Lux in Tenebra    16/01/2015    2 recensioni
[-Creepypasta-]
(Volevo raccontare la storia di uno Slenderman diverso dal solito, ispirata da alcune fan art e racconti che si trovano sul web (e non intendo le solite ficcy xD). Se siete fan della versione crudele dello Slender vi consiglierei comunque di leggere questa fic perché offre una visione differente sul personaggio. Tutta la storia è incentrata dal punto di vista del nostro protagonista maschile.)
La vita era una lunga routine, piena di mal di testa, rose invadenti, vestiti alla moda e pois multicolore che apparivano misteriosamente sulle sue cravatte.
Slender voleva fuggire via da quel caos, ma non poteva lasciare i suoi fratelli senza una guida.
Probabilmente si sarebbero autodistrutti.
Nel profondo c'era qualcosa che gli diceva che doveva restare e che, forse, prima o poi ci sarebbe stato un cambiamento, uno spacco in quel circolo vizioso:
Una tempesta si approccia impetuosa, scaraventando via tutte le barriere che proteggono il cuore e l'anima di quella creatura chiamata mostro.
Solo una cosa è certa, niente sarà più come prima.
Genere: Comico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Offenderman, Slenderman, Splendorman, Trendorman
Note: AU, Otherverse | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le disavventure degli Slenders'
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2. Curious Slender.



Passò all’incirca un mese, ma nessuno si fece vivo. In aggiunta, la data del ritorno dei miei fratelli si avvicinava sempre di più e con questo anche la fine della mia pace interiore ed esteriore: al solo pensiero una fitta lancinante mi attraversava il cervello, prospettando già i futuri mal di testa a cui stavo andando incontro.
In quel periodo, non avendo nulla da fare, decisi di studiare l’edificio, imparando così la disposizione delle camere a memoria. La stanza che preferivo di più era il salotto: spazioso e confortevole, con due divani e una grossa poltrona, un tavolino basso nel centro su cui vi era stata posta una strana lampada cubica e uno di quegli oggetti inutili che gli umani chiamano televisione. Cosa ci trovino di tanto interessante non lo capirò mai…
Mi sistemai sulla poltrona e iniziai a leggere uno dei miei libri che avevo portato con me da casa. La giornata trascorse velocemente, cullandomi tra le parole di quelle pagine e lasciando la mia immaginazione scorrere via come l’acqua di un limpido ruscello che scende a valle. Ogni volta che leggevo, il mondo reale svaniva e con esso tutti i problemi, le preoccupazioni e le noie di una vita passata a nascondersi nel folto della foresta. In quei momenti c’ero io, il mio libro e nessun altro.
Le ore passarono come se fossero state minuti e il cielo si oscurava lentamente, assumendo sfumature rossastre, mentre il sole stava sparendo all’orizzonte. Richiusi il libro, considerando l’idea di dormire nel letto al piano di sopra, che non avevo avuto ancora occasione di provare, ma che probabilmente era più comodo del mio.
Prima che potessi raggiungere il corridoio, il rumore di una macchina arrivò al mio apparato uditivo. Preso totalmente alla sprovvista, mi appiattii al soffitto, nascondendomi nell’ombra e sperai di rimanere inosservato.
La luce dei fari filtrava dalle tende di raso bordò, illuminando parte della stanza. Quando si spensero, tutto piombò in un’oscurità spezzata a tratti da pochi raggi bianchi della luna.
I miei acuti sensi da slender mi permisero di tenere sotto controllo la situazione tramite i suoni dell’ambiente circostante: una portiera che veniva chiusa, il rumore di passi soffici sull’erba, che divennero duri con il contatto con gli scalini di pietra, mi segnalarono la sua posizione esatta.

Tlack!

Il rumore della serratura che scattava metallicamente risuonò nell’aria, girando per ben tre volte prima di sbloccarsi. La porta si aprì con lentezza, scricchiolando rumorosamente, rivelando così la figura di un essere umano con il mano una grossa valigia.
Sebbene potessi vedere nell’oscurità, ogni forma mi appariva confusa. Sapevo che quella persona era lì e ne carpivo i vaghi contorni, ma i particolari erano impossibili da definire: questo era uno dei difetti della capacità di vedere anche nelle tenebre più profonde. Mi appiattii di più al soffitto, sperando che la notte coprisse le mie mosse.
Ad un certo punto ebbi buona ragione di credere che mi avesse scoperto, dato che continuava a fissare il punto in cui mi ero nascosto. Stavo già per teletrasportarmi fuori, spaventato dall’opportunità che stesse cercando di tendermi un agguato, quando quell’essere si inoltrò nel profondità della stanza, ignorandomi totalmente.
Tirai un sospiro di sollievo, non mi aveva visto. La mia era stata soltanto un’impressione dettata dal momento di “tensione” che la sua persona aveva creato, avevo avuto un tuffo al cuore. Colsi l’occasione per scoprire con chi avevo a che fare.
“Dove accidenti è il generatore?!” sentii qualcuno imprecare, mentre il rumore di uno scatolone di cartone che cascava per terra mi segnalò nuovamente dove dirigermi. Doveva essere la persona appena entrata e, grazie al tono della voce, capii che era una donna.
Mi spostai nella direzione da cui proveniva, ritrovandomi in cucina.

Tonf!

Notai che la sua valigia era proprio sotto di me, affianco ad una scatola vuota rovesciata sul pavimento. Lei era indaffarata ad aprire le tende nella stanza. Decisi di avvicinarmi alla sua borsa, captando un odore davvero strano: non avevo mai sentito nulla del genere prima d’ora. La annusai, ma prima che potessi fare altro, mi accorsi di quanto mi ero esposto con quel gesto incauto e mi allontanai di scatto, cercando di evitare quel raggio di luna rivelatore che mi aveva colpito in pieno.

Sbeng!

Sfortunatamente, andai a sbattere contro una lampada sul soffitto, facendomi un male incredibile. Ancora intontito dal colpo, con le mani premute sulle tempie, barcollai e ebbi l’accortezza di nascondermi dietro il tavolo da pranzo, rannicchiandomi su me stesso.

Crash!

L’aggeggio si staccò dal soffitto, facendo girare di scatto la donna a causa del rumore improvviso. Si avvicinò alla lampada che ora giaceva sul pavimento in pezzi e sospirò rumorosamente:
“Sarah, Sarah, non cambierai mai, eh?” blaterò ad alta voce, alzando un pezzo di vetro verso la finestra e osservandone le sfaccettature.
Non sapevo chi accidenti fosse questa Sarah e sinceramente ero troppo occupato a pensare al grosso bernoccolo che mi era spuntato in fronte per preoccuparmene. Mi infilai sotto il tavolo mentre quella passava da una stanza ad un'altra, ignara della mia presenza.

Clack!

Tutte le luci nella stanza si accesero, lasciandomi allo scoperto mentre la sua voce risuonò dal corridoio.
“Ah, finalmente! Ci voleva un po’ di luce.” Dichiarò soddisfatta.
La sua andatura cambiò: stava salendo le scale. Approfittai dell’occasione per uscire dal mio nascondiglio ed avvicinarmi di nuovo alla misteriosa borsa. Non sapevo bene che cosa potesse contenere la borsa di una donna, né avevo mai avuto l’occasione per scoprirlo e sinceramente non mi interessava farlo, ma quell’odore era così strano da accendere in me una grande curiosità.
Piegandomi per evitare ogni altro contatto con oggetti potenzialmente pericolosi per la mia testa, mi avvicinai di soppiatto. Iniziai a fissarla e ad annusarla di nuovo, girandole intorno. Poi, spinto dalla brama di conoscenza, la afferrai e cercai di capire come aprirla.
C’erano dei piccoli numeri posti su delle rotelle girevoli, probabilmente una specie di rebus che mi avrebbe permesso di rivelarne i segreti. Iniziai a girarli a caso con molta fatica, erano davvero troppo piccoli per me!
Nel frattempo i passi della donna riecheggiavano dal piano di sopra attraverso il pavimento, probabilmente occupata a visitare le stanze della sua nuova casa.
Dopo un minuto buono di tentativi, i polpastrelli iniziarono a dare problemi e iniziai a sentire i primi dolorosi crampi alle dita. Persi la pazienza, cercando di aprirla con la forza con i viticci, ma niente!
Senza pensarci, iniziai a ringhiarle contro:
“AH! Così vuoi la guerra, stupida valigia?! Adesso ti faccio vedere io!!”
La mia bocca si aprì, rivelando una schiera di denti sottili e affilati. Iniziai a morderla, sperando vivamente che si aprisse.

Crack!

Finalmente il duro materiale di cui era fatta cedette sotto la mia salda morsa e stavo quasi per esultare dalla gioia quando la vidi.
Davanti a me c’era una donna che mi fissava esterrefatta, ferma sulla fine del corridoio che collegava la sala da pranzo con le scale.
Ma la cosa che mi colpì più di tutto fu il colore innaturale dei suoi capelli, che erano rossi come il sangue.
 


°°°°

 
   
 
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