Fanfic su artisti musicali > Michael Jackson
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Autore: Calipso19    16/01/2015    1 recensioni
Un viaggio infinito che racconta l'ormai leggenda di un mito troppo grande per una vita sola. Una storia vissuta sulle ali della musica, respinta dalla razionalità umana, colpevole solo d'essere troppo anomala in una civiltà che si dirige alla deriva. La rivisitazione di un esempio da seguire.
( Capitolo 4 modificato in data 14 marzo 2016)
Dalla storia:
- Sono cambiate tantissime cose da quando guardavamo le stelle nel guardino a Gary.
- E ne cambieranno altrettante Mike. Se fra quarant'anni saremo ancora insieme te ne accorgerai.
Insieme.
Michael ripetè nella mente quella parola più volte, come una lezione da imparare, e concluse quel bellissimo quadro con un sorriso.
- Certo che saremo ancora insieme, non dire sciocchezze.
- Ci credi davvero Michael? - lei lo guardò con occhi seri e sinceri. - Le persone attorno a te arrivano e se ne vanno come niente.
- Certo che lo credo, anche se non so dirti in che modo. E dovresti crederci anche tu Jackie, avere un po’ più di fiducia.
Abbassò gli occhi per vedere le proprie mani cingere la vita di Jackie, scorse una piccola macchia di pelle bianca sul polso.
Chissà quanto ancora si sarebbe allargata.
Tutto cambiava, senza sosta.
Genere: Avventura, Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Michael Jackson, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Ricordo molto bene quando la incontrai per la prima volta: era timida, sperduta senza il suo Michael. Ma quando ci parlammo e iniziammo a lavorare, mi accorsi di aver trovato la persona perfetta. Ci intendevamo, e ci stimavamo a vicenda. Diventò mia figlia perché io lo decisi, e perché forse lei ne aveva bisogno. Qualunque cosa sia accaduta ora, sono felice di averla conosciuta. E sono orgoglioso e fiero dell'affetto che prova per me. 

 

 

Era appena l'alba quando Jackie varcò la soglia dello studio dove si girava il film The Wiz.

Non c'era nessuno, ma era normale: erano le cinque del mattino e il lavoro iniziava alle sette.

Jackie respirò l'aria fresca della sala, perdendosi un attimo in quel vuoto e cupo silenzio.

La pace sovrastava su ogni cosa a quell'ora del mattino, e si sentì pienamente rilassata.

 

- Già qui a quest'ora? - la interruppe una voce maschile.

 

All'inizio Jackie pensò che si trattasse di Michael ma appena si voltò vide che era stato Quincy Jones.

L'uomo la guardava, nascosto nel buio della sala.

 

- Buongiorno signore. Pensavo di venire presto per sistemare…

 

Ancora una volta non la lasciò finire.

 

- So che tieni tanto al tuo lavoro. L'ho capito dall'impegno che ci metti. Se vuoi ti posso aiutare io, mi farebbe molto piacere. Ma prima però, vorrei che mi accompagnassi al bar qui sotto per un caffè. E' ancora molto presto e la giornata è ancora lunga.

 

Più tardi, tra loro vi era già confidenza.

Seduti a un tavolo del bar, davanti a due tazze, si raccontavano le rispettive storie.

 

- Amavo suonare la tromba. Però dovetti fermarmi nel '76 per un problema celebrare. Non è stato facile rinunciare a suonare, anche se sono felice di essere ancora nella musica.. - raccontò lui con disinvoltura.

 

Jackie lo ascoltava attenta.

Quincy aveva molta esperienza e sapeva che avrebbe potuto imparare molto da lui.

Quando lui la esortò a raccontargli la propria storia, abbassò lo sguardo imbarazzata.

Non sapeva cosa dire.

La sua vita non era normale come quelle di molte altre ragazze.

 

- Sono nata in Italia - cominciò - mia madre è stata uccisa quando avevo tre anni e mio padre mi ha portata qua in America. Sono cresciuta a Gary accanto alla casa di… uhm… di Michael Jackson.

 

Si fermò, indecisa se continuare.

Quincy però conosceva già i Jackson 5, e sorrise pensando alle doti straordinarie di quel ragazzo.

L'aveva intravisto sul set ma il lavoro non gli aveva permesso di scambiarci due parole.

 

---

 

Durante le prove Michael dimostrava a tutti le sue doti straordinarie, pur senza volerlo.

Riusciva a ricopiare i passi di danza dopo dolo averli guardati una volta, mettendo senza volerlo Diana in imbarazzo, che faceva finta di nulla e nascondeva alla perfezione la malevolenza nel vederlo eccellere a quell'età.

Jackie invece aveva a che fare con tecnici molto più preparati di lei e spesso si sentiva piccola e fuori luogo.

Tuttavia, Quincy Jones sapeva come metterla a suo agio, e lei riusciva sempre a contrastare la timidezza per dar spazio alla professionalità, e guardava gli altri imparando e assimilando tutto sulla qualità dei suoni, la luminosità, la pellicola…

Il lavoro era estenuante e Michael e Jackie si incontravano solo durante la pausa pranzo.

Spesso, lui la raggiungeva ancora vestito e truccato da spaventapasseri e non mancavano mai i loro tiri giocosi.

 

- Michael, sei uno spettacolo.

 

- Ma smettila.

 

- Ti giuro che attizzi assai.

 

- Che cosa?

 

- Nulla. Una parola in italiano che non potresti mai capire.

 

Un giorno Michael era particolarmente agitato, e metteva in difficoltà anche il suo truccatore.

Jackie notò il suo tremore e lo raggiunse.

 

- Ehi Mike, qualcosa non va?

 

- Scusami, sono nervoso. Non so bene la parte di oggi.

 

- Ma l'abbiamo provata ieri sera tutto il tempo!

 

- Non mi sento pronto comunque…

 

- Puoi nascondere il foglio nella paglia, davanti a te. Le telecamere sono dall'altra parte, e nessuno lo noterà. Così se non ricordi una parte basterà leggerla. O vuoi che ripassiamo insieme un passaggio ora?

 

- Non c'è tempo. Grazie comunque.

 

Raggiunse il set di corsa e si issò sul suo trespolo.

Il foglio era davanti a lui.

Gli attori si stavano disponendo per le ultime prove.

 

- Socrate. - pronunciò convinto, leggendo.

 

Nella sala crollò il silenzio.

Poi, una voce pronunciò correttamente "Socrate".

Imbarazzato, Michael alzò lo sguardo per ringraziare l'uomo che lo aveva suggerito, grato per quell'aiuto.

Non lo conosceva, anche se aveva la sensazione di averlo già visto.

Lo sconosciuto si sporse in avanti tendendo la mano.

Aveva un'aria simpatica e sembrava sicuro di sè.

 

- Quincy Jones. Sono io che faccio la colonna musicale.

 
  
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