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Autore: Cygnus_X1    16/01/2015    1 recensioni
[SOSPESA]
Zrythe non ha mai avuto una vita facile.
Quando aveva tre anni il suo pianeta è stato invaso e lei rapita e venduta come schiava dai razziatori. Per quindici anni questa è stata la sua esistenza, ma non si è mai spento in lei il desiderio di rivalsa. Ha giurato che sarebbe fuggita e si sarebbe vendicata, e sta solo aspettando la sua occasione, alimentando in segreto quegli strani poteri che si è resa conto di possedere.
Quindi, quando Ryan, un ragazzo con dei poteri simili ai suoi, le propone di portarla con sé, Zrythe accetta senza pensarci due volte. Presto però si trova al centro di un gioco pericoloso, un gioco in cui le pedine in campo sono molte più che lei e la sua vendetta...
[Soft Sci-Fi/Space Opera]
Genere: Azione, Science-fiction, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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——[Combattere]——




 

C



alma.
Devo stare calma se voglio andarmene da questo inferno.
Prendo un respiro profondo e tento di ragionare. Rimanere qui e aspettare che i soldati abbiano finito e se ne vadano probabilmente sarebbe l'opzione più sensata, ma non ho idea di quanto ci mettano a convincersi che non c'è nessun pericolo e aprire la porta, e io di certo non ho tutto questo tempo. E poi dovrei nascondermi abbastanza bene da sfuggire a tutti i loro controlli... troppo rischioso.
Non posso neanche comunicare con Ryan per avvertirlo del problema. Starà intrattenendo i generali Serket, gli farei saltare la copertura... e così moriremmo entrambi.
Bene. Devo trovare un modo per aprire questa maledetta porta, e in fretta.
Non posso abbattere la porta e non so la combinazione per aprirla. L'unica cosa da fare è qualcosa di assurdamente rischioso, e nemmeno sono sicura che funzioni.
Mi arrampico su uno degli scaffali cercando di non fare rumore. La barriera che mi copre ai loro occhi è ancora forte, non mi vedranno. Muovermi su una striscia di metallo larga un metro e distante dal soffitto appena lo spazio per permettermi di muovermi carponi non è facile, soprattutto con i soldati che mettono sottosopra la stanza per trovarmi. Almeno nei condotti avevo l'illusione di essere al coperto... adesso è davvero dura tenere a bada l'ansia.
Ma non posso permettermi di fallire, è la mia unica occasione per andarmene. Se non torno entro il tempo previsto moriremo entrambi.
Mi concedo un altro respiro profondo e chiudo gli occhi. Visualizzo nella mia testa l'immagine che devo proiettare sulla barriera, come mi ha insegnato Ryan nei tre giorni in cui abbiamo preparato la missione.
Perfetto. Ce la posso fare, non è così difficile.
Sento i passi di uno di loro passare dietro di me, nel corridoio a destra. La porta è di fronte, a pochi passi. Allungo un braccio e butto giù dallo scaffale il primo oggetto che mi capita a tiro, cercando di attirare il Serket verso la porta, e so di esserci riuscita quando sento i suoi passi affrettarsi in direzione del rumore.
Creo immediatamente l'illusione ringraziando il buio quasi totale che mi permette di non essere precisa. Sulla barriera appare una sagoma che si avvicina furtivamente alla porta.
E ora arriva la parte difficile.
Erigo una barriera per rendermi invisibile, mantenendo anche l'illusione sulla porta. Lo sforzo improvviso mi fa ansimare, ma non ci penso. Devo restare concentrata, tutto dipende da questo.
Mi sporgo dallo scaffale, apro le ali. Sono tre metri e mezzo, e io non so più volare. Mi arrendo a scendere appendendomi ai ripiani e sperando di non buttare giù niente. Perdo la concentrazione e l'illusione sfarfalla come un vecchio schermo, minacciando di scomparire.
Il Serket si è accorto della sagoma, a giudicare dalle voci. Non riesco a distinguere le parole, però. Tutto quello che sento è il battito accelerato del mio cuore nelle orecchie.
Mantenere entrambe le barriere sta cominciando a essere davvero duro. La sagoma illusoria apre la porta e corre fuori nel corridoio buio richiudendola alle sue spalle. Ogni battito del cuore mi rimbomba in testa come un'esplosione. Non ce la faccio più.
Finalmente il soldato apre la porta e insegue l'ombra, e con lui altri due che sono arrivati nel frattempo. Lascio andare l'illusione con un sospiro di sollievo, recupero fiato per qualche secondo e poi corro, non preoccupandomi minimamente se mi sentono o no.
Esco dalla porta. I tre soldati sono ancora lì, ma è più buio che nella stanza visto che non ci sono le quattro luci di emergenza agli angoli. L'oscurità nasconde chi sono veramente agli occhi dei soldati, finché non arrivano gli altri tre Serket dall'archivio.
Nell'attimo che impiegano a capire chi è l'estraneo, estraggo la pistola e sparo colpi a casaccio. Sento grida e imprecazioni, e scatto sfruttando la confusione verso il buco nel soffitto che porta al condotto. Salto e mi aggrappo al bordo aiutandomi con le ali. Mi tiro su solo con la forza di volontà e richiudo la grata, coperta dai rumori di esplosioni e spari che venivano da sotto.
Mi stendo con la schiena sul metallo freddo del corridoio. Ho il viso bollente e grondo sudore, i muscoli mi fanno male come mai mi era successo e il dolore alla testa non accenna nemmeno a diminuire, ma sono viva, e ho i dati di Ryan.
Sorrido, e se non fossi così terribilmente stanca probabilmente avrei anche riso dal sollievo. Mi rialzo e mi avvio verso l'hangar, non ho tempo da perdere.

 
——[ ]——

Prima dell'hangar nei condotti ci sono delle ventole, quindi ci siamo accordati di incontrarci in un ripostiglio sullo stesso piano. Ho dovuto scendere lungo la colonna che affianca l'ascensore per tre piani, stavolta (l'hangar è allo stesso livello del distretto di reclusione), e sono stanca morta quando alzo la grata e mi butto di sotto.
Ryan è già lì e mi si scaglia contro infuriato.
«Ci hai messo secoli! Si può sapere cosa...»
Si blocca. Deve aver visto la mia faccia.
«Che è successo?»
«Imprevisti» rispondo, tentando di riprendere fiato. Lui mi afferra un braccio con la fronte aggrottata.
«Sei ferita.»
Non me ne ero accorta. Deve essere successo fuori dall'archivio: sulla tuta ho una larga bruciatura da proiettile laser. Una raffica mi ha preso di striscio nella confusione. Ecco perché il braccio mi faceva male.
«Non è importante, dobbiamo andare» gli dico.
Annuisce. Entrambi alziamo la barriera e usciamo nel corridoio che conduce allo spazioporto della stazione.
Ryan mi tiene per un polso e mi trascina nella corsa, ma non ce la faccio. La barriera prosciuga quelle poche energie che sono rimaste. Mi sento svenire e vedo luci danzarmi davanti agli occhi.
Finché la barriera non cade, e alcuni soldati dietro di me gridano. Ryan impreca e capisco che sta andando tutto storto.
Cerco di accelerare la corsa. Sento spari, i lampi dei laser mi superano. Un raggio mi centra al fianco. Il dolore è bruciante e improvviso, urlo, barcollo ma riprendo a correre con le lacrime agli occhi.
Ci ripariamo dietro uno spigolo, Ryan spara alla cieca puntando la pistola oltre il bordo. Ora ci siamo quasi, vedo in fondo i portelloni.
Le sirene suonano ovunque e sono assordanti. Una luce rossa lampeggia sul portellone che comincia a chiudersi.
Ryan impreca ancora, prende il palmare e comincia a lavorare sul terminale.
«Coprimi mentre mi intrometto nel sistema» mi ordina.
Io mi giro verso l'estremità del corridoio e sparo a tutto quello che si muove. La mia mira è disastrosa, dato che quasi non riesco a tenere la pistola in mano. Qualche colpo si schianta sulla porta metallica chiusa dietro di me, un raggio mi sfiora bruciando la punta della mia treccia.
Il portellone si alza di un metro scarso, noi ci buttiamo sotto. Siamo nello spazioporto, finalmente.
Ryan spara al terminale, e il portellone si richiude di botto.
«Questo li rallenterà un po', o almeno spero.»
L'hangar in cui ci troviamo è il più piccolo e meno importante della stazione. È praticamente semivuoto. Le due sentinelle che gridano e ci corrono incontro muoiono sotto i colpi della pistola di Ryan.
Le sirene continuano a suonare e dalle porte cominciano ad arrivare soldati. Sento Ryan imprecare e nascondersi dietro un incrociatore Serket.
«Non abbiamo tempo di raggiungere la mia nave, dovrò forzare il sistema di questa. Tu tienili lontani» mi dice.
Stanno cominciando a sparpagliarsi per cercarci, in poco tempo ci troveranno. E sono troppi, non posso mettermi a sparare a casaccio.
Guardo Ryan con la fronte aggrottata che digita cose sul suo computer.
So cosa devo fare. Racimolo quel poco che resta delle mie forze e creo un'illusione. Il mal di testa che si era smorzato riprende a martellare con furore. Devo appoggiarmi alla fiancata per non ritrovarmi per terra.
Non riesco a capire se l'illusione sta funzionando o no. So solo che dopo un secolo qualcuno mi afferra e mi solleva, e non ho la forza per impedirlo. Provo a muovermi ma il corpo non mi risponde. Il mio cuore batte disperatamente per tenermi viva.
Il buio si chiude su di me.
   
 
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